"Nostra patria è il mondo intero"
PER UN PRIMO MAGGIO INTERNAZIONALISTA
di Adriana Dadà

 

Il capitalismo e l'imperialismo vittoriosi, usando stampa e mass media di regime cercano in tutti i modi di cancellare dall'"immaginario collettivo" l'esistenza stessa del 1° maggio.

Eppure il crollo dei regimi dei paesi dell'Est Europeo, la perdita di identità politica di grandi paesi socialisti come la Cina, hanno tolto al 1° maggio, il carattere di festa ufficiale e di regime che in queste parti del mondo aveva assunto e forse solo Cuba considera questo giorno come un riferimento culturale e politico importantissimo per le lotte del proletariato intemazionale.

La solidarietà di classe sembra essere scomparsa, riemergono i nazionalismi, si fa strada il razzismo, crescono le guerre di religione, aumenta nel pianeta lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo.

In questa situazione milioni di donne e di uomini, contro ogni avversità, vincendo la sfiducia che si insinua più forte ad ogni sconfitta, lottano. Lottano perché come sempre è successo agli sfruttati, non hanno nulla da perdere e tutto da guadagnare. Cosi al pessimismo della ragione si sostituisce l'ottimismo della volontà, dei bisogni, della speranza, della ricerca della propria dignità.

E allora per questi, per tutti questi è essenziale ricordare, rileggere il messaggio che la storia invia a tutti coloro che ancora credono di poter realizzare una società più giusta ed umana, una società di liberi e eguali.

IL TRIONFO DEL CAPITALE

Nei paesi ricchi il capitalismo appare più vittorioso che mai. Spezzate le organizzazioni operaie e di classe, dispersa l'opposizione, roso alle radici lo stesso spazio del riformismo, la restaurazione piena ed arrogante del potere dei padroni travolge le stesse istituzioni democratico borghesi. Si afferma un nuovo governo mondiale, quello delle banche e dei banchieri, quello dei centri di potere economico che non hanno più nemmeno bisogno dello scudo protettivo della democrazia borghese per affermare il loro potere. E' oggi operativo un governo mondiale del capitale che, come poche volte nella storia, gode di un incontrastato potere.

Analogamente nei paesi poveri cresce lo sfruttamento ad opera di sub agentti locali dell'imperialismo, quando non sono direttamente i gruppi economici delle economie forti a gestire l'accumulazione, lo sfruttamento, la programmazione della miseria e del degrado.

Bisogna a tutti i costi creare una inversione di tendenza, realizzare le condizioni per una risposta generalizzata e di massa a questo attacco, al genocidio in atto.

Manca - lo sappiamo - un progetto politico condiviso da larghe masse di lavoratori ma non si può attendere e allora la risposta nasce dalle lotte di ogni giorno, grandi e piccole, sparse sul territorio, che a volte si saldano, più spesso si ignorano e ciò malgrado seguono percorsi paralleli.

Ma per far crescere la consapevolezza di questa situazione, per individuare progetti, per costruire occorre rendersi conto che la battaglia del proletariato avviene con i tempi lunghi della storia.

 

ALLE RADICI DELLA LOTTA DI CLASSE

E allora può essere utile ricordare che questa battaglia dura da appena duecento anni e che appena cent'anni fa le lotte si svilupparono al punto di scatenare una repressione sorda e violenta, comunque emblematica e da ricordare, al punto che i lavoratori ne fecero una festa, la loro festa.

Le manifestazioni in occasione del 1° maggio hanno visto generazioni di militanti politici e sindacali (alle origini alla fine dell'Ottocento, durante gli anni del fascismo e del nazismo, sotto i regimi dittatoriali), pagare con le persecuzioni, il carcere, e talvolta la vita per riaffermare la necessità dell'organizzazione del proletariato e della rivoluzione sociale per sconfiggere definitivamente lo sfruttamento capitalistico.

La festa nacque come idea simbolo della necessità dell'opposizione delle masse proletarie contro la brutalità del capitalismo, dello stato e delle forze poliziesche, difensori di un sistema basato sullo sfruttamento e l'espropriazione dei mezzi e dei prodotti del lavoro.

Com'è risaputo la celebrazione mondiale del 1° Maggio commemora l'assassinio di quattro lavoratori, passati alla storia come martiri di Chicago, uccisi perché accusati di aver lanciato una bomba. Fu questa la motivazione usata dalle forze padronali e poliziesche per stroncare un forte movimento di lavoratori che il 1° maggio 1886 avevano iniziato uno sciopero molto riuscito nel cuore del capitalismo, gli Stati Uniti, e in particolare Chicago. L'obiettivo della lotta era ottenere le otto ore di lavoro, strappando così al padronato un po' di protitti e riaffermando la necessità dell'organizzazione e della lotta di classe. A Chicago, non a caso, esisteva un nucleo attivo di socialisti rivoluzionari di tendenza libertaria, che si erano scissi dal partito socialista. Ponendo l'accento sulla lotta diretta, sulla necessità della rivoluzione sociale, avevano fondato - anche sulla spinta del congresso anarchico internazionale di Londra 1881 - un partito rivoluzionario, l'International Working People's Association.

Condannando a morte e impiccando quelli che ne erano ritenuti i capi - Parsons, Fischer, Engel, Spies e Ling -, perseguitando in ogni modo, attraverso i famosi "detectives Pinkerton", tutte le avanguardie del movimento operaio, il capitalismo statunitense ottenne un periodo di relativa calma sociale.

Ma i martiri di Chicago divennero il simbolo dell'opposizione al sistema di impresa perché esso espropria i lavoratori dei frutti del loro lavoro ed elimina fisicamente chi vi si oppone.

In questi cento anni i lavoratori hanno visto lotte vincenti e perdenti, momenti di intensa partecipazione alla realizzazione di sistemi anticapitalisti, rivelatisi poi forme di capitalismo di stato anch'esse oppressive delle libertà economiche e politiche.

Hanno anche osato in alcuni luoghi di mettere in atto azioni di lotta rivoluzionaria, come in Russia nel '17, in Italia durante il biennio rosso, in Spagna durante la guerra civile spagnola, che per le maggioranze anarchiche e libertarie si è trasformata in rivoluzione sociale, sperimentazione di una società libertaria, egualitaria, purtroppo stroncata dal legame fra fascismo e nazismo e dalla colpevole ostilità delle cosidette democrazie.

In nome di un ideale di rivoluzione sociale comunista ed egualitaria, popoli di tante parti della terra hanno sollevato il capo dall'oppressione capitalistica, riuscendo molte volte a vincere come in Russia, in Cina, a Cuba, in vari stati del Sudamerica. Nella maggioranza dei casi però ciò avveniva senza riuscire a mantenere le conquiste della rivoluzione nelle mani del popolo, ma venendo usurpati da partiti sedicenti comunisti o rivoluzionari, che instauravano una dittatura in nome del popolo, che in breve tempo reintroduceva diseguaglianze, ed espropriava i lavoratori del potere per trasferirlo a strutture di partito. Oggi da tutte queste esperienze dobbiamo trarre un insegnamento per tutti i popoli oppressi dal capitalismo: la liberazione dallo sfruttamento sarà possibile solo con l'autorganizzazione degli sfruttati che diano vita a delle strutture realmente rappresentative della volontà di lotta e che si basino sull'internazionalismo, l'autonomia e la lotta di classe.

 

da Comunismo Libertario, anno VII, n.3 aprile 1993