"Lettura di Bakunin"

L'Organizzazione e le sue forme

 

Bakunin non fu solo un pratico, un teorico, uno specialista dell’organizzazione rivoluzionaria; non fu solo il fondatore dell’Internazionale anti-autoritaria in Europa e l’estensore di molteplici associazioni internazionaliste. Egli fu anche un teorico dell’organizzazione, uno studioso dei problemi tecnici, sperimentali, pratici connessi all’organizzazione.

Per Bakunin, fondatore in Italia, in Spagna ed in Svizzera del primo “partito” nel senso moderno della parola e nel tempo stesso acuto anticipatore della critica che il pensiero rivoluzionario svilupperà contro il “partito” in quanto organizzazione clientelistica e burocratica, per Bakunin l’organizzazione era ovvia. Nel terzo discorso agli operai di St. Imier tenuto proprio nei giorni della Comune di Parigi, egli dice:

Se le sollevazioni popolari di Lione, Marsiglia e di altre città della Francia sono fallite, è per mancanza di organizzazione ed io ve ne posso parlare con cognizione di causa perché io ci sono stato e ne ho sofferto. E se la Comune di Parigi si impone oggi così saldamente, è perché durante l’assedio gli operai si sono seriamente organizzati. Non è senza ragione che i giornali borghesi accusano l’Internazionale di aver prodotto questa magnifica sollevazione di Parigi. Sì, diciamolo con fierezza, sono i nostri fratelli internazionalisti che con il loro lavoro perseverante hanno organizzato il popolo di Parigi ed hanno reso possibile la Comune di Parigi.” (1)

Ed ai suoi amici d’Italia scrive ancora nell’ottobre dello stesso anno 1871:

La coscienza della giustizia della propria causa è senza dubbio necessaria al proletariato affinché si organizzi a potenza capace di vincere. Ebbene, questa coscienza oggi non gli manca e dove ancora manca è nostro debito suscitargliela in seno. Questo è divenuto incontestabile agli occhi dei nostri avversari stessi. Ma la sola coscienza della giustizia non basta: è mestieri che il proletariato vi unisca l’ordinamento della sua forma poiché – non dispiaccia a Mazzini - è passato il tempo in cui al suon delle trombe crollavano le mura di Gerico.

Oggi per vincere e rintuzzare la forza non vi ha che la forza.” (1)

Per Bakunin non si pone quindi il problema “organizzazione ed anti-organizzazione”, ma si pongono questioni più serie, concernenti la ricerca del tipo di organizzazione corrispondente a determinate necessità storiche, politiche, sociali. Non si comprende, ad esempio, il pensiero di Bakunin sull’organizzazione se non si tiene presente che in esso è chiara già da allora la distinzione “ideologica” fra movimento politico di classe (minoranza rivoluzionaria) e movimento economico di classe (organizzazione di massa), che quindi anche tutto il problema dell’organizzazione si scinde, a seconda che si riferisca alle questioni organizzative del primo o del secondo di questi due settori del lavoro. Se non si afferra nel pensiero bakuniniano questo principio della doppia organizzazione, se non si riesce a seguire Bakunin in questa distinzione, si finisce inevitabilmente per confondere le parole e le idee.

Per Bakunin l’Internazionale era la grande organizzazione dei lavoratori, alla quale tutti i proletari, senza distinzione di orientamento filosofico, di confessioni religiose, di indirizzo politico, potevano aderire sulla base di alcuni principi generali che egli compendiava nella parola “solidarietà”.

Ma all’interno di questa grande organizzazione di massa che era l’Internazionale, Bakunin costruiva una seconda organizzazione, assai più ristretta, ben federata e ben orientata, con un preciso indirizzo programmatico e su questa organizzazione fondava una specifica azione politica: di guida all’interno e di lotta all’esterno.

Così si avevano due organizzazioni, l’una incentrata nell’altra: la maggiore con un indirizzo generico e con funzioni di resistenza, di cooperazione, di solidarietà tra tutti i lavoratori; la minore con un indirizzo più rigoroso, con una struttura più robusta, con militanti più severamente selezionati e con compiti di orientamento ideologico, di iniziativa e di attacco. Esaminiamo questi due tipi di organizzazione.

