O.A.M. - Organizzazione Anarchica Marchigiana

 

La lotta di classe in Spagna

 

Premessa

Dallo scorso anno la nostra organizzazione ha iniziato una analisi sulla esperienza rivoluzionaria del proletariato spagnolo (1936-1938) e sulla continuazione attuale delle sue lotte.

Da un anno il quadro politico spagnolo si è sviluppato ulteriormente: innanzitutto la morte di Franco con tutti i suoi riflessi, quindi il delinearsi di sempre più marcate direttive di fondo da parte della locale borghesia e da parte degli interessi economici dei vari imperialismi internazionali, ma ancora più importante per noi è stato lo svilupparsi della lotta di classe tra i proletari spagnoli che se da una parte ci conferma le prospettive e le indicazioni già da noi espresse nel primo documento, dall'altra pone sempre più urgentemente al movimento operaio internazionale una sempre maggiore serie di problematiche, prima tra tutte l'esigenza della ricostruzione di un organizzazione di massa rigidamente classista e rivoluzionaria che catalizzi e unisca l'enorme spinta di base autonoma e autogestionaria espressa dalla classe operaia spagnola.

In questa luce abbiamo quindi riveduto e aggiornato il documento dello scorso anno, attualizzandolo maggiormente e cercando di chiarire meglio e di sviluppare l'analisi teorico strategica sia storica che attuale da noi già espressa per agganciarlo ancora di più ad un quadro generale dello scontro di classe internazionale e quindi alla realtà italiana.

 

Il quadro storico: 1914-1976

1914 - Le borghesie europee scatenano per i propri interessi la Prima Guerra Mondiale mandando al massacro milioni di proletari.

La Spagna restò neutrale ed economicamente ebbe un forte sviluppo: le industrie e le miniere del Nord (in maggioranza in mano ai capitalisti stranieri) lavorarono al massimo regime e così avvenne anche in agricoltura, la quale trovò considerevoli nuovi sbocchi di mercato.

La classe operaia spagnola dovette assoggettarsi alle mire della borghesia facendo turni e ritmi di lavoro elevatissimi e vide per estrema conseguenza i suoi salari rimanere troppo bassi.

1917 - Le conseguenze delle sue condizioni di vita e dell'affermarsi dell'esperienza internazionalista della rivoluzione dei soviet (consigli) russi, il proletariato spagnolo estese un forte sciopero generale che venne duramente represso: 70 operai uccisi.

1917-1923 - In conseguenza alla repressione, la classe operaia rispose negli anni seguenti con la guerriglia urbana che ebbe come centro la città di Barcellona. I padroni risposero con le serrate delle fabbriche, le fucilazioni, le torture, gli arresti di massa, e costituirono vere milizie irregolari di killer. Nel 1919 il sindacato rivoluzionario del proletariato spagnolo la CNT poteva già contare 700.000 mila iscritti.

1923 - L'esercito spagnolo subisce una grossa sconfitta in Marocco; cade il governo e si arriva alla dittatura di Primo de Rivera, appoggiato dalla borghesia industriale.
I socialdemocratici seguendo la loro linea opportunistica favoriscono la borghesia ed entrano a far parte del governo. Le riforme promesse dal governo non verranno mai attuate.

1924 - La CNT è messa fuori legge.

1926 - Si fonda in esilio la FAI (Federazione Anarchica Iberica); negli anni seguenti la FAI si ramifica clandestinamente in Spagna.

1929 - Incomincia in Spagna una grossa crisi economica.

1930 - La monarchia viene sostituita dalle frange più avanzate del capitalismo industriale spagnolo che ora appoggia la repubblica. La CNT esce dalla clandestinità numericamente rafforzata grazie al rapporto dialettico che al suo interno viene portato avanti dai comunisti anarchici aderenti alla FAI.

1931 - Il re lascia la Spagna dopo l'insuccesso delle elezioni municipali.

1932 - Insurrezione proletaria in Catalogna, i contadini si ripartiscono le terre di molti latifondisti. Il governo reagisce con le deportazioni sommarie dei militanti rivoluzionari.

1933 - Nuove insurrezioni proletarie a Barcellona e Valenzia; in risposta alle stragi dell'esercito la CNT organizza un'ondata di scioperi generali, occupazioni di fabbriche e insurrezioni locali. Il governo repubblicano si dimette, nelle nuove elezioni vincono le destre. Nuove ondate di scioperi.

1934 - La CNT può contare 1.500.000 iscritti. Nelle Asturie in ottobre c'è una forte sollevazione proletari: si costruiscono consigli operai.

1935 - Nuove elezioni a dicembre: la CNT lascia liberi i suoi militanti di votare o no: la vittoria delle sinistre avrebbe coinciso con la scarcerazione di 30.000 militanti rivoluzionari. I voti della CNT sono determinanti e vince i Fronte Popolare delle sinistre: i prigionieri politici vengono liberati.

1936 - La CNT rifiuta l'alleanza con l'UGT, il sindacato dei socialisti riformisti (800.000 iscritti contro i 1.600.000 della CNT), e scatena una serie di scioperi lampo in tutta la Spagna. Il governo di sinistra non attuò riforme decisive, anzi, rimise in piedi le vecchie leggi emanate dalle destre quando erano al governo. Il 17 luglio Franco alla testa dell'esercito, scatena l'offensiva fascista e si impadronisce del Marocco Spagnolo; ma il colpo di stato si propaga per tutta la Spagna e i fascisti si impadroniscono di un terzo del paese. La classe operaia passa allora al contrattacco e il 19 luglio le milizie della CNT-FAI liquidano le truppe fasciste nella città di Barcellona: incomincia la guerra civile.

Da una parte gli anarcosindacalisti pur alleandosi con il Fronte Popolare, portano avanti un programma di COLLETTIVIZZAZIONE COMUNISTA delle terre e di GESTIONE OPERAIA delle fabbriche. Dall'altra le forze riformiste (socialisti, repubblicani) e stalinisti (il PCE al servizio della Russia di Stalin) riunite nel Fronte Popolare tentano di impedire con ogni mezzo lo svilupparsi dell'esperienza di autogestione proletaria. Questo stato di cose portò in varie zone della Spagna a scontri militari tra le truppe della CNT e del PCE. Il 4 dicembre del 1936 entra per ragioni tattiche nel governo centrale di Madrid per cercare di levare spazio ai partiti interclassisti (ne esce il 15 maggio giudicando inutile l'esperienza fatta).

1937 - Violenta repressione da parte degli stalinisti sui militanti rivoluzionari: vengono uccisi o imprigionati militanti del POUM (partito marxista di estrema sinistra la cui forza maggiore era concentrata in Catalogna), Trotzchisti, anarcosindacalisti e comunisti-anarchici (tra cui l'italiano Camillo Berneri). Il 4 maggio sotto pressione dello stalinista Camorra, leader del PSUC (partito socialista unificato catalano), la Generalidad (organo governativo locale) della Catalogna decide di iniziare l'eliminazione delle gestioni economiche e politiche non inquadrate dal governo repubblicano: si inizia assaltando la Compagnia dei Telefoni in mano ai lavoratori della CNT.

Gli operai anarcosindacalisti rispondono alle provocazioni staliniste con la guerriglia urbana: a Barcellona si hanno 500 morti. In tutto il territorio il governo repubblicano sotto la spinta del PCE continua una sistematica distruzione militare delle collettività agricole.

1938 - Il Fronte Popolare favorisce il rientro dei grandi proprietari terrieri; viene abrogata definitivamente la collettivizzazione e nelle industrie fu eliminato il controllo operaio: le fabbriche furono restituite a vecchi o nuovi padroni.

1939 - Le truppe di Franco, con l'imponente aiuto militare fornito dalla Germania nazista e dall'Italia fascista (solo dall'Italia erano arrivati 50.000 soldati e 150 carri armati con l'appoggio di 700 aerei) riescono definitivamente a conquistare tutto il paese. Infatti dopo la battaglia dell'Ebro, il Fronte Popolare è definitivamente sconfitto. Il 26 gennaio cade Barcellona, il 28 marzo Franco e la falange entrano a Madrid. Il governo repubblicano fugge in Francia dove trovano riparo moltissimi proletari spagnoli.

