Questo è Stato: 12 dicembre 1969

15 dicembre 1969: Giuseppe Pinelli, ferroviere anarchico, muore precipitando da una finestra della Questura di Milano. E’ stato “suicidato” nel corso di un concitato interrogatorio. Ciò, pochi giorno dopo la strage alla Banca Nazionale dell’Agricoltura di Milano. Da subito, poliziotti e politici, giornali ed inquirenti avevano incolpato gli anarchici della carneficina del 12 dicembre.

E’ l’autunno caldo: un passaggio che colpisce non solo per i numeri di adesione agli scioperi, ma anche per la qualità del dibattito sostenuto da migliaia di operai nelle fabbriche. Dietro la rivendicazione salariale, si prospetta il superamento del lavoro salariato.

Di fronte a un movimento che investe l’intera società, lo stato italiano e i suoi apparati extra-legali (neo-fascisti e servizi paralleli) avevano reagito colpendo nel mucchio chi meno di altri ne contesta l’esistenza. Le vittime della bomba erano infatti cittadini che fina o prova contraria poco avevano a che fare con la contestazione. Vittime ideali della cui morte lo stato poteva incolpare e il movimento.

Questa la verità del movimento. Che, documentata in una straordinaria controinchiesta (La strage di Stato) e ribadita nelle piazze, aveva smentito letture edulcorate come quella relativa ai “servizi segreti deviati”. Una verità peraltro confermata persino da inchieste della magistratura, come quella portata avanti da Guido Salvini.

Oggi anche i sassi hanno capito che la storia non è maestra di vita, ma più ambiguamente narrazione delle origini del proprio presente.

Nel migliore dei casi ne può illuminare il carattere contingente, nel peggiore legittimarne la celebrazione.

Ma ci sono anche casi di pura assurdità, in cui con (pelosa? Falsa?) “ingenuità” il passato prossimo, viene ammantato di mistero, quasi che la strategia della tensione fosse una pratica oscura risalente al neolitico.

È il caso del Corriere della Sera , il cui vicedirettore, Pierluigi Battista, autorevole editorialista oltre la cinquantina (a giudicare dai suoi brizzolati baffi) si duole che “Piazza Fontana [e l’intero periodo della strategia della tensione, ndr.] resta ancora nella memoria collettiva come una catastrofe dai contorni vaghi e confusi” (Corriere della sera del 6-10-08). Candidamente, si augura che “sulle stragi nere chi sa parli”.

Ma qualcuno ha parlato, anzi ha scritto: “Io so […]. Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969 […]. Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro ai tragici ragazzi che hanno scelto le suicide atrocità fasciste e ai malfattori comuni, siciliani o no, che si sono messi a disposizione, come killer e sicari […]. Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno gli indizi […]. Probabilmente - se il potere americano lo consentirà – magari decidendo «diplomaticamente» di concedere a un’altra democrazia ciò che la democrazia americana si è concessa a proposito di Nixon – questi nomi prima o poi saranno fatti. Ma a dirli saranno uomini che hanno condiviso con essi il potere: come minori responsabili contro maggiori responsabili (e non è detto, come nel caso americano, che siano migliori). Questo sarebbe in definitiva il vero colpo di Stato.” L’autore di queste righe è Pier Paolo Pasolini, le scrisse nel 1974.

Sul Corriere della sera.

Passi che Battista, che quegli anni ha vissuto, se li sia bellamente dimenticati, ma almeno si andasse a rileggere le annate passate del giornale su cui scrive.

Per questo oggi è importante ribadire il carattere di stato , senza virgolette, della strage. Non solo perché, al pari di altre stragi e altri momenti di “sospensione dello stato di diritto” che hanno scandito la storia italiana fino ad oggi (si pensi al G8 di Genova), ha messo in luce il carattere fondamentalmente autoritario degli apparati statali, e la documentata continuità e contiguità, in termini di leggi, apparati repressivi e personale della repubblica con il regime fascista. Ma anche per perché certe tecniche di ieri ritornano in auge contro i movimenti di oggi.

Piazza Fontana può dunque illuminare il totalitarismo soft dell’odierno capitalismo la cui logica di governo è costantemente improntata da una politica emergenziale i cui atti amministrativi, nel celebrare la politica come pura decisionalità, tendono ad azzerare e a criminalizzare non solo qualsiasi comportamento radicale ma anche la legittimità stessa degli spazi “pubblici” (l’università per esempio) in cui opinioni, anche le più blandamente critiche, possono essere articolate.

