Malati?
La sterilità è riconosciuta dall'Organizzazione Mondiale della Sanità come una malattia che colpisce uomini e donne per motivi biologici, sociali e culturali (infatti si parla di diversi tipi di sterilità). In Europa molti paesi hanno recepito nella sua totalità questo riconoscimento dell'OMS, ma non l'Italia. La legge 40 si arroga il diritto di discriminare chi può essere curato da questa patologia. Così nel caso di una sterilità maschile totale, in cui vieta l’inseminazione con un donatore esterno.
Ma cosa si intende per motivi sociali di sterilità? Una donna o un uomo malati di una malattia genetica non sono sterili biologicamente ma socialmente, in quanto il loro legittimo diritto, di generare un figlio non malato, che è anche un diritto del figlio, passa per la necessità di avere un aiuto esterno. Lo stesso tipo di sterilità sociale colpisce le donne sole che non sono sterili biologicamente e che, per non fare un figlio con il primo che capita, vogliono ed hanno il diritto di essere aiutate ad avere un figlio sano, nel pieno rispetto dell'igiene e della salute, che un servizio medico può e deve loro fornire anche in nome del diritto di un bambino e di una bambina di nascere e di crescere sano/a e con l'amore di chi l'ha desiderato/a tanto. E non facciamoci bloccare dalla retorica ottusa della famiglia, se ragioniamo ci accorgiamo che i figli di sola madre, o con famiglie allargate, ci sono sempre stati, figli di vedove, figli di donne abbandonate dai padri dei figli, figli di donne che hanno scelto di essere sole, e molti di loro sono stati più felici e più amati di tanti figli di coppie in crisi, di padri assenti, di uomini violenti e di tante coppie separate che si rifanno sui figli delle loro delusioni.
In Italia la legge 40, in un punto non toccato dai quesiti referendari, decide quali donne possono fare figli con aiuto esterno. Perché restringere i diritti di cittadine e cittadini? Ai referendum del 12 e 13 giugno devono vincere i SI' e dopo la vittoria occorre riprendere anche questo punto, bisogna contemplare la sterilità sociale come possibilità di accedere alle tecniche di riproduzione assistita, questione che, se non del tutto risolta, lascia il nostro paese indietro rispetto all'uguaglianza di diritti rispettata dai partners più democratici dell'UE. Neanche la questione economica è secondaria.
Se prima della legge la percentuale di successo delle tecniche di fecondazione assistita era del 24%, comprensiva dei parti plurigemellari, con le limitazioni della legge si è ridotta al 5%, ma quale donna si può prendere il carico psicologico, del dolore fisico e anche quello economico, per iniziare un percorso così difficile e non ottenere la gravidanza tanto desiderata? I referendum devono essere vinti, ma occorre che il Servizio Sanitario Nazionale intervenga nella compartecipazione delle spese delle tecniche di riproduzione assistita e che i centri privati e pubblici vengano equiparati, perché tutte le cittadine e i cittadini possano accedervi e non ci sia una divisione di classe sociale, come è invece oggi, dove solo i ricchi possono combattere la sterilità.
Andando all’estero.
da Alternativa Libertaria - maggio 2005
foglio telematica della FdCA