Laicità come strumento di educazione alla convivenza
Indice:
- Nozione
- 2. La laicità come strumento di governo
- 2.1. Dei gruppi
- 2.2. Delle persone
- 3. Lo status di cittadino
- 4. Le relazioni con i gruppi
- 5. La libertà di pensiero come valore
- 6. Dialettica della tolleranza e pluralismo etico
- 7. La laicità come strumento di circolazione e omogeneizzazione del diritto
- 8. La laicità nell'ordinamento giuridico italiano: un caso di subordinazione a formanti esterni
- 9. Esigenze e prospettive di libertà
Il termine laicità nasce nel XIX secolo dalla radice laïc. Questo termine, che nell'ambito religioso indicava la non appartenenza al clero, si trasforma in laïcque per indicare colui che si colloca sotto il segno della laicità, ovvero si emancipa da una confessione, privilegiando il suo ruolo di membro della società civile (1).
Il termine laico tuttavia assume uno specifico significato in ambito giuridico nei sistemi di civil law e viene utilizzato per sottolineare l'emancipazione dell'ordinamento giuridico dalla tutela di qualsiasi confessione religiosa (2). L'elaborazione del concetto di laicità si sviluppa nello spazio aperto dall'introduzione nelle Carte Costituzionali moderne del principio di separazione tra Stato e confessioni religiose e consente, alle istituzioni civili di creare un proprio autonomo catalogo di valori ai quali ispirare le regole di convivenza fatte poi proprie dagli ordinamenti (3).
La "manipolazione concettuale" di questo termine da parte degli ordinamenti giuridici ha portato ogni Paese a dare una propria configurazione del principio di laicità, al punto che questo è uno dei pilastri che concorre oggi, in molti ordinamenti, a definire la forma di Stato (4). L'assunzione del principio di laicità tra i formanti degli ordinamenti giuridici degli Stati consente la migrazione di questo principio nel diritto internazionale e contribuisce in modo sostanziale a conferirle la capacità di mediare tra ordinamenti permeati da differenti valori etici, alla ricerca di denominatori comuni (5). Proprio a causa del valore che il principio di laicità assume, esso viene utilizzato dagli Stati che danno vita all'Unione europea in un modo originale e nuovo, al punto da divenire in questa accezione uno dei parametri attraverso i quali si garantisce la concorrenza in materia di confessioni religiose (6). Il principio di laicità così utilizzato concorre a definire un concetto nuovo di confessione religiosa: per l'Unione esse sono "agenzie del sacro", ovvero di soggetti che operando sul mercato cercando di soddisfare la domanda e i bisogni di spiritualità e di fede, offrono il proprio "prodotto" (7). E' interessante notare che l'adozione di questo criterio di classificazione delle confessioni consente di tenere conto e regolamentare le attività economiche poste in essere da loro e da qualunque altro soggetto che chiede agli ordinamenti nazionali, e a quello comunitario, il riconoscimento della personalità giuridica in ragione del fatto che i suoi fini sono quelli di dare una risposta a domande di carattere etico che consentono il concreto realizzarsi di valori sul piano esperienziale e spirituale, oltre che materiale (8).
In considerazione della portata generale del concetto di laicità che incide sulla tutela multilivello dei diritti e sulle relazioni tra le istituzioni e le confessioni religiose, nelle considerazioni che seguono si svilupperà una riflessione che prescinde in parte dal significato attribuito al termine laicità dall'ordinamento italiano, per sviluppare alcune considerazioni generali "di sistema", soprattutto de jure condendo.
1.1. La laicità come valore.
La laicità viene assunta dagli ordinamenti come strumento per emanciparsi dalla tutela ecclesiastica, come principio fondante per far fronte al bisogno di costruire valori propri ai quali ispirarsi, per indicare ai cittadini i principi cardine della convivenza civile. Il perseguimento della ricerca della felicità attraverso la garanzia per tutti della libertà, dell'uguaglianza e della fratellanza, valori tipicamente laici propugnati dalla rivoluzione francese, rappresenta un momento fondante di una nuova etica destinata a porre le basi del superamento della visione cristiana della vita e dell'"ordine sociale naturale" che essa propugna.
Niente più rispetto dei ruoli sociali e accettazione supina della condizione di origine, niente più rassegnazione ad accettare la disuguaglianza e l'obbedienza, ma opzione per una vita vissuta per sé, nell'aspettativa di realizzare sulla terra la felicità. Assunzione piuttosto della visione protestante dell'emancipazione attraverso le opere, introiezione di quella visione dell'uomo che il mercantilismo prima, il capitalismo poi hanno dato con l'elevazione della libertà al di sopra di ogni potere altro da sé, e quindi anche da Dio; dell'uguaglianza come rigenerazione costante del momento della creazione, di quel cammino tendenziale che consente a tutti gli uomini – partendo dalla medesima condizione – di raggiungere i traguardi più grandi, di realizzare la propria personalità, anche sovvertendo, se necessario, l'ordine sociale, alla ricerca della felicità in questa vita. La felicità è di questo mondo e può realizzarsi mediante valori profani quali il piacere, la consapevolezza di sé, la conoscenza dell'universo, la scoperta delle leggi della natura, il prevalere sulla malattia, attraverso la medicina e lo sviluppo della ricerca scientifica; e tutto ciò alla ricerca della piena realizzazione dell'uomo. In questa prospettiva di autogestione della propria umanità l'uomo disconosce ciò che è di Cesare e ciò che è di Dio per affermare che tutto è dell'uomo (9).
Più tardi il comunismo, assunto come condizione ideale dell'uomo, porterà all'estremo questa ricerca, teorizzerà il superamento della religione come oppio dei popoli (10). Una intera gamma di percorsi esistenziali e di vita appariranno possibili all'uomo (11). La chiave per scegliere quale soluzione adottare non potrà che essere la libertà, altro valore laico, in quanto nella sua pienezza esso si realizza rompendo le catene imposte dall'idea stessa di Dio all'uomo e alle sue possibilità. Non vi è infatti chi non veda che lo stesso peccato originale discende dalla disobbedienza a Dio in nome della libertà, in ragione della ricerca comunque della conoscenza attraverso la sperimentazione di ogni esperienza, al punto che – come acutamente rilevato dai padri inquisitori – lo stesso merito sperimentale rappresenta la negazione del principio di obbedienza, è atto di orgoglio derivante dal conoscere (12).
La rivisitazione del concetto di libertà, operata in Francia alla fine del XVII secolo in applicazione dei principi propugnati dall'illuminismo, porta dunque con se una nuova visione del mondo. La libertà affermata dalla "Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e del cittadino" segna la liberazione e l'affrancamento dalla tutela di Dio, anche dal Dio cristiano nel quale tutto ha origine e tutto si ricompone. E' la liberazione della scienza e della conoscenza, è la rivalutazione del metodo sperimentale come strumento dell'indagine scientifica, è la coscienza della indagabilità della natura e delle sue leggi che sono frutto di un ordine naturale e al tempo stesso casuale, che prescinde o almeno può prescindere dalla volontà di Dio (13). La stessa creazione è in discussione, sostituita da ipotesi sull'origine della vita e delle specie, tutte necessariamente vere, tutte probabilmente false, e comunque meritevoli di essere discusse, verificate, attraverso il metodo scientifico, attraverso le sperimentazioni e le analisi costruite dall'intelletto, dalla speculazione scientifica (14).
Ma la libertà non vive da sola ed essa non è completa, non si realizza – come si è detto – senza l'uguaglianza, la quale è la negazione delle differenze sociali, è l'affermazione delle pari opportunità, è la garanzia della felicità possibile, presuppone il pari accesso alla conoscenza per tutti, è l'annientamento del personalismo cattolico, dove ognuno nasce schiavo del peccato originale, si emancipa in Dio, accetta la vita che gli è data, sceglie grazie al libero arbitrio, ma tra i percorsi possibili, tutti diversi in nome di una diversità programmata e immodificabile di destini segnati dalla ricerca della salvezza in Dio, in una vita che è solo di passaggio verso quella vera, nei cieli (15). Oppure è negazione della predestinazione propria della teologia protestante, del destino già scritto nel grande libro della vita: esso può essere mutato, grazie alla volontà, da ogni essere umano al quale una società laicamente solidale, fraterna, garantisce pari opportunità, pari diritti, uguali libertà (16).
Questi valori si trasfondono negli ordinamenti attraverso le Costituzioni, transitano nel diritto positivo, impregnano di sé la legge penale come quella civile, contribuiscono a creare un catalogo dei diritti e dei doveri che, come una galassia, si espande in tutte le direzioni, costringendo lo stesso diritto naturale e soprattutto i diritti divini a scendere a patti, a mediare norme possibili, a modificare se stessi, a secolarizzarsi se non vogliono scomparire, sommersi dalla capacità aggregante e espansiva del bisogno di felicità e di benessere.
Attraverso il diritto internazionale questi valori si fanno globali e costringono ordinamenti altri, nati sotto il segno di altre culture, di altri Dei, di altre etiche, a misurarsi, quanto meno a mediare l'interpretazione e il vissuto dei propri precetti, a secolarizzarsi poter sopravvivere (17).
Da qui la laicità come valore che racchiude in se la portata dirompente e rivoluzionaria della libertà, della uguaglianza, della fratellanza, tra loro combinate, che separano l'uomo da Dio, che ne fanno un essere altro, individuo, libero di confrontarsi e di crescere forte del valore di se.
1.2. Le radici non religiose della laicità.
Così intesa la laicità non è un valore di derivazione religiosa. Essa prescinde da Dio, è tutta impregnata dei valori dell'uomo, del suo bisogno di umanità, del suo desiderio e della sua esigenza di uguaglianza, della sua aspirazione alla conoscenza, della sua debolezza, delle sue incoerenze, delle sue miserie, delle sue contraddizioni, dell'assenza di una verità rivelata e perciò certa, perché ricca dell'incertezza e del dubbio, della mancanza di conoscenza, del bisogno di verificare e scoprire una lettura possibile dell'universo e del mondo, ma non per questo certamente vera (18).
Così intesa la laicità è quanto di più lontano vi sia dal cristianesimo, come da ogni religione, è un parametro, un criterio etico con una propria storia e proprie radici, un valore fondante della natura stessa dell'uomo che ha in mano il suo futuro, la sua vita e la costruisce in un mondo di verità relative, tutte vere e molteplici, perché possibili, perché parte dell'uomo e della sua capacità di conoscere, immaginare, creare, sognare senza i paletti posti da una verità rivelata, immutabile, scritta nella storia (19).
In questo senso la laicità è uno strumento di creazione di un'etica possibile e relativa (20) che permette all'uomo di essere diverso e al tempo stesso uguale; diverso, unico, irripetibile e egualmente libero, di non essere prigioniero di un gregge, tenuto insieme dal pastore e dai suoi cani, ma di essere individuo nella moltitudine e insieme fratello del suo simile, compagno nella costruzione di un mondo possibile che lascia libero ognuno di ricercare se stesso nella propria umanità e al tempo stesso, non paradossalmente, in un Dio.
2. La laicità come strumento di governo.
Intesa in questo modo la laicità è strumento essenziale di governo, di gestione della fase. E' il valore necessario per gestire la diversità, le appartenenze in società ormai pluriculturali (21) che solo in parte divengono multiculturali (22), ma conservano e perseguono spesso la ricerca in modo sempre più determinato delle diversità, che cercano di ricostruire le proprie radici con la contraddizione di vivere in uno spazio comune, rivendicato come proprio e esclusivo, ma da condividere con altri.
Prive dello strumento della laicità le società non riescono a conservare il bene fondamentale che è quello della pace, non riescono a realizzare la convivenza dei diversi, non possono gestire il relativismo dei valori e delle conoscenze, le diversità dei comportamenti e degli stili di vita (23). Non possono gestire le diversità di genere, le convivenze, le separazioni, l'educazione della prole, la trasmissione dei valori, le eredità della storia, le stesse tradizioni (24).
La laicità assume perciò il valore di formante culturale, di strumento operativo che permea di se l'ordinamento, si inserisce, si insinua nelle norme che regolano i diversi istituti giuridici, li plasma e li rende tra di loro coerenti, contribuendo a fornire al sistema giuridico i caratteri di strumento di libertà e di efficace gestione dei conflitti (25).
Anche la dove gli ordinamenti ricorrono agli statuti personali la laicità deve operare come comun denominatore, come elemento che concorre a costituire la base del sistema (26). Essa diviene parte essenziale, nucleo del pluralismo ideologico che fa da collante tra i differenti segmenti sociali (27). Il pluralismo giuridico e quello normativo non potrebbero efficacemente fare sistema senza ricorrere alla laicità come valore (28). Prova ne sia che quant'anche numerosi ordinamenti giuridici acconsentono a che sia il diritto dei privati, attraverso lo strumento dell'arbitrato, a regolare rilevanti rapporti sociali come quelli del matrimonio o i rapporti ereditari, magari ricorrendo ai diritti religiosi, il limite invalicabile è posto dalla possibilità del soggetto di ricorrere sempre e comunque alla tutela della legge generale, alla protezione di quel diritto dello Stato che geneticamente ha assunto la laicità come suo tratto distintivo e caratterizzante (29).
2.1. Dei gruppi.
Le Costituzioni del secolo scorso hanno la propensione a proteggere sia l'individuo che le formazioni sociali delle quali egli fa parte, riconoscendo che la piena realizzazione della persona avviene anche nell'ambito di queste e che nella vita di relazione si sviluppano quei comportamenti di solidarietà e di collaborazione che consentono il perseguimento di obiettivi economici, etici, culturali, religiosi (30). In questa visione lo Stato e la società si arricchiscono del contributo di differenti aggregati sociali che insieme alla famiglia e alle istituzioni concorrono a costituire gli ambiti differenti nei quali si sviluppa la persona umana. La tutela assicurata alle formazioni sociali – sancita nella costituzione italiana dall'art. 2 – va oggi certamente rivisitata, vigilando affinché questa non divenga uno strumento attraverso il quale limitare, a volte fortemente, la libertà della persona (31). Se è vero che è coerente con la nostra Carta costituzionale consentire la piena attuazione dell'art. 8 cost. stipulando intese con un numero sempre maggiore di confessioni dobbiamo avere chiaro che l'accordo stipulato non può consegnare i cives fideles nella completa e incontrollata gestione della confessione (32). L'accordo stipulato con le confessioni deve essere positivamente segnato dalla laicità e ciò significa far si che ogni deroga del fedele alla legge generale, accettata in nome dell'adesione alla confessione sia accompagnata da un atto di manifestazione della volontà, assolutamente libero da ogni influenza e condizionamento. Occorre inoltre che sia garantito in qualsiasi momento o condizione il diritto di recedere dall'appartenenza confessionale (33).
L'ordinamento non può mai e in ogni caso accettare che i diritti vengano negoziati, tanto più quanto questo avviene con gruppi etnici o confessionali che richiedono il rinvio ad un diritto autoprodotto (34). Il requisito della laicità delle istituzioni pubbliche deve essere anzi la condizione posta alle confessioni e accettata come inderogabile perché esse possano accedere alla trattativa, avendo chiaro che così operando si chiede alle confessioni di secolarizzarsi. Esse potranno ben rifiutare questo rapporto, ma non potranno chiedere allo Stato e alle istituzioni alcun supporto per far vivere il loro integralismo e soprattutto per imporre ai membri del culto determinati comportamenti (35).
Proprio per questa funzione positiva che svolge la laicità è oggi strumento e metodo insostituibile di governo di una società che vuole essere portatrice di valori di libertà e sceglie di non indulgere nella realizzazione di enclaves in nome di un malinteso diritto di libertà, del rispetto delle radici e dei valori culturali, delle credenze religiose, di un etnia o di un popolo (36), in quanto l'esperienza del diritto internazionale ci mostra che vi sono valori e diritti umani di fronte hai quali ogni altro valore, benché condiviso e radicato, deve cedere, cancellato dalla storia (37). Un esempio per tutti: la schiavitù comunque intesa!
Proprio per queste sue caratteristiche la laicità non può che essere un valore assoluto, valido e applicabile per tutti i gruppi. Si tratta tuttavia di un valore "speciale", poiché esso produce un metodo di approccio ai problemi, delle categorie di valori come il rispetto dell'altro, l'uguale dignità di tutte le culture e le religioni e le opzioni del credere, la tolleranza. Non può perciò esistere una laicità relativa che si tradurrebbe in una lettura a opera del gruppo maggioritario – sia esso religioso, culturale, etnico – di valori imposti agli altri, finendo per trasformarsi in uno strumento di dominio e di oppressione, invece che di libertà (38).
Ne bisogna pensare che sul piano dei valori etici il solo associazionismo possibile sia quello religioso perché formazioni sociali possono far proprio, del valore della non aconfessionalità, la ragione sociale del loro stare insieme (39).
