Campania: 14 anni di emergenza e di affari dei potenti!
 

 

Tempo fa, quando esplose la protesta a Serre, in un nostro comunicato ci domandavamo: "Perché non ci spiegano questi paladini degli interessi nazionali come mai dopo decenni non ci sia ancora in Campania una politica adeguata al trattamento dei rifiuti?"

Perché dopo 14 anni di emergenza rifiuti (sic!) la maggior parte delle comunità campane sono ancora costrette a subire l'arroganza di un sistema che non permette loro di avere accesso a diritti primari quali: avere una strada accessibile, respirare aria non marcia, vivere con speranze di vita nella media di un paese europeo?

Perché dopo 14 anni di emergenza rifiuti queste comunità sono costrette a vivere in una delle aree più inquinate del pianeta, dove il tasso di incidenza delle malattie tumorali, peraltro in continua e vertiginosa crescita, a detta dell'OMS, è più alto del 12% rispetto a quello medio italiano?

Gia nell'allora comunicato una bozza di risposta ce la davamo: "...Forse non possono farlo, perché significherebbe smascherare anni di connubi con le mafie locali o perché significherebbe dipanare una intricatissima matassa di intrecci morbosi tra Stato legale e illegale e potere economico".

In 14 anni di quella che chiamano, senza alcuna vergogna, "emergenza rifiuti", i burocrati Statali di turno, sia di destra che di sinistra, non hanno fatto nulla per dare alla Campania un minimo di organizzazione del ciclo dei rifiuti degno di questo nome, intenti com'erano ad ingrassare loro e i loro amici camorristi.

Quindici anni fa il "mago" Rastrelli (giunta di Alleanza Nazionale) compie una grande alchimia e vara un piano di gestione dei rifiuti che, guarda caso, accolla la parte onerosa del ciclo, ossia la raccolta dei rifiuti, ai Comuni, e la parte in cui si guadagna, ossia gli impianti, ai privati. Risultò allora una sola impresa privata, la FIBE (sigla ottenuta dai nomi delle imprese Fisia, Impregilo, Babcok, Evo Oberrhausen) con capofila Fisia del gruppo Impregilo (e quindi FIAT!), che si aggiudicò, attraverso un'unica gara (truccata secondo molti) la costruzione e la gestione di tre inceneritori e di cinque impianti di trattamento meccanico-biologico, scegliendo come area dove costruire gli impianti: Acerra, quella più infestata dai tumori in tutta Europa.

Ma anche le due successive giunte Bassolino (giunta di centrosinistra) rimangono allineate a queste metodologie di gestione della cosa pubblica. Con la privatizzazione dei servizi sono diverse le società di gestione anche blasonate che, con mire di espansione, si propongono dal resto d'Italia ai vari comuni per organizzare la raccolta dei rifiuti: alcune cittadine raggiungono anche punte di eccellenza nella raccolta differenziata, ma tutto deve cedere le armi di fronte alle carenze della situazione impiantistica e alla gestione clientelare e ricattatoria di poteri forti strettamente intrecciati tra loro a tutti i livelli, dal politico all'amministrativo al gestionale.

Tutto questo non impedisce certo alla Campania di mantenere un ruolo assolutamente centrale nell'economia italiana all'interno del settore rifiuti: numerose imprese, del Nord e non, risparmiano e continuano a risparmiare sullo smaltimento di rifiuti speciali, facendoli "gestire" dalla Camorra a prezzi stracciati rispetto ai canali ufficiali, aumentando così la propria concorrenzialità. Si parla di risparmi netti del 80% rispetto ai costi del mercato legale e di tonnellate e tonnellate di rifiuti speciali finiti nelle discariche illegali e, qualcuno afferma, anche in quelle legali della Campania.

Per 14 anni lo Stato ha lasciato che tutto precipitasse verso il baratro, ma non per inettitudine, come qualcuno cerca di far passare, semplicemente per gli interessi in comune con la Camorra e con l'imprenditoria locale, fino al possesso diretto di imprese ecologiche come l'Ecocampania da parte di dirigenti di enti locali. Così in 14 anni non si è riusciti a dare a molti Comuni campani percentuali di raccolta differenziata superiori al 3%, con la conseguente produzione di milioni di "ecoballe", cioè balle di immondizia, delle vere e proprie bombe ecologiche accatastate in immense piramidi, che non potranno essere utilizzate nemmeno come CDR, perché in realtà non trattate.

L'unico regalo fatto alla popolazione è stato quello delle mille discariche illegali, di rifiuti industriali e ospedalieri provenienti da mezza Italia e gestite dalla Camorra.

