Anarchismo e Comunismo libertario

 

Organisation Revolutionnarie Anarchiste - sud

Arles, 1975

 

1. PROUDHON

Con Proudhon un certo tipo di pensiero antiautoritario prende un senso sociale. Proudhon segna il coronamento della filosofia francese uscita dal secolo precedente. Pensiero che si confronta con le influenze ed esperienze pratiche del movimento rivoluzionario del suo tempo. La filosofia francese come materialista, logica e moralista. La Rivoluzione Francese portava potenzialmente un liberalismo ed umanesimo "radicale", gli Utopisti, le prime rivolte ed organizzazioni operaie.

Proudhon è un prodotto delle contraddizioni del suo tempo. Egli segna per altro la prima critica coerente all’ideologia uscita dalla Rivoluzione Francese, ideologia borghese ripresa dal proletariato. A partire da lui, l’iniziativa teorica e pratica nel progetto rivoluzionario passa dall’ala liberale della borghesia al proletariato. Un abbozzo di visione rivoluzionaria: antiautoritarismo, antistatalismo, antigerarchia, anticlericalismo che non sono il negativo degli aspetti in contraddizione dell’ideologia della borghesia e della sua pratica (sfruttamento). Un aspetto che si vuol costruire (autogestione e federalismo) che non è che l’applicazione economica e sociale di un concetto morale.

Come potenziale ed innata nell’uomo, questa morale è un fine ed il motore... E le trasformazioni sociali sono necessarie ed ineluttabili in funzione di questa idealizzazione preesistente. Questa nuova morale guida le trasformazioni necessarie e queste trasformazioni devono condurre a questa morale. E’ questo che spiega quel che manca del tutto di coerenza nel progetto rivoluzionario.

Profondamente idealista, egli nega la strategia (come arrivare all’Anarchia) a favore di constatazioni empiriche, falsa le leggi e gli strumenti di analisi della società per mancanza totale di conoscenza della natura dialettica dei suoi movimenti, delle sue contraddizioni e rapporti di forza. Non conseguente (antiparlamentarismo) ed ingenuo (Banca del Popolo, possibilità di cellule libere nel sistema), il suo progetto non raggiungerà il livello di uno strumento scientifico, anche grossolano; per non parlare dei suoi elementi razzisti e misogini. La sua filiazione si radicalizzerà (mutandosi) e diverrà bakuninista, soprattutto si scrollerà del riformismo, del mutualismo, ecc.

In qualche modo, l’apporto della dialettica hegeliana a questo collettivismo un po’ primitivo darà le idee bakuniniste anarchiche. La sintesi del materialismo meccanicistico francese e dell’idealismo dialettico tedesco indurrà una critica ed una teoria rivoluzionaria più coerente: la dialettica materialista.

Ma fino alla I Internazionale, le idee proudhoniane sono dominanti nel movimento operaio. La continuità storica resterà sulla base del primo merito di Proudhon: la rottura con la borghesia e la sua ideologia, la separazione, l’autonomia operaia.

 

2. LA PRIMA INTERNAZIONALE

Dal 1860 il movimento operaio critica Proudhon.

Il movimento proudhoniano si evolverà in gran parte verso un mutualismo riformista, il rispetto della proprietà privata, il rigetto della rivoluzione. La regressione, il frazionamento, le differenze di una nuova coscienza, l’importante rimescolamento delle idee, non ci possono far parlare prioritariamente di movimento operaio. Non ci sono sindacati, né partiti politici. Concezioni chiare sugli uni e sugli altri non appariranno che più tardi.

I raggruppamenti proletari variano dalla semplice cassa di aiuto (resistenza) al circolo operaio che si interessa alle questione sociale (cioè che pone il problema del potere dal loro punto di vista).

Le differenti chiarificazioni si fecero sul carattere unicamente proletario di un’organizzazione. Sulla necessità di un cambiamento coerente del sistema basato su una rottura violenta. Sulla importanza e la priorità del carattere economico nell’organizzazione come nella critica e nel progetto rivoluzionario.

La Prima Internazionale segna l’apogeo, sino alla Comune di Parigi, del movimento rivoluzionario dell’epoca, e la fine di un dibattito di idee che agitava l’Europa quasi senza discontinuità dopo il 1789. Sul piano pratico (materiale, attivo) essa è la somma di questo periodo ed il movimento operaio non conoscerà più fasi ascendenti così lunghe, così offensive. Il sindacalismo sarà in parte la sua appendice e la sua maturazione, in parte un suo ripiegamento su basi difensive.

La Rivoluzione Russa aprirà un’era nuova..., ma nello stesso tempo, le condizioni teoriche e pratiche di una deviazione del movimento operaio al servizio della piccola borghesia radicalizzata, della sua ideologia e dei suoi bisogni pressanti del capitale, sono stati riempite, segnatamente sotto l’etichetta del marxismo, dalla lotta politica contro gli anarchici, e dall’abbandono della teoria rivoluzionaria (parzialmente) da parte di questi ultimi.

Sul piano teorico, il periodo che segue la Prima Internazionale non sarà che l’assimilazione e la chiarificazione del dibattito precedente.

Il suo arricchimento dalla pratica su punti di tattica e di particolari. Marx sarà il prodotto di questo movimento. Prodotto attivo, poiché egli dà alla critica teorica carente un carattere scientifico (in principio in modo positivo, per apporto alle critiche negative portate da Proudhon e altri). Bakunin anche ne è la somma, l’atto finale. Sul piano teorico egli assimila l’analisi e la critica di Marx, infelicemente meno chiaramente e metodicamente. Ma soprattutto, legato nella pratica ad una dinamica molto più sana che gli dà la capacità di aiutargli una visione strategica e tattica anti-autoritaria molto più netta, una base di organizzazione rivoluzionaria, un’interpretazione del vissuto e del soggettivo nel movimento, meglio situata.

