Terremoto: nessuna pietà per chi muore sul lavoro
Nessuna pietà per chi muore sul lavoro, attori di uno show infinito che li vuole al proprio posto, lavoratori sempre sotto comando, sotto ricatto, con la paura addosso di finire ad ingrossare quel mare di precariato al quale si tenta di sottrarsi, ad ingrossare le fila di un esercito di riserva dove regna la guerra tra poveri e dove si intravede tenue,solamente il riemergere della solidarietà di classe.
Morti sotto le macerie di capannoni crollati dal terremoto emiliano, un terremoto violento come la legislazione e la destrutturazione del lavoro, violento come è violento il ricatto dell'occupazione, operai costretti a lavorare, chi per forza, chi perché ha da tempo assunto il proprio ruolo come sacrificale in una società castale, in cui ogni essere umano non può varcare la soglia della propria situazione sociale, indigeni ed immigrati, caduti sotto il peso dei tetti delle fabbriche emiliane sbriciolate dal terremoto e dalla cultura classista del potere.
Nessuno ha pensato di sospendere le lavorazioni, di verificare lo stato di agibilità dei luoghi di lavoro, tutto si può fermare di fronte alla violenza di un sisma distruttivo, si chiudono le scuole, gli uffici pubblici, si creano zone rosse che impediscono il rientro nelle proprie case a miglia di persone che vengono ospitate in tende o in zone distanti dai luoghi della tragedia, perfino ai detenuti viene concessa una tregua, come successo a quelli del carcere di Ferrara, solo i lavoratori non possono lasciare il loro posto sotto tetti traballanti, in nome del profitto e del dovere vengono sacrificati da una cultura che li vuole sempre più subalterni all'impresa.
Il rientro al lavoro di questi operai d'altronde è obbligato dalla mancanza di coscienza generale rispetto ai lavoratori stessi, ridotti a merce tra le merci perdono, fino a renderlo invisibile quel tratto umano che viene riconosciuto ad altri soggetti, confondendosi tra le vittime del terremoto.
La morte di questi lavoratori non si può imputare al solo terremoto, è il cedimento dei fabbricati che si deve imputare al sisma, ma quei fabbricati in questi giorni di terrore dovevano restare vuoti, come sono restate vuote case e scuole, non si possono transennare di rosso i vecchi borghi pericolanti e continuare ad occupare operai in edifici traballanti.
Una disgrazia che sa di crimine, quando agli operai viene impedito di trovare la via alla propria sopravvivenza e la propria incolumità è in pericolo serve una forte denuncia, anche culturale, perché non si può avere sotto le macerie del terremoto le macchine e gli esseri umani che le devono condurre, sempre di più questa tragedia si sta delineando sullo scenario dello sfruttamento e della subalternità operaia offesa dall'egemonia del profitto capitalistico.
Segreteria Nazionale
Federazione dei Comunisti Anarchici30 maggio 2012