1940 - Durante il conflitto mondiale la Spagna resta neutrale; così alla fine della guerra mentre la borghesia sostituisce le dittature totalitarie naziste e fasciste con nuovi governi democratico-borghesi (ma quello che è indispensabile antioperai), in Spagna, Franco e i fascisti riescono a sopravvivere all'esperienza bellica. In questo periodo la repressione interna alla Spagna è violentissima: dal 1939 al 1943 circa 200.000 sindacalisti, operai antifascisti vengono uccisi.

1940-1952 - La giornata di lavoro per gli operai spagnoli è portata da 12 a 14 ore, i salari vengono notevolmente compressi, venne negato il diritto di sciopero e sciolti tutti i sindacati tranne quello verticale fascista. Il proletariato risponde sia cercando di organizzare un movimento di guerriglia (che però subisce pesanti repressioni e non riesce a svilupparsi) sia riprendendo la lotta nelle fabbriche: un grande sciopero avvenne il primo maggio del 1947 e un altro nel 1951 a Barcellona dove la lotta si estende a tutte le fabbriche paralizzando l'industria cittadina.

1956 - Scioperi in Catalogna, in Navarra e nei Paesi Baschi.

1957 - Continuano gli scioperi, ancora una volta a Barcellona e a Madrid che sono i centri della lotta: per la prima volta il governo cede ed è costretto a concedere aumenti salariali.

1958 - Scioperi in tutte le fabbriche metallurgiche di Barcellona, altri scioperi nei Paesi Baschi e nelle Asturie.

1959 - La borghesia spagnola si prepara ad uscire dall'isolamento e ad agganciarsi alla economia internazionale. Si decide quindi l'apertura delle frontiere ai capitali stranieri.

1962 - Con l'aiuto di massicci investimenti stranieri e con un forte aumento della produzione (che coincide con nuovi massicci e più razionali metodi di sfruttamento introdotti nelle fabbriche) la borghesia spagnola si rilancia notevolmente. Ma anche la lotta di classe cresce proporzionalmente: un'ondata di scioperi investe il paese. I protagonisti sono al solito i minatori e gli operai metallurgici. Le Asturie e i Paesi Baschi sono in stato di assedio e violentissima è la repressione.

1969 - Si radicalizzano sempre più le lotte operaie per i "contratti collettivi di lavoro". Alcune fabbriche vengono occupate. Stato d'assedio in tutto il paese.

1973 - Le ore di sciopero toccano il tetto dei 12 milioni in un anno.

1974 - I dati ufficiali del regime (quindi sicuramente riduttivi) indicano che in questo anno ci sono state 2.196 vertenze in 1.141 aziende (cifra molto alta se si considera che la classe operaia italiana comunemente giudicata la più combattiva d'Europa durante le lotte contrattuali del 1973 attuò circa 3.000 vertenze). Le città in cui le lotte sono state particolarmente dure sono Barcellona dove alla SEAT viene rifiutato il contratto da 21340 operai che prendono a lottare per un aumento salariale del 53%; Valladolid dove in seguito a dure lotte alla MICHELIN i salari vengono aumentati con effetto retroattivo da 3.25 a 4.50 pesetas l'ora, dure lotte anche alla filiale della FASA-RENAULT; Siviglia dure lotte avvengono alla ISA (materiale aeronautico) e alla FASA-RENAULT.

1975-1976 - Muore Franco, gli succede Juan Carlos che viene proclamato re, insieme al timido processo di "democraticizzazione" la borghesia nazionale si appresta sempre più all'aggancio definitivo con la CEE.

Continuano ovunque le lotte operaie; i padroni fanno continue serrate (alla SEAT di Barcellona e in una serie di miniere a Pamplona così come alla FIRESTONE di Bilbao). La risposta operaia si concretizza con continue manifestazioni e scontri con la polizia particolarmente duri a Barcellona e Pamplona. Solo nelle Asturie si calcola che nel mese di febbraio abbiano scioperato oltre 60 mila lavoratori.

Le lotte riprendono con eguale intensità anche nel 1976: nei primi mesi dell'anno si calcolavano a circa 600.000 gli scioperanti in tutta la Spagna e dei quali i nuclei più attivi sono stati:

Riteniamo utili per concludere il quadro storico, riportare le lotte più significative condotte in questi ultimi mesi nelle varie zone della Spagna.

ZONA DI MADRID: nel mese di marzo le fabbriche coinvolte in fermate parziali o totali si contano a decine. Nel mese di febbraio invece le fermate degli edili hanno coinvolto più di 10.000 operai: 500 di essi erano già incorsi in sanzioni penali. Sempre nello stesso mese si effettuarono varie fermate in molti cantieri interessando 4.700 lavoratori, in difesa di tre operai arrestati durante una manifestazione. In un quartiere popolare 500 operai effettuano scioperi di protesta contro la continua mancanza di elettricità e la scarsa pavimentazione delle strade.

CATALOGNA: a Barcellona più di 100.000 edili sono in sciopero continuo che in un solo giorno copre 184 cantieri. Numerosi cortei sono sciolti dalla guardia civil a colpi d'arma da fuoco, che colpiscono ferendo gravemente numerosi lavoratori. In febbraio nella città di Torrasa sciopera l'intero settore tessile con 4.300 operai di 39 fabbriche. Scioperi anche alla Michelin e alla Pirelli.

PAESI BASCHI: nel centro industriale di Vitoria dopo grandi scioperi le 10 fabbriche più grandi della città effettuano continue fermate che interessano oltre 10.000 lavoratori. In seguito agli scioperi e alle fermate numerose fabbriche applicano la serrata e molti lavoratori vengono licenziati, oltre quelli feriti dalla guardia civil durante le manifestazioni.

ASTURIE: 200 donne di minatori si sono asserragliate nel palazzo Arzobispal di Oviedo per esigere la liberazione di 7 minatori arrestati. Nel corso di susseguenti scontri con la polizia sale a 17 il numero degli arrestati. In totale sono più di 11.000 i minatori colpiti da sanzioni.

NAVARRA: anche qui gli scioperi sono continui; Pamplona è per alcuni giorni completamente paralizzata da grandi scioperi che coinvolgono più di 20.000 persone.

ALICANTE: nella città di Elda un operaio calzaturiero è assassinato dalla guardia civil in seguito a scioperi che per una settimana hanno paralizzato la città.

Nel mese di gennaio 1976, comunque, le ore di sciopero hanno superato il totale di ore di sciopero effettuate nell'intero 1976.

 

Collettivizzazione delle terre, gestione operaia delle fabbriche

IL PROLETARIATO SPAGNOLO COSTRUISCE IL COMUNISMO LIBERTARIO

"Il comitato di guerra della Colonna Durruti, tenendo conto delle necessità del popolo, dichiara:

  1. Considerando la mietitura come qualcosa di sacro per i lavoratori e la causa antifascista, i lavori per il suo adempimento siano effettuati senza indugio
  2. Quello che è in possesso dei proprietari fascisti diventi proprietà del popolo sotto diretto controllo di detto comitato
  3. A datare da questa pubblicazione è abolito il possesso privato delle grandi proprietà che diventano proprietà del popolo nel tenore e nella forma che deciderà il comitato del popolo
  4. Tutti gli strumenti di lavoro: trattrici, trebbiatrici, etc. dei proprietari fascisti sono dichiarati patrimonio popolare sotto il controllo della rappresentanza popolare di detto comitato."

(Proclama della Colonna Durruti a Bujaraloz dell'11/08/1936 tratto da "Guerra di Classe" del 09/10/1936)

Nel 1936 la CNT, organizzazione di massa del proletariato, getta le basi concrete nelle zone dove più forte è la sua influenza, per un processo rivoluzionario che, partendo dalla gestione diretta delle fabbriche da parte della classe operaia, dalla collettivizzazione delle terre e dei mezzi di trasporto, possa arrivare all'edificazione internazionale del comunismo libertario mediante la gestione diretta del potere da parte del proletariato riunito nei suoi Consigli.

