3° CONGRESSO

Federazione dei comunisti anarchici

Livorno, 7-8 marzo 1992

MOZIONE SUL TERRITORIO

CRISI AMBIENTALE E RISTRUTTURAZIONE CAPITALISTICA: QUALE AMBIENTALISMO?

 

1. Il territorio e l'ambiente nello scontro di classe

Pare opportuno richiamare, seppur brevemente, alcuni elementi della storia della lotta di classe che mettono in evidenza come "la questione territoriale ed ambientale" emerga periodicamente nella fasi dello scontro di interessi tra proletariato e classe egemone.

Si vedano le affermazioni di Bakunin, Kropotkin, Marx, ecc. circa il ruolo delle risorse territoriale, ambientali e dello scontro di interessi che si è storicamente innestato per il loro utilizzo.

Le lotte dei braccianti e dei contadini per la redistribuzione della terra e la finalizzazione ad usi collettivi delle risorse ambientali contro la privatizzazione, sono elementi fortemente presenti nello scontro di classe non solamente alla fine dell'800 ma anche nel secondo dopoguerra.

Lo sviluppo industriale pone in modo pesante la questione dell'ambiente in fabbrica, delle abitazioni e del diritto alla casa fino al problema del controllo della città, della gestione dei trasporti collettivi, ecc.

La questione dell'uso capitalistico del territorio e dello sfruttamento delle risorse ai fini del profitto sono contenuti che pervadono non solamente il movimento sindacale ma anche le lotte proletarie sul territorio.

"…così nel modo sociale, che del resto deve essere considerato come l'ultimo grado del modo naturale, lo sviluppo delle questioni materiali ed economiche fu sempre e continuerà ad essere la base determinante di ogni sviluppo religioso, filosofico, politico e sociale" (M.Bakunin - Risposta di un internazionalista a Mazzini, Opere Complete, Catania 1976 vol. I pag.300).

Concetti quali la storia degli uomini, dei loro bisogni, delle loro miserie e delle loro ricchezze, coinvolgono e mettono in gioco la biosfera, gli equilibri ecologici, la sopravvivenza del pianeta (cfr. A. Occhetto, Relazione al XVII Congresso del PCI) finiscono per individuare esclusivamente o comunque prevalentemente nei "comportamenti umani" (e perciò in categorie sociologiche aclassiste) le cause della distruzione dell'ambiente. Quale "filo" lega allora la distruzione delle foreste dall'epoca della costruzione della flotta romana con l'attuale dramma dell'Amazzonia? Quello dei comportamenti degli uomini in senso generico? Crediamo di no poiché lo sviluppo del capitalismo, il suo affermarsi, nonché la sua evoluzione ha sempre prodotto disuguaglianze sociali e quote più o meno consistenti di devastazione, che, storicamente, si configurano come caratteristiche dei rapporti di produzione: non si è in presenza di un progresso frutto della sommatoria di generici comportamenti umani, ma di un fenomeno storico in evoluzione costituito dalla società capitalista.

L'inquinamento e la devastazione dell'ambiente si configurano quindi come stato oggettivo dell'attuale modello di sviluppo, un fenomeno drammatico complementare all'estrazione di profitto.

2. I caratteri della fase attuale

L'accrescersi dello sfruttamento capitalistico del territorio e delle risorse ambientali che si è sviluppato a livello mondiale, da alcuni decenni, ha cominciato a provocare diversi evidenti disastri che mettono a nudo la barbarie capitalistica privata contraria agli interessi della collettività.

Vediamo alcune contraddizioni emerse:

L'esplosione di questa serie di contraddizioni, assieme a molte altre, caratterizza questa fase di sviluppo capitalistico e determina la riorganizzazione di molti comportamenti sia intercapitalistici che nello scontro sociale.

3. Gli effetti politici dell'esplosione delle contraddizioni

Uno dei principali effetti politici derivati dall'esplosione di tali contraddizioni territoriali ed ambientali è la nascita di movimenti eterogenei come quello antinucleare, ambientalista, verde, ecc.. caratterizzati da un progetto mirato su alcuni obiettivi diretti e solo in seconda istanza vengono richiamate finalità riformiste o radicali. Questi movimenti riescono ad inserirsi in un contesto sociale diversificato da dove emerge una domanda di nuova qualità della vita territoriale-ambientale che l'attuale fase capitalistica non sa garantire.

Il movimento sindacale si trova "al carro" sia sulla questione nucleare che in quella ambientale in quanto non riesce a risolvere la contraddizione di essere soggetto riformista del ciclo produttivo e contemporaneamente momento storico di rivendicazione delle qualità della vita sia sul posto di lavoro che sul territorio.

Un terzo significativo aspetto derivante dall'effetto delle contraddizioni intercapitalistiche è l'internazionalizzazione dei fenomeni di contraddizione e la conseguente internazionalizzazione dei fenomeni di contraddizione e la conseguente internazionalizzazione dei movimenti di contestazione.