2.2. Delle persone.
Per vivere veramente, per operare, la laicità deve essere condivisa, innanzi tutto a livello individuale. Essa deve tradursi in comportamenti e metodo, divenire elemento che qualifica l'agire quotidiano. Lo Stato non può che assicurare a tutti il diritto di liberarsi, in qualsiasi momento, di tutti i vincoli che sono imposti da credenze religiose, da convinzioni e abitudini culturali o etniche (40). Nel nostro ordinamento questo diritto è generale e assoluto, appartiene a cittadini e stranieri ed è sancito dall'art. 19 della nostra Costituzione che, nel mentre riconosce a tutti il diritto di professare e celebrare il culto, di farne propaganda, riconosce egualmente il diritto di non avere alcun culto, di non celebrare riti religiosi e di manifestare in alcun modo un'appartenenza religiosa (41). Non diciamo niente di nuovo la dove richiamiamo il combinato disposto dell'art. 19 e l'art. 3, ma forse sottolineano una esigenza divenuta sempre più urgente quando rileviamo che all'interno delle formazioni sociali, soprattutto religiose, i principi da esso sanciti devono operare sia nel senso di garantire l'uguaglianza che di rimuovere gli ostacoli individuati dallo stesso art. 3 Cost. (42).
Oggi che tornano a manifestarsi nelle società occidentali integralismi religiosi, etnici, culturali è bene che si torni a sostenere i valori della non appartenenza, la neutralità dei servizi e delle prestazioni pubbliche, la laicità della scuola, la piena giurisdizione dello Stato in materia di unioni affettive e matrimoniali, di tutela dei minori e dei soggetti deboli. Di fronte agli interrogativi posti dalla medicina e dalla ricerca nel campo della tutela della vita e della procreazione lo Stato rivendica oggi il proprio diritto a intervenire (43). Ma la sua legislazione non può che essere guidata dal valore della laicità, assunto come centro dell'intero patrimonio di esperienze valoriali, se le norme emanate vogliono conseguire una comune condivisione, vogliono unificare la società intorno a valori accettati da tutti (44). La creazione di enclaves omogenee al loro interno costruite in base ad appartenenze, etniche e/o culturali e/o religiose, distribuite sul territorio, tra le quali le persone transitano al mutare o manifestarsi del loro senso di appartenenza, costituisce un progetto di gestione della società e del territorio che porta alla dissoluzione delle identità collettive, all'incentivazione di un microcosmo di egoismi che esclude soprattutto la persona, la sua unicità, la sua personalità, la sua capacità di relazionarsi e vivere individualmente, oltre che in gruppo, la sua diversità, di evolversi e mutare con le esperienze, l'età, lo sviluppo delle relazioni sociali (45).
3. Lo status di cittadino.
Le richieste di riconoscimento di particolari e specifiche identità, manifestate dai gruppi di nuovo insediamento sul territorio, ingenerano nei residenti la ricerca delle proprie radici e la rivendicazione orgogliosa della propria storia (46). Da qui la tendenza a esaltare la qualifica di cittadini, a restringere la possibilità di acquisizione giuridica di essa per i nuovi venuti, la rivendicazione orgogliosa del diritto di sangue e la tendenza a ritenere connaturati allo status di cittadino valori condivisi, spesso associati al godimento di particolari benefici (47). Il possesso della cittadinanza diviene, insomma, lo strumento di difesa di privilegi e prerogative che non si vogliono condividere con altri e il bagaglio di valori e di principi etici di riferimento diviene la condizione da osservare richiesta a coloro che vogliono ottenere la cittadinanza. Questo percorso acquista le caratteristiche di un passaggio al campo avverso, di cesura dei vecchi rapporti a favore della potenzialità di intrecciarne di nuovi. In queste condizioni il percorso rischia di essere un transito da vecchi a nuovi integralismi, più radicalmente vissuti a causa del bisogno del "convertito" di farsi accettare (48). Il nuovo arrivato sarà il meno critico, il più ligio al rispetto delle regole, proprio per non sentirsi rinfacciare la propria origine, il meno pronto a discutere e a confrontarsi, il più impegnato ad opporsi a coloro che non si integrano e che rivendicano una propria identità (49).
Assumere la laicità come valore, che ha come prima conseguenza la neutralità delle istituzioni e dei servizi da esse erogate, è l'antidoto più potente a questa nuova forma di integralismo che spesso degenera in forme di razzismo prevalentemente verso gli appartenenti ai gruppi religiosi, etnici e culturali di provenienza altra. Lo strumento principale per la diffusione e la condivisione dei valori di laicità è, non a caso, la scuola, pubblica e gratuita, vero strumento per rimuovere quegli ostacoli che l'art. 3 della nostra Costituzione indica come causa di disuguaglianza (50).
3.1. La transizione verso lo status di cittadino.
La transizione verso lo status di cittadino inizia non solo con la conoscenza della lingua – considerato tra l'altro che oggi più lingue si possiedono, più si è competitivi sul mercato del lavoro – ma soprattutto con la contaminazione culturale, alimentare, religiosa, comportamentale (51). Ciò non vuol dire che il processo si compia con l'assimilazione, poiché questa sarebbe foriera di divisioni ulteriori o integralismi, né con l'esasperato mantenimento della diversità, ma con l'assunzione dei valori di laicità e tolleranza che educano ad accettare il diverso da se e a integrarlo nella propria esperienza esistenziale. L'insistere sulla concessione dei diritti elettorali senza una effettiva equiparazione, che preceda l'acquisizione della cittadinanza, relativamente al diritto al lavoro e a una retribuzione non differenziata rispetto al mercato del lavoro, in ragione del mancato possesso della cittadinanza; l'adozione di analoghi principi per ciò che attiene il diritto di accesso alle professioni, agli studi, alle cure mediche, alla casa e alla possibilità di accesso al credito è mera demagogia.
In questo catalogo di diritti, la cui garanzia deve precedere l'acquisto della cittadinanza, un valore centrale è costituito dal rispetto delle appartenenze religiose per le quali, se non può essere accettata alcuna pratica di assimilazione, al tempo stesso bisogna rifuggire dal lasciare il "cittadino in ingresso" in balia della confessione di origine (52). Un patto di non belligeranza, stipulato in nome del separatismo tra poteri pubblici e confessione religiosa, con riconoscimento della reciproca autonomia, sarebbe inaccettabile se non mitigato dall'imposizione del principio della laicità, del pluralismo delle appartenenze, della tolleranza, soli presupposti al riconoscimento delle identità e delle specificità (53). La presenza di gruppi religiosi con un accentuato orientamento fondamentalista rende inevitabile – a nostro avviso – il ricorso a un "nuovo giurisdizionalismo" il cui carattere distintivo è costituito proprio da una laicità assoluta dei poteri pubblici a tutti i livelli delle autonomie istituzionali (54).
3.2. L'acquisizione di una nuova cittadinanza.
Così conseguita la cittadinanza diviene valore fondante di un patto di convivenza rinnovato, dove le autonomie non sono più frutto delle appartenenze, ma strumento più efficace di gestione del territorio, al fine di conseguire una maggiore efficienza delle istituzioni e di fornire a tutti l'accesso a una migliore qualità della vita (55).
E' perciò che i valori ai quali abbiamo fatto riferimento vanno trasferiti e vissuti non solo nelle istituzioni, ma anche e soprattutto nelle formazioni sociali quali il sindacato, la cooperazione, la scuola, la stessa famiglia o le unioni di fatto, con uno sforzo creativo alla ricerca di nuovi luoghi di incontro, di un fecondo incontro tra le culture. Non intendiamo riferirci al multiculturalismo che coltiva le appartenenze, né un sincretismo nemico delle specificità e del sentire dell'individuo ma un tentativo di andare oltre l'assimilazione cultural identitario, ma alla necessità di elaborare insieme e dialetticamente le regole di un'etica e di valori condivisi (56).
In questo percorso le confessioni religiose posso essere molto utili nel far capire che accanto alla sfera pubblica c'è uno spazio personale e incomprimibile di valori che possono avere anche un fondamento divino ma non per questo non devono confrontarsi con quelli di altri. La formula del pluralismo sociale nella diversità, della cultura delle differenze accettate passa per non pretendere di affermare una verità come la sola, passa per il principio di laicità dello Stato e delle istituzioni che costituisce il valore fondante di una nuova dimensione della cittadinanza.
3.3. Verso il superamento dello status di cittadino
Questo "salto" culturale, d'altra parte, ci è imposto dalla caduta dei confini nazionali e dalla creazione di nuove entità come la Comunità Europea. Non si può pensare che un territorio così vasto, con una popolazione così numerosa e con storie e tradizioni molto differenziate possa essere governato senza politiche finalizzate alla ricerca di valori di convivenza comuni che, pur non negando diversità e specificità, consentano di superare contrapposizioni che anche di recente hanno portato a guerre sanguinose (57).
Di fronte a questa mutata realtà le politiche di gestione delle relazioni tra gruppi e formazioni sociali diverse per appartenenza religiosa, etnica, linguistica, culturale sono destinate a trasformarsi e ad assumere un nuovo assetto. Se la laicità è uno dei valori guida, certo il pluralismo delle appartenenze è un altro caposaldo, in quanto presuppone la pari dignità tra i gruppi ed esclude quindi il ricorso a valori relativi, in ragione del rapporto privilegiato che questi avrebbero o hanno con il territorio. Non si può più pensare, ad esempio, a una laicità relativa a un territorio, condizionata da supposte appartenenze maggioritarie di questo o quel gruppo religioso o da appartenenze tradizionali, in quanto ciò finirebbe per balcanizzare il territorio, portando all'adozione di politiche di "pulizia etnica" o religiosa, moralmente condannabili, e certamente fragili, in quanto destinate a essere riassorbite col tempo dalle invincibili leggi dell'economia che impongono la distribuzione delle persone sul territorio in rapporto ai bisogni della produzione più che delle appartenenze etnico culturali (58).
Il principio di laicità diviene quindi un criterio generale che si applica in tutti i campi: dal diritto internazionale a quello costituzionale, dal diritto civile al diritto penale, da quello commerciale e del lavoro a quello fiscale, da quello amministrativo a quello delle relazioni con e tra le confessioni religiose o i non credenti tra loro organizzati.
Non è un caso che la Comunità europea abbia adottato una nozione larga di cittadinanza che sfugge alle tradizionali categorie dello jus sanguinis e dello jus loci per cui "A cidadania europeia assume então um papel preponderante. Isto, obviamente, perante os cidadãos nacionais dos Estados-membros da União Europeia. Nos termos do artigo 2º do Tratado da União Europeia, é um dos objectivos desta organização «a instituição de uma cidadania da União». O artigo 17º do Tratado de Roma estatui, por sua vez, no n.º 1, que «É instituída a cidadania da União. É cidadão da União qualquer pessoa que tenha a nacionalidade de um Estado-membro (...)». A cidadania europeia pode ser concebida como uma base jurídica de medidas comunitárias, destinadas a realizar uma harmonização de forma sistemática e através da procura de noções e soluções comuns, extraídas de culturas jurídicas particulares, bem como sustentadas e ligadas pelo respeito dos direitos fundamentais resultantes das tradições constitucionais comuns aos Estados-membros, enquanto princípios gerais de Direito Europeu" (59). In buona sostanza la cittadinanza europea presuppone una suistematizzazione che offre uno spazio comune di diritti che costituisce un denominatore comune tra tradizioni giuridiche e sensibilità diverse.
4. Le relazioni con i gruppi.
Vi è la tendenza molto diffusa a trovare strumenti di relazione tra le istituzioni e i gruppi, nella convinzione che le formazioni sociali rappresentino una realtà ineludibile con la quale le istituzioni devono comunque fare i conti. In quest'ottica, una volta fatto salvo un nucleo essenziale di relazioni sociali, la larga autonomia concessa a questi aggregati di persone costituirebbe il modo migliore e più efficace di governo (60). Si tratta di verificare però quanto è alto il livello di "estraneità" che questi gruppi possono maturare, una volta che essi continuano a elaborare valori come parti di una società esterna che vive secondo altri tempi e altri ritmi con una scansione degli eventi del tutto diversa del luogo nel quale vive. E' il caso di molte comunità immigrate in occidente, quando queste realizzano un radicamento sul territorio, dotato di una qualche continuità nello spazio occupato, costruendo realtà urbane proprie, vivendo con i ritmi, le notizie, il tempo atmosferico, le ultime novità politiche, il cinema, la stampa la televisione, ecc. del territorio o area che costituisce la matrice di riferimento cultural-religioso di provenienza (61).
Questi gruppi non elaborano nemmeno una cultura del ghetto, che era caratterizzata per l'appartenenza a una radice culturale e religiosa comune, e nelle comunità immigrate dei decenni precedenti viveva nel territorio e nel tempo proprio, ma sono comunità che, benché prive di una continuità territoriale con le società di origine, sono parte integrante della matrice originaria e si evolvono, vivono, soffrono come una parte di essa, in una dimensione in parte virtuale (62).
In questa situazione non solo non si sviluppano nel tempo processi di integrazione, ma solamente tendenze all'espansione e alla difesa dell'enclave, attraverso la creazione di organizzazioni e strutture di autoproduzione di valori, come organizzazione alimentare, politica familiare, gestione dei momenti essenziali di vita (nascita, matrimonio, morte), scuole, centri di aggregazione religiosa (63).
4.1. Il pluralismo confessionale.
Gli Stati che hanno una forte presenza di popolazioni immigrate stanno sviluppando politiche multiculturali o di integrazione, ma tutti ritengono opportuno prendere atto del pluralismo confessionale che caratterizza gli abitanti del loro territorio (64). Eppure il pluralismo confessionale non basta a governare il fenomeno, se non si utilizza il principio di laicità, per molti versi sconosciuto agli ordinamenti di common law, che infatti sono quelle che oggi affrontano con maggiori difficoltà questa fase di trasformazione. Benché in passato questi ordinamenti abbiano dovuto affrontare forti problemi di immigrazione essi avevano a che fare con popolazioni che lottavano per essere integrate, pur volendo conservare molti valori propri e in ogni caso il catalogo di valori dai quali esse erano portatrici era compatibile con la composizione della popolazione preesistente (65).
Oggi il catalogo di valori di almeno parte del movimento migratorio è diverso e, a volte, in conflitto culturale aperto con quello dei paesi riceventi e perciò, sia pure con strumenti loro propri, gli ordinamenti di common law dovranno trovare modalità e tempi di elaborazione del principio di laicità, che sia pure rivisitato, dovrà essere inserito tra gli strumenti disponibili per la gestione del conflitto sociale (66). Il ricorso tradizionale al separatismo non basta più per rispondere alle esigenze di una diversità confessionale che conosce la presenza di formazioni integraliste nei confronti delle quali la sola strategia appare essere quella della demonizzazione, equivalente della guerra di pulizia etnica praticata nei Balcani. Le invocazioni a favore di una nuova guerra santa, di uno scontro di civiltà che caratterizzano la politica dei neo conservatori americani, costituisce la più palese dimostrazione di questa incapacità di gestire il conflitto, a fronte di un mercato religioso aperto, di una circolazione delle persone sui territori sempre più incontrollabile, dello sviluppo a tutti i livelli dei processi di globalizzazione. Questi fenomeni, che hanno la loro radice profonda in ragioni di carattere economico, che rappresentano un fenomeno demografico inarrestabile di migrazione verso le aree economicamente avanzate e a bassa natalità, non sono arginabili. Le soluzioni risiedono in una nuova e diversa fase di sviluppo delle forze produttive che oggi non è dato forse compiutamente immaginare.
4.2. Le organizzazioni filosofiche non confessionali.
In molti Paesi caratterizzati da un livello avanzato di sviluppo delle forze produttive cresce e si diffonde l'aggregazione di persone sulla base del rifiuto di una appartenenza confessionale comunque intesa (67). Cresce l'associazionismo laico che non ha caratteri di neutralità, ma connotazioni ideologiche e esperienzali definite, frutto della maturata convinzione della necessità del superamento dell'appartenenza religiosa. In numerosi Stati e società questi gruppi si presentano come tali, danno una dimensione collettiva al rifiuto dell'appartenenza religiosa, chiedono, pretendono ed ottengono, precise garanzie alla possibilità di veder soddisfatte le loro esigenze etiche ed esistenziali sulla base di valori socialmente condivisi (68).
Questi gruppi, utilizzando per molti versi l'esperienza delle stesse confessioni religiose, si inseriscono nell'ambito di un sistema segnato dal pluralismo ideologico, impongono e ottengono la regolamentazione e garanzia di numerosi diritti attraverso leggi caratterizzate dal pluralismo etico e improntate al principio di laicità delle istituzioni e dello Stato (69). Per dare attuazione a queste richieste negli ultimi anni sono state elaborate tecniche legislative e istituti nuovi, anche utilizzando il contributo creativo per il diritto che può venire dall'esercizio di autotutela (70). Alla ricerca di nuovi strumenti si sono utilizzate tecniche innovative, caratterizzate dall'interdisciplinarietà (71). Il superamento delle tradizionali ripartizioni del diritto ha fatto si che venissero utilizzati, ad esempio, strumenti propri del diritto amministrativo nella gestione del diritto penale o norme autoprodotte per la gestione dei diritti della persona e di status, ma gli esempi potrebbero essere molteplici (72).