L'esperienza del 1936-1937 fu molto significativa in quanto continuò nella realtà l'esperienza già iniziata nella Russia rivoluzionaria mediante la costruzione dei Soviet operai e contadini. Ma a differenza della Russia non c'era in Spagna un forte partito leninista (il PCE nel momento di maggiore forza, facendo entrare principalmente strati del ceto medio e della borghesia non poteva contare nel 1936 che 150.000 aderenti) capace di strumentalizzare le esigenze delle masse per le sue mire di potere e quindi per incanalare il processo rivoluzionario verso deviazioni verticistiche e antioperaie, ma c'era invece un proletariato forte e cosciente che con la LOTTA DI CLASSE difendeva i suoi interessi storici e immediati attraverso la sua UNITA' e la sua AUTONOMIA organizzandosi nella CNT.

Le fabbriche (specie quelle di Barcellona, il più grande centro industriale) dopo i fatti del 19 luglio restarono completamente in mano alla classe operaia che cominciò immediatamente a organizzarsi creando una serie di strutture di base in ogni posto di lavoro.

Vennero istituite delle commissioni di operai responsabili di fronte all'assemblea generale di tutti i lavoratori della fabbrica. Questo mentre determinati tecnici in stretto contatto con il parere delle maestranze operaie tendevano a pianificare il più possibile la produzione.

La mancanza di materie prime, gli sbocchi chiusi per i prodotti delle fabbriche autogestite riguardo i mercati interni (molti dei quali controllati dai fascisti) resero molto difficile l'esperienza della collettivizzazione delle industrie. A ciò si deve aggiungere l'opera boicottatrice del governo centrale che negava alle fabbriche i fondi necessari.

La classe operaia per difendere i suoi interessi, reagì con molta decisione di fronte agli ostacoli sorti: la produzione si orientò a una maggiore razionalizzazione del lavoro, le piccole officine e le fabbriche che si dimostravano antieconomiche vennero chiuse e gli operai che vi lavoravano venivano impiegati in settori più produttivi. Ci si orientò anche verso una produzione di materiale bellico in quanto le maggiori industrie del settore erano nel territorio in mano ai fascisti, si riuscì a creare una industria chimica e per la prima volta in Spagna si riuscì a costruire automobili e autocarri.

Il processo rivoluzionario di collettivizzazione portato avanti dal proletariato urbano catalano non si esaurì nella sola gestione operaia dell'industria ma coinvolse tutti i settori lavorativi della città: le ferrovie, i telefoni, il gas, l'elettricità, le tipografie, etc., furono poste sotto il controllo proletario entro 48 ore dal fallito colpo di stato fascista a Barcellona; tutti i servizi funzionarono molto meglio di prima.

Si formò un "Collettivo dei Panettieri" con l'incarico di fornire il pane a tutta la popolazione lavorativa e alle loro famiglie; negozi, caffè e perfino i lustrascarpe vennero collettivizzati. In sostanza un processo realmente comunista coinvolse l'intero proletariato.

Si creò una reale UNITA' DI CLASSE al di sopra di qualsiasi divisione ideologica che la borghesia si era sempre sforzata di creare per dividere il proletariato.

Importanti esperienze della collettivizzazione furono inoltre:

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La collettivizzazione agraria e industriale nelle regioni spagnole

  • ARAGONA 400 collettivizzazioni agrarie
  • LEVANTE 900 collettivizzazioni agrarie - 70% dell'industria
  • CASTIGLIA 300 collettivizzazioni agrarie - una parte dell'industria
  • ESTREMADURA 30 collettivizzazioni agrarie
  • ANDALUSIA mancano i dati
  • CATALOGNA 40 collettivizzazioni agrarie - tutta l'industria e i mezzi di trasposto

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Le collettività agricole vennero strutturate coordinando rigidamente la produzione e gli scambi, questo per non staccare l'agricoltura da tutto il processo rivoluzionario che investiva anche le città e il settore industriale, inoltre per non permettere il crearsi di collettività ricche e collettività povere. Per questo i lavoratori ebbero tessere uniche sia come "produttori" che come "consumatori".

Ciò impediva il formarsi di strati tipici generati dall'economia borghese, cioè di contadini-capitalistici in contrapposizione di altri che un processo di proletarizzazione costringeva a essere espulsi dall'agricoltura.

Le collettività venivano unificate regionalmente e nazionalmente, formando una vera e propria libertaria Repubblica Consigliare in cui il potere, la produzione, e la pianificazione restavano nelle mani di tutto il proletariato.

Le comunità realizzarono inoltre l'unità di tutto il proletariato al di là delle divisioni politiche: spessissimo gli stessi contadini della UGT, nonostante il sindacato si opponesse alle collettivizzazioni, lavorarono a fianco dei contadini della CNT, questo perché l'espropriazione dei grandi proprietari fondiari e la gestione comune delle terre erano l'interesse di tutto il proletariato delle campagne, sia se aderisse al sindacato libertario sia ad altre forze politiche sia se non aderisse a nessun partito o sindacato.

 

Anche nelle campagne come nelle fabbriche si realizzava l'unità e l'autonomia di tutto il proletariato

Da "Guerra di Classe" organo della sezione italiana CNT-USI-AIT dell' 01/01/1937 riportiamo il seguente articolo che ci mostra come nelle realtà locali, venivano attuati processi di collettivizzazione unitari tra Sindacato Rivoluzionario e la base dell'UGT; l'articolo si riferisce a una collettivizzazione dell'industria delle olive.

"... la CNT e la UGT, secondo il patto ultimamente concluso hanno stabilito un progetto di socializzazione per la provincia di Lerida. Il Comitato di Relazioni Contadine di Lerida, di comune accordo con il delegato CNT alle requisizioni, ha preso possesso delle fabbriche di olio di Giuseppe Guiu, Di Pietro Porres e di Salvatore Jovè allo scopo di socializzarle. Si tratta anzitutto di coordinare i differenti sindacati e comitati interessati a questa industria.

I sindacati e le cooperative contadine della CNT si misero in relazione con le sezioni sindacali di officina della UGT per giungere ad una intese circe il trattamento delle olive, con la possibilità di controllare il lavoro eseguito nelle officine.

Consultati e dovutamente informati i lavoratori dell'industria della macinazione delle olive decisero di sottomettere all'insieme delle organizzazioni interessate le conclusioni che raggruppate in una serie di articoli definiscono la linea di condotta da tenere:

  1. In cambio degli oli forniti, le differenti cooperative e servizi competenti dei Consigli di Economia e della Generalità procureranno ai lavoratori i salari, certi prodotti e delle forniture alimentari.
  2. Il controllo sarà effettuato da un certo numero di delegati della CNT e della UGT. E' ammesso il principio della parità. Presiederà il Comitato di Relazione Contadine (CNT).
  3. Dei crediti saranno demandati per facilitare la messa in marcia dell'industria e permettere di trovare mercati, sia per scambi contro denaro e sia per scambi contro generi alimentari: grano, foraggio, etc.
  4. I lavoratori saranno pagati al salario unico di 70 pesetas la settimana; 10 pesetas saranno rimesse alle casse di guerra.
  5. In ogni officina sarà reso funzionante un Consiglio d'Impresa controllante l'andamento dell'officina.
  6. Secondo la loro antecedente attitudine, gli antichi proprietari saranno utilizzati come tecnici o semplicemente espulsi dall'officina.
  7. Tutto quello che non è stato previsto dovrà essere oggetto di studio nelle assemblee generali.

