8° Congresso Nazionale

Federazione dei Comunisti Anarchici

Fano, 31 ottobre/1 novembre 2010

Mozione sul Territorio

Sostenere l'opposizione alle politiche capitaliste di invasione e sfruttamento del territorio

Costruire l'alternativa libertaria

 

Il nuovo decennio si apre con una profonda crisi economica e politica. Lo sfruttamento capitalistico del territorio si dispiega implacabilmente ed indifferentemente nelle metropoli, come nei piccoli centri; lungo le reti neuronali della valorizzazione speculativa delle risorse ambientali ed infrastrutturali come nelle aree interne saccheggiate e sfruttate dal capitalismo pronto poi a spostarsi in nuove zone.

L'emergenza abitativa, il degrado ambientale, lo scasso del territorio operato dalle privatizzazioni, dalle cartolarizzazioni, dal militarismo, dal saccheggio del suolo e delle risorse pubbliche, stanno modificando profondamente il rapporto tra tempi di vita ed uso del territorio, tra autonomia salariale dei lavoratori/trici, cittadini/e ed abitanti, e possibilità di accedere ai beni collettivi, ai servizi, sempre più privatizzati, monetizzati e sottratti al controllo sociale collettivo.

Quanto più arretra la capacità di acquisto dei salari con il conseguente aumento dell'indebitamento a scapito dell'autonomia di reddito dei lavoratori/trici e delle loro famiglie, tanto più diventano inaccessibili - se non a costo di sacrifici, rinunce e ricatti finanziari - diritti, servizi, beni e progetti di una vita migliore.

Questo attacco alle condizioni di vita, questo impoverimento collettivo non potrebbe essere portato a buon fine senza un quadro di impoverimento culturale e politico volto ad assicurare la disgregazione degli interessi collettivi, la polverizzazione della partecipazione e l'esaltazione dell'individualismo a scapito della solidarietà.

Ecco quindi martellanti operazioni di propaganda securitarie e razziste, il tentativo di scaricare il disagio sociale su parti di popolazione, gli immigrati in particolare, nel tentativo di innescare la solita guerra tra poveri.

Questa offensiva del capitalismo è facilitata dall'impreparazione e dall'opportunismo della sinistra istituzionale in buona parte dilaniata tra crisi di identità e scelte di gestione filogovernative, e solo parzialmente contrastata da movimenti che partendo da problematiche locali riescono ad aggregare significative alleanze, acquistando a volte valenza nazionale.

Tuttavia non tutto è perduto, tanti focolai si accendono e rimangono vivi: le rivolte degli immigrati, le resistenze popolari contro le grandi opere, l'antifascismo militante, le lotte per laicità e per le libertà individuali, le occupazioni di case e di spazi sociali.

Un universo forse frastagliato, non coeso ma esistente e quindi meritevole di essere alimentato e spinto in battaglie sempre più grandi e radicali. L'opposizione sociale mostra nonostante tutto una sorprendente capacità di azione, nelle metropoli dove è più evidente il disagio così come nelle aree del paese dove l'immiserimento è ancora nascosto dalle pieghe del decoro, a partire dai bisogni materiali e dalla rivendicazione di diritti, come quello alla casa, alla salute e ai servizi essenziali per tutti/e, migranti compresi/e, anche partendo da una vertenzialità a volte estenuante per il soddisfacimento dei bisogni minimi con un paziente lavoro che mira alla ricomposizione di diritti individuali in diritti collettivi e che superi logiche clientelari e assistenzialistiche.

La difesa del territorio e delle risorse naturali dalla gestione dissennata del capitalismo, pur rischiando la mera difesa dell'esistente, dimostra una ripresa di attenzione e di cura dei beni pubblici, e una sempre minore acquiescenza verso uno "sviluppo" imposto che non garantisce la salute di tutti di fronte alla ricerca del profitto di pochi.