L'adozione di questi strumenti si è resa ancor più necessaria a fronte dei fenomeni di globalizzazione che investono anche il diritto, a causa del fenomeno della circolarità del dibattito giuridico e dell'infittirsi dello scambio di esperienze tra ordinamenti di matrice diversa, per i proliferare degli ordinamenti giuridici extrastatuali, per il progressivo ritrarsi dello Stato anche nella sua capacità complessiva di governo del sistema giuridico (73).
Ma questo nuovo diritto che avanza non può vivere operare e svilupparsi se non si emancipa da ogni rapporto con i diritti di origini religiosa che sono certo portatori di una grande esperienza, ma anche di verità assolute (74). Da qui il ritorno del diritto moderno ai formanti classici del diritto romano, come diritto delle genti, la tendenza a riscoprire la duttilità del sistema giuridico romano, la tentazione di utilizzare strumenti propri dell'età di mezzo per gestire la riconfigurazione di istituti giuridici, essenziale alla nuova fase di sviluppo delle forze produttive e dei rapporti sociali (75).
5. La libertà di pensiero e l'uguaglianza come valori.
In questo sforzo di ricerca di valori quello della riscoperta della libertà di pensiero è strategico ed essenziale (76). Si tratta di ritornare alla matrice comune dello sviluppo moderno delle forze produttive, a quella rivoluzione francese che accompagnò e potenziò lo sviluppo dell'economia degli ultimi due secoli, tenendo conto che oggi bisogna gestire un territorio che tende a divenire unico, globale, caratterizzato da una comunicazione tendenzialmente libera, malgrado siano forti e potenti i tentativi per controllarla e circoscriverla (77).
In un mercato delle idee aperto occorrono regole comuni e super partes, valori condivisi che possano consentire il governo complessivo del sistema. Ancora una volta uno degli strumenti principali di governo è la laicità che non può essere ridotta a valore di questa o quella confessione religiosa, da essa rivisitato, ridefinito, aggettivato a proprio beneficio; che non può essere assoggettata a limiti e regole perché: o essa è ed è assoluta o non è (78). Il mercato delle idee, soprattutto se religiose, è oggi aperto, estremamente variabile, sempre più ricco di nuovi stimoli. Nella misura in cui è chiuso, esso impedisce la circolazione delle idee, il confronto, la crescita della stessa consapevolezza di se. Se posto fuori dal tempo, dall'evoluzione della società e dei costumi, è incompatibile con la trasmissione di valori che in un mondo globalizzato avviene secondo altre regole (79).
Ma la libertà di pensiero non può vivere senza che sia garantita ad ogni culto l'uguale libertà di propaganda e di proselitismo. Al tempo stesso non c'è libertà possibile senza la ricerca della libertà dal bisogno, senza l'affrancamento dalla schiavitù del lavoro, senza la soddisfazione dei bisogni elementari, senza la ricerca di una qualità delle vita che la renda degna di essere vissuta (80).
Se guardiamo alla situazione attuale non possiamo che considerare queste aspettative utopiche ma, più correttamente, dobbiamo tenere conto che bisogna avere e recuperare il senso del tempo e del mutamento, in rapporto al mutare delle generazioni. Se solo consideriamo i Paesi a sviluppo economico avanzato e il lasso di tempo nel quale essi hanno completamente mutato il loro assetto economico-sociale e rapportiamo queste trasformazioni con i tassi di sviluppo di altre epoche, ci rendiamo conto della rapidità del cambiamento e al tempo stesso del bisogno di tempo perché le trasformazioni avvengano (81).
Sia chiaro che non si tratta di uno sviluppo lineare e inarrestabile verso il meglio perché la storia conosce battute di arresto e arretramenti (82). E' perciò che è importante riflettere sugli strumenti di governo della fase di cui disponiamo perché dalla loro utilizzazione dipendono i futuri sviluppi della società attuale.
6. Dialettica della tolleranza e pluralismo etico.
Insieme al principio di laicità la tolleranza è lo strumento essenziale anche se non sufficiente per la gestione del conflitto (83). Il confronto dialettico fra posizioni diverse, assunto come metodo; la possibilità di rimettere in discussione le proprie scelte e di cambiare; la discutibilità di ogni posizione, non significano assenza di certezze e di credenze identitarie, ma danno atto di una disponibilità intellettuale e materiale a considerare l'altro diverso da se come una entità possibile, con la quale relazionarsi.
Se si parte dal punto di vista che ogni cosa è valida non di per se, ma in relazione a noi e agli altri e a quello che ognuno è in grado di accettare come vero o come falso, si stabiliscono le basi di un pluralismo etico dalle solide fondamenta, perché costruito sul relativismo etico (84).
"Non ci incontreremo forse sulle ragioni del nostro agire, ma possiamo certamente incontrarci sull'agire e sulle singole azioni, accettando ognuno come possibili le ragioni dell'altro."
"Non mi importa quali siano le ragioni della solidarietà e dell'aiuto ai deboli, se a muoverti sono ragioni filosofiche, politiche religiose: l'importante è che l'aiuto arrivi e si manifesti concretamente con azioni che aiutano chi ne ha bisogno".
"Mi basta la tua disponibilità a combattere il dolore e ad aiutare chi soffre: nel rispetto dei desideri di chi ha bisogno di me, darò il mio aiuto, non per la mia soddisfazione, ma per i bisogni dell'altro, accettandone i punti di vista diversi dal mio, in quanto suoi".
Il limite all'agire è dato dalla violazione dei diritti dell'altro, alla ricerca programmatica di un equilibrio.
Il pluralismo etico diviene così il terreno sul quale si esercita la tolleranza, si costruiscono norme e regole che attraverso il pluralismo normativo dispiegano i loro effetti, producendo un superamento dei conflitti, a condizione che si seguano procedure determinate in una scansione temporale e con garanzie predefinite. Siamo di fronte al fenomeno moderno della procedimentalizzazione che consente di elaborare percorsi e comportamenti accettati come leciti in ragione del rispetto di un insieme di parametri di garanzia (85).
Il monitoraggio del procedimento è elemento essenziale di valutazione in quanto permette il controllo dialettico della gestione, delle relazioni e dei fenomeni (86).
6.1. Consociativismo e laicità
Sulla strada della ricerca di una gestione non violenta del conflitto sono nati numerosi sistemi consociativi che hanno elaborato un codice politico di comportamento che consente di risolvere situazioni altrimenti inconciliabili e che porterebbero inevitabilmente alla fine di una società pluralista (87).
Il consociativismo è frutto proprio del confronto-scontro tra religioni, tra verità assolute che nell'impossibilità di annientarsi a vicenda e in difesa degli elementi comuni hanno cercato e trovato valori fondanti riconoscibili, ponendoli a base di una pacifica convivenza (88).
Benché dopo molte prove questi sistemi mostrino oggi segni di crisi riteniamo che l'innesto in essi del principio di laicità sia uno degli strumenti necessari per ridare efficacia al modello, a condizione della rielaborazione di principi cardine quali la lotta senza quartiere al fondamentalismo di qualsiasi tipo e soprattutto religioso (89). La pacifica convivenza e il confronto costante e dialettico tra le diverse opzioni etiche possibili passa per una politica spietatamente repressiva di ogni integralismo. Ne strutture, né finanziamenti, né sostegno, né libertà, né tolleranza va data a progetti etico-politici-religiosi che non rispettino il pluralismo e la laicità delle istituzioni e dello Stato (90).
Nessuna politica sarà abbastanza repressiva quando il fine è disarticolare progetti e ideologie integraliste, che vanno combattute soprattutto rendendo economicamente non conveniente l'adesione di chiunque a questi valori, applicando rigidamente le regole del confronto e del mutuo rispetto delle differenti posizioni, contrastando ogni attività rivolta contro i minori per inculcare loro l'osservanza di determinati principi religiosi (91).
A queste condizioni le tecniche di gestione consociativa della società possono dare un contributo valido alla costruzione di valori condivisi e caratterizzati dal rispetto della libertà, nella direzione di una società più giusta e rispettosa del principio di uguaglianza.
7. La laicità come strumento di circolazione e omogeneizzazione del diritto.
Abbiamo segnalato la presenza del fenomeno della circolazione del diritto, e la tendenza dei due grandi sistemi di common law e di civil law a incontrarsi e a scambiarsi esperienze e strumenti. D'altra parte il diritto non può sfuggire ai processi di globalizzazione in atto, non può non tenere conto delle tendenze del mercato al quale è profondamente legato (92).
Ma perché esperienze e modelli possano circolare e innestarsi senza fenomeni di rigetto nei differenti ordinamenti giuridici e nelle diverse esperienze di relazione occorre che si vada verso una omogeneizzazione almeno tendenziale dei formanti (93). Ebbene la laicità è uno di questi formanti. Nato nell'esperienza civilistica e segnatamente nel diritto francese, esso deve transitare in qualche modo negli ordinamenti di common law per arginare la crisi del principio di separazione, oggi svilito dalle relazioni privilegiate con le confessioni tradizionali, che rappresentano la più palese negazione dell'originario rifiuto dell'esistenza di una religione stabilita (94). Il pluralismo confessionale, la capacità delle istituzioni e dello Stato di non dipendere da valori religiosi, costituiscono oggi un punto irrinunciabile dell'elaborazione giuridica. Sono il presupposto necessario per ottenere il rispetto delle regole da parte di tutti.
Al di fuori di questa soluzione c'è il prevalere del fondamentalismo, l'identificazione tra legge civile e legge religiosa e quindi un inconciliabile conflitto che può finire solo con lo sterminio dell'altro, con l'autodistruzione dell'umanità (95).
a) nell'Unione Europea;
Questa necessità è stata ben compresa dall'Unione Europea che pur non avendo nel proprio catalogo di competenze la libertà religiosa si è ritagliata una notevole capacità di intervento considerando le confessioni religiose come agenzie che collocano sul mercato il sacro (96). Il sacro che si fa istituzione e organizzazione attraverso le strutture del culto produce merce, merce che ha un mercato, produce o può produrre profitto (97). Pertanto nell'interesse sia dei consumatori che dei produttori, va garantita la libera concorrenza, la trasparenza del mercato religioso. Ciò non può tuttavia avvenire, a meno che non si pongano tutte le confessioni sullo stesso piano e non si consideri ogni agenzia, e quindi ogni culto, portatore di un messaggio di per se valido, posto in leale concorrenza con ogni altro (98).
Un tal modo di procedere presuppone l'adozione piena del principio di laicità, l'assunzione del pluralismo più ampio in campo religioso, che si spinge fino al punto di riconoscere alle associazioni filosofiche non confessionali la stessa dignità e le stesse prerogative dei culti in modo che il mercato sia effettivamente aperto a ogni credenza (99). Le norme che regolano l'attività dell'azienda che eroga servizi dedicati all'esercizio del culto sono proprie e specifiche degli Stati membri, rispecchiano il pluralismo e la differenziazione in materia commerciale a proposito della differente configurazione giuridica delle imprese. Il tratto comune di questa legislazione non può che essere l'assenza di una posizione monopolistica da parte di una sola agenzia, il contrasto verso l'assunzione di una posizione dominante, nella misura in cui questa turba il mercato, la sua apertura alla concorrenza. Ne è prova la tutela accordata dalle Corti europee alla libertà di proselitismo che può essere letta come una misura finalizzata a lasciare aperto il mercato all'ingresso di nuovi operatori (100).
Tuttavia, similmente a quanto avviene in campo economico, ciò non esclude che i singoli Paesi emanino norme che differenziano le posizioni degli operatori, in ragione della forma giuridica da essi utilizzata, né che gli Stati dell'Unione non stipulino accordi particolari per l'esercizio dell'attività delle diverse agenzie, in rapporto alle tradizioni giuridiche del Paese. Si spiega anche in questo modo la sopravvivenza dei Concordati o la presenza in alcuni paesi di una Chiesa nazionale (101).
b) nel diritto internazionale.
Il diritto internazionale, inaugurando l'adozione delle Carte dei diritti dell'uomo, si è fatto carico di stilare un catalogo di garanzie tra le quali vi è certamente la libertà religiosa, di coscienza e di pensiero. Proprio a causa dell'impostazione universalistica che caratterizza questi atti internazionali non poteva esservi l'opzione a favore di una religione, ma piuttosto la scelta di difendere l'esercizio pieno dei citati diritti di libertà.
Il diritto internazionale ha preso atto dei differenti impegni che i Paesi potevano assumere in ragione del rapporto con il culto prevalente e, persistendo l'importanza di individuare comunque principi universalmente condivisi, ha indotto alcuni di essi a redigere atti quali la Dichiarazione islamica dei diritti dell'uomo che costituisce lo sforzo di adeguamento della cultura giuridica di tali Paesi ai principi elaborati dalle diverse Carte dei diritti (102).
Ci troviamo di fronte a un processo lungo e difficile, di progressiva convergenza verso la creazione di un catalogo dei diritti universalmente condiviso. Ma questo obiettivo è conseguibile solo a condizione di assumere il principio di laicità a paradigma universalmente accettato e assunto come strumento per leggere i rapporti tra ordinamenti statali e ordinamento internazionale. Senza un forte richiamo a tale principio le posizioni tra gli ordinamenti rimarranno inevitabilmente distanti. L'adozione di un principio di "laicità positiva", misurato e ponderato in relazione alla religione stabilita dominante e ancor più la nozione di "sana laicità" o "giusta laicità", elaborata dal magistero ecclesiastico non garantiscono alcuna convergenza e convivenza possibile, alimentando la tendenza allo scontro di civiltà che sembra destinato a succedere alla politica di apertura che caratterizzo in un passato nemmeno tanto lontano l'atteggiamento della Chiesa cattolica (103).
Non vi è dubbio infatti, che il criterio della libertà religiosa e di coscienza, assunto come punto di riferimento e principio cardine dei diritti umani, il sistema di garanzie del quale esso si è dotato grazie alla conferenza e il trattato di Helsinki nel quale la Chiesa cattolica ha avuto un ruolo essenziale, ha avuto e ha una portata eversiva che non può essere sottovalutata (104). Il principio di laicità costituisce il sigillo di tale sistema e fornisce gli strumenti per non far precipitare gli Stati verso lo scontro interconfessionale (105).
La recente esperienza della guerra nei Balcani, ammantata di ragioni etniche e religiose, dimostra che il conflitto interreligioso va evitato, poiché spinge verso uno scontro sanguinoso che ha come solo risultato possibile la distruzione dell'altro e si accompagna alla pulizia etnica portatrice di massacri tra i più efferati (106).
8. La laicità nell'ordinamento giuridico italiano: un caso di subordinazione a formanti esterni.
L'ordinamento giuridico italiano si scopre laico con la sentenza 203/89 della Corte Costituzionale la quale, rilevando che gli artt. 2, 3, 7, 8, 19 e 20 della Costituzione concorrono a strutturare il principio supremo della laicità dello Stato, quale uno dei profili della forma di Stato delineata nella Carta costituzionale della Repubblica, salva da una sicura censura d'incostituzionalità la revisione concordataria appena approvata nel 1984 (107). Ma, a ben guardare, l'elaborazione della Corte si rivela debole, limitata com'è a evitare ogni discriminazione, a sancire la non indifferenza dello Stato dinanzi alle religioni, a salvaguardarne la libertà delle religioni in regime di pluralismo confessionale e culturale. Tanto più che corollario immediato di tali principi è il riconoscimento del valore della cultura religiosa e la considerazione che i principi del cattolicesimo sono parte del patrimonio storico del popolo italiano (108). A ben guardare la Corte, nell'elaborare la sua visione della laicità, opera utilizzando formanti in parte esterni all'ordinamento dello Stato (109), prova ne sia che il riferimento alle "conseguenze" di questa laicità si ritrovano nel testo concordatario! Questi formanti sono stati messi a punto dalla Chiesa cattolica nel corso del XVIII e XIX secolo nel confronto con il principio di laicità elaborato dalla rivoluzione francese e sviluppato soprattutto dall'ordinamento francese nel corso dei due secoli successivi. L'operazione fatta dalla Chiesa cattolica non è stata indolore, perché ha fortemente segnato il processo di secolarizzazione di questo culto e ha indotto il magistero a sviluppare una riflessione così profonda da far introiettare alla Chiesa stessa la convinzione di essere la radice prima di un concetto di laicità aggettivata come "positiva" che permeerebbe di se l'intera cultura dell'occidente (110).