Gli ostacoli posti alla collettivizzazione da parte dei vertici dei partiti riformisti e interclassisti: repubblicani, socialisti, comunisti-stalinisti, sindacalisti riformisti e per un certo tempo anche poumisti, trovarono validi alleati da parte di tutti quegli strati di contadini piccolo proprietari che per difendere i loro privilegi borghesi (cioè la loro piccola proprietà terriera) fecero di tutto per impedire la collettivizzazione delle loro terre, e per questo entrarono spesso nei partiti o nel sindacato socialista-comunista che coerentemente con la loro linea opportunista ed interclassista si dichiaravano difensori delle piccola e media proprietà borghese.

L'esperienza comunista libertaria delle collettivizzazioni finì quando si scatenò addosso un'unica tremenda repressione. La politica di Stalin e del PCE e quella dei socialisti riformisti, ostili al processo di autogestione e collettivizzazione, portò ad una serie di attacchi frontali alle comunità rivoluzionarie.

Squadre di stalinisti si infiltrarono nelle collettività con l'ordine di penetrare nelle organizzazioni agricole per impadronirsene e distruggerle.

Contemporaneamente 3 divisioni staliniste tolte dal fronte di Madrid e guidate dal generale Listeer cominciarono la sistematica distruzione delle collettività: i contadini più attivi vennero uccisi o incarcerati assieme agli esponenti rivoluzionari.

Il governo invece si impadronì dei magazzini dei viveri, mentre gli attrezzi e le bestie furono date ai contadini piccoli e medi che non avevano collettivizzato.

I fascisti, quando invasero le regioni in man ai proletari, dettero il colpo di grazia e distrussero completamente le collettività agricole, mentre finirono nella repressione più violenta le esperienze di gestione operaia delle industrie e dei mezzi di trasporto."

POBLA

Pobla è un villaggio catalano di 800 abitanti in cui dal 19 luglio del 1936 è sparita la borghesia. Il 20 settembre si diede il via alla collettivizzazione basata su: aiuto mutuo nel lavoro, assistenza mutua, emancipazione economica e culturale. Su 170 famiglie, 158 parteciparono alla collettivizzazione agraria; le 12 famiglie refrattarie lavorarono la loro terra ma senza impiegare manodopera salariata e contribuendo alle spese dei lavori pubblici, della pubblica assistenza, dei lavori pubblici, della guerra civile e della cultura.

(...) è stato costruito un grande deposito d'acqua, opera di due specialisti del cemento armato forniti dalla CNT di Barcellona e dalla mano d'opera locale.

(...) i salari sono nominali e proporzionali. In una settimana, un lavoratore isolato percepisce il diritto ad acquistare alla cooperativa per un valore di 7 pesatas mentre due lavoratori della stessa famiglia per 12 pesetas. E così di seguito. Tre lavoratori della stessa famiglia per 15 pesetas, 4 per 20 pesetas, 5 per 25 pesetas, 6 o più per 30 pesetas.

A chiarire che cosa sia la spartizione nominale del profitto valga questo esempio: Pobla fa un raccolto di olive di 350.000 kg che venduti a 2.20 pesetas al kg danno 770.000 pesetas. Ogni collettività avrà soltanto in olio, diritto ad avere un migliaio di pesetas; ossia avrà diritto ad avere alimenti, manufatti, etc. per un valore di un migliaio di pesetas (...).

SADURNI' de NOYA

Sadurnì de Noya è un grosso centro vinicolo della Catalogna. Gli esosi proprietari (...) della Cordoniu, allo scoppio della rivoluzione si rifugiarono in Italia e i 194 dipendenti; tecnici ed operai hanno continuato a produrre in regime di collettivizzazione, patrocinati dalla CNT (...).

(...) sono applicate le seguenti riforme: settimana di 40 ore e unificazione dei salari, in attesa di passare al salario familiare.

(...) un atelier di modisteria è stato collettivizzato come egualmente le aziende edili, carpentiere, e una importante officina meccanica occupante un centinaio di operai. (...) il municipio ha dato e dà incremento alla istruzione pubblica, della quale è dirigente un maestro anarchico (...). E' interamente sparita la grossa e media borghesia, mentre la piccola sta amalgamandosi, sotto l'influsso dell'ambiente e la pressione economica, con la classe operaia e contadina.

C. Berneri

N.B. questi due articoli sono stati tratti dalle pagine di Guerra di Classe del 26/07/1937, a dimostrazione di come procedeva la realtà delle collettivizzazioni agricole e industriali in alcune delle zone sotto il controllo della CNT.

 

Stalin, la politica del partito comunista spagnolo e di quello socialista

"in quanto alla Catalogna, l'eliminazione dei troskisti e degli anarcosindacalisti è cominciata: essa sarà condotta con la stessa energia con la quale fu condotta in Russia" (Pravda 16/12/1936)

Prima delle elezioni del febbraio del 1936 i membri del PCE (partito comunista spagnolo) erano sui 3000. in quindici anni di vita questo partito non era riuscito a conquistare che spazi limitatissimi tra il proletariato (se non nelle Asturie e a Siviglia). Al contrario i socialisti riformisti che controllavano da tempo il secondo sindacato spagnolo: l'UGT, potevano contare su un più reale ed omogeneo radicamento all'interno della classe operaia, anche se come abbiamo visto nel capitolo precedente spesso la stessa base dell' UGT prendeva come punto di riferimento le indicazioni rivoluzionarie della CNT e i proletari dei due sindacati si trovarono insieme a difendere, nelle collettivizzazioni e nelle fabbriche autogestite, gli stessi unitari interessi di classe sfruttata.

Il PCE fino al 1934 segui la linea rigorosamente settaria (tra l'altro aperta ostilità nei confronti dei socialisti) disprezzando alleanze o convergenze con gli altri partiti. Dopo il patto tra Francia e Russia i partiti comunisti della III Internazionale abbandonarono tale tattica e in Spagna come in Francia appoggiarono la creazione dei Fronti Popolari. Il programma del Fronte Popolare spagnolo era assai mite tanto che anche la proposta dei socialisti (il PSUC era il partito più grosso dell'area socialista) di nazionalizzare le terre venne scartata perché avversata dai repubblicani.
Stalin, che già prima della guerra civile per precisi interessi economici aveva boicottato gli scioperi dei minatori spagnoli inviando il carbone indispensabile al governo e ai capitalisti, in quel periodo era ansioso di farsi alleati in occidente e di dimostrare che la Russia stessa era un'alleata desiderabile, che aveva posto fine ai suoi sussulti rivoluzionari; tutto questo spiega la svolta del PCE e degli altri partiti comunisti europei.

Nelle elezioni del '36 al PCE furono dati 16 seggi, veramente sproporzionati rispetto ai suoi membri. Nei mesi che precedettero il colpo di stato di Franco il PCE, proprio per tali carenze numeriche, aveva cercato con ogni mezzo di aumentare i propri iscritti. Per fare questo si infiltrò tra le file dei socialisti scegliendo quei luoghi dove i socialisti erano più retrivi perché la maggioranza dei proletari aderiva alla CNT. In Catalogna il PCE si fuse con i socialisti formando il PSUC (partito socialista unificato catalano). Questa fusione favorì in primo luogo il PCE che nella zona non contava più di 200 aderenti mentre ben diversa era la forza dei socialisti.

Ma la vera politica del PCE era rivolta ad assicurarsi l'appoggio dei ceti medi e di quelli strati che avversavano la collettivizzazione da una parte (che toglieva loro bene in favore dell'egualitaria ripartizione comunista portata avanti dalla CNT) e dall'altra non si riconoscevano nel blocco capitalista (agrari e grande borghesia) che per ben più vasti e generali interessi economici e politici appoggiavano la falange. Questa linea portò il PCE e gli altri partiti riformisti del Fronte Popolare a mediare interessi contrapposti (degli operai e dei ceti medi), mediazioni inconciliabili che inevitabilmente andavano a tutto svantaggio del proletariato e dei suoi interessi autonomi necessariamente del tutto contrari a quelli della piccola e media borghesia.

Il PCE in questo periodo, grazie alla sua politica, aumentò di molto il numero dei suoi aderenti (150.000 nel 1937) entrando al suo interno dei settori del ceto medio, piccoli proprietari, bottegai, intellettuali borghesi e in una certa misura anche impiegati.