Dopo 14 anni di questo sistema era inevitabile che si arrivasse a questo punto e non basteranno le misure speciali come quelle di trasportare i rifiuti in altre regioni italiane. Con questi presupposti di connivenze tra Stato e poteri economici privati, legali ed illegali, il territorio campano difficilmente uscirà dalla notte in cui è piombato. Da una parte con lo Stato che addirittura scomoda il "pluripremiato" De Gennaro, che si è conquistato gli onori sul campo di battaglia genovese, e dall'altra una numerosa congrega di affaristi che difficilmente mollerà il prezioso osso.

Ma l'emergenza Campania rivela la fragilità del sistema rifiuti in Italia. Anche in diverse altre regioni dove la gestione è meno scandalosa, e dove per il momento il sistema sembra reggere, le prime crepe cominciano a manifestarsi e lo dimostrano le risposte che le varie regioni, al di la di considerazioni politiche strumentali, hanno dato alla richiesta di accogliere i rifiuti campani: anche le regioni con governi "amici" hanno dato disponibilità per quantitativi assolutamente simbolici, pena la messa in crisi di equilibri assolutamente fragili.

Contrariamente ai buoni propositi ambientali, ma perfettamente in linea con le necessità capitalistiche, il flusso dei rifiuti anche urbani prodotti aumenta di anno in anno in maniera continua e consistente. La raccolta differenziata non riesce ad incidere in maniera significativa, e anche se aumentasse allo stesso ritmo della produzione dei rifiuti, cosa che non è, le quantità da smaltire crescerebbero solo più lentamente, ma continuando comunque a crescere.

Nascondere il problema sotto il tappeto, ovvero lo smaltimento in discarica tal quale, è sempre meno facile per la scelta dei siti e giustamente sempre più costoso. L'unica soluzione proposta è quella di inceneritori sempre più voraci, che agiscono sulla riduzione volumetrica del problema ma non lo risolvono, mentre rischiano di peggiorare la qualità ambientale e la sicurezza sanitaria delle nostre regioni. Risolvere il problema dei rifiuti in Campania, così come in altre regioni italiane, significherebbe incidere su interessi enormi, significa prima di tutto intervenire sulla parte più importante e più resistente della filiera, ossia quella della produzione a monte. Ormai è appurato che da soli, gli imballaggi costituiscono il 40% in peso dell'intera massa dei rifiuti urbani, e fino al 60-70% in volume. Pensate quindi a quanto si potrebbe fare, ma pensate a quali e quanti sono gli interessi economici da colpire. Ad esempio nel 2005, il settore dell'imballaggio italiano ha rappresentato circa il 3% del fatturato totale registrato all'interno dell'industria produttiva e approssimativamente l'1,5% del PIL, impiegando 106.150 addetti in circa 7.110 aziende.

D'altra parte gia sarebbe qualcosa se si obbligasse la rete di distribuzione al dettaglio, e le relative associazioni di categoria, a spacchettare i beni venduti e di avviare gli imballaggi agli impianti di recupero. Altro si potrebbe fare ad esempio intervenendo sulla pubblicità, impedendo che vengano prodotte tutte quelle cartacce che invadono inutilmente i nostri quartieri.

Seconda cosa, necessaria ma certo non sufficiente in assenza di una radicale modifica dell'attuale modello di sviluppo, l'impostare una raccolta differenziata porta a porta, per la raccolta e il trattamento della frazione putrescibile, da compostare e/o utilizzare per produrre metano, e delle altre frazioni riciclabili, cosa che in pochi mesi potrebbe portare la percentuale di recupero ad oltre il 60%, anche con la conseguente creazione di posti di lavoro reali, e il potenziamento del sistema impiantistico, mantenuto sotto stretto controllo pubblico.

Tuttavia crediamo che qualsiasi scelta verrà presa in Campania, il suo principio base non sarà certamente orientato a migliorare la qualità di vita delle comunità regionali, ma sarà piuttosto nell'ottica di comporre gli interessi economici dei vari potenti. Anche perché, come abbiamo visto in questi anni, gli interessi in gioco sono enormi.

Ancora una volta in Campania avranno voce solo i poteri forti, da quelli cosiddetti legali a quelli dei clan camorristi. La voce di quei potenti che hanno contribuito ad avvelenare un territorio meraviglioso che dovrebbe appartenere alla comunità intera e non essere ostaggio dei loro nefandi affari.

Ancora una volta queste vicende dimostrano quanto lo Stato sia incapace di garantire una vita dignitosa alle comunità locali e quanto sia dannosa la delega della gestione di un territorio.

Ancora una volta vicende di questo tipo dimostrano di quanto sia necessario che i lavoratori e le lavoratrici prendano in mano le loro vite e decidano assieme e pariteticamente della gestione delle risorse del loro territorio, gettando nell'immondezzaio della storia e senza possibilità di riciclo, l'autorità dei poteri statale ed economico.

Consiglio dei Delegati
Federazione dei Comunisti Anarchici

Pesaro, 27 Gennaio 2008