 

a) L’organizzazione specifica

Bakunin crede nella funzione agente, motrice, propulsiva delle minoranze rivoluzionarie. Nella “Circolare ai miei amici d’Italia” egli scrive:

Isolati, operando ciascuno di propria testa, voi sarete certamente impotenti; uniti, organizzando le vostre forze, per quanto esse siano scarse in sul principio in una sola azione collettiva, ispirata dal medesimo pensiero, dal medesimo scopo, dalla medesima posizione, voi sarete invincibili. Tre uomini soltanto, così riuniti, formano già, secondo me, un serio principio di potenza. Or che sarà quando giungerete ad organizzarvi nel vostro paese nel numero di alcune centinaia?” (1)

E più avanti:

Alcune centinaia di giovani di buona volontà non bastano certamente per creare una potenza rivoluzionaria fuori del popolo…Basteranno però per organizzare la potenza rivoluzionaria del popolo.” (1)

E nel corso della sua febbrile attività di agitatore Bakunin esperimenta alcune forme di organizzazione frazionistica con funzioni di “noyautage” dentro organismi più vasti. A prescindere dalla Fratellanza Internazionale, noi dobbiamo ricordare due organizzazioni segrete ed una organizzazione pubblica. Le due organizzazioni segrete sono l’Alleanza Internazionale della Democrazia Socialista operante dal 1868 al 1872 e l’Alleanza Internazionale dei Socialisti Rivoluzionari, operante dopo il 1872 fin verso il 1876 (morte di Bakunin).

La prima organizzazione ha il merito di avere esteso le fila della Internazionale in Italia, in Spagna, in Francia e di aver condotto la battaglia contro il Consiglio Generale di Londra; la seconda organizzazione ha il merito di aver retto le sorti dell’Internazionale dopo il congresso di St. Imier e di aver formato alla sua scuola un gran numero di rivoluzionari. In ambedue i casi si trattava di solidi impianti, formati da militanti sicuri, ben collegati fra loro da un Ufficio Centrale, cementati da un’assoluta unità organizzativa ideologica e tattica. Ciò non impediva che l’organizzazione si ispirasse ai principi del federalismo così come avveniva nell’Internazionale: solo che in questo caso l’organizzazione federativa era resa più efficiente dalla totale comunità di vedute, dalla presenza attiva di ogni militante nell’organizzazione e dalla stessa esiguità del numero. In sostanza ciò che differenziava questa organizzazione dall’Internazionale non era la formula organizzativa ma piuttosto l’indirizzo programmatico, qui preciso e definito, là generico ed estensivo.

Per avere un’idea del metodo vigente in seno a queste organizzazioni citiamo qualche documento. Ecco ad esempio un brano della famosa lettera di Bakunin a Celso Ceretti che è una viva testimonianza del pensiero bakuniniano:

... Anche nel caso in cui voi riusciate, con un’azione energica e abile, a salvaguardare l’esistenza delle vostre sezioni pubbliche, io penso che voi giungerete o prima o poi a comprendere la necessità di fondare in mezzo ad esse dei nuclei composti dai membri più sicuri, più devoti, più intelligenti e più energici, in una parola dai più intimi. Questi nuclei intimamente collegati fra loro e con analoghi nuclei che si organizzano e si organizzeranno nelle altre regioni d’Italia o all’estero, avranno un doppio compito: in primo luogo essi formeranno l’anima ispiratrice vivificatrice di questo immenso corpo che si chiama Associazione Internazionale dei Lavoratori, in Italia come altrove; e quindi essi si occuperanno delle questioni che non è possibile trattare pubblicamente. Essi formeranno il ponte necessario fra la propaganda delle teorie socialiste e la pratica rivoluzionaria... Beninteso questa alleanza segreta non accoglierebbe nel suo seno che un numero assai ristretto di individui, i più sicuri, i più devoti, i più intelligenti, i migliori; poiché in questa specie di organizzazione non è la quantità, è la qualità che bisogna cercare. Ciò che deve, a mio modo di vedere, distinguere la vostra pratica rivoluzionaria da quella dei mazziniani consiste in ciò che non occorre che reclutiate dei soldati per costituire dei piccoli eserciti segreti, atti a tentare dei colpi di mano. I mazziniani seguono questa tattica perché vogliono e credono di poter fare le rivoluzioni all’infuori del popolo. Voi volete la rivoluzione popolare, per conseguenza non occorre che reclutiate un esercito perché il vostro esercito è il popolo. Quello che dovete costituire sono gli Stati Maggiori, la rete bene organizzata ed ispirata dei capi del movimento popolare. Per questo non occorre affatto disporre di un gran numero di individui iniziati nell’organizzazione segreta.” (3)