Dopo l'accettazione da parte della Russia del trattato di non intervento e l'attività del PCE, tesa ad ostacolare l'espropriazione di terre e di fabbriche da parte dei lavoratori e la creazione di Milizie Operaie (il PCE infatti appoggiava la ripristinazione dell'autorità centrale del governo per la formazione di un regolare corpo di polizia e gendarmeria), la popolarità del partito comunista fra il proletariato non aveva di certo avuto un incremento.

Quando Stalin intervenne in Spagna non fu certo per difendere gl'interessi della classe operaia, bensì per consolidare la posizione russa nella politica internazionale, essendo anche spinto dalla paura dell'isolamento.

Allorché fu sicuro che Franco non sarebbe riuscito a vincere con facilità, intervenne. Il suo proposito era includere la Spagna nella sfera del Cremlino, ciò gli avrebbe permessi di rafforzare i legami con Parigi, Londra e Berlino. Stalin mandò in Spagna non più di 2.000 uomini, tutti esperti, tecnici militari, agitatori politici e membri della polizia segreta russa (CEKA).

Per il combattimento organizzò le Brigate Internazionali, composte da uomini provenienti da tutti i paesi, tranne che dalla Russia. Non solo non mandò uomini a combattere ma si assicurò che il suo intervento fosse pagato in anticipo (al prezzo di 500 tonnellate d'oro della Banca Spagnola). Un dirigente russo andò a maneggiare le questioni finanziarie e politiche spagnole del governo repubblicano e uno fu messo a governare l'esercito. Stalin si preoccupò anche che le Brigate Internazionali fossero controllate da dirigenti del governo russo, che il 90% di tutti i posti importanti del dipartimento della guerra fossero assegnati ai suoi uomini e che la maggior parte dei commissari politici dell'esercito repubblicano fossero membri "sicuri" del partito comunista.

Dal canto loro i socialisti spagnoli non ostacolarono la linea di Stalin e del PCE, anzi la politica anti-collettivizzazioni trovò per la maggioranza dei casi perfettamente "allineati" i vertici del partito socialista che ha avuto la sua grossa parte di gravi responsabilità nella lotta interna al Fronte Popolare per eliminare le esperienze rivoluzionarie, autogestionali e comuniste portate avanti dai proletari della CNT.

Per quanto riguarda i partiti minori dell'estrema sinistra, a parte una piccola organizzazione troskista e alcuni gruppi locali, l'unico partito di una certa consistenza (specie in Catalogna) era il POUM (partito operaio unità marxista) che nel 1936 contava dai 20.000 ai 25.000 aderenti; la sua linea politica si spostò rapidamente su posizioni favorevoli alle esperienze rivoluzionarie dopo che fu costretto all'opposizione ed espulso dal governo della Generalità (ancora nel giugno del 1937 un manifesto della sezione aragonese del POUM attaccava duramente la collettività).

Questo partito, al pari degli altri raggruppamenti minori dell'estrema sinistra, fu fatto oggetto a una dura repressione da parte degli stalinisti che tacciandolo di "troskismo" (mentre in realtà il POUM non si può definire un partito troskista) montarono una grossa campagna di diffamazione presentando il POUM come un partito di provocatori.

 

C.N.T.: Organizzazione di massa del proletariato
F.A.IBERICA: Organizzazione specifica

"Noi non andiamo in cerca né di medaglie né di onori, non domandiamo posti da deputati o da ministri. Quando avremo vinto, torneremo alle fabbriche e ai banchi artigiani da cui siamo venuti, tenendoci lontani dalle cariche di capi per la cui abolizione abbiamo tanto lottato. E' nelle fabbriche e nelle miniere che si creerà il vero esercito per la difesa della Spagna."
(B.Durruti, da Solidarietà Operaia, quotidiano della CNT, 12-09-1936)

La CNT (Confederación Nacional del Trabajo) fu l'organizzazione di massa che il proletariato spagnolo si costruì per rappresentare i suoi interessi immediati e storici. Questo sindacato nacque nell'ottobre del 1910 a Siviglia e si richiamò ai principi del pieno potere assembleare, all'azione diretta e a una struttura rigidamente orizzontale al suo interno rifiutando in pratica il tipico modello del sindacato riformista o marxista-leninista e la prassi della burocratizzazione interna e della contrattazione di vertice. Nel 1923 la CNT, dopo aver rifiutato di continuare a partecipare alla III internazionale in mano ai bolscevichi, aderisce e diventa parte centrale dell' AIT (Associazione Internazionale dei Lavoratori), questo organismo internazionale del proletariato (continuazione storica della linea espressa dalla I internazionale) raggruppava tutti i sindacati e le organizzazioni di massa del mondo che si richiamavano ad una reale matrice rivoluzionaria, consigliare e assembleare. La parola d'ordine lanciata dall'AIT racchiudeva in sintesi il suo programma e i suoi scopi: "la liberazione della classe lavoratrice deve essere l'opera dei lavoratori stessi!" una linea, quindi, essenzialmente anti-burocratica e anti-verticista e saldamente articolata su un'intransigente posizione di classe. All'AIT oltre che la CNT parteciparono molti sindacati anarcosindacalisti e rivoluzionari tra cui l'USI in Italia, la CGT in Portogallo, l'IWW negli Stati Uniti, la FORA in Argentina, ecc, e si può dire che nel corso degli anni venti e degli anni trenta l'AIT ebbe un ruolo notevole nella lotta di classe internazionale.

Una linea rigidamente basata sulla difesa degli interessi di classe del proletariato, un'organizzazione non verticistica realmente espressione diretta del proletariato, un ferreo rispetto delle decisioni assembleari da parte di tutti i lavoratori, furono questi i principali fattori che permisero alla CNT di svilupparsi enormemente negli anni trenta e di diventare il primo sindacato (per numero d'iscritti e influenza sulla massa) della Spagna, di gran lunga maggiore dell'UGT legata come "cinghia di trasmissione" agli interessi del partito comunista e del partito socialista e che solo nel '38 (dopo l'apertura ai ceti medie l'unione con dei sindacati borghesi) poté contare 1.500.000 aderenti mentre la CNT solo nel '36 poteva contare 1.600.000 iscritti, 2.000.000 nel '37 e 2.600.000 nel 1938.

Un rigido potere decisionale della base presupponeva però una valida struttura organizzativa capace di non disperdere né forze né energie nello scontro di classe contro la borghesia. Quindi i proletari della CNT accettarono ed estesero i principi organizzativi dell'unità strategica dell'organizzazione e della sua omogeneità tattica e quindi del rispetto per tutti delle decisioni prese a maggioranza dopo il più ampio dibattito e la piena partecipazione assembleare dell'intera base (nei limiti del possibile) alla decisione stessa. L'AIT stessa estendeva all'interno delle sue sezioni nazionali questi principi organizzativi.

L'AIT infatti pose come primo punto del suo programma che: "i principi essenziali delle sezioni nazionali devono essere gli stessi in tutti i paesi, le forme di queste organizzazioni devono gradatamente assimilarsi l'una all'altra e i metodi di lotta (nota OAM = la tattica) devono essere elaborati su una base comune affinché, qualora una tale azione si renda necessaria, possa essere costruito un fronte d'attacco effettivo e internazionale". Per la CNT e per l'AIT quindi solo un'omogenea e unitaria linea nazionale e internazionale può garantire uno sviluppo reale e vincente dello scontro di classe tra capitalismo e proletariato.

Nel maggio del '36 si tiene un congresso della CNT a Saragozza, in questa sede il sindacato si definisce un'Organizzazione Comunista Libertaria. Questa decisione, inconcepibile in un altro momento storico (un organismo di massa infatti deve tendere a riunire il proletariato nel suo insieme al di là di qualsiasi scelta ideologica dei singoli militanti) aveva però nella situazione spagnola una ben precisa motivazione: era infatti iniziato in Spagna un processo rivoluzionario che contrapponeva all'interclassismo repubblicano una società realmente comunista (collettivizzazione, autogestione, gestione del potere e dell'economia da parte di tutto il proletariato); cioè in pratica voleva dire che il sindacato era l'organismo di massa che univa il proletariato e costruiva appunto il comunismo, comunismo basato sulla federazione orizzontale di tutti i Consigli Operai e le comunità rurali, senza dirigenze burocratiche e partitiche, quindi un comunismo libertario.