La novità di questa fase politica è rappresentata perciò dalla presenza di movimenti di contestazione "potenzialmente" anticapitalistici che toccano trasversalmente diversi strati sociali e che pesano politicamente non tanto per le rappresentanze parlamentari ma soprattutto in termini di fronti di lotta locali.

Il punto critico rimane la trasformazione del movimento ambientalista da potenziale e reale forza antagonista.

Un approccio materialista al problema ambientale, teso ad individuare le cause negli attuali rapporti di produzione capitalistici, è oggi patrimonio di un nucleo ristretto di compagni. Inoltre occorre ricordare che i movimenti di massa non nascono né si espandono su questo genere di consapevolezze e la loro caratterizzazione più marcatamente politica, se avviene, si realizza attraverso un processo che si snoda tra le diversificate componenti sociali che tali movimenti esprimono.

Esiste quindi un nesso profondo tra componenti sociali dei movimenti di massa e bisogni che ne determina lo sviluppo.Non a caso la crescita dei movimenti verde è coincisa con l'espansione del movimento antinucleare e con una fase dove la sinistra anticapitalista era in forte crisi (l'abbaglio brigatista, l'auto-ghettizzazione dell'Autonomia, ecc.).

Il cemento che unifica il movimento ecologista e ne consente lo sviluppo, risiede proprio nelle qualità dei bisogni che esso esprime: essi trascendono l'attuale divisione in classi della società, perché la necessità di vivere in un ambiente sano è una esigenza che riguarda tutti gli esseri umani. E' su questi bisogni che si costituisce quell'eclettismo sociale che caratterizza il movimento. Siamo allora in presenza di una realtà con connotati profondamente diversi rispetto a quelli della classe dei lavoratori dipendenti, e che si afferma parallelamente alle sconfitte di quest'ultima, senza però ereditarne il ruolo storico. Porre allora il movimento ecologista quale perno di una nuova aggregazione sociale è grave errore strategico perché esso non si sviluppa dall'interno dei processi di produzione ma è originato dalle conseguenze di questi. Il movimento ecologista non può presentare da solo un progetto alternativo strutturale del capitalismo in quanto riesce solo in parte ad intervenire sui meccanismi che regolano il processo di accumulazione capitalista. Le sue caratteristiche di movimento di opinione gli conferiscono una certa capacità di controllare le sue azioni (politiche, di lotta, giuridiche, ecc.), gli aspetti più devastanti dell'attuale modello di sviluppo. Questo ruolo di controllo, confermato peraltro da una serie importante di vittorie, si sviluppa però parallelamente ad un fenomeno che conferma il progressivo rafforzarsi dei meccanismi di accumulazione su scala mondiale.

Analizzando poi più precisamente le componenti del movimento ambientalista, in prima istanza, occorre osservare la presenza di una miriade di collettivi, gruppi ed associazioni di carattere locale che rappresentano un movimento di opposizione segmentato in quanto spesso si attestano su progetti singoli senza uscire dal proprio "orto".

Queste realtà sono comunque un grosso potenziale di opposizione qualora si riuscisse ad innescare progetti di uscita dal localismo.

Sopra queste situazioni cercano di piazzarsi le grandi associazioni ambientaliste come il WWF, Italia Nostra, Lega Ambiente, Amici della Terra, ecc. che con le loro capacità finanziarie (di diversa provenienza) riescono a propagandarsi. La loro funzione politica principale è comunque quella di accaparrarsi una quota notevole di voti da trasferire, durante le elezioni, ai propri candidati ed in ultima analisi a questo o a quel partito. Ciò evidenzia il ruolo di "fiancheggiamento" e subalternità che hanno tali aggregazioni.

In reazione a questo sono nate le liste Verdi che pur non definendosi "partito" di fatto si comportano come tali ed oggettivamente si collocano sempre di più nella battaglia politica come struttura di mediazione interpartitica. I casi emblematici delle giunte comunali, provinciali e regionali dove i Verdi hanno "condiviso il potere" hanno sufficientemente dimostrato il fiato corto di queste strutture politiche.

La prospettiva, dopo i consensi elettorali, è sempre più quella di essere partito anziché movimento di contestazione con la conseguente graduale perdita di ruolo.

4. L'azione capitalista per il recupero delle contraddizioni

In particolare possiamo notare che il capitale è orientato alla riconversione del proprio apparato produttivo, attraverso poderosi processi di ristrutturazione che si basano anche sullo sfruttamento del "nuovo affare", cioè sull'industria del disinquinamento, rilanciando contemporaneamente i nuovi piani qualità.

Lo Stato ed i partiti promuovono una grande operazione di "restauro d'immagine" per consentire il recupero politico e la spartizione della grande torta pubblica dell'ambiente, contemporaneamente sostenendo che lo stato attuale è il risultato della somma delle scelte individuali di tutta la collettività e non delle responsabilità di questo sviluppo capitalistico.

