F.d.C.A.
VI CONGRESSO NAZIONALE – CREMONA 19-20 GIUGNO 2004
SULL'INTERVENTO SINDACALE
1. Il contesto internazionale
Negli ultimi 3 anni i processi di concentrazione del potere economico e politico-militare hanno segnato una vistosa accelerazione sia a livello internazionale che di singoli Stati, marginalizzando quelle tendenze, pur capitalisticamente compatibili, impegnate nella realizzazione di un quadro costituito da una pluralità di poteri e da politiche neoriformiste statuali in cui coniugare sempre più alto profitto capitalistico con sempre più bassa protezione sociale.
Guerre imperialiste, crisi finanziarie, deregolamentazione della cornice istituzionale e legislativa a protezione delle classi subalterne, distruzione del tessuto solidaristico del mondo del lavoro salariato, aggressione all’ambiente ed alla salute si abbattono direttamente o indirettamente su popolazioni a cui viene reso sempre più difficile poter organizzare ed esprimere forme di dissenso, di contestazione e di lotta con cui tentare di modificare una situazione frutto delle scelte economiche, politiche e militari di un potere che governa sempre più in nome delle norme che autoproduce….per governare.
La drastica riduzione ed erosione di spazi di confronto e di negoziazione, o la loro trasformazione in finti tavoli di trattative in cui salvaguardare le compatibilità capitalistiche, hanno svelato il truce volto del capitalismo militarista e la patetica indisponibilità delle tendenze neoriformiste a salvaguardare neanche i minimi interessi delle classi subalterne.
In questa situazione si è sviluppato un grande movimento di opposizione, internazionale e composito, che si è reso protagonista di vaste mobilitazioni popolari, significative per la grande partecipazione, per le evidenti potenzialità di auto-organizzazione ed autogestione, per la capacità di confrontarsi nelle piazze con la violenza della repressione degli apparati dello Stato.
2. Il contesto nazionale
In Italia, questi ultimi 3 anni hanno segnato la rottura definitiva di una cornice sociale costruita nell’ ultimo decennio del XX secolo, ma inadeguata ad affrontare lo scontro in atto. Da un lato la caduta vertiginosa del potere d’acquisto dei salari (-9,3% per gli operai, -11.1% per gli impiegato, -27% per i pensionati), dall’altro il fallimento della politica dei redditi; da un lato l’arroganza padronale nei piani aziendali (leggi mobilità e licenziamenti) e nei rinnovi contrattuali (leggi aumenti pari all’inflazione programmata, inferiore a quella Istat, per non parlare di quella reale!!), dall’altro il fallimento della politica della concertazione; da un lato le continue restrizioni dei diritti del lavoro (modifica dell’art.18 dello Statuto dei Lavoratori, legge 30/2003, legge 83/2000 antisciopero, contratti separati senza consultazione), dall’altro la crisi del modello di rappresentatività imposto dai sindacati autonomitatisi maggioritari.
L’inevitabile e conseguente radicalizzazione della conflittualità nel mondo del lavoro ha fatto quindi emergere la mai sopita capacità della classe lavoratrice di saper riscoprire la propria autonomia di lotta e di organizzazione, dalla Fiat ai precari, dai metalmeccanici ai lavoratori dei trasporti. Rotta la cornice della concertazione, tornano a contare i rapporti di forza, la capacità di lotta e di difesa degli interessi specifici dei lavoratori, fuori da ogni gabbia neocorporativa. Se la battaglia salariale resta dura e difficile in tante categorie, viene pur riaperta la questione della totale indisponibilità ed intangibilità del diritto di sciopero, che si divincola dalla camicia di forza fatta di norme antisciopero e di codici sindacali di autoregolamentazione.
L’intreccio delle lotte sindacali con le lotte sociali per i diritti dei migranti, per la tutela dell’ambiente, per la pace, contro il proibizionismo, è avvenuto in uno scenario sociale lacerato ad arte dall’uso infamante dell’appellativo di terrorista dato a chiunque osasse opporsi ai supremi disegni dell’esecutivo.
Non c’è stata fase dello scontro di classe in atto negli ultimi 3 anni che non abbia visto i movimenti sociali vittime di trattamenti preventivi di repressione ad alto effetto mediatico, che hanno colpito in varie forme anche le lotte sindacali – provvedimenti disciplinari, licenziamenti, precettazioni, cariche della polizia, con un evidente crescendo di intensità dagli scioperi del 2002 in poi.
3. La risposta sindacale
3.1 Il conflitto che si è venuto a creare negli ultimi anni ha messo notevolmente in imbarazzo le burocrazie sindacali, ormai abituate, dopo quasi un decennio di concertazione, al lavoro facile.