A tutto questo si affianca l'intervento di tipo culturale e politico capace di contrastare l'avanzata strisciante della destra, con i suoi contenuti di violenza razzista, sessista, identitaria che rischiano di fare sempre più breccia nel senso comune ed alzano steccati fra lavoratori/trici di diversa provenienza geografica. L'antifascismo perde così il carattere rituale in cui lo aveva confinato la memorialistica di Stato per riacquistare l'urgenza politica della lotta contro la sopraffazione e l'autoritarismo, lotta in cui per vincere occorre saper costruire il fronte più ampio e unitario. Ugualmente prioritaria la difesa della laicità e il superamento delle identità religiose, culturali e nazionali e la creazione di spazi di libertà e di elaborazione collettiva per ricostruire un tessuto sociale di libertà, solidarietà e di mutuo appoggio.

Si tratta solo apparentemente di diversi ambiti di lavoro, in realtà facce della stessa battaglia, volta a riacquistare autonomia di classe e progettualità libertaria, unica alternativa alla barbarie fratricida in cui il capitalismo cerca di trascinarci usando le armi della divisione anche etnica, della repressione, del bombardamento massmediatico.

Laicità e femminismo

Sono anni cupi a livello culturale, anni dell'egemonia berlusconiana al potere, della repressione del dissenso da quello di piazza a quello televisivo. L'Italia si ritrova stretta in una morsa di menefreghismo, di ignoranza, di intolleranza e di apatia. Valori ormai iniettati a forza dalla cultura di regime a dosi sovraumane attraverso lo strumento che ormai tiene incatenati tutti/e gli/le italiani/e:la televisione. La gente sempre più chiusa in casa, si allontana dalla realtà, ha paura di tutto e non riesce ad avere una visione critica del reale, tanto meno la forza della ribellione. L'evoluzione dell'immaginario femminile negli uomini e nelle donne stesse è un esempio lampante di quanto un accorto uso dei mass media abbia agito in profondità, trasformando le battaglie di emancipazione e libertà femminile nella sua parodia libertina e pornografica funzionale da un lato allo sfruttamento del corpo e dell'immagine della donna e dall'altro allo svuotamento del concetto stesso di emancipazione trasformato nella legittimazione dell'arrivismo sfrenato a tutti i costi e con ogni mezzo, in cui il corpo diventa merce di scambio con ogni forma di potere.

Nella realtà con la riduzione del welfare contestuale a politiche di riduzione del reddito che colpiscono in larga misura le donne, già sovraesposte in termini di precarietà, sottoccupazione e lavoro nero, in assenza di politiche di tutela, la situazione italiana intreccia aspetti molto complessi rispetto al rapporto tra libertà delle donne, libertà e autodeterminazione individuale e scelte etiche su fecondazione assistita, interruzione volontaria di gravidanza, scelte di maternità e paternità, scelte sulla gestione della cronicità e delle malattie, disabilità, scelte legate alla fine della vita. Il movimento sorto attorno al referendum del 2005 contro la legge sulla procreazione assistita e poi coagulato attorno alla difesa della legge 194/1978 si è parzialmente disperso lasciando totalmente scoperto lo spazio della politica femminista che aveva in queste tematiche gli ultimi punti di forza.

Nel frattempo la retorica sulla famiglia patriarcale spacciata come "naturale" ha avuto il sostegno dei governi di destra e l'acquiescenza di quelli di centro sinistra. La situazione attuale si configura con un quadro a tinte fosche in cui il soggetto politico di riferimento per lo stato diviene la famiglia a cui demandare - in periodo di crisi e di smantellamento di welfare - tutto il carico economico e sociale della cura e della gestione dell'infanzia, dell'adolescenza, della disoccupazione, della disabilità, della vecchiaia.

L'andamento legislativo è chiaramente spostato sulla centralizzazione della famiglia come luogo di sussidiarietà gratuita e fornita principalmente dalle donne che sono parallelamente spinte alla maternità come surrogato di fronte alla disoccupazione femminile, soprattutto al sud e che in molti casi - di fronte alla crisi - si trovano a scegliere contratti di lavoro part-time e/o sono espulse dal mercato del lavoro.

In relazione alle comunità immigrate questo tipo di posizione politica di fondo, sostanzialmente condivisa da tutto l'arco di rappresentanza politica del parlamento, porta ad un abbandono delle donne che si ritrovano molto spesso imprigionate in scelte comunitarie e prive di strumenti per poter accedere ad una liberazione personale completa.