Ed ecco un secondo documento: l’art.5 del programma dell’Alleanza Internazionale dei Socialisti Rivoluzionari, fondata in una riunione segreta alla vigilia del Congresso di St.Imier:

L’Alleanza perseguirà un doppio scopo:

  1. essa si sforzerà di diffondere fra le masse di tutti i paesi le vere idee in ordine alla politica, all’economia sociale e a tutte le questioni filosofiche. Essa farà un’attiva propaganda, tramite i giornali, gli opuscoli, i libri e fonderà delle associazioni pubbliche;
  2. essa cercherà di affiliarsi tutti gli elementi intelligenti, energici, discreti, di buona volontà, sinceramente devoti alle nostre idee, allo scopo di formare in tutta Europa e, se sarà possibile, in America, una rete invisibile di fedeli rivoluzionari, resi più forti grazie a questa stessa alleanza.”

Si potrà osservare che le condizioni, i tempi, la tradizione cospiratoria dell’ottocento, le difficoltà del lavoro illegale spinsero Bakunin ad adottare queste forme di organizzazione (dalle quali tuttavia era bandita ogni forma di autorità, trattandosi di tutti elementi dotati della massima capacità di autogoverno e guidati da una comune idea direttrice, da tutti liberamente scelta e condivisa).

Ma il carattere peculiare dell’organizzazione “specifica” in Bakunin non era dato dalla segretezza, ma appunto dalla caratterizzazione politica in rapporto alla apoliticità della organizzazione di massa. Tanto che nell’Internazionale esisteva un’organizzazione “specifica” pubblica: le cosiddette “sezioni centrali”, dette anche “sezioni di iniziativa”. Le sezioni centrali si differenziavano dalle sezioni corporative o di mestiere in primo luogo perché vi potevano aderire lavoratori di qualsiasi industria già iscritti alle rispettive sezioni di mestiere oppure elementi rivoluzionari non aderenti ad alcuna sezione corporativa.

Le sezioni centrali non rappresentano particolarmente alcuna industria, poiché gli operai avanzati di tutte le industrie possibili possono trovarvisi riuniti. Che cosa rappresentano dunque? L’idea stessa dell’Internazionale. Qual è la loro missione? Lo sviluppo e la propaganda di questa idea.” (1)

In secondo luogo le sezioni centrali si differenziavano dalle sezioni corporative perché esse avevano un preciso indirizzo politico; Bakunin infatti che contestava a chiunque di assegnare dall’alto un indirizzo politico all’Internazionale, un indirizzo unico, ufficiale ed obbligatorio, non escludeva che all’interno dell’Internazionale si agitassero problemi politici:

Ma allora dovrebbe essere dunque proibito di occuparsi di questioni politiche e filosofiche nell’Internazionale? ... L’Internazionale non dovrebbe occuparsi d’altro che della questione economica?…Una tale astrazione, lasciatecelo dire, è assolutamente impossibile. Questa preoccupazione esclusiva degli interessi economici sarebbe per il proletariato la morte...” (1)

Ecco, appunto, il compito delle “sezioni centrali” che sono sedi di discussione politiche “scuole del militante” e centri di azione.

Le sezioni centrali sono i centri attivi e viventi dove si conserva, si sviluppa e di manifesta la fede nuova. Nessuno vi entra come operaio speciale di questo o quel mestiere; tutti vi entrano come lavoratori in generale, e in vista dell’emancipazione e dell’organizzazione generale del lavoro e del mondo sociale nuovo fondato sul lavoro, in tutti i paesi. Gli operai che ne fanno parte, lasciando sulla soglia il loro carattere di operai specifici e “reali” nel senso della categoria, vi si presentano come dei lavoratori “in genere”. Lavoratori di che cosa? Lavoratori dell’idea, della propaganda e dell’organizzazione della potenza tanto economica che militante dell’Internazionale: lavoratori della rivoluzione sociale.” (1)

A Ginevra esisteva una di queste sezioni centrali. Bakunin ce la descrive:

"La sezione centrale, abbiamo detto, era stata il germe, il primo corpo costituito dell’Associazione Internazionale a Ginevra; essa avrebbe dovuto restarne l’anima l’ispiratrice e la costante divulgatrice. E’ in questo senso soprattutto che è stata chiamata spesso “sezione di iniziativa”. Essa aveva creato l’Internazionale a Ginevra, essa doveva conservarne e svilupparne lo spirito. Tutte le altre sezioni sono delle sezioni corporative e gli operai vi si riuniscono e vi si organizzano non per l’idea ma per il fatto e per la necessità stessa del loro comune lavoro.” (1)

Bakunin, come vedremo, non risparmia critiche alle sezioni centrali: non rinuncia ad indicarne i pericoli di involuzione. Ma alla proposta di scioglimento delle sezioni centrali, dopo che queste abbiano predisposto e sorretto l’organizzazione dell’Internazionale, risponde che questo sarebbe un grave errore.

Inizia a questo punto nel manoscritto della “protesta dell’alleanza” quel lungo brano purtroppo mutilo all’inizio ed interrotto alla fine, dedicato al problema dell’organizzazione. Sono una ventina di pagine nitidissime, ricche di osservazioni e di appunti critici.

Ci limitiamo qui solo a rilevare come da queste pagine risulti con certezza che nel pensiero di Bakunin erano già chiari, evidenti, i concetti di struttura e sovrastruttura. Bakunin parla di due leve “ugualmente potenti, ugualmente gigantesche, di cui l’una completa l’altra” per la liberazione dei lavoratori: da una parte l’intensità crescente dei bisogni, delle sofferenze e quindi delle rivendicazioni delle masse e dall’altra la formulazione teorica di questi bisogni, di questi istinti, di queste rivendicazioni, cioè “la filosofia sociale nuova, filosofia eminentemente realista e popolare”; da una parte dunque l’elemento obiettivo delle condizioni di classe e dall’altra l’elemento subiettivo dell’ideologia di classe. E trasferendo il criterio sul piano della forza ecco da una parte le masse, dall’altra la loro organizzazione. In definitiva, scriva Bakunin:

... Che cosa manca (alle masse) per rovesciare l’ordine di cose che esse detestano? Mancano loro due cose: l’organizzazione e la scienza.” (1)

Quindi Bakunin polemizza a lungo con gli avversari dell’organizzazione ed ha dure parole per il nullismo degli anti-organizzatori:

A chiunque pretendesse che un’azione così organizzate è ancora un attentato alle libertà delle masse, un tentativo di creare una nuova potenza autoritaria, noi risponderemmo che egli non è che un sofista o addirittura uno sciocco. Tanto peggio per coloro che ignorano la legge naturale e sociale della solidarietà umana, fino al punto di immaginarsi l’assoluta reciproca indipendenza degli individui e delle masse sia una cosa possibile e anche augurabile. Desiderarla significa volere l’annientamento stesso della società, perché tutta la vita sociale non è altro che questa mutua e costante dipendenza degli individui e delle masse. Tutti gli individui, anche i più intelligenti, i più forti, e soprattutto gli intelligenti e i forti, sono, in ciascuno istante della loro vita, al tempo stesso i produttori ed i prodotti della volontà e dell’azione delle masse. La libertà stessa di ciascun individuo è la risultante, sempre di nuovo riprodotta, di questa quantità di influenze materiali, intellettuali e morali che tutti gli individui che lo circondano, che la società in mezzo alla quale egli nasce. Si sviluppa e muore, esercita su di lui. Voler sfuggire a questo influsso in nome di una libertà trascendente e bastante a se stessa, significa condannarsi al non essere; voler rinunciare ad esercitarla sugli altri significa rinunciare ad ogni azione sociale, all’espressione stessa del proprio pensiero e dei propri sentimenti, significa ancora finire nel non-essere; questa indipendenza tanto esaltata dagli idealisti e dai metafisici, e la libertà individuale concepita in questo senso, è dunque il nulla.” (1)

E dopo questa chiara affermazione anti-individualista, non rara nei suoi scritti, Bakunin prosegue trattando questioni di dettaglio.