Da qui la decisione presa in quel momento dalla CNT: darsi una ben precisa linea teorica corrispondente a quella che scaturiva dal lavoro collettivista e autogestionario del proletariato. In conclusione il sindacato passava ad essere automaticamente l'organizzazione che il proletariato si era dato (e che si ramificava poi nei mille consigli di fabbrica e collettività agricole) per costruire realmente e definitivamente una società libera e comunista!

La CNT degli anni trenta rimase sempre un' organizzazione del proletariato i cui esponenti più rappresentativi che ricoprirono incarichi dirigenziali furono proletari (perlopiù operai) che venivano scelti in modo assembleare dagli altri proletari che li delegavano a rappresentarli. Se questi non rappresentavano gli interessi di chi li aveva delegati venivano da questi stessi proletari subito sostituiti. Non esistevano quindi nella CNT dirigenti pagati o burocrati vari ma solo operai e lavoratori che le esigenze della lotta di classe quotidiana imponevano a ruoli differenti e più rappresentativi rispetto alla massa di proletari che li delegava. Ma costoro non smettevano mai di essere quello che erano sempre stati: proletari, quindi sfruttati tra gli sfruttati, sia se erano capi militari tra le milizie operaie sia se rappresentavano all'esterno la CNT.

I proletari comunisti anarchici che erano inseriti all'interno della CNT crearono poi un'organizzazione specifica comunista anarchica: la FAI (federazione anarchica iberica) confermando le tesi già delineate da Bakunin durante la I internazionale, dell'esigenza di affiancare all'organizzazione di massa (che in Spagna fu appunto la CNT) un'organizzazione specifica teoricamente orientata in senso comunista anarchico (che in Spagna fu la FAI). La FAI venne strutturata sul modello dell'organizzazione archinovista (anche se ufficialmente i compagni spagnoli restarono al di fuori della polemica scaturita nel movimento anarchico dopo la presentazione della piattaforma del gruppo russo Dielo Truda). Tale piattaforma organizzativa, elaborata da una serie di compagni che venivano dall'esperienza dei soviet russi, dell'insurrezione di Kronstadt e della rivoluzione dell'Ucraina tra cui Machno e Archinov, introduceva come principi organizzativi basilari i concetti di unità teorica e strategia, di omogeneità tattica, responsabilità collettiva e federalismo.

La FAI fu creata dopo che da tempo esisteva e agiva l'organismo di massa (CNT), l'esigenza della sua costruzione venne da quei militanti operai libertari che da tempo svolgevano la loro attività di massa nel sindacato e da quei compagni costretti alla clandestinità e all'esilio e che ugualmente si riconoscevano in una matrice politica specificatamente comunista libertaria. Quindi dalla sua fondazione la FAI frigidamente e correttamente collegata alla CNT in quanto la quasi totalità dei militanti e dei simpatizzanti della FAI erano al tempo stesso (per precisa decisione deliberativa dell'organizzazione specifica) militanti proletari inseriti all0interno della CNT.

Al contrario di qualsiasi rapporto sindacato partito espresso da riformisti, socialisti, socialdemocratici, marxisti-leninisti, ecc. in cui l'autonomia e l'unita dei proletari all'interno dei sindacati erano e sono subordinati alle scelte politiche dei partiti che li dirigono (vedi CGT-PCF in Francia, CGIL-PCI in Italia, UGT-PSUC in Spagna, ecc), per i comunisti anarchici non c'è nessuna interferenza tra l'organizzazione di massa e l'organizzazione specifica, bensì un reciproco e positivo rapporto di confronto dialettico. Questo continuo e proficuo corretto rapporto permise ai compagni libertari spagnoli di respingere ogni tentativo (specie del partito comunista) d'infiltrarsi nel sindacato per dirigerlo verticisticamente secondo la linea del partito, tra l'altro permise sempre l'eliminazione di frange revisioniste e opportuniste createsi in alcuni momenti all'interno della CNT, una frangia espulsa formerà poi il partito sindacalista spagnolo.

La FAI era composta da una serie di sezioni che formavano le federazioni locali, provviste di segreteria con militanti incaricati alla corrispondenza, amministrazione e rappresentanza. Le federazioni locali assieme formavano le federazioni regionali, l'insieme di queste formavano la Federazione Anarchica Iberica.

Nel 1937 la FAI, pur continuando la sua funzione di organizzazione specifica, cercò di ampliare il numero dei suoi tesserati aprendosi il più possibile all'esterno, rinunciò quindi ai gruppi di affinità (per loro stessa costituzione limitativi) organizzando invece i circoli di quartiere e locali aperti alla popolazione che riuscirono ad allargare e diffondere tra il proletariato la linea teorica e strategica dell'organizzazione comunista libertaria; questa mossa ebbe molto successo e la FAI passo da 30.000 iscritti a oltre 150.000 tesserati, inoltre la sua influenza nella realtà e la sua area d'ascolto crebbe notevolmente.

Il non essere un'inefficiente movimento d'opinione (come storicamente molte organizzazioni, che si sono richiamate alla matrice umanista e non di classe di alcuni teorici dell'anarchismo, sono diventate estraniandosi dalla realtà e dalla lotta finendo a propagandare solo astratti e dogmatici "ideali" e antiproletarie teorie interclassiste) ma essere un'organizzazione di proletari legati agli interessi reali della classe lavoratrice, ha permesso alla FAI di radicarsi tra gli sfruttati e di rappresentare l'unica reale alternativa alle forze della reazione da una parte e alla politica dei riformisti e degli stalinisti dall'altra.

 

Il nuovo capitalismo spagnolo

"nella lotta partecipano forze politiche diverse: dai comunisti ai socialisti ai cattolici e a dinamici gruppi industriali e finanziari che considerano la dittatura un freno allo sviluppo economico"
(Dolores Iboruni dalla Pravda)

Con l'apertura del 1959 al capitale straniero tutta una serie di miliardi (sotto forma di investimenti, finanziamenti, ecc.) sono cominciati ad arrivare dai blocchi dell'imperialismo economico mondiale: Stati Uniti in primo luogo, poi dall'URSS e in maniera massiccia anche dai paesi della CEE: Germania, Italia, Francia. Gli investimenti si sono indirizzati principalmente nei settori chimico, automobilistico, alimentare, nel turismo, nel commercio, ecc. il processo di ristrutturazione interna ha coinciso con l'espulsione di una massa di contadini dalle terre, una parte considerevole dei quali è andata a rafforzare la manodopera operaia delle fabbriche dei centri industriali mentre nelle campagne si è sviluppato il fenomeno della proletarizzazione contadina e quindi dei salariati agricoli. Contemporaneamente si è sviluppata la classe media (strati impiegatizi, piccola borghesia autonoma, ecc.).

La nuova situazione economica degli anni sessanta ha in pratica diviso la borghesia spagnola: da una parte le grandi famiglie (spesso d'estrazione agraria) che politicamente hanno sempre trovato nel franchismo e nel movimento falangista il difensore storico dei propri interessi (il 4.14% delle famiglie spagnole ha infatti il 29.88% del reddito complessivo, questo mentre il 25.28% non ha più del 7.18%).