Nel campo della bioetica si trova un conflitto che ancora vede contrapporsi culturalmente e politicamente il fronte laico con quello di matrice cattolica-conservatrice. In questi anni sono sorte le Consulte per la Laicità che sono contenitori di associazioni di diversa composizione e finalità ma che hanno in comune la difesa e la promozione della laicità, soprattutto in relazione a tematiche fortemente dibattute in questi anni tra cui quella sulle scelte di fine vita. I casi Welby ed Englaro hanno suscitato molta attenzione mediatica sulla libertà di interrompere le cure e di poter avere una morte dignitosa e senza sofferenza, questa esigenza che rappresenta un grande problema civile è stata posta al centro del dibattito politico nonostante le forti resistenza ad affrontare in modo laico il nodo del testamento biologico.

Come comunisti anarchici non possiamo che sostenere iniziative sulla libertà individuale di scelta e sulla autodeterminazione e tenere alta l'attenzione su tutte le tematiche che coinvolgono il tema delle scelte del singolo individuo che devono essere garantite in un quadro di solidarietà sociale, così come le sporadiche campagne femministe per la libertà e l'autodeterminazione delle donne.

Occorre inoltre promuovere momenti di riflessione e di critica femminista e libertaria che decostruisca la perversa accoppiata tra retorica della famiglia tradizionale, ormai nei fatti sostituita da realtà molto variegate, e lo sdoganamento della politica del bordello in cui alla relazione tra pari si sostituisce la solita, vecchia relazione di potere.

Lotte per la salvaguardia del territorio

I movimenti per la salvaguardia del territorio, come quello No Tav, quello contro il Ponte di Messina o contro le basi militari americane sono movimenti che nascono dal basso e che cercano di tutelare la vita e la salute di interi territori contro progetti che calano dall'alto, che snaturano il territorio e che non tengono conto delle vere esigente della popolazione locale. Il ponte sullo stretto e le grandi opere hanno inoltre la caratteristica di dirottare ingenti risorse pubbliche nelle tasche dei grandi gruppi economici e di foraggiare le mafie, spesso strettamente interconnesse agli interessi del grande capitale.

A meno che non si aprano occasioni di profitto nel perverso ciclo inquinamento-disinquinamento, il capitale non ha interesse a porre riparo ai suoi danni ambientali che spesso si rivelano irreversibili, perlomeno nel tempo di vita di svariate generazioni.

Così, mentre il terzo e quarto mondo vengono costantemente depredati delle loro risorse e usati come pattumiera dei rifiuti industriali da parte delle grandi multinazionali e con la complicità degli Stati d'origine, approfittandosi della ricattabilità materiale e della conseguente debolezza politica delle popolazioni indigene e facendo leva sulla avidità delle oligarchie locali, in occidente i movimenti ambientalisti ed antimilitaristi, nati da una maggiore consapevolezza eco-sociale, sperimentano forme di democrazia diretta e dal basso, opponendosi all'autoritario strapotere delle grandi imprese.

Occorre individuare e dare respiro alle istanze anticapitaliste di questi movimenti, che spesso sono osteggiati sia dai partiti di governo che da quelli dell'ex "sinistra".

Occorre lottare insieme ai comitati territoriali perché i costi del disinquinamento siano a spese del Capitale che li ha prodotti e non scaricati sulle spalle dei lavoratori e dell'intera classe degli sfruttati. Ed allo stesso tempo occorre sostenere il più possibile la federazione di tali movimenti, affinché prevalga l'universalità degli sfruttati nelle lotte, contro qualsiasi tendenza alla sindrome di "nimby", dietro la quale spesso si nascondono interessi delle borghesie locali.

Antifascismo militante

I movimenti fascisti, neo-fascisti e neo-nazisti purtroppo stanno acquisendo sempre più visibilità sul territorio italiano ed europeo e spesso non si tratta di gruppuscoli isolati che alzano ogni tanto la cresta ma di una vera e propria onda anomala a livello sociale e politico.

Forza Nuova, CasaPound e altri fra partiti e organizzazioni neofasciste stanno rosicando il terreno che prima apparteneva alla sinistra antagonista e a noi anarchici, specialmente facendo proprie tematiche sociali come: lotta per una scuola gratuita, difesa del territorio, lavoro (solo per gli italiani naturalmente), spazi sociali.

