A un mese dalla morte dell'operaio rumeno Mircea Spiridon, la Federazione Anarchica Siciliana e la Federazione dei Comunisti Anarchici - sezione di Palermo organizzano a Licata un presidio per denunciare la gravità delle condizioni umane e lavorative in cui versano tutti i lavoratori in Italia, immigrati e non. L'iniziativa serve a ricordare non solo tutti i lavoratori scomparsi nei troppi incidenti sul lavoro in Italia ma anche tutti gli immigrati uccisi dalle frontiere create dalle leggi razziste come la Turco-Napolitano e la Bossi-Fini. Durante il pomeriggio ci saranno banchetti informativi, volantinaggio e comunicazione con la cittadinanza. Segue testo del volantino che verrà diffuso.
Sabato 21 ottobre ore 17.00 piazza Progresso - Licata
Esattamente un mese fa moriva dopo due terribili giorni di agonia Mircea Spiridon, operaio edile. Mircea era un rumeno. Mircea era quello che la legge definisce un “clandestino”. Mircea era uno di noi.
Mircea era un uomo venuto a cercare un futuro migliore per sé e la sua famiglia. Si era illuso di trovarlo tra Licata e Palma di Montechiaro. Invece ha trovato la morte, seppellito sotto le macerie di una delle tante costruzioni frutto dell’abusivismo che ha deturpato le coste siciliane. È morto per colpa di un padrone senza scrupoli, come tanti siciliani, come tanti italiani.
Ogni anno, in Italia, gli incidenti mortali sul lavoro sono sempre di più, causati da padroni avidi di profitti, che non rispettano le norme di sicurezza e che trattano i lavoratori come bestie da soma, buone da sfruttare. Tutto questo avviene con la complicità degli organismi che dovrebbero vigilare e controllare affinché i luoghi di lavoro siano sicuri. Ogni volta che ci scappa il morto (quasi cinque al giorno, senza contare gli invalidi di vario tipo) i rappresentanti delle istituzioni si mettono la coscienza in pace facendo finta di indignarsi e promettendo di impegnarsi. A dispetto delle vuote parole dei politici e dei sindacalisti, questa situazione cambierà solo quando tutti impareremo a ribellarci, a chiedere il rispetto dei nostri diritti, a rifiutarci di lavorare in condizioni di insicurezza e di pericolo. Bisogna dire BASTA al lavoro nero, al lavoro sfruttato e sottopagato, al lavoro precario, al lavoro malsano che uccide o rende invalidi.
Tutti insieme, lavoratori italiani e lavoratori migranti devono unirsi nella lotta contro lo sfruttamento e la divisione capitalistica del lavoro che rende sempre più ricchi i padroni e più povere e asservite al capitale intere masse di lavoratori nel mondo intero, costringendo milioni di persone ad abbandonare la propria terra e i propri cari per avere una possibilità di sopravvivenza.
Noi siciliani sappiamo molto bene cosa vuol dire emigrare, sentirsi emarginati e disprezzati non solo in terra straniera ma anche nella propria terra. E ancora oggi i siciliani sono un popolo di emigranti. L’arrivo in Sicilia di lavoratori stranieri, costretti alla clandestinità da leggi ingiuste e criminali, come la Turco-Napolitano e la Bossi-Fini, mettono viene agitata dai padroni e dalle forze politiche più reazionarie come un pericolo per i lavoratori italiani. Ma i migranti non vengono a “rubare” il lavoro a nessuno! Essi si accontentano di svolgere i lavori più umili e malpagati che noi italiani rifiutiamo, e sappiamo bene che l’agricoltura, la pesca e l’edilizia in Sicilia si poggiano interamente sulle spalle degli immigrati che, ad esempio, vengono letteralmente schiavizzati nei nostri campi per la vendemmia, la raccolta del pomodoro e degli ortaggi. Perché nella scala della divisione in classi della società c’è sempre qualcuno al gradino più basso del tuo, qualcuno più povero di te, pronto a raccattare i tuoi rifiuti.
La lotta dei migranti è la nostra lotta, per avere condizioni di vita dignitose, per l’uguaglianza, la libertà, la fratellanza dei popoli, indipendentemente dal colore della pelle o dalla fede religiosa.
Perché tutte le donne e tutti gli uomini nascono uguali ma è il capitale, l’arroganza del più forte, del potere che li divide e crea barriere tra stati e stati, crea barriere mentali tra uomo e uomo, crea la paura del diverso per meglio controllare e dividere le coscienze.
Oggi siamo qui per ricordare un uomo che voleva conquistarsi il diritto a una vita dignitosa e onesta, ucciso dallo sfruttamento. Non si è trattata di una fatalità, i responsabili della sua morte hanno nomi e cognomi, come hanno nomi e cognomi i responsabili di tutti gli altri morti.
I responsabili delle morti sul lavoro sono i padroni, i mafiosi E lo stato
italiano! INVITIAMO i lavoratori a vigilare e a unirsi per lottare tutti insieme
contro il sistema che li sfrutta, li rende invalidi e li uccide.