E' apparsa subito evidente l'incapacità di gestire le situazioni che l'accresciuto livello di scontro hanno creato.
Non stupisce quindi che, al momento del cambio di gestione di Confindustria e del suo conseguente cambio di politica, i leader sindacali confederali, con una sola eccezione, si siano lasciati subito ammaliare dalle sirene della neo-concertazione. Ne è dimostrazione il recente accordo sul tele-lavoro.
Presumibilmente è ipotizzabile la riproposizione di una nuova politica di moderazione salariale con la scusa, questa volta, di salvare il paese dal declino industriale, ovviamente ancora una volta a spese dei lavoratori e delle lavoratrici.
Nel recente passato alle politiche salariali si sono accompagnate politiche di precarizzazione del lavoro (vedi Pacchetto Treu e Legge Biagi) e di abolizione di diritti.
D'altro canto gli imprenditori, invece, hanno avuto un netto abbattimento del costo del lavoro, maggiori profitti, manodopera più precaria e meno qualificata (situazione dovuta anche alla scelta di una via "bassa" allo sviluppo industriale, scegliendo la competizione sul costo del lavoro e rinunciando a politiche di innovazione tecnologica), quindi facilmente sostituibile e maggiormente controllabile anche attraverso la frantumazione delle figure contrattuali.
E' inoltre prevedibile che alla precarizzazione del posto di lavoro si affianchi un ulteriore attacco al sistema pensionistico pubblico con l'esproprio (in maniera più o meno coatta) del TFR e la creazione di fondi pensione privati.
Questa operazione aumenterà ulteriormente la massa dei capitali che alimentano i circuiti finanziari, congruentemente con la tendenza verso una sempre maggiore importanza dei capitali finanziari rispetto a quelli produttivi, come d'altronde già rilevato nel documento di analisi di fase dove viene scritto:
"Quest'ultima, in particolare, lega la finanza al profitto rapido, limitando l'investimento di lungo periodo (come quello nell'istruzione), l'unico che possa aspirare a disegnare un sistema stabile."
Sarà probabilmente in linea con tutto questo anche la prossima annunciata riforma della pensioni, con un ulteriore aumento dell'età pensionabile; una riforma che aumenterà ulteriormente il numero dei futuri pensionati a cui non sarà garantita neanche la semplice sopravvivenza.
3.2 Al momento l'unica anomalia nel mondo sindacale confederale rimane la FIOM al cui interno si è sviluppato una forte dibattito sulla politica dei redditi che ha visto vincere al XXIII congresso anticipato e in larghissima misura la mozione della "sinistra" che pone un forte veto sulla riproposizione di una nuova politica dei redditi e di una nuova concertazione.
Rimane da vedere come questa "anomalia" verrà risolta all'interno dei sindacati confederali, dove le posizioni saranno invece in gran parte favorevoli al progetto di una nuova politica dei redditi.
3.3 In questi 3 anni la discesa in campo della CGIL, col suo peso organizzativo, forte di 5 milioni di iscritti, ha ovviamente messo in ombra il sindacalismo di base.
Quest'ultimo sembra costringersi a scelte in cui ciò che conta è più distinguersi dalla CGIL che ricercare la costruzione di un grande movimento di massa contro il governo. La cosa si è drammaticamente ripetuta in occasione dei recenti scioperi dell'autunno contro la distruzione delle pensioni pubbliche, con l'aggravante di ulteriori divisioni tra i sindacati di base.
Il progressivo sfaldamento dei cartelli costruiti faticosamente sta portando ad una decomposizione della capacità di coordinamento nazionale del sindacalismo di base e della messa in crisi dello stesso principio di base, come nel caso di ripetuti, distinti e contraddittori scioperi indetti dall'alto dalle dirigenze sindacali di base.
3.4 Sul piano locale e categoriale il sindacalismo di base riesce comunque a svolgere 3 funzioni fondamentali per il suo radicamento nei territori, probabile futuro luogo nevralgico dello scontro di classe:
quella di offrire strumenti e potenzialità all'espressione autonoma dei lavoratori, laddove le oo.ss. tradizionali sono latitanti o addirittura avversano l'auto-organizzazione operaia;
quella di intercettazione della dispersione di militanza sindacale dei tanti lavoratori orfani di Cgil-Cisl-Uil
quella di garanti della democrazia sindacale nei luoghi di lavoro ove il sindacalismo di base riesce ad ottenere i voti per eleggere proprie rsu.
quella di realizzare una continuità d'antagonismo nel momento in cui il mutamento del quadro politico dovesse far rifluire i confederali, verso posizioni neoconcertative
3.5 In questo quadro generale, si inserisce poi la recente ed esemplare lotta degli autoferrotranvieri. Esemplare perché autorganizzata e di massa, in grado di coinvolgere settori via via più ampi di popolazione e di smascherare un sindacato ed un centrosinistra (con tutte le sue componenti, non ultima quella delle organizzazioni di consumatori di riferimento), assolutamente schierati sul versante delle privatizzazioni dei servizi pubblici e più attenti alle necessità della cosiddetta azienda Italia che ai bisogni dei lavoratori e dei cittadini.