In buona sostanza non solo non possiamo non dirci cristiani, ma saremo in grado di raggiungere la piena consapevolezza di noi stessi e ritrovare la fede, solo in un sistema di credenze religiose proprie del cristianesimo. Quella cristiana, dunque, sarebbe la sola religione in grado di far coesistere libertà religiosa, fede e laicità, che in questo contesto sarebbe relativa e insieme positiva (111).
Se non che – a nostro avviso – solo il principio di laicità consente la tutela della libertà di coscienza e quindi assicura la possibilità della libertà dalla religione. La necessità che l'ordinamento civile includa tra le diverse opzioni possibili la libertà dalla religione mette in crisi larga parte della dottrina non solo cattolica – che pure ha sviluppato una qualche propensione al dialogo anche con i non credenti – ma tutte le confessioni religiose, le quali considerano ateismo e agnosticismo come il peggiore dei peccati. La fede in un falso Dio può essere accettata, perché è sempre possibile recuperare quella vera, conducendo per mano l'uomo verso la verità: questa è appunto la funzione di ogni confessione religiosa. Ma nulla è possibile nell'assenza di Dio.
Eppure la laicità ha tra i suoi punti di forza proprio la possibile assenza di Dio, il ragionare a prescindere dall'idea di Dio, su un catalogo di valori elaborato dal pensiero e dall'esperienza delle donne e degli uomini, valorizzato proprio dalla capacità senziente della specie di elaborare regole giuste di convivenza, tutte relativamente vere, purché rispondenti a criteri di giustizia e di pace, di rispetto dell'altro, diverso da se, faticosamente costruiti in una storia millenaria, lungo un percorso non ancora concluso, ma destinato a proseguire fino all'estinzione della specie, lungo un cammino dalla durata indefinibile (112). A guidare questo cammino possono essere solo gli uomini e le donne disposte a crescere lungo un percorso di solidarietà, capace di sovvertire i rapporti di produzione nella direzione della realizzazione di una società di liberi ed eguali: è il disegno dell'utopia laica di un mondo migliore, della felicità nella vita terrena (113).
In questa ottica il ruolo delle religioni nell'elaborazione di valori è destinato a seguire un percorso carsico: a volte il messaggio religioso prevale – in un tempo definito e/o in un territorio – a volte soccombe e sembra scomparire, per poi riaffiorare con una forza a prima vista inarrestabile (114).
Ma la ragione ci dice che, a un certo punto di questo percorso, c'è certamente e inevitabilmente il confluire del confronto dialettico tra fedi e ragione in un mare sconosciuto, rappresentato dall'immensa capacità della specie di conoscere. Si tratta di vivere la storia pensando alla pregnanza e validità relativa dei valori, pensando alla possibile estinzione del bisogno di Dio, quanto meno nell'esperienza individuale. E forse è questo il giudizio universale, la precognizione della fine della storia, quando l'umanità si ricongiungerà con l'idea di Dio nella capacità di conoscenza della specie. In questo percorso dialettico verso la conoscenza in ogni caso la laicità rappresenta il punto di equilibrio, la regola aurea che consente alle diverse forze che operano nella società – tra queste le confessioni religiose – di agire come agenzie del sacro, in una competizione libera che da la possibilità a ogni essere umano di fruire delle diverse offerte messe in campo per dare una risposta alle tante o alle poche domande poste dal vivere (115).
8.1. L'apporto dell'elaborazione culturale.
Lo sviluppo delle forze produttive, la diffusione della comunicazione, la rottura del rapporto tra territorio e popolazione, la contaminazione tra le culture, il moltiplicarsi degli approcci alla conoscenza, la partecipazione anonima e pluridirezionale all'elaborazione di modelli culturali, rimette in discussione numerosi parametri che sembravano consolidati. Un esempio per tutti l'idea di moderno contrapposta a quella di tradizione (116). La comunicazione globalizzata ci pone di fronte a eventi contemporanei che sono tutti, in quanto tali, coevi e attuali, frutto di comportamenti nell'elaborazione dei quali confluiscono diverse esperienze, che tuttavia vivono oggi, non eguali a quelli del passato. In quanto tali, perde di senso riferirsi a essi come comportamenti e valori antichi, poiché, una volta manifestatisi, sono già contaminati dal presente e dal confronto con la globalità degli eventi, al punto da essere comunque diversi da quelli di un tempo (117).
E' insomma finita l'era delle culture chiuse; ostinarsi a difendere il territorio con marcatori culturali, con simboli religiosi, è illusorio e perdente, frutto di una visione del mondo ormai tramontata; rappresenta l'invocazione di un ritorno all'antico, a un mondo ormai perduto, che forse nemmeno una guerra totale nucleare è in grado di ricostruire (118). Illusorio dunque riproporre la simbologia della croce, illusorio e velleitario imporre il velo alle donne, a meno di non creare delle enclaves che consentano a questi simboli di operare, enclaves destinate a essere contaminate e progressivamente erose dal tempo e dalla storia (119). Nessuno avrebbe detto appena 60 anni fa alle donne del sud Italia che in pochi anni avrebbero dimenticato l'abitudine di andare a capo coperto, anche se bisogna abituarsi alla presenza residuale di un certo numero di esse che ritengono ancora culturalmente o religiosamente valida questa pratica !
Ancora una volta la laicità, fissando le regole e limitando l'azione dei gruppi, sia all'interno delle formazioni sociali, sia verso i singoli, è lo strumento di governo della nuova fase di confronto culturale globale che si è aperta. In un mercato senza regole, la laicità è la regola principe, il primo strumento utilizzato dalle tecniche di governance per consentire il confronto dialettico, la convivenza, la coesistenza tra diverse opzioni cultural-religiose, considerate tutte alla pari; per rendere possibile un percorso esperienziale che si consumi nella diversità e nella non omologazione, segnato da una dialettica costante tra i diversi gruppi e individui, ponderata dalle regole del diritto.
8.2. L'apporto degli ordinamenti esterni.
In questa fase delle storia, più che in passato, siamo forse all'interno di un grande immenso cantiere nel quale si svolgono in contemporanea mille e mille lavori, sorgono mille e mille costruzioni, a volte rispondendo a progetti di questo o quel gruppo, di questa o quella confessione. Il piano regolatore che disciplina l'attività del cantiere ha poche e semplici regole, non tutte note, ma che vanno conosciute. La sperimentazione dei percorsi avviene nei diversi ordinamenti che elaborano soluzioni a problemi a volte identici, diverse da quelle di altri ordinamenti, ma non per questo più o meno valide (120).
Nel grande cantiere costituito dal mondo globalizzato vige la regola della reciproca contaminazione che, per non essere omologazione, va amministrata dal principio di laicità che anche gli ordinamenti più restii dovranno introiettare, quando la libera circolazione dei modelli culturali e religiosi manifesterà fino in fondo il limite insito nei modelli monolitici, in cataloghi di valori chiusi (121). Le enclaves più o meno grandi possono vivere; ma nel lungo periscono – abbandonate e isolate tagliate fuori dalla storia e dall'evoluzione – tutte le enclaves soccomberanno, per risorgere diverse e nuove a causa di quel rapporto dialettico che ci collega alla storia e alle nostre radici (122).
E' quello descritto un cammino incerto, nel quale giocano paradossalmente un ruolo molto importante i diritti religiosi, i quali hanno la forza di riproporre attraverso un circuito protetto di circolazione di valori, sostenuto dalla fede dei consociati, un catalogo di valori ben definito (123). Ma si tratta di numerose agenzie del sacro che operano in concorrenza tra loro e con altri centri, quelli statali, territoriali o sopranazionali provvedendo a emanare regole e procedure di comportamento. Questa è la novità portata dai rapporti globalizzati, dal mercato globale della comunicazione, dalla circolazione costante e continua delle persone e delle idee (124).
Da qui la necessità di coesistere e la ragione dell'interazione tra differenti impulsi che portano all'affermarsi pluralismo. La diversità e pluralità delle fonti né è esaltata e ancora una volta si avverte il bisogno della laicità, intesa questa volta come neutralità, come garanzia del libero e costante confronto di valori che porta alla progressiva contaminazione ed erosione reciproca di essi, fino a mettere col tempo in discussione la stessa consistenza del loro nucleo centrale (125).
Si afferma progressivamente in tal modo uno spazio nuovo e inedito per la libertà di coscienza che opera in modo eversivo tra tante certezze, esaltando il ruolo del relativismo come valore e quindi dell'individuo che diviene collettività, gruppo, formazione sociale, proprio assumendo come formante unificante, genetico e caratteristico la comune condivisione della libertà di pensiero, della laicità assunta regola universale.
8.3. Il condizionamento della legislazione a carattere consociativo.
Fino ad oggi il nostro ordinamento ha cercato di rispondere alle domande dei gruppi di trovare una protezione della loro identità, praticando una politica di tipo consociativo e ricorrendo allo strumento delle intese con i gruppi religiosi a carattere confessionale, costituitisi in confessione religiosa (126). L'applicazione di questa politica ha mostrato i suoi limiti laddove dopo una prima fase di elaborazione di un modello, peraltro costruito nel rapporto con la Chiesa cattolica, si è passati a intese "fotocopia" nella larga parte delle norme (127).
Questo percorso e questo limite del modello è dipeso probabilmente dal fatto che il nostro ordinamento si è misurato finora con richieste provenienti da culti di matrice cristiana o al più ebraica (128), ma presenta delle incognite se riferito alla definizione dei rapporti con altre culture, prime tra tutte quella elaborata dai mille islam presenti nel mondo, e in futuro non lontano dal crescere di enclaves culturali come quella cinese, dotati di una forza espansiva e di una solida tradizione esperienziale che consente di resistere alle politiche di integrazione e di assimilazione (129).
In questa prospettiva la laicità dell'ordinamento è il limite opponibile alle capacità espansive e all'ottica militante di queste opzioni cultural-religiose, per cui si assiste al paradosso che la laicità delle istituzioni e dello Stato viene oggi invocata da alcuni dei suoi nemici più determinati. Essi l'avversano per affermare le ragioni della religione dominante e ne scoprono ora, per convenienza, il valore di garanzia quando la supremazia di questa viene insidiata da altre confessioni (130).
La loro proposta è quella di usare una versione edulcorata e ridotta di laicità, condizionata dell'interpretazione che di essa da la Chiesa cattolica. Ma se è così inteso il principio di laicità è destinato a produrre effetti ben miseri, a essere vissuto non come regola generale, ma di parte, ad essere avversato dagli altri gruppi religiosi come strumento di un culto e di una cultura che vuole essere dominante sulle altre. Uno degli scenari possibili è l'alleanza tra integralismi religiosi di matrice diversa che ha noti precedenti negli ordinamenti consociativi europei e segnatamente nei Paesi bassi dove ha arrecato danni notevoli alla crescita culturale e esperienziale del Paese in una prima fase, per produrre successivamente un fenomeno di radicale rigetto e stimolare l'elaborazione di valori alternativi e laici (131). Tuttavia i percorsi delle esperienze sono sempre diversi e mai rispondenti a regole e a precedenti modelli, anche se qualche suggerimento ci può venire dalla storia. Ci limitiamo a rilevare che una non improbabile alleanza tra sensibilità religiose e etiche diverse, in nome di valori che facciano da comun denominatore, può ancora una volta essere governata dal principio di laicità che consente di contestualizzare e settorializzare queste esperienze, togliendo ad esse il valore totalizzante che pretenderebbero di avere e quell'efficacia regressiva nell'elaborazione di regole comuni di convivenza che una tale convergenza potrebbe rappresentare (132).
9. Esigenze e prospettive di libertà
Ma per dispiegare i suoi effetti la laicità deve vivere e operare innanzi tutto nelle formazioni sociali dove si costruisce la personalità dell'individuo e quindi primo tra tutti nella scuola. E' perciò che oggi la battaglia per una scuola laica ha un valore strategico essenziale. La scuola pubblica, benché privata dagli investimenti pubblici e non la scuola privata, malgrado che sia divenuta destinataria di ingenti investimenti pubblici (133), è uno dei luoghi principali nei quali si sviluppa il valore della laicità e la tutela sia della libertà religiosa che di coscienza. La libertà dalla religione è indissolubilmente connessa oggi con la libertà di religione.
Tuttavia, ogni altro luogo, ogni formazione sociale pur minima, costituisce un terreno di confronto per far crescere questo valore e consentirne il dispiegarsi degli effetti positivi. Ci riferiamo a tutte le istituzioni, chiuse o separate, all'associazionismo, all'attività pubblica per il reperimento di spazi nei quali esercitare il culto o attività culturali e associative (134).
Altro terreno di operatività del principio di laicità è costituito dallo scambio fecondo di esperienze tra gli ordinamenti, dalla circolarità del diritto, inevitabile in un mondo globalizzato, nell'utilizzazione dalla procedimentalizzazione per dare soluzione ai problemi etici posti al diritto dal pluralismo religioso e culturale, relativamente alle domande sulla vita: nascita e sviluppo della personalità, rapporti di solidarietà affettiva, matrimoniali e non, qualità della vita, rapporto con la malattia e il dolore, ricerca di una morte dignitosa (135).
In tal modo istituti tipici del comunitarismo divengono strumenti universali per assicurare la governance, garantire a tutti il migliore dei mondi possibili, laicamente inteso.
Gianni Cimbalo
Note:
1. Si dice laico colui che non è
né ecclesiastico né religioso. Etimologicamente il termine deriva dal latino
laicus che traspone il greco tardivo laïkos. Questo aggettivo greco
corrisponde al sostantivo laos ovvero popolo e viene rielaborato nei suoi
significati in Francia. Vedi a riguardo la Lois 28 mars 1988, c. d. "Lois Jules
Ferry", Laicisation des programmes des écoles Primaires publiques e la
Loi du 30 octobre 1886, c. d. "loi Goblet", Laicisation du personnel
einsegnant des écoles publiques. Cfr.: MOULINET D., Genèse de la laïcité
à travers le textes fondateurs, Paris, Cerf, 2005. Si può quindi affermare
che questo termine ha un carattere specificatamente giuridico e risponde
all'esigenza dell'ordinamento di affermare la propria autonomia da qualsivoglia
valore confessionale, da qualsiasi confessione religiosa. La laicità, insomma é
: «... une conception politique impliquant la séparation de la société civile et
la société religieuse, l'État n'exercant aucun pouvoir religieux et les Églises
aucun pouvoir politique ». CAPITANT H., voce laïcité, Vocabulaire
juridique, Paris, 1936, 305.
2. Quando si fa riferimento al principio di laicità per come è
inteso negli ordinamenti di civil law non se ne possono trascurare le
origini, certamente storicamente ascrivibili all'illuminismo e al positivismo
giuridico. Benché nell'ordinamento francese, certamente statalista, il principio
di laicità rifletteva la concezione stessa dei diritti, propria di quell'ordinamento,
oggi se ne da una lettura conforme alle tradizioni e al complessivo assetto
costituzionale e legislativo di ogni Paese. Ciò malgrado, vi sono tratti comuni
che caratterizzano questi ordinamenti giuridici, come la tutela costituzionale
della libertà religiosa e di coscienza e la natura privatistica delle
confessioni religiose. Si tratta di formanti che consentono l'applicazione del
principio di uguaglianza, posto a presidio di un eguale trattamento sia dei
singoli che delle agenzie del sacro e delle formazioni sociali che gestiscono
collettivamente le differenti opzioni religiose/areligiose di coloro che vivono
nel territorio dello Stato. Sul punto, parzialmente, Zagrebelscsky, Il
diritto mite, Torino, 1992, 74 ss.
Relativamente alla nozione francese di laicità:
COQ G., Laïcité et République, Paris, 1995; BARBIER M., La laïcité,
Paris, 1995 ; PENA-RUIZ H., La laïcité pour l'égalité, Paris 2000 ; ID.,
Dieu et Maianne. Philosopie de la Laïcité, Paris 2001; POULAT E.,
Notre Laïcité publique: la France est une République laïque, Paris. 2003 ;
BAUDEROT J., Histoire de la laïcité français, Paris, PUF, 2005;
Diverso l'approccio degli ordinamenti di common law che pur enunciando a
volte – come fa il sistema statunitense - il principio di separazione,
attribuiscono alla laicità un valore relativo in quanto essa va collocata
all'interno della natura prestatale, soggettiva e giurisdizionale dei diritti e
soprattutto non deve impedire il melting pot essenziale per una società
multiculturale, multietnica e multireligiosa come quella degli USA. Il
pragmatismo americano fa così della laicità una variabile dipendente,
condizionata e finalizzata a consentire in un quadro istituzionale che vede
l'assenza di una religione stabilita la convivenza tra diverse fedi nel rispetto
del principio del non eccessivo coinvolgimento ONIDA F., Il separatismo nella
giurisprudenza degli Stati Uniti, Milano, 1968; ID., Uguaglianza e
libertà religiosa nel separatismo statunitense, Milano, 1970; ID.,
Separatismo e libertà religiosa negli Stati Uniti. Dagli anni settanta agli anni
ottanta, Milano, 1984; ID., Libertà religiosa nella giurisprudenza della
Suprema Corte americana dell'ultimo decennio, in "Il Dir. Ecc.",
1993, 2-3, 06-326, opere che nel loro insieme disegnano un affresco di quarant'anni
di evoluzione della giurisprudenza nord americana.