 

L’organizzazione di massa

Sia i nemici di Bakunin di ottanta anni fa, come certi suoi presunti seguaci di oggi, in un punto concordano: nel non capire che quando Bakunin si erge contro un’organizzazione omogenea e strutturata si riferisce all’organizzazione di massa e non all’organizzazione specifica.
Per Bakunin infatti essendo l’Internazionale un’organizzazione di massa che avrebbe dovuto raccogliere sotto le sue bandiere tutti i lavoratori del mondo in quanto tali, essa non poteva fissare come condizione di adesione, delle rigorose pregiudiziali programmatiche. Di non aver capito questa necessità Bakunin rimproverava Marx il quale dopo il ’70 con vari tentativi tesi all’irrigidimento e degli statuti e del programma, si proponeva di trasformare l’Internazionale in un partito politico.

Il sig. Marx, che è stato uno dei principali fondatori dell’Internazionale – ecco un titolo di gloria che nessuno gli contesterà - e che durante otto anni di seguito, ha costituito quasi da solo il Consiglio Generale, avrebbe dovuto pertanto comprendere…che l’Internazionale ha potuto svilupparsi in un modo così meraviglioso solo perché ha eliminato dal suo programma “ufficiale ed obbligatorio” tutte le questioni politiche e religiose e che ha potuto far ciò perché fondata principalmente sulla libertà delle sezioni e delle federazioni, essa è stata privata di tutti i “benefici” di un governo centralizzatore, capace di dirigere, cioè di impedire e di paralizzare il suo sviluppo.” (1)

E Bakunin, che pure aveva visto accettare il programma anarchico dalle federazioni latine e slave, si rifiutava di proporlo come programma dell’Internazionale perché questo passo avrebbe leso il principio di apoliticità e pregiudicato la conquista di più vasti strati proletari. Ecco come viene ben illustrato questo scopo e questa tattica in un altro passo:

L’Associazione Internazionale dei Lavoratori, ho detto, ha potuto prendere un’estensione immensa solo perché essa ha eliminato dal suo programma obbligatorio tutte le questioni politiche e filosofiche. La cosa è così chiara che si resta stupiti quando la si deve ancora provare. Io non credo di aver bisogno di dimostrare che, perché l’Internazionale sia e resti una potenza, essa deve essere capace di trascinare nel suo seno e di abbracciare e di organizzare l’immensa maggioranza del proletariato di tutti i paesi dell’Europa e dell’America. Ma qual è il programma politico e filosofico che potrebbe illudersi di riunire sotto la sua bandiera dei milioni di uomini? Solo un programma molto generico, cioè indeterminato e vago, può farlo poiché ogni determinazione in teoria corrisponde fatalmente ad una esclusione, ad un’eliminazione in pratica.” (1)

Non che Bakunin fosse un uomo senza principi e si augurasse che i suoi compagni fossero anche essi uomini senza principi. Egli ha dei principi, egli fa di tutto perché quanti gli sono attorno siano permeati di questi stessi principi, ma non vuole imporre burocraticamente questi principi all’Internazionale. E così scrive al Nabruzzi nel gennaio 1872:

Le nostre idee, le vostre, le mie e quelle di molti nostri amici intimi tanto in Italia quanto fuori d’Italia, queste idee che certamente costituiscono il sistema più avanzato fra quelli che hanno corso nell’Internazionale…queste idee…non sono affatto obbligatorie né per i membri, né per le sezioni, né per le federazioni dell’Internazionale.” (4)

Bakunin non vuole che con un programma imposto dall’alto l’Internazionale finisca per essere una delle tante “sette colpite dall’impotenza e dalla sterilità” ma vuole che essa divenga “un’immensa associazione del proletariato di tutti i paesi” ed esige che in essa non si cerchi di stabilire una “solidarietà teorica universale, mostruosa, illusoria, impossibile, ma una solidarietà pratica universale fra tutti i suoi membri…la solidarietà internazionale di ognuno con tutti e di tutti con ognuno, del proletariato contro il mondo borghese...” (4)

Sarebbe infatti stato sufficiente, ad esempio, che la parola “ateismo” fosse stata scritta sulle bandiere dell’Internazionale (e Bakunin era un ateo convinto ed un militante attivo dell’ateismo) perché questa organizzazione avesse visto sfuggire alla sua influenza grandi masse di proletari.

