COMUNISMO ANARCHICO E DINTORNI
L'anarchismo (teoria anarchica in divenire) si viene definendo come comunismo antiautoritario durante la I Internazionale, durante la quale Bakunin e la maggioranza delle sezioni gettano le basi della teoria comunista anarchica, distinguendosi dai marxisti per la diversa funzione assegnata alle masse. Esse sono infatti considerate dalla corrente antiautoritaria come veri soggetti rivoluzionari, mentre i comunisti anarchici hanno un ruolo nelle minoranze coscienti come "timonieri invisibili" inseriti nell'organizzazione di massa, l'Internazionale. E' l'elaborazione di un'originale dottrina che si richiama all'idea di socialismo o comunismo come ancora era indifferentemente chiamato, e all'idea dell'anarchia come utopica gestione della società comunista egualitaria e libertaria da raggiungere. E' l'idea di un originale dualismo organizzativo che in seguito sperimenteranno in varie realtà nazionali, ma in particolare durante la Rivoluzione spagnola.
Bakunin e le sezioni a lui richiamatesi non hanno dubbio nel definirsi comunisti anarchici, anche se la chiarezza della loro concezione politica distinta da quella marxista permette di usare semplicemente le parole anarchia e anarchici, senza tema di essere fraintesi nel significato da attribuire al termine, pur se provocatorio, sempre movendosi nell'ambito del comunismo, come dimostra il lavoro di uno dei più proficui esponenti, Carlo Cafiero, che oltre a tradurre per primo in Italia "Il Capitale" di Carlo Marx, pubblica proprio un interessante opuscolo dal titolo "Comunismo Anarchico".
Ma se l'anarchismo nasce decisamente comunista è pur vero che le persecuzioni di cui è fatta oggetto l'Internazionale da parte dei governi dell'epoca portano a delle deviazioni rispetto alla teoria bakuninista che lasceranno il segno nella storia del movimento anarchico, e in particolare su quello di lingua italiana.
Accanto alla "propaganda col fatto", un tentativo di spingere le masse all'insurrezione, ma di fatto scavalcandole, anche se non nelle intenzioni, si fa strada a trae alimento da questa la corrente antiorganizzatrice che ha le sue basi teoriche in una parte del pensiero di Kropotkin.
Nella teoria kropotkiniana, infatti, il fine dell'azione rivoluzionaria è sempre la società in cui "ognuno dà secondo le sue capacità, ognuno riceve secondo i suoi bisogni", cioè il comunismo. Ma questo comunismo è visto come uno stato armonico naturale a cui l'umanità tende inevitabilmente sotto due spinte parallele: la prima è la natura intrinsecamente solidale dell'uomo -e questa concezione dell'originaria bontà dell'animo umano porta a privilegiare qualsiasi forma di spontaneismo. La seconda è il progresso scientifico che sotto il dominio capitalistico è volto ad allontanare l'uomo dalla natura, ma una volta liberato dal dominio del capitale sarà potente fattore per la formazione di un uomo nuovo, cosciente ed in armonia con la natura, ed è questo aspetto che porta Kropotkin a privilegiare le scienze naturali come fattore progressivo in sé, per quanto snaturate allo sfruttamento dell'uomo sull'uomo nel loro utilizzo.
Le conseguenze del riemergere delle idee di Kropotkin anche dopo la svolta comunista anarchica di Bakunin, portano ad un determinismo del tutto estraneo alle idee comuniste anarchiche. Infatti se il comunismo è lo sbocco inevitabile della storia umana e se ad esso si arriva spontaneamente sotto la spinta di fattori ineluttabili, quali l'indole stessa dell'uomo e le leggi che governano la natura, allora qualsiasi traccia di strategia politica è del tutto inutile. Anzi, di più, è da rifiutare qualsiasi forma di organizzazione sia politica che sindacale, in quanto entrambe sono forme di canalizzazione della spontaneità, intrinsecamente buona e tendente automaticamente al comunismo.
E' lo stravolgimento della teoria bakuninista, sia per quanto riguarda l'azione fra le masse -ricordiamo che lo scontro con i marxisti è proprio sul fatto che l'ala antiautoritaria vuol conservare tutto il carattere di organizzazione di massa all'Internazionale- sia per il ruolo dell'organizzazione del "partito" degli anarchici.
Per gli internazionalisti riuniti attorno a Bakunin e per le correnti anarchiche che si richiamano a quel pensiero -in particolare i comunisti anarchici- compito dell'organizzazione degli anarchici è da una parte di essere depositaria della memoria di classe e dall'altra di elaborare una strategia comune che permetta il collegamento fra le varie situazioni di lotta all'interno della classe e che in queste sia di stimolo e di collegamento. Riprendendo Bakunin che si rivolge "Ai compagni d'Italia":"…voi isolati, operando ciascuno di propria testa, sarete certamente impotenti; uniti, organizzando le vostre forze, per quanto esse siano scarse sul principio, in una sola azione collettiva, ispirata al medesimo pensiero, dal medesimo scopo, dalla medesima posizione, voi sarete invincibili".
La tendenza antiorganizzatrice, una delle "deviazioni borghesi dell'anarchismo" come la definì Luigi Fabbri agli inizi del novecento, sarà la principale deviazione dalla teoria anarchica, matrice di altre tendenze, da quella individualista a quelle terroriste, che ad ondate successive riaffioreranno nella storia dell'anarchismo internazionale.