3. A partire dalle prime elaborazioni del costituzionalismo settecentesco e
dalla Costituzione americana l'adozione del principio di separazione
caratterizza i rapporti tra lo Stato e le confessioni religiose, a marcare la
fine delle guerre di religione e l'affrancamento del destino dei popoli e degli
Stati dall'appartenenza religiosa dei consociati. In questo alveo si sviluppa e
prende forma la nozione del principio di laicità, alimentata da quel grande
laboratorio di idee e di principi costituito dalla Rivoluzione Francese e dal
grande dibattito che coinvolge il costituzionalismo europeo e nord americano
alla fine del 1700. Per le elaborazioni del costituzionalismo settecentesco in
materia di rapporti tra Stato e confessioni religiose ci sia consentito rinviare
per brevità a CIMBALO G. Stato e religione nelle "Costituzioni giacobine", "Il Dir. Eccl.", CXI, 3, 2000, 600-679 e alla bibliografia ivi citata.
Nella prassi legislativa il principio di laicità dispiega i suoi effetti
incidendo in una prima fase sulla gestione e la configurazione dei sistemi
educativi e scolastici v.: FERRARI A. Libertà scolastiche e laicità dello Stato
in Italia e Francia, Torino, 2002, passim, per poi rivolgere, soprattutto in
Francia la sua attenzione alla tutela della neutralità dello spazio pubblico. Cfr.: ROBERT J.,
La liberté religieuse et le régime des cultes, Paris, PUF,
1977, passim.
4.
Sull'elaborazione di valori propri da parte dello Stato vedi: ONIDA F., Il
problema dei valori nello Stato Laico, Il principio di laicità nello Stato
democratico, Soveria Mannelli, 1996, 85 ss. 92: «I fondamentalismi sono dotati
di grande forza d'attrazione perché propongono "valori" e lo fanno con la facile
potenza degli assiomi, senza richiedere sforzi valutativi alla ragione. La
risposta a questa sfida non può essere cercata nella contrapposizione di un
corrispondente fondamentalismo cattolico: sarebbe una posizione contraria alla
Costituzione repubblicana e persino a momenti della stessa storia cristiana
della civiltà occidentale. Come tutte le sfide alla libertà, anche questa deve
essere combattuta con fiducia nelle nude armi e nella coerenza della libertà
stessa. E' compito della maggioranza saper scegliere di volta in volta l'opzione
più giusta e convincente tale da non rischiare il sovvertimento delle stesse
regole di libertà e di democrazia. Il che significa anche continuare a garantire
e tutelare il pluralismo, non comprimendo, ma anzi rispettando pienamente le
stesse peculiarità di quella comunità che con il suo integralismo sfida i
fondamenti laici della nostra libertà». MIRABELLI C., Prospettive del principio
di laicità dello Stato, in Quaderni di diritto e politica ecclesiastica, 2001;
BELLINI P., Riflessioni sulla idea della laicità, in Atti del Convegno di studi
(Roma, 3 aprile 1990), Napoli, 1991; GUERZIONI L., Il principio di laicità tra
società civile e Stato, in Il principio di laicità nello Stato democratico, M.
Tedeschi (a cura di), Catanzaro, 1996.
In tale direzione si è mossa anche la Corte Costituzionale italiana con le
sentenze C. C. 12 aprile 1989 n. 203, con nota di COLAIANNI N., Il principio
supremo di laicità dello Stato e l'insegnamento della religione cattolica,
in "Foro It." 1989, I, c. 1333 e Sentenza C. C. 13/91 con nota di COLAIANNI N.,
Ora di
religione: lo stato di non-obbligo, in "Foro it.", 1991, coll. 365-373.
5.
Sul punto vedi per tutti VENTURA M. La laicità dell'Unione Europea, Torino 2001,
105 ss., 226 ss.; e ancora DIERKENS A., Pluralisme religieux et laïcités dans
l'Union Européenne, Bruxelles, (fasc. 5 a cura di),"Problèmes d'histoire de
religions"; BARBIER M., La Laïcités, Paris, 1995.
6.
MARGIOTTA BROGLIO F., Il fenomeno religioso nel sistema giuridico dell'Unione
Europea, in MARGIOTTA BROGLIO F, MIRABELLI C., ONIDA F., Religioni e sistemi
giuridici, Bologna , 2002, 99 ss.; VENTURA M. La laicità...cit., passim
7.
Le confessioni religiose, per meglio svolgere l'attività di rappresentanza dei
loro interessi presso gli organismi comunitari, si sono dotati di una serie di
organismi di coordinamento scrupolosamente elencati da MARGIOTTA BROGLIO F., Il
fenomeno religioso nel sistema giuridico... cit., 130 ss. L'attività di lobbying
viene svolta con costanza, attenzione, metodo, con ciò dimostrando di aver ben
compreso al lezione di Lijphart sui sistemi consociativi. V.: LIJPHART A.,
Democracy in Plural Societies: A Comparative Exploration , New Haven, Yale
University Press, 1977. Tuttavia non sempre questa azione risulta efficace come
dimostra il fallimento delle iniziative poste in essere per ottenere
l'inserimento nella Costituzione del riferimento alle radici giudaico cristiane
dell'Europa. Cfr.: WEILER J. H. H, Un'Europa cristiana. Un saggio esplorativo, Rizzoli, Milano, 2003; PINELLI C.,
Il momento della scrittura. Contributo al
dibattito sulla Costituzione europea, Il Mulino, Bologna, 2003; CARDIA C.,
Laicità e multiculturalismo, in Processo costituente europeo e diritti
fondamentali, (a cura di A. Celotto), Giappichelli, Torino, 2004, 29 ss.; Europa
laica e puzzle religioso: dieci risposte su quel che tiene insieme l'Unione (a
cura di K. Michalski e N. zu Fustemberg), Venezia, 2005; SANTONI RUGIU A.,
«Radici cristiane e altre radici», Il Ponte, 59 (2003), n. 9, 15-7; MACRÌ G.,
Europa, lobbying e fenomeno religioso. Il ruolo dei gruppi religiosi nella nuova
Europa politica, Torino, 2004.
8.
PARISI M. Dalla Dichiarazione n. 11 alla futura Carta costituzionale dell'Unione
Europea: quale ruolo per la Confessioni religiose nel processo di integrazione
europea ?, in "Il Dir. Ecc"., 1, 2003,327 ss.; MARGIOTTA BROGLIO F.,
Il fenomeno
religioso nel sistema giuridico...cit., 156 ss.
9.
La perdita di questa distinzione degli ordini civili e religiosi che in passato
aveva fatto da tenue barriera al prevalere della religione sulle istituzioni
civili porta oggi le religioni ha riaffermare una loro competenza a tutto campo
sui diversi aspetti del vivere, mentre lo Stato appare sempre più debole:
deprivato di valori propri ne va alla ricerca imbattendosi ancora una volta in
quelli religiosi, ai quali a volte si appoggia per restarne poi succube. Ciò
spiega la deriva frequente di alcuni ordinamenti verso lo Stato confessionale e
la tendenza a legiferare in materie che in passato erano state lasciate all'autotutela,
riconoscendo una sfera personalissima dell'individuo da lui gestita in totale
autonomia. Non si tratta di riproporre un nuovo Stato etico riprendendo l'idea
hegeliana secondo la quale: "Nel costume lo Stato ha la sua esistenza immediata,
e nell'autocoscienza dell'individuo, nel sapere e nell'attività del medesimo, la
sua coscienza mediata, così come l'autocoscienza attraverso la disposizione
d'animo ha nello stato, come in sua essenza, il fine e prodotto della sua
attività, la sua libertà sostanziale". HEGEL G. W F., Lineamenti di filosofia
del diritto, Laterza, Bari, 1987, 195 ss. ma piuttosto di costruire un nuovo
"stato sociale" . Partendo dal nocciolo del pensiero Kelseniano – cfr.: KELSEN
H, Lineamenti di dottrina pura del diritto, Einaudi, Torino 1967, passim – si
tratta di riproporre una concezione formalistica dello Stato, rivisitata alla
luce dei mutamenti economico sociali intervenuti per riproporre una nuova
visione di Stato sociale, che faccia perno pluralismo etico come valore, sulla
laicità come valore e metodo, sul relativismo come strumento di approccio alla
conoscenza.
10.
Il ricorso alle categorie di analisi del materialismo storico ha consentito di
evidenziare l'inconciliabilità tra religione e principio di uguaglianza,
evidenziando le profonde differenze tra le società che assumono formanti
religiosi come propri, e quindi si fanno sostenitrici di un ordine sociale
gerarchizzato dove le differenze di classe sono temperate dalla carità, e
società che assumono come punto di riferimento l'obiettivo di consentire a
ognuno di soddisfare le proprie esigenze in base ai bisogni.
Il fallimento delle democrazie socialiste, di derivazione marxiana, che avevano
imposto con la violenza alle coscienze il superamento dei bisogni religiosi,
funge oggi da monito a ripercorrere questa strada e segna la fine, anche come
utopia, anche del riformismo socialdemocatico che ne ha costituito l'altra
faccia.
Bisognerà forse che si consumi il ricordo del fallimento, perché l'utopia di una
società di liberi ed eguali possa rinascere, quanto meno come tendenza di
speranza nella storia degli uomini. Anche se al momento l'individualismo
liberale sembra trionfare, l'insostenibilità di una sempre maggiore
concentrazione delle forze produttive e l'azione consapevole di grandi masse di
donne e uomini può imporre le scelte necessarie a costruire una società
migliore.
E' questo il sogno profondamente laico della ricerca della felicità nella vita
materiale
LUKÁCS G. Storia e coscienza di classe, Milano, 1970; CASTORIADIS C., La société
bureaucratique, l. Les rapports de productions en Russie, Union Générale d'Éditions,
l0/l8, Paris, l973, [tr. it. La società burocratica, l. I rapporti di produzione
in Russia, SugarCo, Milano, l978]; ID., La société bureaucratique, 2. La
révolution contre la bureacratie, UGE, l0/l8, Paris, l973, [tr. it.] La società
burocratica, 2. La rivoluzione contro la burocrazia, SugarCo, Milano, l979; ID.,
L'expérience du mouvement ouvrier, UGE, l0/l8, Paris, l974; ID., Socialisme ou
barbarie, (a cura di Mario Baccianini e Angelo Tartarici), Guanda, Parma, l969.
MORIN E., LEFORT E. C., COUDRAY E. J.-M, Mai 68. La brèche, Fayard, Paris, l968,
[tr. it.] La Comune di Parigi del maggio l968, Il Saggiatore, Milano, l968; GUERIN D.
À la recherche d'un communisme libertaire , Paris, Amis de "Spartacus"
(Collection: "Spartacus. Cahiers mensuels". Série B), 1984.
11.
Questo percorso si consuma oggi nelle società dominate dall'ideologia liberale,
governate dalla tendenza all'accumulazione selvaggia, al profitto allo
sfruttamento. La medicina sembra aver completamente sovvertito le leggi della
vita e della nascita, come della morte; i rapporti tra uomini e donne vengono
ridisegnati e con essi molti valori. In questo travaglio profondo le religioni
si inseriscono come un richiamo all'ordine naturale, come elemento di certezza e
di sicurezza, come portatrici di valori, tuttavia sottoposti a una erosione
profonda che viene dal mutare costante delle condizioni materiali di vita. Sta
qui una delle ragioni della rinascita dell'attenzione verso le religioni, benché
minacciate da un sempre più forte processo di secolarizzazione. MARRAMAO G.,
Potere e secolarizzazione. Le categorie del tempo, nuova ed., Bollati Boringhieri, Torino, 2005; una ricostruzione storica dell'evolversi del concetto
in ID., Cielo e terra. Genealogia della secolarizzazione, Laterza, Roma-Bari,
1994. Più risalenti gli studi di H. LÜBBE, La secolarizzazione. Storia e analisi
di un concetto (1965), tr. it. Il Mulino, Bologna, 1970; PRODI P., Il sacramento
del potere. Il giuramento politico nella storia costituzionale dell'Occidente,
Il Mulino, Bologna, 1992; sul rapporto tra secolarizzazione e fondazione dello
Stato moderno, BÖCKENFÖRDE E.- W., Die Entstehung des Staates als Vorgang der
Säkularisation (1967), ora in ID., Recht, Staat, Freiheit. Studien zur
Rechtsphilosophie, Staatstheorie und Verfassungsgeschichte, Suhrkamp, Frankfurt,
1991, 91 ss. (tr. it. La formazione dello Stato come processo di
secolarizzazione, in Cristianesimo e potere, a cura di P. Prodi e L. Sartori,
EDB, Bologna, 1986, 121 ss.); HABERMAS J, I fondamenti morali prepolitici dello
Stato liberale, in Humanitas, n. 2/2004, 239 ss.; ID., Zwischen Naturalismus und
Religion. Philosophische Aufsätze, Suhrkamp, Frankfurt a. M., 2005, 106 ss.;
GOGARTEN F., Destino e speranza dell'epoca moderna: la secolarizzazione come
problema teologico (1953), [tr. it. Morcelliana, Brescia, 1972]
12.
Il superamento della logica aristotelica proposto da Bacone segna l'inizio in
occidente della moderna riflessione sulla scienza che sposta i confini
dell'indagine della natura ben oltre le interpretazioni esegetiche delle
scritture. BACON F., Novum Organum, (traduzione con saggio introduttivo e note
di V. De Ruvo), Firenze, 1946; ID., Dignità e progresso delle scienze (1623);
La sapientia degli antichi (1609); Storia naturale e sperimentale (1622);
Il nuovo
Organo (1620); Sulla dignità e il progresso delle scienze (1623). Questi saggi
sono oggi raccolti in BACONE F., Scritti filosofici, (a cura di P. ROSSI), Utet,
Torino 1975; ID. Saggi, Introduzione di E. GARIN, a c. di E. DE MAS, trad. di C.
GUZZO, ed. TEA, 1995. L'invito ad andare oltre viene raccolto soprattutto da
GALILEO G., Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo tolemaico e
copernicano, Firenze, L. S. Olschki, 1999 il quale teorizza e mette a punto il
metodo di indagine sperimentale, dettandone le regole. E' l'inizio di un lungo
cammino finalizzato a costruire l'autonomia dell'uomo dal creato e a dettare le
nuove regole di approccio alla conoscenza.
13.
Avvertendo il peso della scienza, subendo gli effetti del valore delle scoperte
scientifiche e delle spiegazioni sia pur parziali che esse danno del mondo che
ci circonda, da parte religiosa oggi non si negano le scoperte scientifiche, ma
si sostiene la presenza di un "disegno intelligente e non casuale" che avrebbe
presieduto alla creazione. Si ripropone in tal modo la presenza di Dio. Queste
posizioni hanno trovato sostegno sia tra i cattolici che tra i protestanti,
soprattutto statunitensi e fanno da supporto alle battaglie legali condotte fino
ad ora senza successo, per introdurre nelle scuole pubbliche americane
l'insegnamento del creazionismo. Tra i numerosi autori vedi: JOHNSON P. E.,
Darwin on Trial, InterVarsity Press, Berkeley, 1993; BEHE M. J., Darwin's Black
Box. The Biochemical Challenge to Evolution, Free Press, 1996; DEMBSKI W. The
Design Revolution: Answering the Toughest Questions about Intelligent Design.
Downer's Grove, Illinois: InterVarsity Press, 2004. Cfr.: GRECO P., Creazionisti
contro Darwin, Scienza & Paranormale n. 32, luglio/agosto 2000; LARSON E. J.,
Summer for the Gods - the Scopes Trial and America's Continuing Debate over
Science and Religion, Harvard University Press, 1997; ROBERT T. PENNOCK R. T.,
Tower of Babel - the Evidenceagaist New Creationism, Mit Press, 1999; LUZZATTO
M., Laicità e scienza. Darwin e l'idea pluralista e immanente della vita, in
Parolechiave, 33, 2005, 229 ss.
14.
DARWIN C., L'origine delle specie, Torino, Newton & Compton, 1989; ID.,
Viaggio
di un naturalista intorno al mondo, Torino, 1989; GOULD S. J., La struttura
della teoria dell'evoluzione (a cura di T. Pievani), Torino 2003; ELDREDGE N.,
Le Trame dell'evoluzione, Milano, 2002; ID., Darwin. Alla scoperta dell'albero
della vita; PIEVANI T., Creazione senza Dio, Torino 2006; MAYR E., L'influenza
di Darwin sul pensiero moderno. "Le Scienze", Settembre 2000, n. 385, 73-78;
15.
