Libano - Voci dal cuore della crisi

 

Dibattito con Georges Saad

Docente di Storia del Diritto Pubblico all'Université Libanaise e membro di Al-Badil Al-Shuyu'i Al-Taharruri (Alternativa Comunista Libertaria)

16 febbraio 2007
ore 17:30
Palazzo Nuovo, Aula 16 (I piano)
Via S. Ottavia 20 - TORINO

 

A più di 30 anni dall'inizio della guerra civile, e a 25 dall'invasione israeliana, il Labano è di nuovo sconvolto da attacchi esterni e turbolenze interne: nell'estate scorsa l'offensiva dello Tsahal contro Hezbollah ha causato circa 1.200 morti, nonché la distruzione di infrastrutture vitali per l'economia libanese; in queste settimane, dopo le uccisioni di esponenti politici, i tg del mondo mostrano manifestazioni dei due partiti di opposizione (Hezbollah, sciita, e il movimento di Aoun, maronita) contro il governo Siniora. Il Libano torna così ad essere l'emblema di un'instabilità politica e sociale profonda, figlia di dilemmi irrisolti. Sul piano interno, pesano le dispute interetniche e inter-religiose tra le quattro comunità, all'interno di uno Stato che ancora non ha saputo rinunciare al principio del confessionalismo (settarismo tra gruppi e spartizione di cariche); rivalità causate non tanto da "odi ancestrali", ma piuttosto dall'opportunismo delle varie élites etnico-politiche.

Come nei nostri "vicini" Balcani. E non è un caso che, nei due "blocchi" della politica libanese odierna, vi siano alleanza trasversali (musulmani sunniti e cristiani nel blocco governativo, musulmani sciiti e cristiani "ribelli" all'opposizione) o apparentemente "contro-natura" (gli ex falangisti maroniti assieme ai drusi socialisti); in questo quadro emerge sempre più la forza del Partito di Dio Hezbollah, movimento neotradizionista da una parte fantoccio delle mire siriane e iraniane, dall'altra abile a sfruttare il malcontento popolare contro le politiche liberiste e mercatiste del governo di Hariri prima e di Siniora poi.

Sul piano esterno, pesa l'ingombrante presenza di potenze estere: USA, Francia, Israele, Siria e Iran, ciascuna interessata a suo modo, alla polveriera libanese. Un paese che funge da pedina nella scacchiere internazionale manovrato da altri. Sperequazione sociale, etnicismo, ingerenze esterne: è un quadro non certo roseo, quello del Libano di oggi, in cui fatica ad inserirsi un movimento sociale che possa risolvere alla radice i suoi problemi endemici. Un movimento laico, immune da settarismi etnico-religiosi, unitario e nazionale; un movimento alternativo al liberismo che ha causato un grande divario tra ricchi e poveri. Di una realtà simile, avrebbe bisogno il fragile e frammentato paese dei cedri per potersi risollevare dopo 30 anni di dolorosissima instabilità.

Sarà proiettato il video-inchiesta "Chimiche di guerra"
di Fabio De Ponte e Sabrina Sanfilippo
girato durante l'offensiva israeliana.
Saranno presenti gli autori.

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