Riconosciamo che i fondatori dell’Associazione Internazionale hanno saggiamente operato eliminando inizialmente dal loro programma ogni questione politica e religiosa: senza dubbio essi stessi avranno avuto determinate opinioni politiche e opinioni antireligiose ben definite; ma si sono astenuti dal manifestarle nel loro programma perché il loro scopo principale era quello di unire anzitutto in una azione comune tutte le masse operaie del mondo civile: hanno dovuto quindi cercare necessariamente una base comune, una serie di semplici principi sui quali potessero accordarsi tutti gli operai sia pure politicamente e religiosamente aberranti, purché operai seri, vale a dire uomini duramente sfruttati e sofferenti. Se avessero inalberato la bandiera di un sistema politico ed antireligioso, anziché unire avrebbero maggiormente disuniti gli operai…D’altronde esiste ancora una troppo grande differenza tra i gradi di sviluppo industriale, politico, intellettuale e morale delle masse operaie nei differenti paesi per essere oggi possibile unirli per mezzo di un solo programma politico e antireligioso. Proporre un tale programma come base dell’Internazionale e volerne fare una condizione assoluta per entrare in questa Associazione sarebbe come voler organizzare una setta e non un’associazione universale; sarebbe cioè l’assassinio dell’Internazionale.” (1)

Ciò non vieta che l’Internazionale, in quanto organizzazione di massa, abbia un programma; un programma molto semplice, elementare, di massa. E questo programma è costituito dagli originari “considerando” l’Internazionale che Bakunin traduce in un linguaggio ancora più accessibile, formulando all’operaio che vuol entrare nell’Associazione alcune domande ed alcuni impegni che poi egli riassume in una sola idea, in una sola parola: solidarietà.

La base di questa grande unità, che si cercherebbe invano nelle idee filosofiche e politiche del giorno, si trova tutta nella solidarietà delle sofferenze, dei bisogni e delle aspirazioni reali del proletariato del mondo intero. Questa solidarietà non deve essere creata; esiste già di fatto. Essa costituisce la vita propria, l’esperienza quotidiana del mondo operaio e quel che resta da fare è di fargliela conoscere e di aiutarlo ad organizzarla coscientemente.” (1)

E ancora più chiaramente:

La solidarietà intima e tutta particolare degli interessi, dei bisogni, delle sofferenze, delle condizioni e delle aspirazioni che esiste fra gli operai che fanno parte della stessa sezione di mestiere, ecco ciò che forma la base reale della loro associazione. L’idea viene dopo, come l’estrinsecazione o come l’espressione corrispondente allo sviluppo ed alla coscienza collettiva e riflessa di questo fatto.” (1)

Così prima sorge la solidarietà nella fabbrica, poi nella stessa città fra gli operai delle varie fabbriche, poi su base internazionale fra gli operai dei vari paesi appartenenti ad una stessa categoria ed infine fra gli operai di tutte le categorie di tutti i Paesi del mondo.

Ecco dunque che è trovata la base della grande Associazione Internazionale dei Lavoratori. Essa ci è offerta non da una teoria uscita dalla testa di uno o di alcuni pensatori profondi, ma dallo sviluppo reale dei fatti economici, attraverso le dure prove che questi fatti hanno imposto alle masse operaie e sulla base delle riflessioni, dei pensieri che essi hanno fatto sorgere naturalmente nel loro seno.” (1)

Su questa base Bakunin illustra il metodo pedagogico per attrarre prima i lavoratori nell’organizzazione, quindi per guadagnarli al programma politico delle frazioni più avanzate dell’Internazionale:

I fondatori dell’Associazione Internazionale dei Lavoratori hanno agito con tanta maggiore saggezza, evitando di dare dei principi politici e filosofici come base di questa associazione e non assegnandole come unico fondamento che la lotta esclusivamente economica del lavoro contro il capitale, perché avevano la certezza che dal momento che un operaio mette piede su questo terreno, dal momento che, prendendo sicurezza del suo diritto e della forza numerica della sua classe, egli si getta coi suoi compagni di lavoro nella lotta solidale contro lo sfruttamento borghese, viene necessariamente condotto dalla stessa forza delle cose e dallo sviluppo di questa lotta, a riconoscere ben presto tutti i principi politici, sociali e filosofici dell’Internazionale, principi che effettivamente altro non sono che la giusta esposizione del suo punto di partenza e del suo fine.” (1)

La sede ideale per questo lavoro di massa sono le stesse sezioni corporative alle quali aderiscono, come abbiamo già visto, i membri delle cosiddette sezioni centrali e d’iniziativa. Le sezioni corporative sono veri organismi di massa, la forza muscolare dell’Internazionale. Se fossero manate le sezioni corporative, l’Internazionale si sarebbe ben presto ridotta ad un corpo debole e sterile.