A comprimere quest'aspirazione alla libertà e all'uguaglianza, gerarchizzando i
rapporti e ricercando fuori dagli uomini nella parola di Dio le regole fondanti
della società e della vita provvedono i diritti religiosi. Per una loro
conoscenza, per tutti: FERRARI S. Lo spirito dei diritti religiosi, Bologna,
2002 e l'ampio apparato bibliografico utilizzato.
16.
E' significativa la caduta verticale di adesione alle religioni nell'area
tradizionale del protestantesimo (centro e nord Europa e nord America), a meno
che essa non indossi le vesti dei neo conservatori e dei fondamentalisti, come
avviene soprattutto in U.S.A.
Per quanto riguarda la pratica religiosa e partecipazione ad associazioni
religiose in Italia nel 2003 - ultimo anno per il quale è disponibile una
rilevazione ufficiale – "continua la tendenziale diminuzione della
frequentazione assidua (una o più volte a settimana) dei luoghi di culto: si è
passati, infatti, dal 39,2% del 1993 al 33,9% del 2003. E' aumentata, invece, la
quota di persone che ci vanno solo qualche volta all'anno (dal 27,9% del 1993 al
31,8% del 2003).
La maggiore assiduità delle donne nella pratica religiosa, con il 42,9% rispetto
al 27,1% degli uomini, risulta evidente in tutte le classi di età. Risultano,
inoltre, maggiormente assidui coloro che possiedono un titolo di studio elevato
(laureati 34,6%) o basso (licenza elementare o senza titolo 41,8%).
È nel Meridione che si registra la più alta percentuale di coloro che si recano
almeno una volta alla settimana nei luoghi di culto (40,9%), mentre nell'Italia
centrale si registra la quota più bassa (26,9%).
L'8,5% della popolazione di 14 anni e più svolge attività gratuita per
associazioni di volontariato, con un tasso di partecipazione del 9,1% per gli
uomini e del 7,9% per le donne.
A livello territoriale continua ad essere il Nord-est la zona del Paese in cui
il volontariato risulta più diffuso, in particolare il Trentino-Alto Adige (con
un tasso di partecipazione pari al 21% della popolazione). Al contrario,
l'adesione al volontariato, risulta più bassa al Sud (5,2%) e nelle Isole
(4,7%).
L'attività gratuita in associazioni non di volontariato risulta meno diffusa
(3,3%) e costante nel tempo". I dati riportati sono tratti dal volume: ISTAT,
Cultura, socialità e tempo libero, Anno 2003, Roma 2005. Di opinione diversa e
utilizzando dati differenti: STARK R. e INTROVIGNE M.,, Dio è tornato. Indagine
sulla rivincita delle religioni in Occidente, Piemme, Casale Monferrato
[Alessandria] 2003 sostengono una crescita dell'appartenenza religiosa.
17.
La visibilità del fondamentalismo religioso - soprattutto islamico, ma non solo
– e la sua presenza nelle cronache, è indice della profonda irrequietezza di una
parte significativa delle popolazioni, che è comunque minoritaria nei Paesi
dell'Europa occidentale. Non fanno notizia quella parte maggioritaria di
popolazione immigrata, che non rappresenta il proprio disagio sociale attraverso
l'appartenenza religiosa, ma piuttosto vive la condizione di povertà e
emarginazione sociale dovuta ad una ineguale distribuzione del reddito. Vedi: Le Travail internable. Résister collectivement à l'intensification du travail, (a
cura di Laurence Théry) La Découverte, Paris, 2006. Del resto questi problemi
erano già presenti nel dibattito politico di venti anni fa: BELORGEY J.-M.
Rapport fait au nom de la commission des affaires culturelles, familiales et
sociales, "Journal officiel", Dibattito all'Assemblee Nationale, n° 161, 1988
18.
"Proprio per questa sua attitudine a garantire tutti senza chiedere garanzie, o
adesioni culturali o religiose ai movimenti storici da cui è nata, la laicità
conserva la capacità di fungere da criterio direttivo delle politiche di
riconoscimento delle differenze in un quadro di uguaglianza dei diritti pur nel
mutato scenario della società multiculturale. Il rapporto tra Stato laico e
società multiculturale, infatti, è lo stesso, per metodo e per principi, che si
instaurò alle origini del moderno Stato liberale tra Stato laico e società
multireligiosa". COLAIANNI N., Eguaglianza e diversità culturali e religiose. Un
percorso costituzionale, Bologna, 2006, 44.
19.
La laicità della quale parliamo è diversa, almeno in parte, dalla cosiddetta
"laicità alla francese" che scaturisce essa pure dal principio di uguaglianza,
ma che si fonda anche sull'indivisibilità della Repubblica e sull'unicità del
popolo francese. E' questa una laicità rielaborata dalla storia che usa
piuttosto il relativismo come sistema di valori e di conoscenza e utilizza la
tolleranza, intesa come attribuzione a tutti gli individui e alle loro
appartenenze dello stesso valore. Si veda a riguardo l'attenta e magistrale
ricostruzione concettuale di questo strumento ad opera di BELLINI P:, Pluralità
di scelte sul fatto religioso e soggetto del diritto di libertà religiosa, ora
in Saggi di diritto ecclesiastico italiano, T. 1, Soveria Mannelli- Messina,
1996, 177 ss.; FERLITO S., Le religioni, il giurista e l'antropologo, Soveria
Mannelli, 2005,39, ss.; CIMBALO G., Interdisciplinarietà, comparazione e diritto
ecclesiastico in una esperienza di didattica a distanza dell'Università di
Bologna, Il nuovo volto del diritto ecclesiastico italiano, (a cura di G.B. Varnier), Soveria Mannelli, 2004, 269-272.
20.
Lo Stato è laico solo a condizione di non essere portatore di una cultura, di
un'etica definita, o dei valori di una confessione. Così inteso esso è
democratico in quanto espressione di un relativismo politico capace di
consentire una continua elaborazione di soluzioni possibili KELSEN H., La
democrazia, Bologna, 2001, 151; LUZZATTO M., Laicità e scienza. Darwin e l'idea
pluralista e immanente della vita, in Parolechiave, 33, 2005, 229 ss.
21.
"Si la interculturalidad se funda en la necesidad de construir relaciones
entre
grupos, como también entre prácticas, lógicas y conocimientos distintos, con el
afán de confrontar y transformar las relaciones del poder (incluyendo las
estructuras e instituciones de la sociedad) que han naturalizado las asimetrías
sociales, la multi o pluriculturalidad simplemente parte de la pluralidad
étnico-cultural de la sociedad y del derecho a la diferencia ». WALSH, C. (De) Construir la interculturalidad. Consideraciones críticas desde la política, la
colonialidad y los movimientos indígenas y negros en el Ecuador", en Interculturalidad y política, Lima, 2002.
22.
Sulle società multiculturali vedi: BAUMANN G., L'enigma multiculturale: stati,
etnie, religioni, (trad. di U. Livini), Il Mulino, Bologna, 2003; BOUDON R.,
Multiculturalismo o comunitarismo?, (a cura di) E. Caniglia e A. Spreafico,
Luiss University Press, Roma, 2003; Nomadismi contemporanei: rapporti tra
comunità locali, stati-nazione e flussi culturali globali, (a cura di) M. Callari Galli, Guaraldi, Rimini, 2003. FACCHI A.,
Immigrati, diritti e
conflitti: saggi sul pluralismo normativo, Bologna, 1999; ID., Multiculturalismo
e pluralismo normativo: studio sulle società europee, Bologna, 2000; ID., I
diritti nell'Europa multiculturale: pluralismo normativo e immigrazione, Roma,
2001; TIE W., Legal pluralism: toward a multicultural conception of law, Ashgate,
Dartmouth, 1999; GUADAGNI M., Il modello pluralista, Torino, 1996. FERRAROTTI F.,
La convivenza delle culture: un'alternativa alla logica degli opposti fondamentalismi, Dedalo, Bari, 2003; BENHABIB S.,
La rivendicazione
dell'identità culturale: eguaglianza e diversità nell'era globale, Il Mulino,
Bologna, 2005; WIEVIORKA M., La differenza culturale: una prospettiva
sociologica, traduzione di Antimo L. Farro, L F editori Laterza, Roma – Bari,
2002; Multiculturalismo e identità, (a cura di) C., Vigna, S., V&P Università, Zamagni, Milano, 2002;
Identità multiculturale e multireligiosa: la costruzione
di una cittadinanza pluralistica, (a cura di) R., De Vita, F., Berti, L., Nasi,
Milano, 2004; SEMPRINI A., La società di flusso: senso e identità nelle società
contemporanee, Milano, 2003; GRUNITZKY C., Transculturalism. How the world is
coming together: essay, analyses, personal tales, and optimistic views of the
future, PowerHouse, New York, 2004.
23.
La conflittualità interetnica e interreligiosa costituisce un tratto
caratteristico delle marche di frontiera dell'Europa, poiché in queste aree – ad
esempio nei Balcani – la crisi dello Stato federale jugoslavo ha liberato
tensioni storiche che erano state compresse dall'esistenza di uno stato forte,
in una fase in cui la pace nell'area balcanica era funzionale all'equilibrio tra
le superpotenze. Ma, venuta meno la contrapposizione tra Est e Ovest sono
inevitabilmente rinati i particolarismi e le differenziazioni su base etnico
religiose si sono manifestate nel sistema scolastico e nell'amministrazione
pubblica. Non più neutrale e laico lo Stato non è riuscito a governare la
plurietnicità e la multireligiosità delle popolazioni stanziate sul suo
territorio e queste comunità hanno cercato, ognuna per se, di tutelare i loro
interessi attraverso lo strumento della pulizia etnica e dello scontro tra
appartenenti alle diverse confessioni religiose. Vedi: IVEKOVIC R., La balcanizzazione della ragione, Manifestolibri, Roma, 1995; ID.,
Autopsia dei Balcani. Saggio di psico-politica, (a cura di Raffaello Cortina), Milano 1999;
ID., De la nation à la partition, par la partition à la nation, Europe and the
Balkans, Bologna & Longo Editore, Ravenna 2001.
JANIGRO N. L'esplosione delle nazioni: il caso jugoslavo, Milano Feltrinelli,
1993, 215; Dossier ex-Jugoslavia : 1991-1992 (a cura di M. Panebianco, C.
Ascolese, A. Tafuri), Salerno, Elea press, 1993, 367; PETROVIC R., Il fallito
modello federale della ex Jugoslavia, (a cura di R. Tolomeo), Soveria Mannelli ,
Rubettino, [2005]. - 461.
24.
Il bisogno di laicità si è manifestato e si manifesta anche nei Paesi
dell'Europa occidentale che devono gestire le trasformazioni dell'etica a
livello dei rapporti familiari, della bioetica e delle problematiche di fine
vita.
La frammentazione religiosa della società, alimentata dalla presenza sul
territorio di popolazioni immigrate, ha fatto crescere la tendenza a una
differenziazione delle appartenenze, tanto che si riproducono nelle coscienze
quei conflitti che, come si è sottolineato, in altre aree assumono la forma del
contrasto tra le diverse etnie, gli appartenenti a differenti ceppi linguistici,
a culture e religioni. La laicità dello Stato e dei poteri pubblici, la loro
neutralità divengono strumento di governo di questi conflitti e mezzo di
educazione alla convivenza. L'esempio positivo dell'Olanda e del Belgio, e la
capacità complessiva di tenuta di questi ordinamenti devono far riflettere sulle
strategie. Vedi: VAN BIJSTERVELD S., Citizen and non christian believer in the
Netherlands with special focus on islam., Cittadini e fedeli nei paesi
dell'Unione Europea, Atti del colloquio, università per Stranieri di Reggio
Calabria, 12 -15 novembre 1998, Milano, 1999 27-56; CHRISTIANS L-L., Religion et
citoyenneté en Belgique. Un double lien à l'épreuve de la sécularisation et de
la mondialisation, Cittadini e fedeli nei paesi dell'Unione...cit, 105-158 ;
CIMBALO G., Derecho a la educación, educación en valores y enseñanza religiosa
in el países laicos, Interculturalidad y educación en Europa, (a cura di G. Suárez Pertierra e José Mª. Contreras Mazarío), Valencia, 2005, 349-394 [ed.it.]
Diritto all'educazione, educazione nei valori e insegnamento religioso nei paesi
laici: Paesi Bassi, Belgio, Le regioni ... cit. 143 – 179.
25.
Non si tratta solo di gestire conflitti tra i gruppi religiosi, ma di consentire
la convivenza tra individui e comunità che fanno riferimento a differenti valori
etici per gestire aspetti importanti della vita sia individuale che collettiva.
La caratterizzazione laica di provvedimenti adottati in alcuni Paesi come il
Belgio e l'Olanda in tema di eutanasia, di gestione dei rapporti matrimoniali,
delle sfide poste dalla bioetica contribuisce con qualche successo a tenere
insieme comunità frammentate e divise su questi temi che nel caso del Belgio
hanno subito in questi decenni un faticoso, complesso e difficile processo di
federalizzazione per dare una soluzione in positivo al problema della diversità
linguistica. L'Olanda è riuscita – non senza difficoltà - a gestire una
frammentazione quanto mai accentuata delle appartenenze etniche e religiose
della popolazione e l'innesto sulla differenziazione preesistente di una
massiccia immigrazione a sua volte portatrice di valori diversi. Negli ultimi
anni il modello è entrato in crisi e si è aperto un grande dibattito nel Paese.
Per una ricostruzione, un commento, una comparazione della legislazione dei
diversi Paesi d'Europa relativamente all'acquisto della cittadinanza, vedi: DE
GROOT G-R., Staatsangehörigkeitsrecht im wandel. Eine rechtsvergleichende Studie
über Erwerbs – und Verlustgründe der Staatsangehörigkeit, ‘s-Gravenhage, 1998.
[sommario italiano rivisto da Giovanni Cimbalo, 361-367].
26.
Non è un caso che in Turchia, Paese che ha adottato la politica degli statuti
personali, lo Stato si sforzi di mantenere un comportamento laico nell'approccio
ai problemi connessi agli orientamenti delle coscienze. Cfr.: LEWIS B., Islam e laïcité, la naissance de la Turquie laïque, Paris, Fayard, 1988 ; BERKES N.,
The development of secularism in Turkey, (with a new introduction by Feroz Ahmad),
London 1998.
27.
Il diritto internazionale individua quel nucleo di principi inalienabili e
irrinunciabili, quasi a voler costruire il nocciolo duro di un nuovo diritto
naturale, e pone le basi per il pluralismo ideologico, inteso come nucleo di
principi comuni e condivisi, minimo comune denominatore, limite e garanzia dei
diritti di ognuno. Sul punto: CASSESE A., I diritti umani nel mondo
contemporaneo, 4. ed., Roma, 1999; European Union: the human rights challenge,
(a cura di A. Cassese, A. Clapham, J.H.H. Weiler), Nomos, Baden Baden, 1991;
VENTURA M., La laicità dell'Unione Europea...cit.; FERRAJOLI L., Diritti
fondamentali, Roma – Bari, 2001, 338 ss.; SARTORI G., Pluralismo, multiculturalismo ed estranei, Milano, 2000. Si pongono così le basi del
pluralismo etico il quale si fonda su un accordo prettamente politico, che verte
in particolare sulle procedure di produzione giuridica e di legittimo esercizio
del potere; su di esso si struttura il vivere comune stesso forte di un accordo
politico che lascia vivere ed operare al suo esterno il pluralismo etico.
Interessanti a riguardo le posizioni di HABERMAS J., Fatti e norme, Milano,
1996; ID., L'insostenibile contingenza della giustizia, "Micro Mega", 5, 1996;
ID., Solidarietà tra estranei, Milano, 1997; ID., L'inclusione dell'altro,
Milano, 1998; ID., La costellazione postnazionale, Milano, 1999
28.
Sul pluralismo normativo si veda: FACCHI A., Immigrati, diritti e conflitti:
saggi sul pluralismo normativo, Bologna, 1999; ID., Multiculturalismo e
pluralismo normativo: studio sulle società europee, Bologna, 2000; ID., I
diritti nell'Europa multiculturale: pluralismo normativo e immigrazione, Roma,
2001; TIE W., Legal pluralism: toward a multicultural conception of law, Ashgate,
Dartmouth, 1999; GUADAGNI M., Il modello pluralista, Torino, 1996.