Questo tentativo di recupero non è ancora riuscito a tamponare l'esplosione delle contraddizioni. Ha avuto invece un qualche effetto nel "governare" il movimento di contestazione su posizioni "aclassiste" che non mettono in discussione il sistema capitalistico in quanto tale.

5. Elementi per individuare gli scenari della prossima fase

I problemi territoriali ed ambientali tenderanno ad acuirsi in quanto i processi di riconversione non sono ancora in grado di incidere significativamente sull'accumulo del degrado operato negli ultimi decenni.

La coscienza del degrado e le esigenze di riqualificare la qualità della vita e dell'ambiente aumentano in relazione alla crescita delle contraddizioni. Si tratterà di capire come ciò si esprimerà all'interno delle classi e dei gruppi sociali.

La capacità di recupero capitalista continuerà anche se le risorse che lo Stato potrà mettere a disposizione dei padroni saranno ridotte rispetto a quelle degli anni '60 e '70. Ciò innescherà ulteriori lotte intercapitalistiche per la redistribuzione del reddito.

I movimenti di opposizione, dopo la prima fase di "maturazione" saranno costretti a fare un salto di qualità affrontando i problemi non solamente in termini limitati ma complessivi rispetto allo sviluppo capitalistico. Ciò porterà certamente delle novità nel quadro politico e in relazione a ciò l'organizzazione troverà degli spazi di azione.

Il movimento sindacale si troverà maggiormente coinvolto in questa battaglia sia per le questioni legate alla ristrutturazione sia per il soggettivo coinvolgimento dei lavoratori nelle contraddizioni ambientali.

6. La strategia dei comunisti anarchici

La necessità di legare le tematiche ambientali al mondo della produzione, quale risposta ai processi di ristrutturazione in atto, deve orientare l'azione dei militanti comunisti anarchici nella realtà dello scontro di classe.

Occorre spostare la coscienza ambientalista verso una concezione più complessiva del risanamento ambientale che individui nello sviluppo di una opposizione sociale anticapitalistica le premesse per il superamento dell'attuale modello di sviluppo basato sul profitto, sullo sfruttamento del lavoro e sulla divisione di classe, quale unica via per sanare e difendere l'ambiente nell'interesse di tutte le specie viventi.

Con una simile consapevolezza dobbiamo tendere a legare laddove è utile, opportuno e necessario le nostre esperienze di intervento sindacale, sociale e politico, che sempre più trascendono i luoghi di produzione per stabilire nessi profondi col territorio con tutti quei movimenti che difendono l'ambiente dallo sfruttamento capitalistico del territorio.

La necessaria agitazione, l'attività politica dovrà tendere a:

I fronti di lotta da sviluppare possono essere:

7. I Movimenti, la ristrutturazione globale e le strategia organizzative

La caratteristica fondamentale dei movimenti è costituita dalla loro eterogeneità sociale. Nonostante che essi siano in grado di esprimere alcune consapevolezze quali l'anticapitalismo, antirazzismo e l'opposizione alla guerra, ciò non è sufficiente a costituire un valido punto di riferimento attorno al quale costruire alleanze sociali anticapitalistiche, in quanto non è il grado di opposizione al sistema a conferire simili discriminante, bensì la collocazione dei rapporti di produzione.

I movimenti hanno caratteristiche transitorie; essi esprimono idee ed istanze ed il loro caratteristico trasversalismo sociale li colloca distanti dalla contraddizione capitale/lavoro che caratterizza la società capitalistica.

Non possono quindi esprimere alcuna autonomia reale e durata: le consapevolezze anticapitalistiche che in essi emergono devono trovare un saldo aggancio con la classe lavoratrice, con le sue lotte ed il suo ruolo antagonista.

L'attuale fase di ristrutturazione travalica gli ambiti meramente produttivi, espandendosi fino ad invadere tutto il vivere sociale. I lavoratori si trovano a fronteggiare l'attacco capitalistico anche fuori dal loro ambiente di lavoro: la lotta sindacale appare sempre più un terreno di scontro essenziale, ma al tempo stesso limitato perché gli interessi immediati e storici dei lavoratori non si difendono più con la sola lotta di fabbrica. Ciò riguarda anche gli organismi storici tramite i quali i lavoratori hanno costituito la propria rappresentanza di classe, cioè i Consigli.

Questi ultimi non sono superati, così come le concezioni riformiste affermano, al contrario essi costituiscono un insostituibile strumento per affermare la rappresentatività dei lavoratori. E' però lo sviluppo dello scontro di classe che accresce le esigenze di unità, ed a imporre il superamento di una concezione statica e riformista che vede i Consigli isolati tra loro e dalle tematiche territoriali nelle quali sono inseriti. Questo oggettivo arretramento consente al capitalismo di vincere sui luoghi di lavoro e fuori di essi, proprio perché l'opposizione di classe non possiede adeguate strutture per esprimersi. E' perciò necessaria una proposta, ampia ed unitaria, che partendo dai luoghi di lavoro riesca a saldare tra loro i Consigli aprendoli al territorio, laddove, pure si sviluppa l'attacco padronale.