cerNObyl
Come cresce un movimento
Sezione ORA-UCAT di Suzzara (Mn)
Un territorio dove il reddito pro-capite risulta tra i più alti d'Italia; lo sviluppo del settore agro-industriale e quello della medio-piccola industria hanno prodotto in questo ambiente umido e nebbioso le condizioni per una ricchezza "sociale" dove la miseria raramente si intravede.
Eppure qui l'ignoranza dei burocrati di stato (ENEA - ENEL) aveva ritenuto invece di proporre già nel 1973 la localizzazione di un complesso nucleare di 2000 megawatt: la scelta veniva motivata dal fatto che il territorio era classificato come "depresso" oltre che a bassa densità di popolazione (avevano conteggiato per l'indicatore degli abitanti per km quadro anche il Po e i terreni abbandonati entro gli argini maestri?!).
La prima e vera grande contraddizione che si apre è perciò lo scontro "interno" tra interessi produttivi del "capitalismo maturo": da un lato le esigenze dell'industria pesante privata e di stato che costruisce le macchine per il nucleare, dall'altra un settore agro-industriale che produce "prosciutti di Parma" con una concentrazione nei siti di circa 2,000 suini per km quadro.
Quando nel 1975 alcuni gruppi e tra i primi la nostra sezione cominciarono ad organizzare mostre e seminari, le critiche al nucleare erano basate sul sovradimensionamento del PEN, l'inquinamento nucleare, il rischio, la subalternità agli USA, ecc. Dal 1975 al 1980 si svolge un lungo lavoro di sensibilizzazione "quartiere per quartiere, campagna per campagna" durante il quale a fasi alterne il movimento si scontra con la realtà locale e si fa le sue esperienze.
Nasce una strategia
I tentativi di coordinamento falliscono e lentamente matura una linea strategica portata avanti soprattutto dai compagni comunisti anarchici così articolata:
Le cause generali della crescita del movimento
Lo sviluppo del movimento antinucleare in questa zona ha avuto anche due altre cause "esterne":
L'ambiente ancor più che la società è divenuto il luogo di accumulo delle contraddizioni dello sviluppo e dello sfruttamento capitalistico dell'ultimo secolo. Ciò ha comportato il superamento della soglia delle compatibilità tra attività capitalista al suo interno e qualità della vita. In altri termini, ad esempio, l'inquinamento delle acque superficiali causato dallo sviluppo industriale metropolitano e periferico ha imposto da un lato l'aumento vertiginoso dei costi di irrigazione -e perciò di produzione agricola- e dall'altro la perdita per la collettività dell'uso balneare del Po o di parti di risorse collettive. In queste condizioni scatta l'opposizione di questi strati sociali che vedono nell'ulteriore localizzazione di industrie inquinanti un nuovo elemento negativo che incide sulla loro quotidianità. In questo senso l'incidente recentemente accaduto ha incentivato la sensibilità e la convinzione che occorre cambiare strada nelle scelte tecnologiche anche dopo Severo e Bhopal. Non risulta vera l'affermazione che "la gente dimentica". Anzi l'accumulazione nella memoria collettiva di queste "catastrofi" ha sedimentato una tendenza a porre attenzione alle questioni dell'inquinamento derivante da impianti industriali o nucleari.
In questo quadro si è inserita l'arroganza degli enti di Stato che sono calati nelle nebbie pensando di colonizzare contadini con zappe e badili.
Hanno cominciato a dire: "fidatevi di noi..." e quando qualcuno ha osato avanzare qualche perplessità la risposta è stata la solita: "non capite niente..., tanto abbiamo già deciso". Lo scontro culturale e politico che si è creato ha visto seriamente in difficoltà gli enti di Stato non abituati ad avere a che fare con gente sensibilizzata al problema. Sono ormai passati i tempi durante i quali era possibile costruire una centrale a fianco di una città senza che la gente si chiedesse cosa fosse. In questo contesto l'azione dell'ENEA, dell'ENEL e della Regione Lombardia si è caratterizzata per l'arroganza, il ricorso all'uso della forza pubblica contro le manifestazioni, il camuffamento dei dati, il sottrarsi ai confronti pubblici. Di fronte a questi comportamenti anche i più convinti nuclearisti si sono opposti alla localizzazione della centrale riconoscendo l'inaffidabilità degli enti di Stato.
La crescita del movimento di opposizione ha comportato una maggiore pressione politica sugli enti locali al punto da spingerli a far sì che il loro Coordinamento si attrezzasse per aver un Comitato Scientifico di consulenti composto anche di ricercatori di fiducia del movimento antinucleare. Ciò ha permesso di ingaggiare una lotta credibile sul piano scientifico e garantita sui piano istituzionale.
La produzione di pareri da parte del comitato scientifico dei Comuni è divenuto uno strumento fondamentale per lo sviluppo dell'opposizione al nucleare e non solamente per il caso mantovano visto che la cosa sta contaminando il vicino Veneto. Questa esperienza sta ponendo in evidenza come il movimento possa utilizzare spazi istituzionali qualora riesce a mantenere un rapporto di forza a suo vantaggio. In questo contesto è possibile comprendere come le Amministrazioni di 6 Comuni interessati alla localizzazione si siano trovate costrette dal movimento ad effettuare referendum autogestiti che hanno avuto un grande successo sia di partecipazione che di percentuale di NO (90% circa).
Su questa situazione si è inserito l'incidente di Chernobyl con tutto quanto ne è seguito e ciò ha confermato ulteriormente quello che andiamo dicendo da 10 anni consolidando la nostra posizione rispetto all'opinione pubblica e consolidando l'opposizione. Non è un caso che una delle ultime forze "irriducibili" nucleariste come la Federazione Provinciale del PCI di Mantova abbia deciso di proporre la moratoria e il blocco del PEN per la parte nucleare. Il resto è storia di questi giorni.
Lo scontro prossimo venturo vedrà il Governo trattare direttamente la scelta di localizzare a Mantova la centrale. Se deciderà di costruirla dovrà comunque farlo con l'aiuto dell'esercito assumendosi tutte le responsabilità di questa scelta: ne è prova la manifestazione di 15.000 persone in questi giorni.
La scelta strategica del movimento ora sarà quella di puntare il dito su Roma, sul Ministero, sul CIPE, passando cioè al contrattacco senza aspettare che siano loro a decidere e a venire a localizzare la centrale.
Nucleare Militare, Coordinamento Comunista Anarchico di Pesaro/Fano