Spesso i loro proclami distribuiti all'entrata dei licei o nei quartieri, sono intrisi demagogicamente dei proclami storici della sinistra popolare. Utilizzano con demagogia categorie generiche come quella dei "giovani" o degli "italiani" per mistificare il conflitto di classe e trovano sempre più spazio, consenso e finanziamento nello Stato.

La cosa certa è che dietro gli slogan "sociali" si nascondono idee di nazionalismo, razzismo e violenza che si manifestano nelle sempre più abituali aggressioni contro immigrati, persone gay, lesbiche, transessuali, trans gender, e compagni/e.

I nuovi fascisti hanno naturalmente le spalle parate dai loro camerati più anziani che ora stanno al governo di città, regioni e del paese. Occorre quindi condurre la lotta contro il fascismo su due fronti: uno culturale - per smascherare la mistificazione intellettuale e la reale essenza autoritaria, razzista, omofoba e sessista; ed uno militante, per difendere la nostra integrità fisica ed i nostri spazi di agibilità politica. Per far questo è necessario trovare e sperimentare forme di collaborazione con tutte le realtà sociali e politiche territoriali sinceramente antifasciste per formare comitati e reti di autodifesa antiautoritarie, di uguaglianza e di giustizia sociale.

Immigrazione

In questi ultimi anni abbiamo assistito al fenomeno dell'immigrazione da un punto di vista quasi esclusivamente europeo, dimenticando che le caratteristiche dell'immigrazione sono fenomeno diffuso in tutto il mondo, (ad esempio tra i lavoratori immigrati, sopratutto messicani, degli Stati nel sud degli USA impiegati nell'agricoltura si verificano le stesse dinamiche che accadono nello stesso settore in Italia) le risposte che si sono date a questo fenomeno sono alquanto simili, sempre accompagnate da cadute razziste e xenofobe dovute alla scarsa conoscenza del problema ed alla difesa di spazi retorici conquistati da una diffusa incapacità culturale.

La caratteristica principale della condizione del migrante riguarda la totale subalternità agli interessi economici del paese ospitante, il livello di sfruttamento al quale sono sottoposti e la mancanza dei necessari strumenti giuridici legati alla cittadinanza producono di fatto un esercito di riserva ricondotto allo stato di plebe; favorito da forme discriminatorie applicate dalle leggi degli Stati e diffuse nelle paure collettive. E' da questa condizione che gli immigrati e le immigrate si stanno dimostrando capaci di organizzarsi e di lottare per i loro diritti giuridici e per i loro diritti lavorativi,la rivolta di Rosarno,dovuta, come altre ad una persistente condizione di schiavitù e di vessazioni, lo sciopero generale degli immigrati, le lotte sempre più diffuse per sfuggire alla truffa dei permessi di soggiorno, stanno sedimentando fenomeni di auto organizzazione e di resistenza, rifiutando una condizione di clandestinità e di carcerazione imposta dalla deriva segregazionista.

In Italia nello stesso tempo, constatiamo una crescita esponenziale del razzismo che si esprime in diverse forme: dalla diffidenza alla violenza fisica, dall'induzione della paura alla costruzione di un nemico massmediatico in grado di costruire grandi fortune politiche.

Il governo, che ha portato all'esasperazione la linea già intrapresa da tutti i precedenti governi anche di centro sinistra, si è reso responsabile di norme razziste e discriminatorie verso gli immigrati, che in molti casi vengono espulsi senza nemmeno essere assistiti dalle agenzie internazionali alle quali è ormai fatto divieto di intervenire, come nel caso del recente sbarco di immigrati in Sicilia. Il Governo usa demagogicamente e pericolosamente la condizione degli immigrati come scambio politico per il consolidamento del potere nei rapporti elettorali (vedi Lega Nord) creando una classe di lavoratori sottopagati e privi di diritti, merce appetibile per nuove forme di caporalato e di sfruttamento selvaggio. Tutti gli altri immigrati che provengono in gran parte dall'Est ex Sovietico e che sono soprattutto donne, come gli altri che provengono dall'Asia e con altri mezzi meno visibili dei barconi clandestini, sono tollerati perché rimangono in silenzio e costituiscono un bacino di lavoro sottopagato e non sindacalizzato e sostengono il welfare smantellato dallo Stato.