3.6 E’ necessaria la maggiore solidarietà possibile tra le diverse categorie di lavoratori per respingere i tentativi di criminalizzazione che vogliono ridurre l’auto-organizzazione a reato contro l’ordine costituito e la "sicurezza del paese". E’ necessaria la maggiore mobilitazione di massa possibile perché la repressione non colpisca i lavoratori in lotta. Sarà necessario l’impegno di tutte le forze sociali e politiche antiburocratiche ed antiautoritarie perché il disagio e l’esasperazione diventino progetto libertario di lotta e di autonomia.
4. Nostro atteggiamento generale
Dalle recenti lotte è emersa una saldatura tra rivendicazioni salariale e rivendicazione della libertà di sciopero ed una dimostrazione di autonomia di classe, come non si vedeva da molto tempo.
A livello generale occorre reagire ai processi di privatizzazione in corso, per cui i rinnovi dei CCNL dovrebbero puntare su salario e rallentamento delle privatizzazioni, fermando al tempo stesso la deriva verso le gabbie salariali per salvare il contratto nazionale.
E’ necessario ribadire la centralità della lotta salariale per la ricostruzione dell’unità di classe, come già riportato nell’attuale programma (Congresso del Dicembre 1997). E’ tuttavia necessario ricondurre la lotta salariale all'interno di una piattaforma sociale complessiva in cui la questione salariale sia ri-posta nei termini di salario diretto/indiretto/differito.Tutto questo nell’ottica della riscoperta del livello ineludibile della rivendicazione aggregante, su cui costruire organizzazione sindacale e rappresentanza di base e dal basso. La rivalutazione della contrattazione deve essere basata sull’ascolto dei bisogni della classe lavoratrice e sulla loro traduzione in rivendicazioni consapevoli e riunificanti.
La crisi dell’impianto contrattuale uscito dagli accordi del 1992-1993 deve farci riflettere da un lato sulla necessaria difesa del doppio livello contrattuale e dall’altro sui processi di federalismo e regionalizzazione in atto anche nel mondo del lavoro, con conseguente spostarsi della lotta sindacale e contrattuale decisiva a livello territoriale e sub-territoriale (singole realtà produttive).
5. Il nostro ruolo nei luoghi di lavoro, nel territorio, nei sindacati
Noi scegliamo i lavoratori prima delle sigle, noi scegliamo l’unità dei lavoratori prima delle sigle, noi sosteniamo le lotte dei lavoratori per la difesa dei loro interessi indipendentemente dalla forma o sigla scelta, dal tipo di sindacalismo scelto, purché porti ad un miglioramento delle condizioni di vita del proletariato, all’apertura di spazi più liberi nella società. E se in queste lotte e/o sindacati siamo capaci di dire la nostra ed essere “di-guida”, avremo rafforzato l’autonomia dei lavoratori e rilanciato il ruolo dell’anarchismo di classe. E cioè avremo fatto del concreto sindacalismo rivoluzionario, del concreto anarcosindacalismo, del concreto sindacalismo libertario, del concreto….sindacalismo.
È la materialità della situazione di lavoro a determinare una possibilità organizzativa sindacale anziché un’altra, prima ancora del nostro desiderio rivoluzionario. È la materialità dei rapporti di forza ad ampliare la possibilità di un sindacalismo conflittuale a prassi libertaria, prima ancora del nostro essere anarchici.
La ricollocazione di avanguardie e di spezzoni di classe nell’opposizione interna alla CGIL o in numerosi sindacati alternativi va preso come dato oggettivo. Ci piaccia o no. Una strategia si costruisce su ciò che è possibile e non solo su ciò che è giusto. Ma il sindacalismo conflittuale a prassi libertaria non può prescindere da 3 elementi:
autonomia dalle logiche di subordinazione partitico-politiche
unità dei lavoratori, perseguita attraverso la definizione di una piattaforma generale del sindacalismo conflittuale ovunque e comunque esso si rappresenti; unità di obiettivi e metodi di lotta;
forza rivoluzionaria, perseguita attraverso una prassi libertaria di organizzazione interna, confederale, di coordinamento, di cartello che sia; e vale nella fase di elaborazione della piattaforma generale come in quella della sua gestione in sede di contrattazione.
