Manovra Monti: il rigore dell'impoverimento e dell'ingiustizia

I lavoratori cercano di rispondere con scioperi spontanei e organizzati

 

Techno-Monti si vanta di aver improntato la sua manovra a criteri di rigore, crescita ed equità.

Di fronte alla previsione OCSE di una contrazione del Prodotto Interno Lordo dell'Italia dello 0,5% per il 2012 e di una stagnazione vicina allo 0% nel 2013, le autorità europee avevano chiesto una correzione pari allo 0,7% del PIL per una manovra di 11 miliardi di euro, ma senza chiedere il pareggio di bilancio nel 2013.

Ma Techno-Monti è uomo di rigore ed ha fatto di più: pareggio di bilancio anticipato al 2013 e, per centrare questo obiettivo, raddoppio della manovra fino a €20 miliardi (più 10 per il sostegno alla "crescita"), a cui si arriva con €17 miliardi di nuove tasse più €12-13 miliardi di tagli di spesa: quasi un punto e mezzo di PIL. Una netta spinta verso la recessione. Altro che crescita.

€20 miliardi di correzione del bilancio che si aggiungono ai €60 miliardi della manovra estiva del governo precedente.

Techno-Monti è uomo di quell'Europa convinta che la crisi si debba affrontare negli Stati dell'Unione con politiche fiscali e di spesa restrittive in rapida sequenza, piuttosto che affidare alla BCE il compito di farsi carico dei debiti sovrani e consentire ai singoli paesi di puntare a politiche di ripresa dei redditi e della domanda.

Ed ecco che sono ben €3,5 miliardi i tagli di spesa che derivano dalla stretta sulle pensioni. Col passaggio totalitario al sistema contributivo, con l'eliminazione delle pensioni di anzianità, con l'innalzamento dell'età pensionabile, con il vile blocco della rivalutazione degli assegni pensionistici sopra i €935 euro (sono persone che non sono in grado di generare altro reddito per compensare la perdita), si mette fine ad un sistema solidaristico e di protezione sociale fortemente voluto e difeso dalle lotte del movimento dei lavoratori in almeno 40 anni di storia. Si affonda anche un colpo profondo al tessuto ed alla credibilità dell'organizzazione sindacale in questo paese quale patrimonio collettivo di difesa dei diritti dei lavoratori, e se CGIL-CISL-UIL balbettano frastornati - memori dei tanti cedimenti fatti in passato in tema di pensioni e attoniti di fronte al disastro dei fondi-pensione nelle turbolenze delle borse - non si sentono ancora i sindacati di base proporsi in coro con voce certa e sicura per un'alternativa di rappresentanza.

Altri €5,8 miliardi sono tagli agli enti locali, a cui però si dà potestà di emettere IRPEF aggiuntiva fino all'1,23% e di ripristinare la tassa sulla casa ex-ICI, che diventa IMU al 4 per mille.

Rivalutazione delle rendite catastali e nuova tassa sui rifiuti urbani porteranno un gettito alle casse dello Stato che si prevede di €11 miliardi.

Tutto questo a carico in grandissima parte dei lavoratori. Nessun sostegno a stipendi e salari. Nessuno sgravio fiscale. Se si recupera sulle agevolazioni fiscali (detrazioni e decontribuzioni odiosamente tolte dal precedente governo) è perché l'IVA aumenterà di 2 punti da settembre 2012.

Rigore ed impoverimento, dunque. Lo spread scende, ma non c'è niente da ridere.

Sul piano dell'equità non c'è niente di serio. La lotta all'evasione fiscale si è fermata sulla soglia della tracciabilità delle transazioni a €1.000. I tagli ai costi della politica sono minimi. Il contributo aggiuntivo e retroattivo su chi ha beneficiato dello scudo fiscale rischia di creare più contenzioso che entrate (appena lo 0,15%). Senza contare che molti hanno usato per il rientro dei capitali scudati delle società di comodo.

Per quanto riguarda la crescita, €10 miliardi aggiuntivi ricavati dai tagli di spesa andrebbero a finanziare la deducibilità dell'IRAP ed altri sgravi fiscali in cambio di ipotetiche assunzioni di giovani e lavoratrici.

Sono rimasti delusi coloro che credevano ad un intervento sul patrimonio, sulle ricchezze, sui grandi redditi. Ma occorre riflettere sul fatto che techno-Monti, pur essendo un professore dell'Europa è pur sempre un uomo della classe capitalistica, leale con gli interessi dei suoi accoliti e, dunque, rigoroso nel colpire noialtri lavoratori e proletari.

In questi giorni assisteremo a numerose risposte spontanee ed organizzate da parte dei lavoratori, delle lavoratrici, dei pensionati, dei precari. Sarà la risposta di sfruttati che devono ricostruirsi una rappresentanza autentica, collettiva e gestita dal basso, con la democrazia diretta, con la costruzione di reti di solidarietà e di resistenza. Il sindacalismo conflittuale deve confrontarsi e dare voce a questa esigenza, le forze politiche e sociali che lavorano alla base della società in modo libertario devono sostenere una auspicabile risposta di massa che (per fortuna o per disgrazia) non ha più santi nel paradiso della concertazione, dello scambio pietistico e ribassista e degli scranni parlamentari.

La dimensione europea della crisi ci chiama ad un impegno più ampio, ad una grande vertenza internazionale per diritti e tutele, salariali e giuridiche che attraversino l'intera Europa, che impediscano lo scaricare della crisi sulle classi lavoratrici dei singoli paesi. Le reti internazionali del sindacalismo alternativo e di base e dell'opposizione anarchica e libertaria sono chiamate ad una azione incisiva per la messa in discussione dell'Europa del capitale, per la creazione di uno spazio sociale europeo solidaristico, anticapitalista ed autogestionario.

Segreteria Nazionale
Federazione dei Comunisti Anarchici

6 dicembre 2011