L'accordo con la Libia, che permette a questo paese al di fuori di ogni più banale regola del diritto internazionale di imprigionare, espellere, schiavizzare e dare la morte agli immigrati che cercano di attraversare il mare per approdare in Europa. Tale accordo è costruito su di uno scambio economico, ma è soprattutto utile al controllo dell'informazione, migliaia di immigrati che raggiungono le nostre coste, giovani poveri ed affamati sono l'esatta riproduzione che l'immigrato assume sull'italico suolo, un non uomo che delinque, che spaccia, che non lavora, in una voluta clandestinità, l'oggetto di disturbo che fomenta la paura.

Nonostante l'Italia sia stata chiamata in causa da agenzie internazionali per il trattamento dell'accoglienza ai profughi, il governo continua barbaramente a rifiutare il riconoscimento di quanti , provenendo da zone di guerra e di conflitto chiedono asilo politico, rimpatriando persone che saranno attese dal carcere e dalla morte nei paesi dai quali sono fuggiti. Fondamentale per il potere è determinarne il ruolo, che non può uscire da uno schema improntato alla ricerca di un consenso "dei bassi istinti", guai se i cittadini sapessero che la stragrande maggioranza degli immigrati arriva in aereo, con un visto turistico, e la loro unica preoccupazione è quella di un lavoro che gli permetta di avere una vita decorosa impossibile nel paese di provenienza.

Con la crisi, le forme di razzismo si sono accentuate ed è compito della classe lavoratrice ricostruire quella solidarietà tra sfruttati che resta la sola arma di difesa degli interessi collettivi.

I Comunisti Anarchici lottano con e per gli immigrati, ruolo dei Comunisti Anarchici è quello di creare ponti tra comunità di immigrati e autoctoni, legami e relazioni che allarghino le fila delle lotte e che permettano di istituire il sentimento della solidarietà di classe e l'abbattimento delle barriere causate dall'ignoranza e dal razzismo.

I Comunisti Anarchici hanno il ruolo di aiutare gli immigrati nelle loro rivendicazioni di libertà di circolazione, di lavoro e di giustizia sociale e di farli uscire dall'isolamento socio-culturale favorito dall'emanazioni di leggi liberticide e razziste, sfuggendo dal paternalismo di certo antirazzismo caritatevole che da troppo tempo si arena davanti agli scogli delle politiche razziste e classiste dei governi.

Antimilitarismo

La situazione internazionale, caratterizzata da una profonda crisi economico-finanziaria, a seguito dell'intersecarsi dei contrasti economici con i ruoli politici e militari, vede un'acutizzarsi dello scontro tra blocchi con il rischio di destabilizzazione di aree relativamente stabili e di nuove conflittualità, oltre al perdurare di quelle già esistenti, per il controllo delle materie prime alimentari, di quelle energetiche, dei flussi migratori "illegali" e per i centri nodali di traffico, i famosi corridoi marittimi e terrestri. In questo scenario sono presenti rischi derivanti dalle tensioni non efficacemente risolte nell'area del Medio Oriente allargato e nei Balcani, oltre a situazioni di criticità nell'Europa orientale, nel Caucaso, nel bacino del Mediterraneo e nel Corno d'Africa.

La tutela della sovranità degli interessi nazionali nel mondo globalizzato é quanto mai direttamente correlata a quella dei Paesi alleati.

Di fronte alla difficoltà dell'Europa a sostenere unitariamente proprie azioni sul piano politico-militare, si riconferma il ruolo della NATO con una ridefinizione del suo "Concetto Strategico" attraverso un estensione della portata delle proprie azioni ben oltre i limiti stabiliti dall'ambito teorico stabilito dall'Articolo V del Trattato.

L'Italia, tradizionalmente filo-atlantica, riafferma il sua alleanza alla Nato, la sua attiva partecipazione alle missioni militari internazionali e delega all'Europa un impegno più attivo nel promuovere iniziative internazionali per la salvaguardia dei suoi interessi e il perseguimento di una Politica Europea di Sicurezza e Difesa (PESD).

