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riflessioni sulla campagna referendaria
L’esito scontato di questi referendum segue una campagna referendaria non scontata, che ha visto scendere in campo, e ritirarsi, essere strategicamente o tragicamente assenti soggetti ben diversi tra loro.
Se l’impegno profuso dalla lobby medica nella primissima ora della campagna si è immediatamente ritirato, forse di fronte alla prospettiva di un cambiamento parlamentare, adombrato dall’esito delle regionali, e forse anche di fronte alla netta opposizione a giocare solo la carta rassicurante della scienza, portata avanti all’interno dei comitati, dove sono stati fatti, di quel po’ che resta del movimento femminista, questo non ha saputo portare al di fuori ragioni forti con l’autorevolezza che la questione richiedeva su temi così caratterizzanti, e si è dovuto invece accorgere di aver perso per strada quanto pensava di aver sedimentato in anni di lotte ormai lontane. Con una politica istituzionale balbettante, un’area di opposizione sociale distratta da altre questioni e che non ha saputo cogliere l’occasione di una campagna di opinione franca sui diritti e sulla laicità, la chiesa ha buon gioco ad intervenire a gamba tesa, e tutti si sono dovuti accorgere, ad urne chiuse, che la politica televisiva può fare opinione ma non può sostituire la politica vera, quella fatta nelle piazze e con i banchetti, che nasce dalla partecipazione di massa, come fu in altri referendum. Poco ci interessa il destino dell’istituto referendario, dato per morto ad ogni quorum mancato e puntualmente riproposto a cercare inutilmente di sanare le insufficienze parlamentari di una opposizione istituzionale non in grado di fare (neanche) il suo mestiere, che chiama la società civile a difendere dei paletti volta per volta più arretrati e indifendibili. Perché la coscienza sociale, e le conquiste, se non avanzano arretrano.
Non sappiamo se la legge 40, che sarebbe, ricordiamolo, uscita solo parzialmente emendata dalla cosmesi referendaria, che ne avrebbe lasciato intatto l’impianto liberticida, verrà riportata in parlamento, o subirà solo qualche aggiustamento tecnico, o se, come molte delle leggi repressive del nostro paese, resterà lettera morta e non applicata, salvo nell’uso strumentale e punitivo di qualche giudice che una mattina in cerca di pubblicità vorrà applicarla alla lettera.
Sappiamo però che non vanno lasciati cadere i frammenti e i fili dei discorsi e dei confronti che si sono intrecciati questi giorni, in cui si è tornati a riflettere in modo collettivo, nelle strade e negli uffici, nelle scuole e nei supermercati, di libertà e autodeterminazione, di scienza e diritto alla salute, di laicità e etica, di partecipazione e estraneità, in cui sono state smascherate paure e ipocrisie, per scoprire non solo che tutti possono capire, ma anche che ciascuno/a ha il diritto di decidere per se, oltre i divieti e gli anatemi. Certo non basta, ma contro l’ingerenza integralista sulla società, per continuare ad allargare spazi di libertà, occorre non lasciarsi condizionare dalle scadenze eterodirette ma continuare a costruire iniziative e momenti di riflessione e di lotte, per tornare ad appropriarci della decisionalità collettiva e farla finita, oltre che con il giudizio di dio, anche con quello del parlamento sui nostri corpi e sulle nostre vite.
FEDERAZIONE DEI COMUNISTI ANARCHICI
14 giugno 2005