Sul pluralismo giuridico: TEUBNER G.,"La Bukowina globale": il pluralismo
giuridico nella società mondiale, in "Sociologia e politiche sociali", 2, 2,
1999, passim; MELUCCI A. - DIANI M., Nazioni senza Stato. I movimenti etnico-nazionali in occidente, Milano, 1992;
I confini della globalizzazione, lavoro,
culture, cittadinanza, (a cura di S. Mezzadra e A. Petrillo), Roma, 2000,
passim; VIGNUDELLI A., Istituzioni e dinamiche del diritto: multiculturalismo
comunicazione federalismo, Torino, 2005; ZOLO D., Globalizzazione: una mappa dei
problemi, Laterza, Roma – Bari, 2004. Il ricorso al pluralismo giuridico
rappresenta la soluzione alle esigenze di salvaguardia delle diversità e di
aggregazione,in quanto dà la possibilità a gruppi e comunità tra loro differenti
di coesistere nell'ambito di una compagine sociale multiculturale, ma allo
stesso tempo consente al gruppo di dare e ricevere autorità e riconoscimento,
attraverso l'attribuzione alle norme autoprodotte di valenza giuridica. Così
l'ordinamento giuridico dello Stato diviene solo uno dei molteplici ordinamenti
possibili nell'ambito del quale si producono norme.
29.
L'attribuzione a delle norme di un valore giuridico passa necessariamente
attraverso la presenza di strumenti giurisdizionali capaci di far rispettare un
determinato precetto. In effetti sono sempre più numerosi i casi in cui si
assiste a una riedizione della politica degli statuti personali attraverso il
riconoscimento a tribunali privati, variamente costituiti, della competenza in
alcune materie legate ai diritti personali così che la loro tutela viene
sottratta alla competenza dei tribunali statali. È quanto accadeva in Canada con
L'Ontario Arbitration Act del 1991 con il quale si permetteva a due parti in
conflitto di risolvere la loro disputa privatamente, volontariamente deferendola
a un arbitro terzo, ricorrendo per questa via a un Tribunale religioso. In tal
modo veniva riconosciuta anche la giurisdizione di tribunali religiosi, per i
Cattolici, per i Testimoni dei Geova, per gli Islamici, tanto che questi ultimi
avevano potuto applicare "privatamente" i principi della shariah. Un tal modo di
procedere contribuiva a secolarizzare il diritto religioso. Recentemente il
legislatore canadese ha però abrogato il Canadian Ontario Arbritation Act. Sul
punto: NOHA OMARI, Sharia in salsa occidentale, "Il manifesto" , 29 Febbraio
2004; KUTTY, F., KUTTY A., ‘Shariah courts in Canada: myth and reality',
The Law
Times, 31 May 2004, 7; KRAUSS C., When the Koran speaks, will Canadian law bend?,
"The New York Times", 4 August 2004; VAN RHIJN, J., ‘First steps taken for
Islamic arbitration board', The Law Times, 24 November 2003.
30.
Relativamente al dibattito sulla tutela del gruppo e nei gruppi sociali: BARBERA
A., Voce art. 2, Commentario alla Costituzione, a cura di Branca Bologna - Roma, Vol. 1,1975, 50-122; ROSSI E.,
Le formazioni sociali nella Costituzione
italiana, Padova, 1989; GUZZETTA G., Il diritto costituzionale di associarsi:
libertà, autonomia, promozione, Milano, 2003. Anticipando un dibattito oggi
attuale pongono l'accento sulla tutela individuale all'interno di una
interpretazione dell'art. 2 della Costituzione ONIDA F., Il sistema
concordatario alla prova dei fatti dell'Isolotto, "Quale Giustizia", 3, 1970,
97-102; MARGIOTTA BROGLIO F. GRASSI S., Rilevanza dei comportamenti interni
delle formazioni sociali con finalità religiose nell'ordinamento statuale,
(relazione all'incontro di studio per il cinquantenario della Facoltà giuridica
fiorentina, "libertà fondamentali e formazioni sociali", Firenze 9-11 maggio
1947, organicamente, ancora, MARGIOTTA BROGLIO F., Rilevanza dei comportamenti
interni delle formazioni sociali con finalità religiosa nell'ordinamento
statuale, in AA. VV. Studi in onore di U. Guazzini, II, Milano, 1981, 293 ss.
Lo stato dunque può e deve adottare norme capaci di garantire la libertà della e
dalla religione, ma la garanzia essenziale di libertà "nella religione" rimane
il diritto di recesso, esercitatile in qualsiasi momento e senza obbligo di
motivazione. Spingersi oltre, fino al punto da far discendere dalla garanzia di
tali diritti l'obbligo per lo Stato di intervenire all'interno della
confessione, assicurando anche qui la tutela dell'ordinamento civile quando sia
carente quella dell'ordinamento confessionale, pretendere di uniformare ai
valori costituzionali l'ordinamento delle confessioni perché siano tutelati i
diritti del cittadino fedele costituisce una palese violazione del principio di
laicità dello Stato. CIMBALO G. I rapporti finanziari tra Stato e confessioni
religiose nei Paesi Bassi, Milano 1989, 369.
31.
Mentre in passato il dibattito dottrinale sull'art. 2 della Costituzione si è
soffermato soprattutto sulla tutela del gruppo, oggi si pone il problema di come
rivolgere l'attenzione alla tutela del singolo, in relazione alla sua
appartenenza alla formazione sociale. Alcuni comportamenti "stringenti" da parte
delle confessioni nei confronti dei membri di esse lo impongono, tanto più che
il problema non riguarda solo i mussulmani ma anche i Testimoni di Geova e
Scientology. Per un commento organico, puntuale e sistematico della
giurisprudenza a riguardo vedi: LICASTRO A., L'intervento del giudice nelle
formazioni sociali religiose a tutela dei diritti del Fedele espulso, www.olir.it,
22/11/2006; ID., Contributo allo studio della giustizia interna alle Confessioni
religiose, Milano, 1995; COLAIANNI N, Sull'ammissibilità e i limiti del
sindacato giurisdizionale sui provvedimenti spirituali e disciplinari delle
autorità confessionali, (Parere pro veritate) in www.olir.it, gennaio 2005. Per
gli aspetti generali relativamente all'efficacia delle sentenze e provvedimenti
adottati dalle autorità religiose: MIRABELLI C., L'appartenenza confessionale,
Milano, 1974, passim; CHIZZONITI A. G., Le certificazioni confessionali
nell'ordinamento giuridico italiano, Milano 2000, passim.
32.
Il sistema concertativo previsto dall'art. 8 Costituzione, che la migliore
dottrina eccelsiasticista LARICCIA S., L'attuazione dei principî costituzionali
in materia religiosa, "Il Dir. Eccl.", 1981, I, 3; AA. VV.,
Scritti in onore di
O. Giacchi, Milano, Vita e Pensiero, 1984, I, 302; ID., Valori costituzionali e
sistema italiano di diritto ecclesiastico, "Dir. e società", 1983, 253; ID.,
La
garanzie delle libertà di religione: il contributo di Paolo Barile, Scritti in
onore di Paolo Barile, Milano, Giuffrè, 1990, 90-98; P. BELLINI, Ipotesi non
concordatarie di relazioni fra Stato e Chiesa, Il Tetto, 1979, 17; CAIANIELLO
V., BROGLIO F., MALINTOPPI A., CIPROTTI P., Relazione introduttiva alle
modificazioni del Concordato, "Nuova Antologia", 1984, gennaio-marzo; CARDIA
C., Stato e confessioni religiose. Il regime patrizio, 3 ed., Bologna 1992, 173, ss.; FINOCCHIARO F.,
Manuale di diritto ecclesiastico, VIII ed. Bologna, 2000,
126 ss.; BOTTA F., Tutela del sentimento religioso e appartenenza religiosa
nella società globale, Torino 2003, 87 ss. pone al centro del sistema di
relazioni tra Stato e confessioni religiose, si è via via esteso alla
legislazione di diritto comune, perfino nelle modalità di applicazione
dell'accordo. Basti pensare che la disapplicazione delle leggi a seguito di
accordi, previste ad esempio dal D. lgs. 29/93 – il cosiddetto processo di
delegificazione – utilizza le stesse procedure previste per la stipula di intese
con le confessioni religiose diverse dalla cattolica. Vedi: PIZZORUSSO A.,
Delegificazione e sistema delle fonti. La tecnica legislativa: un artigiano da
valorizzare, Foro It., 1985, V, 233 ss.; MANFREDI G., Commento all'art. 11.
Commento alla L. 7 agosto 1990, n. 241/90, NLCC, 1995, 1, 60-66. La norma
legislativa, sostituita dall'accordo sindacale viene disapplicata limitatamente
agli ambiti di efficacia dell'accordo e sostituito da questi similmente a quanto
avviene con la legge sui culti ammessi disapplicata limitatamente ai componenti
della confessione nel momento in cui l'intesa che la riguarda assume efficacia
con l'approvazione della legge. DE MARCO E., La negoziazione legislativa,
Padova, 1984,269-274. Possiamo perciò affermare che il Diritto Ecclesiastico ha
anticipato – come spesso accade – soluzioni poi generalizzate fatte poi proprie
dal nostro ordinamento.
33.
COLAIANNI N., Confessioni religiose e intese. Contributo allo studio dell' art.
8 della Costituzione, Bari, 1990; ID., Crocifissi e fondamentalismi, in
"Questione e giustizia", 6, 2000; ID., Il principio supremo di laicità dello
Stato e l'insegnamento della religione cattolica, Commento alla sentenza n. 203
del 12 aprile 1989 della Corte Costituzionale, in "Il Foro it.", 1989; ID.,
voce Istruzione religiosa, in Enciclopedia giuridica, Agg. V, Roma,1996 ; ID.,
La bestemmia ridotta e il diritto penale laico, in "Foro it.", I, 1996;
34.
COLAIANNI N., Tutela della personalità e diritti di coscienza, Bari, 2000.
35.
CIMBALO G., Appartenenza religiosa e credenze "filosofiche" nella revisione
costituzionale del sistema di finanziamento in Belgio, "Quad. Dir. Pol. Ecc.",
n. 1, aprile, 1995, 131-154. TORFS R., Lo statu giuridico dell'Islam in Belgio,
"QDPE", 1996/1, 213-240; CHRISTIANS L-L., Religion et citoyenneté en Belgique...
cit, 105 ss.
36.
Particolarmente significativa in quest'ottica è la svolta operata
dall'ordinamento francese che, attraverso pratiche inclusive si sforza di
inserire nel tessuto sociale l'immigrato. Il limite di questa soluzione al
problema dell'integrazione risiede nella collocazione di classe della gran parte
degli immigrati per i quali l'accettazione del percorso inclusivo non si
accompagna a una effettiva parità di chances nell'accesso al mercato del lavoro.
La precarietà dell'occupazione, la mobilità rispetto al mercato del lavoro,
anche se oggi è generale e indifferenziata, ha giocato e gioca un ruolo
devastante rispetto al successo dell'inclusione sociale, benché questa sia
perseguita mediante l'istruzione e le buone pratiche nelle relazioni sociali. Si
tratta di problemi rilevati nel tempo ed oggi emersi drammaticamente. Sul punto
vedi: HAUT CONSEIL À L'INTÉGRATION (Rapport du), L'intégration à la française,
Paris, 1993; ID., Lutte contre le discrimination: faire respecter le principe d'égalité,
Paris, 1998; HAUT CONSEIL À L'INTÉGRATION (Rapport du Premier Ministre), L'Islam dans la République, Paris 2001.
37.
Si può affermare che anche il catalogo dei diritti fondamentali messo a punto
dal diritto internazionale nel secolo appena trascorso trova fondamento in quel
grande mercato del diritto sorretto dalla globalizzazione dei rapporti economici
e giuridici. Sarebbe forse il caso di soffermarsi con attenzione sulle
riflessioni di FERRARESE M. R., Le istituzioni della globalizzazione, Diritto e
diritti nella società transnazionale, Bologna, 2000; GROSSI P., L'ordine
giuridico medievale, Roma – Bari, (X°), 2003, passim; ID., Globalizzazione e
pluralismo giuridico, in "Quaderni fiorentini per la storia del pensiero
giuridico moderno", 2001, 556 ss. GALGANO F., La globalizzazione nello specchio
del diritto, Bologna, 2005, TEUBNER G., La cultura del diritto nell'epoca della
globalizzazione, Armando, Roma, 2005, ma anche BAZZICALUPO L., Il governo delle
vite. Biopolitica ed economia, Laterza, Roma-Bari, 2006.
La capacità del mercato di produrre diritto nella direzione di dare consistenza
al diritto di vivere è analizzata criticamente da FOUCAULT M., Nascita della biopolitica, Corso al Collège de France (1978-1979), Milano, Feltrinelli, 2005.
38.
Il tentativo di definire il concetto di laicità relativa discende dalla
convinzione di molti cattolici - supportati dal magistero – secondo i quali vi
sarebbe una laicità buona e una cattiva – quella assoluta invocata dai non
credenti e da molti ordinamenti positivi - per la quale essi usano il termine di
laicismo. Tra i numerosi documenti del magistero rinviamo per la visione
organica che vi è sviluppata alla Lettera enciclica Fides et ratio, Città del
Vaticano, 1998. Questi concetti sono ripetuti nelle prese di posizioni del
Pontefice Benedetto XVI.
Si veda ad esempio la lettera inviata da Papa Benedetto XVI al convegno «Libertà
e laicità» svoltosi a Norcia, nella quale si afferma: "Uno Stato sanamente laico
deve riconoscere nella sua legislazione quel senso religioso in cui si esprime
l'apertura dell'essere umano alla trascendenza." Secondo Benedetto XVI, "...solo
questa, è una forma di laicità positiva". Sul pensiero dell'attuale pontefice
SANTINI A., Le sfide del nuovo papa. Laicità, relativismo, scienza, Torino 2006.
Ad avviso di chi scrive la laicità relativa rappresenta un accomodamento della
dottrina religiosa di tendenza che non potendo ignorare o combattere altrimenti
l'affrancamento dalla religione da parte degli ordinamenti, rielabora una
visione di laicità che fa perno sul pensiero religioso cattolico. Così
reinterpretrata la laicità dovrebbe fungere da baluardo contro le altre
religioni, trasformarsi in una clava brandita dallo Stato per difendere la
religione stabilita: quella cattolica naturalmente. In tal modo il
cattolicesimo, al pari della religione ebrea e di quella mussulmana, si
trasformerebbe in cattolicismo.
39.
Particolarmente significative si fanno in Europa le attività di associazioni
culturali a carattere laico che propugnano un atteggiamento militante nei
confronti dei valori propri della cultura europea più profonda che si rifà
all'esperienza illuminista. Si tratta di forme di ateismo organizzato del quale
costituisce certo un esempio significativo l'attività in Belgio del Centre de
Action Laique. Vedi: GROLLET P.,
Laïcité: utopie et nécessité, Éditions Labor,
Espace de Libertés, Bruxelles, 2005.
40.
Questa aspirazione trova un ostacolo rilevante nelle pratiche e nei diritti
religiosi. Per un cattolico non si può rifiutare il battesimo, per un mussulmano
non si può abbandonare la confessione e comunque tutte le confessioni sanzionano
gli apostati. Tuttavia il diritto civile ha elaborato nel tempo forme di difesa
e affrancamento dall'appartenenza confessionale che non si limita a norme
generali. Ne sono un esempio le leggi civili sul divorzio, le norme che
consentono il rifiuto del battesimo e quindi l'abbandono del culto. A riguardo
rinviamo a H. R. 29 dic. 1911, "Weekblad van het recht" 28 febb. 1912, n°. 9272
la quale rilevava che gli effetti di incorporazione del battesimo relativamente
a un minore avevano termine con l'acquisto della maggiore età. Per un commento:
CIMBALO G. I rapporti finanziari tra Stato e confessioni...cit., 228-229. Non
possiamo fare a meno di rilevare invece che più modestamente l'ordinamento
italiano si limita a obbligare il ministro di culto che ha celebrato il
battesimo ad annotare sui registro parrocchiale – se richiesto dal battezzato –
l'uscita dalla religione. GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI Parere 09
settembre 1999, Cancellazione dei dati personali dai registri dei battezzati, 9
settembre 1999, "QDPE", 1999/III con commento di BERLINGÒ S., Si può essere più
garantisti del Garante? A proposito di tutela dai registri di battesimo, "QDPE",
2000/1, 295-328.
41.
