"Energia
Territorio
Ristrutturazione"

La ristrutturazione produttiva come principale dimostrazione di implicazioni di classe

 

Il processo produttivo di grande serie, cioè la catena di montaggio, si è rivelato troppo rigido rispetto al comportamento della classe operaia e rispetto ai mutamenti verificatisi con la crisi dei mercati di sbocco e di approvvigionamento.

Nel periodo di espansione economica italiana (inizio anni '60) la tendenza del capitalismo era quella di aggiungere alla produzione meccanismi di controllo della stessa che richiedevano anche aumento di manodopera, oggi la necessità della ristrutturazione impone un cambiamento radicale dell'organizzazione del lavoro.

Su di esso il PEN incide largamente in quanto prevede l'importazione di tecnologia e modi di produzione tipicamente statunitensi, che determinano forti condizionamenti:

Inoltre il PEN col suo programma di investimenti nel settore nucleare e in tutti quei settori ad esso collegati, impone alle aziende italiane che il prodotto finito abbia "garanzia di qualità", come è già richiesto nel mercato statunitense. Questa garanzia viene assicurata solo attraverso processi di produzione automatici perché più precisi e garanti rispetto alla vecchia catena di montaggio; quindi il PEN impone alle aziende metalmeccaniche medie e medio/grandi processi di riconversione e di ristrutturazione.

Tale riconversione e ristrutturazione conducono a modificare in modo radicale la vecchia organizzazione del lavoro basata sulla catena di montaggio, imponendo nuove strategie organizzative. Intervento di trasformazione ottenuto secondo tre direttive principali:

  1. decentramento produttivo: molte lavorazioni vengono assegnate a unità produttive minori e sparse sul territorio lontano da grosse aree metropolitane. Il decentramento va inteso sia su scala nazionale che internazionale, riducendo la conflittualità operaia, come modo per ricercare condizioni più convenienti a livello di costi e di manodopera, scaricando le spese produttive e di trasporto sull'intera collettività;
  2. automazione: si tratta di mettere in pratica e di inserire nelle fabbriche e aziende schemi di produzione di chiara importazione USA e cioè
    1. automazione di operazioni prima eseguite e controllate dall'operatore umano;
    2. automazione di una sequenza concatenata di operazioni eseguite in precedenza da operatori umani;
    3. automazione nella gestione dell'azienda.
  3. trasformazione organizzativa: attuata parallelamente alle precedenti consiste nella modifica dei ruoli e della mansioni e nella realizzazione di diverse forme di collaborazione produttiva. Tale operazione, se portata a termine, dissolverebbe gradualmente le attuali concentrazioni operaie sostituendole con piccoli gruppi dispersi, porterebbe quindi ad una società socialmente frantumata dove anche i nuclei dispersi di operai sarebbero facilmente preda di spinte corporative.

Attraverso questa distribuzione e con l'automazione degli impianti e delle informazioni grazie ad una certa indipendenza dal lavoro a controllo umano, dell'eliminazione dal processo produttivo di un consistente numero di lavoratori si arriva ad un terziario dilatato a dismisura e a quote crescenti di disoccupazione.

Risulta quindi evidente che la riduzione della forza lavoro non è una tendenza congiunturale del capitalismo, ma strutturale; si tratta di una scelta che si inquadra nella strategia di far fronte alla conflittualità della classe operaia, alla rigidità della forza lavoro, ultima difesa dei lavoratori contro lo sfruttamento dall'organizzazione del lavoro capitalista.


Analisi movimento di contestazione antinucleare

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