Questo comporta per tutti i paesi dell'area atlantica la necessità di disporre di forze agili e flessibili in termini d'impiego, inter-operabili in ambiente multinazionale e con spiccate caratteristiche di proiettabilità, al fine di contribuire alla crescente esigenza della NATO e dell'Unione Europea di avvalersi di rapide capacita di reazione e di risposta.

La prospettiva di una maggiore cooperazione militare fra la NATO e l'Unione Europea, ha spinto tutti i paesi membri dell'Alleanza Atlantica ad un adeguamento sul piano organizzativo e finanziario delle proprie forze armate. Così anche l'Italia, mentre, con la scusa della crisi, taglia i salari dei lavoratori e i servizi sociali, aumenta le proprie spese militari, con uno stanziamento complessivo per il 2010 che ammonta a €20.364,4 m che rispetto al bilancio previsionale approvato dal Parlamento per il 2009 sostanzia un incremento di €70,2 m, con una variazione del +0,3% in termini percentuali. A queste spese vanno poi aggiunti €15 miliardi per l'acquisto di 131 caccia F35 dagli Stati Uniti, €915 milioni per 2 sommergibili, €1,3 miliardi per 8 aerei a pilotaggio remoto, €12 miliardi per sistemi digitali per l'esercito, €120 milioni per sistemi anti-carro.

Nell'ottica del nuovo "Concetto Strategico" della NATO e del ridislocamento delle basi militari NATO/USA presenti in Europa, come effetto delle crisi regionali che si sono sviluppate negli anni successivi alla fine del bipolarismo (USA/URSS), L'Italia viene individuata, per la sua posizione strategica nell'area mediterranea, ad ospitare le principali basi militari.

In seguito alla riconfigurazione della presenza militare NATO e USA nella penisola italica, abbiamo assistito ad importanti trasformazioni sul piano strategico e operativo con il potenziamento e l'ampliamento di alcune basi (Aviano e Vicenza). In questo senso va la decisione presa dai ministri della difesa dei paesi NATO a Bruxelles il 14 ottobre scorso, di mantenere l'arsenale nucleare in Europa, accreditando l'ipotesi della US Air Force di raggruppare le armi nucleari in meno località geografiche che, secondo gli esperti, sarebbero quelle di Aviano in Italia e İncirlik in Turchia.

Il passaggio da un esercito basato sulla leva obbligatoria a quello volontario ha incentivato alcune iniziative di propaganda militarista del Ministero della difesa con l'intento di reclutare nuovi volontari tra i giovani, in particolare con una presenza sempre più invasiva in ambito scolastico, attraverso il coinvolgimento degli studenti in attività a scopo militare e con l'approvazione di alcuni provvedimenti legislativi atti a favorire un atteggiamento più disponibile nei confronti delle forze armate.

Le attuali difficoltà del movimento contro la guerra ed antimilitarista nel mettere in pratica una reale opposizione sociale ai processi di militarizzazione del territorio e alle scelte guerrafondaie del governo italiano, impone un ripensamento delle esperienze passate per il rilancio della lotta antimperialista ed anticapitalista finalizzata a colpire gli interessi economici e politici che stanno alla base di ogni guerra tra gli Stati.

Infatti è solo attraverso il rilancio delle lotte antimilitariste, dandogli le necessarie connotazioni di lotta contro il Capitale internazionale e gli Stati, che si sgombra il campo dai vari tentativi di coinvolgere opportunisticamente le classi sociali più povere nella difesa di questo o quello Stato nazionale. In tal senso il compito dei Comunisti Anarchici é quello di sostenere i comitati e le lotte contro la guerra, per il disarmo e la pace; supportare le attività contro la militarizzazione del territorio per la conversione delle strutture militari in aree civili ad uso sociale; denunciare ogni forma di propaganda militarista nella società civile; promuovere iniziative antimilitariste e contribuire a sviluppare movimenti unitari contro il militarismo e la solidarietà tra i popoli e diffondere una cultura libertaria.