Per quel che ci concerne (anarchismo e comunismo libertario), Bakunin pone le basi del Comunismo Libertario:

 

3. ANARCHISMO E COMUNISMO LIBERTARIO

Un’analisi storica serrata spiegherà perché queste basi, se erano solide all’epoca non si sono interamente verificaste e realizzate.

E perché il Comunismo Libertario non si può assumere come corrente teorica chiara, organizzata, legata alle masse. La personalizzazione attraverso Bakunin di questo programma, le discussioni con Marx, l’evoluzione del "marxismo" e dell’"anarchismo", della classe operaia e del capitale, ecc., altrettanti fattori che segnano le cause e gli effetti di un movimento che noi ci limiteremo a constatare (per ciò che ci interessa).

L’anarchismo in seguito ha cominciato a regredire a tutti i livelli, a degenerare.

Attraverso i grandi momenti che segnarono in seguito la sua esistenza (propaganda del fatto, anarcosindacalismo, I Guerra Mondiale e Rivoluzione Russa), in Francia (ma il movimento era generale) le basi comuniste libertarie sono poco a poco abbandonate. Innanzitutto fu rimesso in discussione il tipo di analisi. Per primo Malatesta rimprovera Bakunin d’essere stato troppo "marxista", la dialettica materialista fu negata (a profitto dell’individualismo e dell’umanesimo borghese) e poi fu snaturato (attraverso la propaganda col fatto) il contenuto dell’organizzazione di specifico o abbandonato. Il movimento prima del 1914 è teoricamente disadattato, improduttivo e superato, mal organizzato (o del tutto), in parte marginalizzato. Dopo la Rivoluzione Russa il movimento accelera il processo, man mano si personalizza, si isola dal movimento operaio, si parcellizza, sprofonda nell’idealismo (l’Anarchia!!!), l’umanismo massone (la sintesi). Dopo il Fronte Popolare e la liberazione che liquidano definitivamente gli ultimi settori operai attivi e confermano il fallimento dell’anarcosindacalismo, il movimento che si dice anarchico non ha più che un carattere aneddotico. Totalmente inoperante e sorpassato, consuma i suoi ultimi spasmi in settori marginali o debilitati (neo-malthusianesimo, antitabagismo, esperantismo, vegetarismo-naturalismo, alberghi della gioventù, ecc.). Infine, parallelamente la composizione sociologica cambia poco a poco per dare la maggioranza alla piccola borghesia ed alla gioventù secolarizzata...; altro segno rivelatore della sua incapacità a continuare ad esistere: il suo carattere sempre più "passeggero" per i suoi militanti.

Parallelamente, il comunismo libertario non ha saputo sciogliersi sufficientemente da quel movimento che andava verso la morte storica.

L’anarcosindacalismo, con un’organizzazione specifica ed uno strumento d’analisi coerente restava all’epoca una continuazione dell’azione bakuninista nella Prima Internazionale. La propaganda col fatto, attivismo fuori dalle masse e senza lavoro politico di spiegazione (propaganda), era un errore, ma non aveva inciso il capitale, d’intervento nella lotta di classe dell’epoca.

All’inizio del secolo il dibattito fra "organizzatori" ed "anti-organizzatori" appariva, ma resta vago. E’ dalla Rivoluzione Russa che tutto barcolla, oscilla. L’appello del ’14: "va in guerra", l’indebolimento dell’anarcosindacalismo, la riuscita apparente di una rivoluzione del tipo di quella sognata dai libertari... ma che parla di "partito" e di marxismo...

Il P.C. nascendo prende una grossa parte del posto a sinistra del riformismo, riunisce molti militanti anarchici operai (movimento che durerà fino alla Liberazione). Il movimento comunista libertario esiste potenzialmente come opposizione ma non potrà realizzarsi. Né a partire dalla Piattaforma di Arscinov, né dai tentativi isolati in seguito. Il comunismo libertario diviene una delle tre componenti (con l’individualismo e l’anarcosindacalismo) con, come sola specificità riconosciuta, quella dell’organizzazione (su basi le più inconsistenti).

La ricerca dell’efficacia (dal punto di vista dell’attivismo ideologico) e della coerenza (re-immergersi nella realtà, avere un programma, spiegare la storia invece di constatarla lamentandosi) inducono poco a poco alla rottura nel movimento libertario tradizionale.

La F.A. (Fédération Anarchiste), ricostituita nel ’45 decide una chiarificazione: fallita l’O.P.B. (Organisation Pensée Bataille), la trasforma in F.C.L. (Fédération Communiste Libertaire); fallimento e la FCL ridiventa F.A.

Poi scissioni U.G.A.C. (Union Général Anarchiste Communiste), T.A.C. (Travailleurs Anarchistes Communistes); gruppo "Noir et Rouge", senza continuità né legame negli anni ’60. La prima separazione comunista libertaria dall’anarchismo tradizionale, in organizzazione costituita, è quella dell’O.R.A. (Organisation Révolutionnaire Anarchiste) nel 1969. L’ORA, per la prima volta, riprende con i principi, prima di tutto in modo teorico e incompleto, poi poco a poco, collegando questo processo alla attività pratica di massa.

Infine, tenta di rimboccarsi le maniche per apparire essa stessa fattore teorico e pratico attivo all’interno del movimento e dei movimenti della lotta di classe.


(Già in "Crescita Politica", notiziario dell’Organizzazione Rivoluzionaria Anarchica, n° 0, Bari 1978 - ora presso il Centro di Documentazione Franco Salomone, Fano.)