Il bivio
Riflessioni in libertà sulle
lotte degli autoferrotranvieri
Una volta esisteva la lotta ed esisteva lo sciopero. Oggi, forse perché abbruttiti dai tanti arretramenti e dalle tante sconfitte subite dal movimento operaio negli ultimi anni, di fronte al "fenomeno" autoferrotranvieri ci siamo stropicciati gli occhi e non abbiamo potuto fare a meno di definire la loro lotta esemplare e i loro scioperi selvaggi (in questo caso non nell'accezione negativa che ne dà la stampa borghese, bensì con un senso di malcelato compiacimento machista-rivoluzionario). Lotta esemplare e sciopero selvaggio, in realtà, sono due definizioni che testimoniano l'eccezionalità di quanto è accaduto nelle rimesse di autobus, tram e metropolitane un po' in tutta Italia.
E' eccezionale, di questi tempi, che i lavoratori siano scesi in lotta e in sciopero anche senza rispettare una legge ed una serie di lacci e lacciuoli (i famigerati accordi attuativi) che sono stati concepiti per svuotare di significato e vanificare proprio quella lotta e quello sciopero; è stato anche eccezionale - ma di questo si parla, purtroppo, un po' meno - che i lavoratori vi siano giunti discutendone in assemblee autorganizzate in cui i burocrati sindacali o non si sono fatti vedere o hanno taciuto o hanno cercato debolmente (fortunatamente, con scarsi risultati) di cavalcare la tigre della protesta. E' eccezionale eppure questo è accaduto, da prima di Natale, in Italia. Gli autoferrotranvieri, con i loro scioperi selvaggi, hanno rotto schemi a cui eravamo ormai assuefatti, additando a tutti il re nudo dell'inflazione galoppante, dell'ultradecennale moratoria salariale, dei guasti prodotti dalle privatizzazioni nei servizi pubblici, della repressione dello stato democratico. Nel fare questo hanno travolto, oltre agli schemi, anche i puntelli degli schemi: sindacati concertativi, partiti del centrosinistra, spezzoni di "società civile" (quasi tutte le associazioni dei consumatori) sono infatti stati costretti al confronto con i lavoratori autorganizzati, manifestando la propria vera natura burocratica e/o antioperaia ed uscendone malconci.
Chi, sul versante cosiddetto progressista, ha a suo tempo messo in atto le devastanti politiche neoliberiste e liberticide di cui sentiamo ormai pesantemente le conseguenze, è oggi imbarazzato: forte è stata infatti da parte sua la tentazione di utilizzare gli scioperi dei tranvieri in chiave antiberlusconiana ma forte è stata anche la preoccupazione che questa lotta potesse continuare ed estendersi ad altre categorie e ad altri comparti, lasciando in eredità al nuovo possibile governo ulivista un conflitto sociale generalizzato non facilmente controllabile dalle centrali sindacali amiche. Queste ultime, dopo aver firmato il contratto - già bocciato "sul campo" con gli scioperi dalla categoria -, hanno avuto tutto l'interesse a far trascorrere il tempo impegnandosi nella loro finta polemica referendum sì - referendum no, confidando nella stanchezza degli autisti e nella consunzione della loro agitazione, "agevolata" anche dall'arrivo delle sanzioni promesse dal governo agli scioperanti.
In questo quadro assume un'importanza vitale, per gli autoferrotranvieri, estendere e generalizzare subito la lotta, orientandola meglio e con più decisione per la difesa del servizio pubblico, contro la privatizzazione, cercando il coinvolgimento delle altre categorie e spezzare definitivamente il cordone ombelicale che li lega tuttora a CGIL-CISL-UIL. Gli argomenti per lanciare una campagna contro le privatizzazioni dei servizi - e quindi anche dei trasporti - davvero non mancano. In tutta Europa i lavoratori si battono contro le liberalizzazioni dei servizi pubblici, in alcuni casi introducendo notevoli contraddizioni addirittura nello stesso campo istituzionale. La vicenda della bocciatura della liberalizzazione dei porti da parte del parlamento europeo è, in questo senso, emblematica. In Italia poi le contraddizioni, in seno allo schieramento padronal-governativo, hanno raggiunto l'apice con la legge che consente alle amministrazioni locali di gestire il trasporto pubblico attraverso le proprie aziende ex municipalizzate: un governo iperliberista che consente ai comuni di gestire il trasporto in condizioni di monopolio pubblico! Se questa non è una contraddizione da sfruttare!
Sul versante sindacale, invece, pochi forse si sono resi conto di un'anomalia che stride davvero tanto con la lotta che continua e che rischia di farla impantanare nelle sabbie mobili del sindacalismo di regime: a trattare per il contratto aziendale, a Milano, sono andati ancora una volta i sindacati concertativi. Questo sta accadendo anche a Genova ed in altre città dove pure forte e drammatico è stato lo strappo con CGIL-CISL-UIL. Dunque questo movimento degli autoferro non ha ancora le idee chiare, l'autorevolezza o i livelli organizzativi adeguati per avocare a sé le trattative? Questo passaggio fondamentale non è stato compiuto ed al massimo qualche collettivo di lavoratori si limita a chiedere di far partecipare alle trattative - in qualità di osservatori - delegati espressi direttamente dalla base. Probabilmente è questione di tempo e di crescita del livello di consapevolezza, da parte dei lavoratori, del valore dell'autorganizzazione. Che non può limitarsi alla gestione delle lotte ma deve porsi l'obiettivo della contrattazione diretta. I lavoratori in trattativa non può rimanere uno slogan ma deve diventare un programma. In questo senso i sindacati di base della categoria possono fornire una risposta e strutture aperte ai lavoratori, costruendo insieme a loro, negli impianti, la piattaforma del nuovo contratto, rivendicando e lasciando ad essi la gestione della contrattazione. I sindacati di base si stanno muovendo bene nella vicenda autoferro, devono avere il coraggio se non di unificarsi almeno di federarsi ed avere la capacità di diventare punti di riferimento. I lavoratori autoferrotranvieri hanno davanti a sé due strade: farsi risucchiare nei gorghi del sindacalismo concertativo concedendo tempo a CGIL-CISL-UIL di riorganizzarsi o saltare il fosso, continuare la strada così coraggiosamente intrapresa, coinvolgere nella lotta gli altri lavoratori e la società, portare a compimento il processo di autorganizzazione.
Fabrizio Acanfora
da Alternativa Libertaria - marzo 2004, foglio telematico della FdCA