Se nell’Associazione Internazionale dei Lavoratori non vi fossero state che delle sezioni centrali, non v’è dubbio che essa non avrebbe raggiunto neppure la centesima parte della sua ragguardevole potenza di cui va oggi tanto orgogliosa. Le sezioni centrali sarebbero state tante accademie operaie nelle quali si sarebbero eternamente dibattute tutte le questioni sociali, compresa anche l’organizzazione del lavoro, ma senza il minimo sforzo, senza la minima possibilità di realizzazione.” (1)

Perché? Perché non ha senso parlare del lavoro “in generale”, astrattamente; bisogna trattare delle varie forme concrete o particolari di lavoro. Perché non ha senso parlare genericamente delle condizioni dei lavoratori; bisogna trattare, preferibilmente sul posto, delle condizioni specifiche di quel determinato lavoro, di quella determinata industria (1)

Se nell’Internazionale non vi fossero state delle sezioni centrali, esse sarebbero probabilmente riuscite ancora a imbastire delle cospirazioni popolari per rovesciare l’attuale ordine delle cose, dei contati di cospirazione, ma sarebbero state impotenti a raggiungere il loro scopo, perché esse non avrebbero potuto mai trascinare ed accogliere nel loro seno che un piccolo numero di operai, i più intelligenti, i più energici, i più convinti, i più fedeli. La stragrande maggioranza, i milioni di lavoratori, sarebbero restati al di fuori e, per rovesciare e distruggere l’ordine politico e sociale che oggi ci schiaccia, occorre il concorso di questi milioni.” (1)

Bakunin scrive a questo punto alcune efficacissime pagine di tecnica organizzativa in riferimento al lavoro di massa. Partendo dalla constatazione che solo un esiguo numero di persone si lascia determinare dalle idee “astratte e pure” e che le grandi masse si spostano solo secondo la logica e la potenza dei fatti, Bakunin ritiene che occorra avvicinarsi alle masse, non con delle idee generali e astratte, ma con una nozione precisa dei loro mali reali, prossimi, immediati; e che si colga la complessità delle loro condizioni particolari, diverse da luogo a luogo, da tempo a tempo, e gli aspetti molteplici di queste condizioni, e tutta la moltitudine di cause, talvolta parziali, talvolta contingenti che li determinano. Ed avvicinando i lavoratori, occorre parlar loro, se si vuol toccarne il cuore ed averne la fiducia, non solo delle condizioni generali del proletariato internazionale e delle cause generali che determinano queste condizioni, ma anzitutto del loro proprio stato quotidianamente avvertito e sofferto, del loro proprio lavoro, del loro proprio padrone, del loro proprio salario.

E passando alla questione dei mezzi non bisogna illustrare ai lavoratori soltanto la strategia generale di lotta dell’Internazionale, ma anzitutto bisogna proporre loro dei mezzi pratici di immediata attuazione, per risolvere i loro problemi. Solo così il lavoratore neofita potrà apprendere il metodo della solidarietà e quindi attraverso la sua diretta esperienza, nel corso di scioperi ed agitazioni, rinsaldare le sue convinzioni; e posto di fronte ai suoi nemici di classe scoprire i legami che uniscono tutti questi nemici, e la necessità di abbatterli tutti in blocco. (1)

L’immenso vantaggio pratico delle sezioni di mestiere sulle sezioni centrali consiste precisamente in questo: che questi orientamenti, questi principi vengono mostrati agli operai non attraverso dei ragionamenti teorici, ma attraverso l’esperienza viva e tragica di una lotta che diviene ogni giorno più larga, più profonda, più terribile; di guisa che l’operaio anche meno istruito, meno preparato, più mite, trascinato sempre più avanti dalle conseguenze stesse di questa lotta, finisce per riconoscersi rivoluzionario, anarchico, ateo, senza sapere neppure come è diventato tale. E’ chiaro che solo le sezioni di mestiere possono dare questa educazione pratica ai loro membri e che solo esse per conseguenza possono trascinare nell’organizzazione dell’Internazionale la massa del proletariato, questa massa senza il cui potente concorso, lo abbiamo già detto, il trionfo della rivoluzione sociale non sarà mai possibile.” (1)

