Serre
le comunità locali rispondono con la resistenza e l'autogestione alla cinica e autoritaria violenza dello Stato

 

Mentre va in scena il ridicolo siparietto primaverile dei DiCo-non DiCo, dove la "sinistra italiana" fa la parte di Pulcinella, dietro le quinte, nella salernitana Serre, va in scena l'ennesima puntata di una tragi-commedia infinita.

Le altre puntate, iniziate e non ancora finite, le conosciamo già: si chiamano Val di Susa, Civitavecchia, Dal Molin, Aviano, Variante di Valico, ecc, fino a quelle antiche, quasi in bianco e nero, come quella di Sigonella.

Tutte puntate girate in luoghi differenti ma legate da uno stesso filo conduttore, quello della violenza dello Stato rullo compressore, enorme caterpillar, che annienta l'autodeterminazione delle comunità, assoggettandole agli interessi del grande Capitale in combutta con le mafie locali e/o con le grandi imprese e le grandi cooperative.

Per il capitalismo privato e statale non importa chi sia alla guida del caterpillar, l'importante è che venga portato a termine, in nome di un presunto interesse nazionale, l'ennesimo scempio del territorio. Anche se sembra che ultimamente i migliori piloti, il Capitale li recluti tra le file del centrosinistra, dopo aver momentaneamente licenziato quelli del centrodestra, sempre pronto però a riutilizzarli alla bisogna.

Per l'ennesima volta, e qui lo fa nella puntata di Serre, lo Stato ha mostrato la sua vera natura autoritaria e capitalista. Per l'ennesima volta il padre-padrone non tollera che gli "immaturi" figli decidano autonomamente delle loro vite.

Per l'ennesima volta a Serre abbiamo assistito all'irreprensibile comportamento degli "eroi" in divisa che caricavano pericolosi "terroristi" di ogni età, colpevoli di difendere il loro diritto alla salute.

Perché non ci spiegano questi paladini degli interessi nazionali come mai dopo decenni non ci sia ancora in Campania una politica adeguata al trattamento dei rifiuti? Forse non possono farlo, perché significherebbe smascherare anni di connubi con le mafie locali o perché significherebbe dipanare una intricatissima matassa di intrecci morbosi tra Stato legale e illegale e potere economico.

Questo ennesimo episodio di intollerante autoritarismo mostra, però, anche l'altra faccia della medaglia, quella dell'esistenza di forme di resistenza autogestita, una resistenza che a Serre è andata ben al di la della semplice negazione, una lotta che ha saputo compiere il salto di qualità dall'opposizione alla proposizione, dimostrando che le comunità territoriali non hanno bisogno di papà Bertolaso né tantomeno di nonno Bassolino per decidere dell'organizzazione del loro territorio. Che anzi, se fosse stato per questi papà lungimiranti, tonnellate di veleni sarebbero state cinicamente riversate nella Valle del Sele. I fatti di Serre mostrano anche, e ancora una volta, che lo Stato, centralizzato e autoritario, colluso col capitale e le ecomafie, non può essere delegato a risolvere aspetti legati all'energia e all'ambiente perché in questi ambiti è capace solo di fare scempi.

Per questo, quindi, i comunisti anarchici e i libertari tutti, presenti e non presenti all'interno dei movimenti territoriali, devono assumersi il compito di dare il massimo respiro politico a queste forme di autogestione e autodecisione, di denunciare l'eventuale tentativo dei politici di turno di cavalcare i movimenti e di favorire forme di collegamento federativo tra le varie realtà di lotta territoriale autogestita, per la creazione di una coscienza collettiva del diritto alla salute, all'ambiente e per la diffusione di una cultura antiautoritaria contro tutti i patriarcati.

Federazione dei Comunisti Anarchici
21 maggio 2007