Portogallo 1974

L'autonomia proletaria nella rivoluzione portoghese

 

Il dato più qualificante emerso nello scontro di classe del paese è il ruolo centrale che ha saputo imporre il proletariato rispetto a tutti gli avvenimenti. Cioè esso ha assunto un ruolo dirigente, in termini sostanziali e come classe e non delegando ad una sua ipotetica quanto illusoria componente politica la gestione rivoluzionaria, non solo nel momento in cui ha contrastato direttamente i disegni reazionari stando dietro alle barricate, anche se è un dato non secondario in termini di coscienza di classe, ma quando è andato a confrontarsi sul problema della costituzione di un progetto politico socialista attraverso le strutture produttive e sociali. E qui si impone di fare chiarezza sul perché questa autonomia proletaria, che si sostanzia nelle strutture in fabbrica e nel sociale (su queste rimandiamo all'Appendice), è andata in un certo periodo identificandosi con le posizioni di de Carvalho.

A nostro parere è stato il carattere riformista e politicamente strumentale agli interessi interimperialistici dei partiti comunista e socialista ad indirizzare le esperienze autogestire del proletariato ad identificarsi con le tesi di de Carvalho, le quali, bisogna riconoscerlo, danno un ruolo decisivo a queste esperienze, ma occorre chiarirne gli elementi ambigui.

Certamente occorre rifiutare l'ingenuo entusiasmo che, con l'andare avanti dei contrasti all'interno del MPA e con il definirsi di una spaccatura verticale fra il fronte moderato, in cui si identificano i disegni della reazione, e quello rivoluzionario, che è minoritario a livello di vertice ma ha un seguito consistente a livello di base, ha accolto lo schierarsi aperto di de Carvalho con gli organismi di base, in quanto se ne perde il significato complessivo.

Il disegno generale, che comprende le sue tesi, ha un fondo ambiguo, in quanto, nel mettersi nella prospettiva della costruzione del socialismo, affida un ruolo centrale all'unità indistinta MPA/"popolo", inserendo il proprio disegno nell'ambito di quelle democrazie populiste (vedi Perù) in cui emerge nitido il collegamento capillare alla base di un certo di autonomia e di decisionalità produttiva a livello locale, ma sempre e comunque nell'ambito del riconoscimento istituzionale della leadership della casta militare a livello nazionale. Evidentemente elementi di profonda diversità esistono fra il processo peruviano e quello portoghese, come ad esempio il grado maggiore di dialettica alla base, di coscienza proletaria, di duro scontro fra le classi nella situazione portoghese; ma quello che va chiarito s'inserisce appunto nella considerazione tattica che, se in un momento di transizione è necessaria quell'unità fra autonomia di classe e settori militari critici nei confronti del Consiglio della Rivoluzione, in termini strategici e storici l'autonomia di classe deve farsi carico, pena la sconfitta della rivoluzione, di assumersi il potere complessivo del processo, scalzando dalle posizioni di forza strutture (per intendersi come il Copecon) pericolosissime per un disegno socialista compiuto. In altri termini sono gli esempi storici e la consapevolezza organica dei grossi pericoli che corre una rivoluzione, quando non s'identifica completamente col proletariato, che ci porta a sconfessare qualsiasi bonapartismo e populismo, in quanto non pongono chiaramente i termini dello scontro di classe ed il ruolo del proletariato al suo interno. Ciò non toglie però che, in questo momento della situazione portoghese, il populismo militare stia giocando il ruolo di copertura militare, perché di questo bisogna tener conto in una situazione in cui le forze armate hanno un ruolo centrale, delle scelte operaie (vedi la vittoria conseguita recentemente dagli edili, con l'assedio al palazzo del governo e l'impossibilità del governo stesso di passare alla repressione diretta), evitando quel bagno di sangue che ne sarebbe derivato se l'autonomia di classe non avesse conquistato ampie fasce militari al proprio discorso.

Ora, nessuno di noi si illude che quella che sta vivendo il Portogallo sia irreversibilmente una fase di transizione al socialismo, ma in questo periodo, comunque, di transizione da una condizione di assopimento del proletariato ad una in cui esso viene esprimendosi compiutamente, l'autonomia di classe ha dato inizio ad una serie, non fittizia, di esperienze d'autogestione delle fabbriche (solo a Lisbona erano 400), ha posto in termini problematici il fattore della produzione in una situazione di profonda crisi del capitale, pone costantemente l'improrogabilità di una articolazione organica fra produzione e distribuzione, discute le forme di organizzazione interna ai settori produttivi, tenta di evitare che i livelli di decisionalità tecnica riproducano i centri di potere borghese ed inoltre affronta anche il problema dell'egualitarismo in termini economici e normativi.