6. Piattaforma Sindacale
lotta per le libertà sindacali e politiche: libertà di sciopero; libertà di assemblea; libertà di organizzazione sindacale e libertà di espressione nel luogo di lavoro; piena agibilità sindacale per tutti i soggetti sindacali;
lotta per l’occupazione e lotta alla precarietà dei rapporti di lavoro e ad ogni destrutturazione del mercato del lavoro; lotta al nuovo caporalato ed alle agenzie interinali: abolizione della Legge 30/2003; a parità di lavoro parità di salario;
lotta per il salario minimo intercategoriale europeo; difesa e rilancio del salario indiretto e dei servizi sociali; difesa e rilancio del salario differito con autodeterminazione dei lavoratori sul TFR e sua rivalutazione in base al costo della vita corrente;
inserimento dei lavoratori migranti nelle strutture contrattuali dei rapporti di lavoro e nel mondo del lavoro dei paesi ospitanti, con pieni diritti e parità di salario;
lotta contro la discriminazione di diritti e garanzie sociali, di forme di lavoro e contratti di lavoro, in base alle caratteristiche produttive e socio-culturali di un territorio; lotta al ripristino delle gabbie salariali;
lotta per l’accesso ai servizi sociali da parte di chiunque ne abbia bisogno; lotta alla privatizzazione dei servizi sociali (istruzione, sanità, trasporti, energia, telecomunicazioni,…)
lotta all’emarginazione dal mondo del lavoro
lotta per la parità salariale tra uomini e donne
sostegno internazionalista alla lotta dei lavoratori di altri paesi e di altre aree economiche;
lotta per l’istruzione libera, pubblica, gratuita, laica, per tutti;
lotta per il diritto all’ambiente e alla salute, non monetizzabile e non negoziabile, per una migliore qualità della vita vita;
contro la repressione delle lotte sindacali, controinformazione continua, rilancio dell’organizzazione e potenziamento degli organismi di difesa (casse di resistenza, osservatori contro la repressione, coordinamenti di solidarietà con i compagni e le compagne colpiti da provvedimenti disciplinari, reti di soccorso legale)
rilancio del Sindacato dei Consigli: tutti elettori, tutti eleggibili; scheda bianca; revocabilità; rappresentanti di reparto su mandato dell’assemblea; delegati eletti dai lavoratori ai tavoli contrattuali ad ogni fase della trattativa.
7. Tattica sindacale dei comunisti anarchici
Nei luoghi di lavoro e nelle categorie si riscontra il livello di sfruttamento e di scontro più alto: è proprio qui che occorre ricostruire l’unità di interessi fra lavoratori con diverse forme di contratto, riprendere nelle mani la contrattazione integrativa e decentrata, tutelare il diritto alla salute, gestire l’orario per gestire meglio la vita, svincolare il salario dalla produttività, respingere il ricatto del lavoro straordinario. Coordinamenti di delegati rsu di settore ed intercategoriali, di lavoratori garantiti, precari, migranti, possono essere forme di cooperazione, di unità e di lotta.
Nel territorio è proprio dei comunisti anarchici costruire luoghi e situazioni in cui ri-tessere una trama di relazioni e di elaborazioni sindacali a prescindere dalle appartenenze e dalla tessere. Qui la ricchezza viene dalle diverse esperienze sindacali, da quegli organismi autogestiti, da quei sindacati, da quegli attivisti che perseguono obiettivi di lotta –parziali e più generali- su cui federare i lavoratori appartenenti a differenti organizzazioni sindacali. Camere del Lavoro intersindacali, forum sindacali cittadini, coordinamenti regionali di sindacati di base, possono essere i luoghi per permettere un’efficace difesa unitaria degli interessi di classe dei lavoratori, precari, migranti.
A livello nazionale devono essere proprio gli attivisti sindacali anarchici a far sì che sia possibile federare spezzoni di classe, attivisti sindacali, sindacati di base diversi su una piattaforma con obiettivi e principi indisponibili su salario, orario, diritti, servizi, democrazia sindacale.
per..
“(…)rendere più efficace l’azione sindacale generale nelle lotte di grande respiro, ricostruire l’unità dei lavoratori, ripristinare la solidarietà di classe, restituire al mondo del lavoro, e non solo, democrazia sindacale ed autonomia progettuale per una società più ugualitaria e più libertaria” (“Appello agli attivisti sindacali anarchici e libertari”, FdCA 2001)