Nella realtà italiana, la presenza di questa corrente antiorganizzatrice sarà duratura, riaffiorando in maniera che avanza prospettive più ampie. Ne derivano due tipi di conseguenze che caratterizzano i due filoni degli anarchici antiorganizzatori: da una parte lo sbocco pratico è solo quello di una propaganda ideologica indiscriminata, volta a conquistare nuovi adepti alla teoria - dimenticando ogni analisi di classe, l'insistenza di Bakunin nell'indicare i soggetti rivoluzionari per collocazione di classe, i possibili alleati e i nemici - in questa visione tutti uniti invece dalla presa di coscienza della bellezza dell'ideale.
In altri casi l'unico sbocco possibile è quello dell'azione rivoluzionaria in sostituzione delle masse, nella convinzione che l'atto rivoluzionario -dall'attentato alla bomba alla coerenza di comportamenti non compromessi con questa società- farà da testimonianza e da scintilla all'insurrezione spontanea, dall'altra che qualsiasi azione pur se priva di inquadramento strategico, in quanto coerente con i fini e con la coscienza del rivoluzionario, sia una tappa verso il comunismo armonico. Se la rivoluzione deve essere armata e distruggere lo Stato, inteso come centro di oppressione, occorre che i rivoluzionari, per adeguare i mezzi ai fini, subito, fin da oggi, pratichino in concreto la lotta armata contro lo Stato, dimenticando il ruolo del potere economico e la necessità di cambiare le leggi del potere economico per prime. Succede così spesso nella storia che questo secondo filone è storicamente disposto a pratiche avventuriste che non escludono il terrorismo, e a legarsi con i propagandisti dell'azione individuale spacciatisi per anarchici. Essi, infatti, non devono rispondere a nessun tipo di organizzazione di massa, non hanno da inserire -come devono fare i comunisti anarchici - la loro azione all'interno di un processo di crescita politica della classe e dei suoi alleati volto alla riappropriazione da parte loro della capacità di autogestione delle lotte e della società. In quanto rivoluzionari, gli individualisti si fanno carico di spezzare le catene che condizionano l'umanità, senza curarsi del processo di riappropriazione della conoscenza da parte degli sfruttati, nella convinzione che la caduta dello stato provocherà, anche senza alcuna preparazione precedente, l'avviarsi dell'umanità liberata sulla via del comunismo spontaneamente.
E' proprio lo spostamento della centralità dell'azione anarchica dalla lotta contro l'organizzazione economica capitalistica alla lotta contro il "potere" tout court che determina questa distorsione per cui basterà rompere i legami di potere perché le masse sviluppino la loro capacità di autorganizzazione della società, perché essa è un dato intrinseco della natura umana e non una faticosa e lenta maturazione.
Ben più complessa la visione comunista anarchica che punta alla presa di coscienza graduale da parte delle masse, poiché sarà compito loro e non delle avanguardie coscienti di cambiare questa società anche con un fatto rivoluzionario. La capacità di organizzare una società realmente comunista, ugualitaria e antiautoritaria, dipenderà dalla ginnastica rivoluzionaria, ovvero dall'impegno per la crescita complessiva dei vari strati di proletariato che dovranno guidare questo cambiamento, sia nel momento rivoluzionario che nella nuova società tendenzialmente ugualitaria.
Così per i comunisti anarchici lo scopo dell'azione di massa realmente autonoma e l'espropriazione del capitale da parte dei lavoratori associati, la restituzione cioè ai produttori e per essi alle loro associazioni, di tutto ciò che hanno prodotto i lavoratori attraverso i secoli. Lo scopo immediato è sviluppare sempre più lo spirito di solidarietà tra gli operai e di resistenza contro gli oppressori, tenere esercitato il proletariato con la lotta continua nelle sue forme più diverse, conquistare oggi stesso tutto ciò che è possibile strappare,per quanto poco esso sia, al capitalismo, in libertà e benessere.
Il ruolo dell'organizzazione comunista anarchica è poi ben distante da quella di tipo leninista, in quanto l'organizzazione politica non è riconosciuta da nessuna istanza sancita all'interno dell'organizzazione di massa, non è e non deve essere una dirigenza riconosciuta ed istituzionalizzata che come tale deve imporre delle soluzioni e pretendere leninisticamente di rappresentare i "reali" interessi della classe; ma è solo un punto di confronto e di elaborazione di compagni politicamente omogenei che preparano e finalizzano il loro intervento e le loro proposte alla loro analisi e alla loro ideologia, senza pretendere che essa venga accolta sulla base di deleghe, ma solo che essa venga accettata in virtù del confronto all'interno dell'organizzazione di massa. Tale accettazione della linea elaborata dai comunisti anarchici ha solo il valore di riprova della correttezza delle loro proposte, ed il rifiuto della loro linea da parte della masse evidenzia un loro errore nell'impostazione dell'analisi, rendendo necessaria la revisione della strategia e della tattica.
Un'ideologia, quella comunista anarchica, che assegna un ruolo ben preciso di "motore" del processo rivoluzionario all'organizzazione politica ed assegna il ruolo di agente rivoluzionario per intero alle masse. In questa concezione del ruolo dell'organizzazione si delinea la differenza prioritaria con i marxisti, da un lato, ma anche con tutte le "deviazioni" dell'anarchismo che abbiamo illustrato.
Adriana Dadà
da Alternativa Libertaria - ottobre 1998, giornale della FdCA