Al pari delle recenti “emergenze” (criminalità, migranti, rom, rifiuti) la strage di Piazza Fontana è stata caratterizzata dalla costruzione del “mostro” Pinelli, anarchico “suicidato”, prima; Valpreda anarchico e per di più “ambiguamente” ballerino, poi.

Costruzione ad arte del deviante particolare che va di pari passo con la generalizzazione della figura del cittadino-vittima oggi come allora evocato da una supposta “maggioranza silenziosa” cui lo stato che non può, non deve, articolare altre parole che querule invocazioni alla paterna protezione della legge e alla dignità del lavoro servile.

Oggi come allora il terrore, ieri praticato, oggi costantemente evocato ogni volta il dissenso pubblicamente si manifesta, è l’espressione politico-militare della ferrea legge della concorrenza mercantile, ne lubrifica il funzionamento, ne legittima l’egemonia.

Assemblea Pubblica

Martedì 16 dicembre ore 18,00

presso la Facoltà di Roma di Sociologia in Via Salaria N° 113

Interviene:

Adriana Dadà, ricercatrice storica dell’Università di Firenze

a seguire:

partecipano: assemblea degli studenti e delle studentesse di sociologia e scienze delle comunicazioni in mobilitazione – corrispondenze metropolitane – centro di documentazione anarchica/libreria anomalia – laboratorio sociale “la talpa” – unione sindacale italiana_ait – federazione dei comunisti anarchici

scarica il manifesto (1,6 Mb)


Una goccia nell'oceano

 

Il 16 dicembre 2008, come realtà antagoniste e libertarie abbiamo promosso, insieme all'Assemblea degli studenti di Sociologia e Scienze della Comunicazione in mobilitazione, una delle pochissime iniziative che quest'anno, in Italia, abbiano ricordato la Strage di Stato.

Riteniamo senz'altro preoccupante questo dato: mai come nel 2008 Piazza Fontana, l'assassinio di Pinelli e la prigionia di Valpreda sono stati dimenticati anche negli ambiti che dicono di non riconoscersi in questo presente fatto di sfruttamento e di autoritarismo.

E' come se, pur criticando in continuazione le mistificazioni dei media mainstream, in fondo se ne subisse il gioco.

Non dovrebbe sfuggire, infatti, che da anni le televisioni e la grande stampa hanno scelto di non parlare di ciò che accadde nel dicembre del 1969, salvo rare e sbrigative riprese. Si vuole cancellare il ricordo collettivo di uno dei momenti rivelatori della vera natura della Repubblica Italiana.

L'assemblea svoltasi a Sociologia il 16 dicembre, però conferma che se si prova a rompere con la cappa di silenzio imposta dall'alto, i risultati si ottengono.

Lo dimostra la cospicua partecipazione di giovani, protagonisti di quel movimento dell'Onda che è stato, in questi mesi, il principale segnale di superamento di quella passività sociale che ha imperato nei primissimi mesi del governo Berlusconi.

Lo rivela, inoltre, la piega presa dal dibattito, per nulla risolto nella mera commemorazione. Si è discusso dei mezzi che lo Stato ha usato contro la più radicale stagione conflittuale del dopoguerra e si è riflettuto su come la "sospensione dello Stato di diritto" rappresenti una costante nella storia italiana. Al pari, a partire dagli anni '70, della continua trasformazione di ogni questione sociale in emergenza, da affrontare con strumenti repressivi eccezionali.

Nella consapevolezza che stiamo parlando di una goccia nell'Oceano, intendiamo proseguire il lavoro iniziato con la assemblea del 16 dicembre.

In questo senso, ci impegneremo nella realizzazione di un opuscolo sulla strage di Stato, nel segno della ricostruzione puntuale degli eventi e della restituzione dei loro nessi con l'oggi. Il presupposto da cui si parte è che uno strumento agile e di potenziale, larga diffusione possa essere utile per il 2009, per un quarantennale della Strage che auspichiamo coincida con una riappropriazione collettiva di una memoria sempre più negata.

Roma, 1 gennaio 2009

Centro Documentazione Anarchica – Libreria Anomalia
Corrispondenze Metropolitane
Federazione dei Comunisti Anarchici
Laboratorio Sociale "La Talpa"
Unione Sindacale Italiana – Ait