Dall'altra parte c'è il nascente e dinamico neocapitalismo spagnolo che tenta un rilancio industriale delle regioni (come la Catalogna) dove ha i suoi principali interessi produttivi. Chiaramente questo settore (che pur non va preso globalmente risentendo di diverse contraddizioni interne) è più incline ad uno sviluppo politico "democratico" del paese, che permetterebbe una reale integrazione della Spagna nella CEE e quindi crea un aggancio con quelle forze politiche riformiste che in tutto il resto d'Europa stanno portando avanti una politica favorevole alla ristrutturazione del capitalismo, a una sua maggior produttività, al trionfo della pace sociale e all'eliminazione della lotta di classe. Dal canto loro le società multinazionali, e tra queste la FIAT, stanno premendo sui rispettivi governi affinché la Spagna entri nella CEE, questo anche perché rispetto agli altri paesi mediamente industrializzati la Spagna è ancora quello in cui il costo della manodopera risulta più conveniente.

La nuova borghesia tenta inoltre di penetrare con un programma democratico nell'apparato militare e di strumentalizzare per i propri fini i movimenti separazionisti come quello basco e catalano. Il movimento falangista frattanto perde sempre più l'appoggio del ceto medio e venendo meno l'accordo di tutte le frange del capitalismo, vede persino la chiesa (tradizionale pilastro d'appoggio del fascismo spagnolo) non più omogenea al suo fianco. Questo ha portato a divisioni interne all'interno della stessa destra e della falange, infatti anche qui frange più "progressiste" si avvicinano al neocapitalismo e trattano con i partiti riformisti (compresi socialisti e PCE). Intanto le frange più "arretrate" della borghesia finanziano e dirigono gruppi e movimenti fascisti e nazisti che attuano in tutto il paese una forte repressione antioperaia e che tentano di opporsi con tutti i mezzi al processo di "democratizzazione" della politica spagnola.

 

I partiti e le forze sindacali della Spagna d'oggi

La borghesia spagnola quindi (tra tutta una serie di contraddizioni e resistenze interne)sta preparando la definitiva successione "democratica" al regime fascista. Tutta una serie di partiti che in diversi modi si legano ai vari interessi del capitalismo (democristiani, socialdemocratici, partiti di centro e socialisti) sono ormai apertamente riconosciuti dal regime che tenta di rafforzarli per creare fin d'ora un solido schieramento da contrapporre "democraticamente" al movimento operaio, mentre il PCE è mantenuto in semiclandestinità e le forze rivoluzionarie continuano a subire persecuzioni uguali a quelle usate ai tempi di Franco.

Questa "tattica" si ripercuote anche a livello sindacale: l'UGT, praticamente legale, tenta di rafforzarsi per assumente il controllo di gran parte della classe operaia e per succedere al sindacato corporativo del regime fascista, commissioni operaie controllate del PCE e lo stesso partito comunista ricevono intanto grossi aiuti internazionali. Si tenta di impedire invece la ricostruzione delle forze sindacali rivoluzionarie (particolarmente della CNT) e mediante una violenta repressione si tenta di fargli perdere l'influenza nella classe a vantaggio delle forze sindacali riformiste sempre più collegate al regime.

Il PCE cerca a tutti i costi di conquistare un ruolo d'egemonia nel movimento operaio. Per inserirsi sempre più tra i lavoratori (storicamente il PCE non ha avuto rilevanti tradizioni sindacali) tiene aperte tutta una serie di strade (controllo delle commissioni operaie, sindacato unico, unificazione del sindacato unico con l'UGT). Il tentativo di creare una centrale sindacale unica (CSU) trova l'approvazione incondizionata di gruppi della sinistra che, come i troskisti, pensano che l'unità "organica" del movimento operaio è il miglior mezzo di "strumentalizzazione" dei lavoratori a beneficio delle "avanguardie" politiche.

A livello generale il PCE s'allinea (anche se con caratteri diversi) con il blocco dell'"eurocomunismo"(PCI italiano, PCF francese e in certa misura il PCP portoghese) e con le scelte economiche di fondo di questi partiti (alleanze con i ceti medi, con la parte produttiva della borghesia e con le sue forze, programmi di rilancio dell'economia nazionale, ecc.) nonché con le scelte politiche (indipendenza d'azione rispetto all'URSS ma mantenimento dei legami politici economici) e teoriche (progressiva revisione dei principi marxisti e leninisti). Queste scelte hanno determinato tutta una serie di "convergenze" del PCE con forze politiche e settori economici spagnoli, ma hanno anche trovato l'aperta ostilità di forze e schieramenti opposti che vanno dall'estrema destra a partiti cattolici e socialdemocratici che hanno strategie economiche e politiche diverse da quelle del PCE.

Il PSOE (partito socialista) è il rappresentante del vecchio partito socialista della guerra civile, ha subito nel corso degli anni una serie di frantumazioni che hanno portato alla creazione del PSP e di tutta una serie di realtà regionali socialiste e di piccoli gruppi che agiscono autonomamente dal PSOE.

In pratica il PSOE (a lungo ostile al PCE) ha preferito una politica di vertici, di alleanze e "convergenze" con i partiti della borghesia (insieme all'UGT ha creato una "piattaforma di convergenza democratica" con socialdemocratici, democristiani e monarchici carlisti) a un reale inserimento nel proletariato in difesa dei suoi interessi, questo nonostante controllasse l'UGT che ha un certo seguito nella classe operaia.

Per quanto riguarda la democrazie cristiana spagnola essa ha in questo paese un notevole groviglio di correnti: l'ala sinistra e l'ala destra sono le più importanti, inoltre al suo centro si potrebbero collocare alcune frazioni dei movimenti separatisti (nazionalisti baschi e catalani). Come è loro consuetudine (vedi i democristiani cileni e italiani) i democristiani spagnoli rappresentano un valido alleato del regime e del capitalismo, la loro politica è ancora una volta strettamente antioperaia e favorevole agli interessi delle varie frange della borghesia che le varie correnti rappresentano.

L'estrema sinistra marxista in generale non è molto radicata nel movimento di classe e per molti aspetti è l'equivalente di quella francese e italiana: va cioè da un neoistituzionalismo e un ferreo verticismo di alcuni gruppi allo spontaneismo e all'avventurismo di altri. Esistono alcuni partitelli maoisti, i principali dei quali sono l'ORT (organizzazione rivoluzionaria dei lavoratori) e il PT che fanno in genere a gara col PCE per un controllo verticista e burocratico di alcune commissioni operaie.

Vi sono poi gruppi minori come Bandiera Roja, il MCE (che sta operando una sensibile svolta a destra), l'OIC (organizzazione della sinistra comunista) e in fine i piccoli gruppi troskisti. Oltre a questi vi sono poi i gruppi dediti alla lotta armata come il FRAP (marxista-leninista), spesso questi gruppi non hanno un reale legame col movimento operaio e le sue lotte e la provenienza dei suoi militanti è studentesca e intellettuale piccolo borghese, questo fa si che le azioni (spesso a livello individualista e senza nemmeno un'adeguata copertura militare) si esauriscono nel giro di breve tempo e spesso servono solo ad accelerare una repressione contro tutto il movimento operaio.

 

La ricostruzione della CNT

L'esigenza primaria del proletariato spagnolo è, essenzialmente, quella di riuscire a costruire un forte e potente organismo rivoluzionario di massa che sappia difendere i suoi interessi e che sia gestito dai proletari in prima persona, senza strutture burocratico-verticistiche. Questa esigenza trova però opposizione nei disegni del padronato, che si fa scudo dell'apparato statale monarchico, il quale, pur compiendo un lento ma graduale processo di "democratizzazione", si presenta sempre con il suo solito carattere antioperaio e repressivo.

Come abbiamo visto tale processo ha aperto nella scena politica spagnola una serie di conseguenze nell'ambito dei partiti e delle forze sindacali democratiche:

  1. L'apparato statale ha in pratica reso legali tutta una serie di partiti riformisti che hanno legami con varie frange della borghesia (a tali forze sono legati diversi sindacati tra cui l'UGT)
  2. Le commissioni operaie, nate durante la lotta degli anni sessanta per reali esigenze d'autonomia e di'autorganizzazione proletaria, stanno assumendo un aspetto sempre più verticista sotto il diretto controllo del PCE che presto potrebbe anche fare a meno degli stessi per controllare, senza per altro cambiare le strutture sostanziali, l'unico sindacato nazionale verticista, come è già accaduto in Portogallo per il PCP portoghese.

