GUERRA ALLA GUERRA
volantino diffuso alla manifestazione nazionale contro la guerra del 12 gennaio 1991

 

Le vere ragioni del conflitto

Non è vero che tutto è stato fatto per evitare la guerra nel Golfo, anzi essa è stata voluta e perseguita tenacemente.

Le vere cause della guerra sono state nascoste dietro la scusa della violazione del diritto internazionale. In realtà il diritto internazionale, che già di per sé si configura come diritto delle grandi potenze, è già più volte stato violato: delitti contro i popoli, invasioni, annessioni di territori sono rimasti impuniti e le risoluzioni dell'ONU disattese nell'indifferenza generale.

Anche dopo l'invasione del Kuwait da parte dell'Irak si è permesso alla Siria, senza proteste da parte della comunità internazionale, di avanzare fino al mare nel Libano, pur di averne l'alleanza.

Ugualmente, il non intervento dell'Unione Sovietica nell'area riceve come contropartita la possibilità di condurre la repressione interna.

E' evidente quindi che non dei diritti dei popoli si parla, ma che quelli che vengono difesi sono gli interessi delle potenze coinvolte nel conflitto.

Da un lato l'Irak cerca uno sbocco al mare, il controllo di una maggiore quota di petrolio, il ripianamento del debito statale causato dalla lunga guerra con l'Iran condotta per procura per conto degli USA e dei paesi arabi moderati.

Ma se queste ragioni sono evidenti a tutti non certo nobili sono le motivazioni degli Stati Uniti che vogliono impedire l'emergere di uno stato guida tra i paesi arabi in grado di mettere in pericolo l'esistenza di Israele. Per gli USA si tratta inoltre di affermare il proprio ruolo di unica potenza mondiale in un momento in cui l'antagonista sovietico si dibatte in una crisi senza ritorno. Non va poi trascurato il bisogno americano di dare fiato ad una congiuntura economica che ha assunto ormai i caratteri di una crisi di vaste proporzioni: come sempre la guerra rappresenta un metodo assai efficace per rilanciare l'economia, permettendo al Presidente meno popolare dell'ultimo secolo di ripresentarsi tra un anno alle elezioni con una qualche possibilità di successo.

E' per queste ragioni che l'invasione del Kuwait è stata trasformata da conflitto potenzialmente circoscrivibile in un evento in grado di scatenare la Terza Guerra Mondiale. Quindi non è tanto azzardato sostenere che la cosiddetta forza multinazionale è in realtà in vero aggressore: non è un caso che gli ultimi disperati tentativi di mediazione del Vaticano e della Francia sono stati rifiutati proprio da Staiti Uniti, Gran Bretagna e Israele.

Se questi sono gli interessi che i potenti della terra mettono in gioco, è comunque certo che, come sempre, il carico di sofferenze sarà delle popolazioni, soprattutto quelle dell'area del Golfo. D'altra parte qualunque sia l'esito della guerra, i popoli ed in particolare i proletari non potranno mai attendersi le soluzioni dei loro problemi da dittatori alla Saddam Hussein e tanto meno dalle forze capitalistiche. In particolare i Palestinesi, strumentalizzati dal gruppo dirigente iracheno, vedono oggi gli Stati Uniti barattare il non intervento israeliano con un rinvio all'infinito del loro problema nazionale.

Le conseguenze della guerra in Italia

E' opportuno riflettere anche sulle gravi conseguenze che questa guerra sta avendo all'interno del nostro paese.
Le forze di governo disattendono la Costituzione con artifici linguistici, definendo la guerra "operazione di polizia"; gli scandali sui servizi segreti cadono nell'oblio, la libertà di pensiero e di espressione viene irreggimentata con un attacco violentissimo a qualsiasi forma di non allineamento alle tesi ufficiali (incredibilmente addirittura il Papa viene censurato!).

E' facile prevedere che il regime da caserma che si tende ad instaurare avrà (e in parte sta già avendo) pesanti riflessi sulle condizioni economiche dei lavoratori. Mentre i capitalisti si apprestano ad iniziare un nuovo ciclo di accumulazione di profitti grazie alle guerra, la stagione contrattuale che sta per aprirsi si prospetta molto magra se solo si ricorda la difficile chiusura del contratto dei metalmeccanici lo scorso anno e l'aumento dei prezzi.

CONTRO LA GUERRA PER L'UNITÀ INTERNAZIONALE DEI LAVORATORI

I lavoratori di tutti i paesi, arabi, israeliani e occidentali, sono spinti alla guerra fratricida per difendere gli interessi capitalistici dei loro rispettivi padroni.

In questa fase di attacco capitalistico, nel quale inizia a montare la marea reazionaria, in questa fase che ha sorpreso la sinistra allo sbando e che vede i sindacati subalterni alla logica della "difesa dell'interesse nazionale", la risposta deve essere quella di costruire Comitati contro la guerra che poggino su reali situazioni di mobilitazione, superando la fase della pura testimonianza e della sommatoria di sigle politiche.

E' quindi da sviluppare la partecipazione di tutte le realtà di base, nel territorio e nel mondo del lavoro, chiarendo che la guerra è parte dell'attacco capitalistico in atto contro le condizioni di vita dei lavoratori e degli strati sociali più deboli.

I lavoratori italiani devono iniziare la difficile opera di ricostruzione della loro identità internazionalista perché l'attuale movimento di opposizione alla guerra, se privo del sostegno dei lavoratori, è destinato a non incidere ed a rifluire.

Occorre quindi mobilitarsi contro questa guerra:

Immediato cessate il fuoco

Ritiro delle forze militari italiane e di tutti gli eserciti dal Golfo

Contro la politica e l'economia di guerra, mobilitiamoci per preparare lo sciopero generale nazionale.

 

FEDERAZIONE dei COMUNISTI ANARCHICI
ORGANIZZAZIONE COMUNISTA LIBERTARIA
di Livorno

Gennaio 1991


(Originale cartaceo presso l'Archivio storico della FdCA di Fano.)