Anche i problemi posti dall'occupazione massiccia di case nelle grandi città e di terre al sud, danno un quadro notevolmente impressionante di una intensa espropriazione delle aree del profitto e della speculazione borghese, e dei grossissimi problemi che l'autonomia proletaria si trova di fronte.

A questo punto assumono un'importanza decisiva le capacità proletarie di dotarsi di un retroterra organizzativo, politico e sociale, di difesa dalla crisi economica, cioè occorre ricomporre quell'unità sul territorio tra industria e campagna per evitare che la piccolissima proprietà, oggi conquistata dalla reazione ed in condizioni economiche molto al di sotto della fascia operaia, in quanto non è stata toccata dalla redistribuzione del reddito che si è avuta nel paese col 25 aprile, rimanga baluardo di un riassestamento della borghesia al potere che l'imperialismo tenta di imporre.

Questo significa anche accelerare la riorganizzazione produttiva in termini di superamento anche di una logica ristretta alla città, cioè bisogna superare l'idea che a Lisbona e ad Oporto si giochino, e questo è vero in parte, le sorti della rivoluzione mentre poi si lascia il resto del paese in balia della propaganda anticomunista della Chiesa e delle mistificazioni e della reazione della piccola borghesia. Parlare dell'autonomia e del proletariato e delle capacità che ha d'imporsi nel processo portoghese significa anche valutare correttamente su quali basi economiche può avviare il suo progetto politico e con quali possibilità di vittoria. A questo punto apriamo una piccola parentesi sulla situazione economica del paese.

Il primo dato che emerge drammatico, soprattutto in considerazione di quanto sta avvenendo, è la dipendenza quasi totale del paese dall'imperialismo occidentale che si esprime in una cifra: il Portogallo nel '73 ha importato per un valore complessivo di 73 miliardi di escudos ed ha esportato per 45 miliardi.

Queste importazioni sono determinate da un buon 15% di prodotti alimentari di base (carne, cereali, oleaginosi, zucchero, baccalà), da un altro 15% di materie prime industriali (petrolio, minerali, cotone, sisal, ecc.) e dal 36% di macchine ed attrezzature industriali. Inoltre, mentre quattro paesi (Inghilterra, USA, Germania Federale, Svezia) hanno assorbito il 55% delle esportazioni, il 50% di importazioni è stato fornito da Germania Federale, Inghilterra, USA e Francia. E' esemplare a questo punto il grado di dipendenza totale a cui Caetano aveva spinto il paese; inoltre, l'altro campo di dipendenza totale del Portogallo è quello finanziario, determinato da una massiccia entrata di capitali stranieri in coincidenza con lo sviluppo economico (il 37% era costituito da investimenti diretti, cioè costruzione di nuove fabbriche e acquisto di fabbriche locali; ed il 60% di questi investimenti proveniva da Germania Federale, Inghilterra ed USA).

Questi capitali stranieri, a loro volta, hanno determinato, con l'indebitamento del paese, uno squilibrio profondo della bilancia dei pagamenti, cioè le uscite di capitale hanno superato di molto le entrate, che è stato ulteriormente aggravato dal ridimensionamento delle entrate costituite dalle rimesse degli emigranti (26 miliardi di escudos nel '73) e dal turismo (7 miliardi nello stesso anno), che con il processo del 25 aprile si è avuto.

Altro dato importante: l'economia interna per quasi l'80% era accentrata nelle mani di nove giganti economici (c'è da dire che questi giganti economici non avevano la consistenza delle multinazionali, e quindi godevano di una copertura finanziaria proveniente dall'imperialismo occidentale) che avevano la possibilità di operare un controllo massiccio degli investimenti in qualsiasi tipo di settore tramite le banche e le società di assicurazioni di loro proprietà. In pratica nelle mani di questi monopoli si concentravano le industrie meccaniche, del cemento, della cellulosa, della chimica, dei tessili, il settore energetico, quello delle telecomunicazioni, dell'elettricità e del turismo e grosse società immobiliari con consistenti interessi nelle colonie.