Da questa situazione risulta che il proletariato deve organizzarsi autonomamente per difendere i propri interessi; a questo proposito settori della classe operaia stanno tentando la ricostruzione della CNT; ma essendo la CNT ml'unico sindacato costretto realmente e ufficialmente alla clandestinità ed a subire continui arresti e persecuzioni, è molto difficile per i suoi iscritti estendere l'organizzazione.

Quindi è necessario che tale sindacato rivoluzionario e di classe possa al più presto agire alla luce del sole per difendere gli interessi del proletariato e per dargli una valida struttura organizzativa!

Già a Barcellona la CNT ha 10 sezioni di mestiere ed è particolarmente presente tra i lavoratori telefonici e delle industrie metalmeccaniche; è presente anche a Valencia, Cartagena, Alicata e Madrid (dove ha 21 gruppi di operai, soprattutto edili), nelle Asturie, a Valladolid e in Andalusia.

La CNT non vuole essere lo specchio di quella che fu nel '36 ma si vuole adattare alle esigenze politico-economiche di oggi. Gli aderenti alla CNT ritengono che per gli attuali interessi del proletariato spagnolo sia essenziale dare preminenza alla costruzione dell'organizzazione di massa e gettare delle solide basi per poi costruire anche una forte organizzazione specifica.

A tutto questo ci sono vari impedimenti, che non vengono solo dalla repressione di regime ma anche dallo stesso movimento anarchico (spagnolo e internazionale): nel movimento anarchico spagnolo ci sono frange, composte in prevalenza da studenti, intellettuali, ecc., le quali, seppur di minima entità, premano affinché si crei prima l'organizzazione specifica e quindi quella di massa; a livello internazionale poi (Francia, Italia, ecc) esistono frange del "movimento anarchico" che spingono verso una scelta umanista e non di classe del movimento libertario spagnolo.

In realtà la non immediata ricostruzione dell'organizzazione di massa (CNT) su scala nazionale agevolerebbe le manovre padronali che trarrebbero estremo vantaggio da ritardo della formazione di un sindacato rivoluzionario e di classe come la CNT!

 

Lotta di classe internazionale del proletariato

Classe operaia spagnola, classe operaia italiana unica lotta internazionale contro il capitalismo!

La linea adottata da nuovi settori della borghesia spagnola ha portato al proletariato sempre più licenziamenti di massa in favore di una sempre maggiore qualificazione e specializzazione del personale, un aumento sempre continuo dei prezzi di prima necessità, proporzionalmente all'aumento dei prezzi sempre più bassi salari e una sempre maggiore diminuzione del reale potere d'acquisto del salario operaio, un maggior supersfruttamento e una più alta nocività in fabbrica.

D'altra parte le altre forze capitaliste, le grandi famiglie, ecc. hanno continuato ad accumulare capitali su capitali sulla pelle di milioni di lavoratori.

A tutto questo ha corrisposto però una sempre maggior combattività e organizzazione della classe operaia spagnola che ha esteso sempre più la lotta per la difesa dei suoi interessi immediati e storici. Accanto alla lotta contro il carovita, per forti aumenti salariali (lotta dalle fasi di scontro malto alte e che sta unificando settori diversi del proletariato: operai, disoccupati, braccianti, casalinghe, ecc) vi sono state lotte contro i licenziamenti, i turni e i ritmi massacranti, la nocività in fabbrica e in miniera, ecc.

Queste lotte sono state poi unificate da una generale lotta sia contro il fascismo e quindi contro i governi della destra (monarchica e falangista) sia contro i piani che mirano alla futura edificazione di una democrazia borghese che egualmente continuerebbe lo sfruttamento della forza lavoro operaia e assicurerebbe sempre il potere della classe dominante.

Le lotte, che hanno avuto una risonanza internazionale, hanno interessato tutti i lavoratori spagnoli (basta guardare alcune delle tante lotte di questi ultimi anni riportate sul "quadro storico" all'inizio di questo documento): dai minatori agli operai dei cantieri navali, delle piccole, medie e grosse fabbriche, dagli edili ai braccianti. Spesso le lotte sono proprio scoppiate in quelle aziende a capitale straniero: come la SEAT di Barcellona (capitale italiano FIAT), l'Olivetti di Barcellona, la Siemens sempre di Barcellona, la Pirelli di Manresa (tutte a capitale italiano), alla Fasa-Renault (capitale francese), ecc. sempre più spesso gli scioperi si sono estesi ed unificati e dal limite territoriale hanno poi interessato l'intero settore industriale (es: tutto l'intero settore metalmeccanico spagnolo, o quello delle costruzioni, ecc.). A queste lotte si sono affiancate dimostrazioni ed azioni di massa contro il carovita e gli aumenti dei prezzi da parte delle donne proletarie, tra l'altro la disoccupazione in Spagna colpisce soprattutto la forza lavoro femminile (settore tessile e farmaceutico). Con salari molto bassi solo il 25% delle donne è occupato. Esiste persino un "premio per la disoccupazione", soldi che prende chi si sposa rinunciando però al lavoro (la donna in Spagna per lavorare, come per molte altre cose, deve avere il permesso scritto del marito).

Notevole impulso ha poi avuto anche la richiesta, partita dalla base operaia, per la ricostruzione dell'organizzazione di massa del proletariato, che permetta di gestire direttamente lo scontro di classe e battere chi vuole, in nome di interessi e convergenze "nazionali" portare avanti una linea essenzialmente interclassista e verticista che vuol far coincidere gli interessi degli operai con quelli dei loro sfruttatori, con quelli della vecchia borghesia. Abbiamo già visto nei precedenti capitoli come sia in atto, a questo proposito, il tentativo di ricostruzione del movimento anarcosindacalista che dovrebbe riesprimersi nella creazione di un forte e unitario sindacato rigidamente classista e rivoluzionario.

Abbiamo infine visto come il capitalismo non si muova mai per proprio conto in una singola nazione, ha invece sempre avuto un'unità di azione e di sviluppo con le diverse frange del capitalismo mondiale (USA, URSS, CEE, nuove borghesie nazionali, ecc.); lo stesso sviluppo delle multinazionali, i rapporti esportazioni importazioni, l'incidenza degli investimenti e dei finanziamenti stranieri nei vari paesi ci dimostrano che il capitalismo si muove su basi internazionali a seconda delle sue esigenze e delle fasi di scontro dei blocchi al suo interno. Lo stesso tentativo di allineamento della Spagna alla CEE, le lotte condotte dai proletari italiani e da quelli spagnoli contro in pratica gli stessi padroni e la stessa società capitalistica multinazionale, ci mostrano come sia indispensabile un aggancio reale tra le lotte condotte nei vari paesi europei e in quelli mondiali, gli stessi interessi che hanno fatto scendere in piazza contro il carovita gli operai spagnoli e quelli polacchi, che hanno fatto lottare contro i licenziamenti e per gli aumenti salariali i lavoratori italiani, gli emigranti in Germania come i proletari portoghesi e spagnoli, devono dar vita alla creazione di un unico:

FRONTE INTERNAZIONALE DI LOTTA CONTRO IL CAPITALISMO

Per la creazione, ovunque, di strutture di base unitarie e autonome del proletariato.

Per un'unica lotta alla borghesia, per combattere il carovita, per impedire i licenziamenti, la cassa integrazione, la nocività in fabbrica, ecc. occorre l'unità di tutto il proletariato.

PER UNA SOCIETA' SENZA PIU' CLASSI

PER LA SCOMPARSA DEFINITIVA DEL CAPITALISMO

PER L'UNITA' INTERNAZIONALE DEI LAVORATORI

PER IL COMUNISMO LIBERTARIO

 

O. A. M. - Organizzazione Anarchica Marchigiana


(Questo documento è stato ciclostilato nella sezione di Ancona dell'O.A.M. in Via degli Orefici n°4 il 15 luglio del 1976. Originale ciclostilato presso il Centro di Documentazione Franco Salomone, Fano.)