Casa e centri sociali

Le logiche liberiste continuano a vedere nel mattone una forma di lucro particolarmente redditizia ed estremamente funzionale al ricatto sociale. L'edilizia popolare è vista come un ostacolo al dio mercato ed è sempre meno al centro degli interessi politici, se non come serbatoio di voti clientelari o contenitore di cariche negli enti preposti alla loro sempre più fallimentare gestione. L'inevitabile aumento degli affitti e del valore di mercato delle case, unito all'attuale crisi, ha fatto crescere in maniera esponenziale i casi di sfratto o di pignoramento da parte delle banche ed ha innalzato il livello del ricatto sociale nei confronti dei lavoratori.

I Comunisti Anarchici sono per dar voce a chi occupa e chi reclama una casa come diritto universale senza distinzione di sesso o razza o nazionalità. sono per i comitati autogestiti per la casa e per l'azione diretta. E' importante essere nelle lotte contro gli sfratti, spingendo per forme di mutuo appoggio che uniscano le forze ed aumentino la consapevolezza di classe ed evitino la contrapposizione tra poveri. Nell'epoca del disimpegno sociale dove i poteri economici creano una società sempre più impegnata a trasformare i propri membri in consumatori anziché produttori, in spettatori della vita di pochi "arrivati" anziché protagonisti della propria, i Centri Sociali, tra mille difficoltà e contraddizioni, riescono ancora a rappresentare istanze politiche alternative.

Difficoltà che derivano dalla forte repressione poliziesca esercitata su pressioni di giunte Comunali sia di destra che di centro-sinistra, generate dalla ormai ventennale campagna mediatica di disinformazione finalizzata alla ghettizzazione dei Centri e legate alla sempre più esigua militanza politica. Contraddizioni generate spesso da un eccessivo verticismo decisionale che ne compromette la relazione con altre realtà in lotta ma non "allineate" sullo stesso modello politico, oppure dovute all'identificazione di troppi Centri Sociali come luoghi unicamente dediti allo "sballo collettivo" o all'organizzazione di concerti o eventi a scopo di lucro.

L'importanza di spazi e di luoghi non si caratterizza dalla bellezza delle decorazioni, dalla qualità dei muri o dalla programmazione ludica ma, al contrario, dalla concessione di libertà aggregativa.

La proprietà ha intrinsecato l'obbligo burocratico e verticistico nella gestione sociale, ha costretto l'uomo a guerreggiare per impadronirsi di spazi privati dove accrescere la sua fittizia felicità autoritaria, ha trasformato la condivisone collettiva in accumulazione individuale, ha portato la costruzione di ringhiere e telecamere per aumentare il contrasto classista necessario al mantenimento governativo.

La continua e concorrenziale ricerca al profitto individuale, ha estinto la partecipazione democraticamente diretta alla gestione collettiva del territorio, educando le persone alla delega delle proprie decisioni. Il rifiuto gerarchico deve trovare nei centri sociali la massima possibilità di sperimentare forme alternative all'organizzazione statale sia nella struttura gestionale, sia nelle modalità di relazione con l'esterno.

E' importante vivere i centri di quartiere, stare o cercar di organizzare iniziative con e nei Csa, per avere contatto con la gente, impegnarsi per un maggiore contatto tra i Centri ed il territorio, affinché questi intercettino non soltanto prevalentemente il disagio del proletariato e sottoproletariato giovanile urbano, ma fungano da collante tra i diversi strati sociali e generazionali dell'intera classe dei diseredati attraverso il coinvolgimento nelle vertenze sociali e ambientali territoriali, per diffondere le nostre idee e per metterle in pratica insieme.

Innumerevoli sono le contraddizioni in cui appare l'insostenibilità di questo sistema, i fronti di lotta che si possono aprire in contesti apparentemente slegati tra loro, tali da rendere a volte difficile definire le priorità strategiche tra i diversi campi possibili di intervento.

Compito dei militanti della FdCA, così come dei/delle attivisti/e anarchici/e e libertari/e è quello, dove sono presenti, di favorire la crescita del livello critico e di opposizione culturale e sociale, garantendo con il loro intervento e la loro partecipazione alle lotte in prima persona:

 

Federazione dei Comunisti Anarchici

Reggio Emilia, 28 novembre 2010

Documento approvato dal VIII Congresso Nazionale della FdCA durante la IX Conferenza d'Organizzazione tenuta a Reggio Emilia il 28 novembre 2010.