E ribadisce:

Se non vi fossero state nell’Internazionale che delle sezioni centrali, queste sarebbero state delle anime senza corpo, dei magnifici sogni ma senza possibile realizzazione.” (1)

Ma vi è un’altra ragione importante che spinge Bakunin a valorizzare le sezioni corporative. Ed è una ragione che Marx non riusciva a comprendere quando rimproverava Bakunin per il fatto che questi considerava l’Internazionale come base organica della società socialista, e a tal punto da volere che nell’Internazionale vigesse la stessa forma di organizzazione federativa, contemplata per la società socialista. Per Bakunin, infatti, l’Internazionale non rappresenta solo un mezzo di emancipazione per i lavoratori ma anche la “loro vera patria” che dovrà

sopravvivere a tutti gli Stati politici attualmente esistenti e fondare sulle loro rovine il mondo del lavoro e dell’umanità.” (1)

Questo concetto meriterebbe assai di essere ampliato, ma non è questa la sede. Qui vogliamo piuttosto aggiungere come per Bakunin il lavoro di massa non si risolva ancora tutto nelle sezioni corporative. Al di fuori della stessa organizzazione dell’Internazionale esistono ancora della grandi masse inorganizzate e talvolta in organizzabili in forma stabile e permanente. Queste masse non debbono essere abbandonate ma influenzate indirettamente sul luogo di lavoro, sai militanti più qualificati.

Perché basta, in effetti, che un operaio su dieci faccia seriamente e con piena nozione di causa parte dell’associazione, perché i nove decimi restanti al di fuori della sua organizzazione subiscano non di meno la sua invisibile influenza e nei momenti critici, senza accorgersene essi stessi, obbediscano alla sua guida nella misura in cui è necessario per la salvezza del proletariato.” (1)

E più oltre spiega meglio cosa avviene in questi momenti critici:

Abbiamo detto che per organizzare le masse, per stabilire fermamente l’azione benefica dell’Associazione Internazionale dei Lavoratori su di esse, basterebbe a rigore che un solo operaio su dieci dello stesso mestiere, facesse parte della relativa sezione. Ciò si comprende bene. Nei momenti delle grandi crisi politiche ed economiche, quando l’istinto delle masse, riscaldate fino ad arroventarsi si apre a tutte le felici ispirazioni, quando questi branchi di uomini schiavizzati, piegati, schiacciati, e giammai rassegnati, si rivoltano finalmente contro il loro giogo, ma si sentono disorientati ed impotenti perché essi sono completamente disorganizzati, dieci o venti o trenta uomini ben affiatati e ben collegati fra di loro e che sappiano dove vanno e ciò che vogliono, ne trascineranno facilmente cento, duecento, trecento ed anche più. Lo abbiamo visto recentemente nella Comune di Parigi. La vera organizzazione, appena iniziata durante l’assedio, non è stata né abbastanza perfetta né abbastanza forte e tuttavia essa è stata sufficiente per creare una formidabile capacità di resistenza.” (1)

Ed ecco infine Bakunin rispondere alle obiezioni che possono essere mosse a questa inquadratura del lavoro di massa da parte delle minoranze rivoluzionarie:

Si potrebbe obiettare che questa maniera di organizzare l’influenza dell’Internazionale sulle masse popolari, sembra voler stabilire sulle rovine delle antiche autorità e dei governi esistenti un nuovo sistema d’autorità ed un nuovo governo. Ma questo sarebbe un grosso errore. Il governo dell’Internazionale, se governo c’è, o piuttosto la sua azione organizzata, sulle masse, si distinguerà sempre da tutti i governi e dall’azione di tutti gli Stati per questa sua essenziale proprietà di non essere altro che l’organizzazione dell’azione –non ufficiale e non investita di un’autorità o di una qualsiasi forza politica, ma assolutamente naturale- di un gruppo più o meno numeroso di individui orientati dallo stesso principio e tendenti allo stesso scopo, prima sull’opinione delle masse e, soltanto in seguito, mediante questa opinione più o meno modificata dalla propaganda dell’Internazionale, sulla loro volontà, sui loro atti.” (1)

Questa è la risposta che Bakunin dava anche agli ultimi interrogativi polemici sul problema dell’organizzazione.


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