I pochi dati espressi dimostrano come con il processo del 25 aprile, la situazione economica sia venuta progressivamente deteriorandosi, in quanto la contrazione degli investimenti determinata dall'alto livello di rischio per l'imperialismo è letale per un'economia dipendente, a tal punto che le stesse nazionalizzazioni non possono correggerne la fase discendente, nella misura in cui la società portoghese mancando di capacità d'investire nei settori nazionalizzati, deve comunque dipendere dall'aiuto finanziario imperialista. Questo significa che l'imperialismo oggettivamente si pone come un fattore che abbia le carte in regola per vincere in questa fase; infatti basta che si ponga nella prospettiva dello strangolamento economico del Portogallo, perché riesce ad imporre una gestione reazionaria nel paese. E questo significa anche che chi deve farsi carico di questa situazione, se si vuol conservare e difendere la transizione al socialismo, dev'essere il proletariato che, per contrastare l'imperialismo occidentale (difatti lo scontro non si pone più fra proletariato e borghesia portoghesi), deve condurre la politica d'alleanza con i settori sfruttati della campagna in una prospettiva internazionalista.

Di qui, e dall'oggettiva impossibilità del Portogallo a sopravvivere, emerge l'inconsistenza di talune teorizzazioni di socialismo in un solo paese che o sarebbero illusorie, nella misura in cui si ridurrebbero in un semplice capitalismo di Stato che entro certi limiti farebbe comodo alla borghesia nazionale, o sarebbero il frutto di compromessi al vertice che darebbero vita alle solite impostazioni socialdemocratiche ed interclassiste di un'omogeneità d'interessi fra proletariato e borghesia.

Lo spostamento a destra del Consiglio della Rivoluzione; lo spirito di conservazione che anima il governo di Azevedo; il rimpatrio dall'Angola di 300.000 ex-coloni, decisi a vendicare in territorio nazionale l'affronto subito con l'indipendenza delle colonie, e quindi ottimo terreno su cui basare un'ulteriore ripresa di massa del fascismo; le mene imperialistiche che hanno già messo in funzione la CIA attraverso i canali dell'Europa Occidentale (soprattutto la Germania Federale), iniziando col creare intoppi economici nel paese con la messa in circolazione di un milione di dollari falsi; e lo stato d'assedio imposto nella regione di Lisbona, dopo un'altra ribellione di reparti militari, ci dimostrano che la reazione ha trovato terreno unitario.

E tramite questo terreno unitario è riuscita a sferrare un gravissimo colpo alle forze rivoluzionarie. L'ultimo tentativo, molto superficiale, dell'area rivoluzionaria di combattere il progressivo inserimento dei moderati nel processo rivoluzionario con l'intento di soffocarlo è andato irrimediabilmente sconfitto, grazie anche ad alcune gravissime responsabilità delle forze della sinistra. Questo tentativo insurrezionale si è sviluppato, nella notte tra lunedì 24 novembre e martedì 25, come risposta alla volontà dei moderati di imporre Comandi di destra nella regione militare di Lisbona, in pratica epurando de Carvalho e mettendo al suo posto Vasco Laurençe; al blocco, sviluppato da un grosso concentramento di agrari, di tutte le strade tra il Nord e Lisbona, al tentativo di far saltare le centrali che forniscono d'acqua e di elettricità la capitale, all'assalto di gruppi di fascisti armati delle sede delle Cooperative agricole del Sud, all'assedio da parte dei Commandos dell'Amadora, un'unità al servizio della reazione più scoperta, della Caserma della Polizia Militare di Lisbona, uno dei reparti più politicizzati ed ampiamente schierato su posizioni di solidissimi contatti con l'area rivoluzionaria.

Se il disegno di restaurazione all'interno del MPA è abbastanza chiaro, per cui del tutto valida è l'azione insurrezionale iniziata con l'occupazione, da parte dei paracadutisti di Tancos, dei punti strategici della capitale come aeroporti, mezzi di informazione, ecc., ciò che risulta molto confuso è il ruolo giocato dalle forze politiche prima fra tutte il PCP, dalle masse operaie e da alcuni settori militari, cioè occorre fare chiarezza sul perché un tentativo insurrezionale, che vedeva fra i suoi promotori, almeno in termini di operatività, settori militari agganciati allo scontro di classe sviluppatosi nel paese, sia naufragato in così poco tempo e non abbia costituito un punto di sostanziale riferimento per una mobilitazione proletaria e rivoluzionaria, dando anzi spazio alla reazione in termini di repressione e normalizzazione nel quadro politico portoghese, tanto che il governo de Azevedo, soddisfatto per i risultati conseguiti, ha smesso di scioperare (il governo de Azevedo aveva dichiarato sciopero delle attività governative in quanto la mobilitazione, permanente, delle masse ne metteva in discussione il ruolo e le linee politiche) e si è messo al lavoro. Ora, i frutti di questo tentativo insurrezionale fallito sono stati:

Evidentemente il prezzo di questa sconfitta, che si può già definire il punto di riferimento a cui, fiduciosi, guardano la borghesia e l'imperialismo occidentale, e che costituisce senza dubbio il 18 aprile portoghese (anche se in forme diverse, ma la sostanza è quella), va pagato in termini di credibilità politica, nel proletariato, da quelle forze politiche che noi avevamo accusato (e gli ultimi avvenimenti confortano le nostre valutazioni) di opportunismo e di pratica controrivoluzionaria e cioè il PCP. Difatti, ancora una volta strumentale è stata la sua linea politica nella misura in cui all'inizio ha appoggiato, se non fatta propria, l'insurrezione militare che da più parti si dice sia stata guidata da ufficiali della disciolta V Divisione, legati al PCP, con l'intento di qualificarla come colpo di stato "di sinistra"; poi, dopo aver assicurato l'intervento dei fucilieri della Marina e la mobilitazione generale delle masse, ha finito per dissociarsene, dando addirittura agli operai l'indicazione di restare nei luoghi di lavoro e di andarsene a casa ed ai contadini del Sud, che volevano confluire in massa su Lisbona, l'indicazione di dirigersi ai confini con la Spagna, inventando piani di invasione da parte dell' ELP (Esercito di Liberazione Portoghese, mercenari fascisti organizzati da de Spinola e, quindi, dall'imperialismo). Il PCP giustifica la sua presa di posizione con la necessità di evitare la guerra civile e con l'urgenza di arrivare ad una soluzione politica per la crisi; il prezzo della marcia indietro di Cunhal lo possiamo toccare con la mano: la normalizzazione borghese è passata.

Noi pensiamo che la realtà che sta al fondo della sconfitta militare, e non solo militare, si sostanzia nel tentativo del PCP di farsi egemone, tramite i settori militari legati ad esso, di un colpo di stato che avrebbe dovuto imporre le sue indicazioni, e che abbia fatto marcia indietro di fronte alla resistenza dei moderati ed in base ad un compromesso di vertice che facesse scoprire e, quindi, mettere fuori combattimento l'estrema sinistra. Questo significa giocare, secondo l'ottica particolare di Cunhal, sulle spalle del proletariato e fare ingoiare ad esso una sconfitta pesantissima sul terreno della transizione al socialismo.

Non è massimalistico accusare il PCP di tradimento e di aver favorito la reazione e strangolato il processo rivoluzionario portoghese.

Oltre a questo è necessario evidenziare, da una parte, la incapacità delle formazioni dell'estrema sinistra di far uscire indicazioni in questi momenti e, dall'altra, l'inesistenza di un coordinamento preciso tra l'autonomia proletaria al suo interno e forze militari rivoluzionarie. Questo significa che ancora embrionale è il coordinamento alla base e che, anche, il problema di un contatto fra le città industriali e le zone agricole del Sud è stato molto sottovalutato, soprattutto in riferimento ai piani fascisti di cui si era abbastanza a conoscenza.

A questo punto ci mancano elementi di analisi più precisi, per cui non si possono valutare esattamente le prospettive, ma crediamo essenziale dire che con il fallimento insurrezionale si è giocata la capacità immediata del proletariato di imporre la propria egemonia nel processo portoghese e, quindi, di essere confinati in questo momento in una posizione subordinata e del tutto difensiva.

L'area rivoluzionaria, e principalmente le espressioni dell'autonomia proletaria e ciò che nelle strutture militari vi è rimasto di rivoluzionario, dopo aver misurato in questi avvenimenti l'inadeguatezza e l'insufficienza di un debole coordinamento organico alla base, deve improrogabilmente porsi l'obiettivo di superare questi limiti e di darsi una visione più globale che strategicamente coinvolga un arco di forze sociali aggregabili su un piano molto più unificante. In parole povere, o l'unità alla base, e ciò significa smascherare il ruolo riformista e compromissorio del PCP, si va ad articolare su un punto di interessi comuni fra classe operaia e contadini, anche se piccolissimi proprietari viventi in condizioni economiche molto più disagiate della classe operaia, o la democrazia diretta, le cooperative, le esperienze di autogestione e, quindi, la transizione al socialismo, diventano solo vuote parole dietro cui avanza il piano borghese.

Certo che, con questa vittoria dei moderati, una funzione decisiva la andrà ad assolvere l'imperialismo occidentale.

Se però l'imperialismo occidentale ha la capacità di condizionare in tutti i sensi la situazione portoghese, altrettanto può fare la solidarietà e l'internazionalismo proletario (vedi Spagna oggi e nel passato, vedi Cile).

Organizzazione Rivoluzionaria Anarchica


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