FINOCCHIARO F., voce art. 19, Commentario alla Costituzione (a cura di Branca) Bologna-Roma, 1977, 238-301. Relativamente alle posizioni della giurisprudenza a
riguardo dell'interpretazione del rapporto tra l'art. 19 della Costituzione e il
principio supremo di laicità dello Stato, vedi: Corte cost. 12.4.89, n. 203;
Corte cost. 19.12.91,n. 467; Corte cost. 10.10.1979, n. 117, ribadita dalla
sentenza 8.10.1996, n. 334 che interpreta l'art. 19 Cost., trovando conferma
nell'art. 9 della convenzione europea dei diritti dell'uomo, resa esecutiva con L. 4.8.115, n. 848 che tutela la libertà di manifestare << la propria religione
o il proprio credo>>. <<Si tratta in questo senso di una laicità positiva o
attiva, intesa come compito dello Stato di svolgere interventi per rimuovere
ostacoli ed impedimenti (art. 3 cpv. Cost.) in modo da " uniformarsi" (Corte
cost. 27.4.93,n. 195) a quella distinzioni tra "ordini" distinti, che
caratterizza nell'essenziale il fondamentale o supremo principio di laicità o
non aconfessionalità dello Stato>> (Corte cost. 8 .10.1996, n. 334), ma anche
Corte cost. 5.5.1995, n. 149.
42.
RESCIGNO G. U., La Costituzione europea, quali prospettive di laicità per
l'Europa, rel. al Convegno su La laicità indispensabile per l'uguaglianza dei
cittadini davanti alle istituzioni (Roma, 29-30 novembre 2003), parzialmente
pubblicata in il manifesto, 29.11.2003. ONIDA F., Appunti per una riflessione in
tema di attuazione del quadro costituzionale in materia religiosa (a proposito
di libertà e di uguaglianza), "Il Dir. Eccl..", 1990, n. 3, I, 423-34; FERRARI
S., Libertà religiosa e uguaglianza. Attualità del principio di separazione tra
Stato e Chiesa, Aggiorn. soc., 42°, n. 1, 47-61. DALLA TORRE G., Quale laicità
per l'Europa?, Roma, San Paolo, 2003. Per una discussione a tutto campo sul
principio di uguaglianza, L'idea di eguaglianza, (a cura di I. Carter), Feltrinelli,
Campi del sapere, Milano 2001.
43.
Ne è un esempio la legislazione eutanasia. Vedi a riguardo: CIMBALO G., Cure
palliative e diritto ad una vita dignitosa nella recente legislazione di
Danimarca, Olanda e Belgio. Eutanasia e diritto. Confronto tra discipline, (a
cura di S. Canestrari, G. Cimbalo, G. Pappalardo), Torino, Giappichelli Editore,
2003, 133-172.
44.
La società europea è di fronte ad una congiuntura inedita. I suoi valori
tradizionali sono in crisi di fronte mutamenti profondi in campo economico,
sociale, genetico e etico. A un ciclo economico caratterizzato da un mercato del
lavoro che garantiva ad una fascia larga l'impiego a tempo indeterminato e
subentrata una fase domina dall'incertezza e precarietà del lavoro. I rapporti
di comunità sono deboli, i tempi e le modalità di nascita e di morte sono
mutati, i rapporti interpersonali conoscono nuove tipologie di legami. Un grande
laboratorio si è aperto e proprio mentre ferve il dibattito arriva con forza
dirompente una nuova componente della popolazione che si fa portatrice di valori
tradizionali, addirittura antichi. Per governare questa fase lo Stato non trova
di meglio che ricorrere agli strumenti adoperati dallo Stato liberale al momento
della sua nascita ed è perciò che la laicità come valore ritorna attuale e
necessaria. In tal senso anche COLAIANNI N., Eguaglianza e diversità culturali...cit.,
44 ss.
45.
Se una parte del capitalismo progetta una società a macchia di leopardo dove
ogni enclaves si autogoverna, –
OHOMAE K., La fine dello stato nazione e la
crescita delle economie regionali, L'emergere delle economie regionali, Milano,
1996; ID. Il prossimo scenario globale. Sfide e opportunità di un mondo senza
confini, Milano, 2005 – vi è, diffusa, l'esigenza di ricostruire un tessuto
unitario all'interno di un grande progetto, quello dell'Europa allargata che,
per vivere, ha bisogno di superare le sue più intime contrapposizioni ritrovando
i valori fondanti e comuni di una convivenza possibile.
46.
L'arrivo di nuove popolazioni induce i residenti a ricercare motivi identitari
per evitare di essere assorbiti e modificati all'interno di questo poderoso
mutamento. La riscoperta di sagre e feste, al riproposizione di anniversari
dimenticati, svolge una funzione di riviviscenza di eventi che si suppongono
identitari. Si crea cosi dal nulla una tradizione, emblematico a riguardo la
reintroduzione del "calcio in costume" a Firenze nel 1930. Cfr.: ARTUSI L. –
GABBRIELLI S., Calcio storico fiorentino ieri e oggi, Firenze, Calcio storico
fiorentino - Comune, 1986 [ma 1988]. A queste pratiche i nuovi venuti oppongono
le loro festività, usi, costumi e quel vissuto fatto di leggende e di sogni,
tipico di ogni popolo.
In una visione laica del problema le diverse esigenze vanno contemperate,
attraverso la contaminazione, la reciproca partecipazione, la condivisione degli
eventi, al fine di creare una continuità nel tempo di essi, nella consapevolezza
che le tradizioni sono un prodotto della storia, dunque si creano col passare
del tempo.
47.
Una particolare riflessione merita la recente proposta di legge presentata dal
Ministro Giuliano Amato la quale si colloca tra i provvedimenti restrittivi di
attribuzione della cittadinanza in quanto impedisce il mantenimento della doppia
cittadinanza e non si dota di strumenti graduali di educazione alla democrazia
degli aspiranti cittadini. Sul punto LIPPOLIS V., Il disegno di legge Amato e i
requisiti per l'acquisto della cittadinanza: perché non ripensare il sistema
della doppia cittadinanza?, 5 ott. 2006 in www.forumcostituzionale.it. Per una
impostazione generale ID., La cittadinanza europea, Bologna, 1994.
48.
Indagini storiche e sociologiche condotte sugli immigrati del dopoguerra che
attraversarono lo stesso percorso intrapreso dagli immigrati di oggi dimostra
che questi sono i più intransigenti verso i nuovi venuti in quanto vedono
insediate le posizioni di relativa sicurezza finalmente raggiunte. Sulla storia
dell'emigrazione in generale, per tutti: CORTI C., L'emigrazione, Roma, Editori
Riuniti, 1999; ID., Storia delle migrazioni internazionali, Roma, Laterza, 2003;
AUDENINO P. – CORTI P., L'emigrazione italiana, Milano, 2000, \1994.
49.
E come se l'immigrato, preso in ostaggio dai residenti, si identificasse con il
sequestratore. In una inaspettata Sindrome di Stoccolma si trasforma nel più
leale difensore dei valori profondi del territorio che deve ospitarlo
l'immigrato, quanto più alto è il suo livello di integrazione. Oppure matura un
desiderio e un comportamento schizofrenico, continuando a vivere per traslazione
nel paese d'origine, del quale ricerca usi e costumi dimenticati, che ripropone
in modo ossessivo. Significativo indice di questo fenomeno sono le mille antenne
paraboliche che identificano tante case che ospitano immigrati, strumento
essenziale per mantenere i collegamenti, almeno virtuali, con il Paese e la
società di origine. In tal modo non solo i valori ma perfino le previsioni del
tempo sono quelle del Paese lontano piuttosto che quelle del Paese nel quale si
vive. Il fenomeno è posto in tutta evidenza dai numerosi episodi di cronaca che
vedono come vittime quei figli di migranti che scelgono valori estranei alla
comunità di provenienza. Per una panoramica sull'immigrazione in Italia oggi:
BARROCCI T. - LIBERTI S., Lo stivale meticcio: l'immigrazione in Italia oggi,
(Prefazione di Alessandro Dal Lago), Carocci, 2004
50.
Per il dibattito sulla scuola pubblica come strumento di integrazione e di
trasmissione dei valori di uguaglianza attuati rimuovendo gli ostacoli di ordine
economico e sociale che producono la disuguaglianza vedi: CIMBALO G. Le regioni
alla ricerca ....cit, passim.
51.
Parliamo non a caso di contaminazione e non di transizione verso il nuovo
modello di vita. La presenza sul mercato di merci e alimenti proprie di altre
culture, la liberalità in materia di procedure alimentari rituali, la garanzia
della libertà religiosa dell'esercizio libero del culto, l'apertura a
abbigliamenti e simboli del proprio vissuto dovrebbero consentire una
integrazione graduale e lenta che tuttavia si basa sul presupposto che non vi
sono valori unici ai quali uniformarsi, ma vi è spazio per culture differenti
poste su un piano di parità perché tutte egualmente vere, tutte egualmente
false. Per una analisi dei comportamenti rituali dei "nuovi culti" vedi: DE OTO
A., Precetti religiosi e mondo del lavoro. Un'analisi giuridica, Roma 2007, ma
anche I simboli religiosi tra diritti e culture, (a cura di E. Dieni, A. Ferrari,
V. Pacillo), Milano 2006; Symbolon/Diabolon. Simboli, religioni, diritti nell'europa
multiculturale (a cura di E. Dieni, A. Ferrari, V. Pacillo), Bologna, 2005.
La stessa sentenza n 203/89 della Corte Costituzionale lega la laicità, in
quanto principio supremo dell'ordinamento, ad un regime di "pluralismo
confessionale e culturale", ponendo così sullo stesso piano ogni opzione a meno
che essa non si traduca in una violazione del principio di uguaglianza che
ostacolerebbe la convivenza delle diverse opzioni. In tal senso anche CORTE
COSTITUZIONALE, sentenza 18 ott. 1955, n. 440 in "Il Foro It.", 1996, I, c. 30,
ma anche DOMIANELLO S., Sulla laicità nella Costituzione, Milano, Giuffrè, 1979,
58 ss.
52.
Vi è la tendenza a rapportarsi ai migranti attraverso le loro comunità fino al
punto che tale rapporto diviene sostitutivo del rapporto individuale. Si tratta
di una scelta conservatrice e miope, la quale inevitabilmente ricaccia
l'immigrato all'interno del ghetto della comunità di provenienza. Da tale
rapporto egli certamente ricava una qualche protezione e tutela, ma riceve
comunque una spinta poderosa a non relazionarsi con la comunità nella quale
intende vivere. Il mantenimento consapevole delle radici è altro rispetto alle
ritualità comunitarie, spesso riproduttrici di quelle gerarchie che, migrando,
si è cercato di abbandonare per un futuro di libertà e benessere. Ciò che
bisogna perseguire è l'inserimento pieno del migrante nel territorio soprattutto
per quanto attiene al rispetto della sua dignità dei suoi diritti e alla
possibilità di accedere al mercato del lavoro. V.: GROSSO E., La titolarità del
diritto di voto, partecipazione e appartenenza alla comunità politica nel
diritto costituzionale europeo, Ghiappichelli, Torino, 2001.
53.
Lo Stato non può consegnare gli individui alla confessione, attraverso gli
accordi consociativi, fornendogli gli strumenti per tenerlo legato, ma deve
trattare ognuno come individuo. La tutela va perciò trovata nel catalogo delle
libertà laiche e pubbliche, nei diritti e nelle garanzie individuali, prima che
collettive. Il migrante deve potere, se lo vuole, ricollocarsi, riposizionarsi
nella società ospitante godendo pienamente delle libertà costituzionali. Si pone
perciò il potere della leadership nelle comunità migranti. Sul punto rinviamo a:
MARTINIELLO M., Leadership et pouvoir dans les communautés d'origine immigrée,
Paris, 1992 ; ID., "Les immigrés et les minorité ethniques dans les institutions
politiques: ethnicisation des systèmes politiques europèennes ou renforcement de
la démocratie?'', in Revue Européenne des Migrations Internationales, 1998, n.
2, pp. 9-18.
54.
La tutela della libertà individuale non può che passare attraverso la piena
garanzia da parte dello Stato del diritto di recesso dalla confessione, come
dalla comunità etnica o linguistica a differenza di quanto lo Stato italiano ha
fatto in Alto Adige, ricorrendo al sistema delle quote linguistico-etniche e di
fatto blindando le appartenenze. LANGHER A., Le minoranze in Trentino e la
normativa europe, intervento tenuto al Convegno "la tutela dei gruppi minoritari
nella provincia di Trento: legislazione e proposte operative," organizzato dall'
Istituto Culturale Mocheno-Cimbro, Palú del Fersina/Palai, Sala Pubblica,
20.4.1991, "Arcobaleno", notiziario dei Verdi trentini; ID., Diversità e
autodeterminazione dei popoli: vie di pace, 6.12.1991, Relazione tenuta al
Convegno "Localismi, nazionalità ed etnie", Istituto Maritain, Preganziol/Treviso
oggi in www.alexanderlanger.org (22.11.2006).
55.
Sul rapporto tra sussidiarietà orizzontale, erogazione dei servizi pubblici in
regime di sussidiarietà e neutralità dei servizi erogati si vedano gli
interventi contenuti in: Federalismo, regionalismo e principio di sussidiarietà
orizzontale. Le azioni, le strutture, le regole della collaborazione con enti
confessionali, atti del convegno tenutosi a Ravenna dal 25 al 27 settembre 2003,
(a cura di G. Cimbalo e J. I. Alonso Perez) Torino, 2005 e inoltre CIMBALO G.,
Leggi e provvedimenti regionali in materia ecclesiastica. La costruzione di
sistemi integrati pubblico-privato, ivi, 247 ss.
56.
Una nuova politica d'integrazione diretta alla formazione degli immigrati di
seconda generazione e nella formazione, deve caratterizzarsi per la trasmissione
di un messaggio culturale interdisciplinare, realizzato in partneriato con le
strutture formative dei Paesi di provenienza. Tuttavia, malgrado ogni sforzo
qualsiasi politica di integrazione è destinata a fallire se non si rimuovono le
regole di esclusione che espellono dal mercato del lavoro i figli dei migranti.
PUGLIESE E., Extracomunitari e neocomunitari, "La rivista del Manifesto", n 51,
giugno 2004. Uno dei rimedi possibili – anche se non il solo – è quello di fare
ricorso a un sistema scolastico rigorosamente pubblico all'interno del quale
sviluppare strategie che risospingano verso la comunità di origine i figli degli
immigrati. Perché la scuola sia elemento di integrazione positiva bisogna
adeguare l'offerta formativa, promuovendo anche in sede di alta formazione
studio e conoscenza dei formanti della cultura e dell'ordinamento dei Paesi dai
quali provengono i gruppi più consistenti dei nuovi cittadini.
57. La Costituzione della RSF di Jugoslavia, osservazione introduttiva.
L'esposizione di Mijalko Todorović. - Rijeka : EDIT, 1974. - 285; La comunità
internazionale e la questione balcanica: le Nazioni Unite, l'Alleanza atlantica
e la gestione della crisi nell'area dell'ex Jugoslavia, (a cura di Pasquale Iuso,
Adolfo Pepe e Maurizio Simoncelli), Soveria Mannelli, Rubbettino, 2002, 154;
NIKOLIC P., I sistemi costituzionali dei nuovi stati dell'ex-Jugoslavia, (con
saggio introduttivo di S. Gambino), Torino, Giappichelli, 2002; DE RUITER R.,
Jugoslavia: prima vittima del nuovo ordine mondiale, Vicenza, Zambon, 2003, 165.
58.
Non è di questa opinione Coppola R., Ma la "laicità relativa" non l'ho inventata
io... ovvero dell'uguaglianza delle confessioni religiose secondo Procuste, in
www.unife.it/forumcostituzionale.
59.
COSTA M., Uniões homossexuais e relações parentais na prespectiva de
harmonização do Direito de Familia Europeu, (Tesi dottorale di prossima
pubblicazione) ma anche MOCCIA L., Du "marché" a la "citoyenneté": a la
recherche d'un droit privé européen durable et de sa base juridique, "Revue
Internationale du Droit Comparé", n .º 2, avril - juin, 2004, 315.
60.
E' questa la strategia comunemente seguita da numerosi governi che preferiscono
relazionarsi con le comunità, nello sforzo di interpretare una domanda
collettiva di diritti provenienti dalle diverse comunità stanziate sul
territorio V.: FACCHI A., I diritti nell'Europa multiculturale, Laterza, Roma –
Bari, 2001 e bibliografia ivi citata. Si trascura spesso che la gran parte delle
relazioni passa tuttavia per i rapporti intessuti a livelli individuale,
rapporti che più facilmente producono integrazione quando non assimilazione.
61.
La facilità di comunicazione consente di mantenere una continuità esperienziale
che opera con funzione di salvaguardia dell'identità e di continuità della
permanenza, in un contesto sociale che è quello di provenienza. In questa
situazione si inverte il rapporto percettivo e la realtà virtuale del migrante
non è più costituita dal passato, ma dal presente. Il migrante vive come un
alieno sia sul posto di lavoro come in ogni contatto esterno alla sua casa e al
suo luogo di culto. Questa scissione si ricompone quando può ricollocarsi a
livello spazio-temporale nel suo luogo di origine, perché in questa relazione
continua ad evolversi e a cambiare. E' perciò che il suo rapporto con le
istituzioni scolastiche, che rappresentano un formidabile strumento di
penetrazione nel suo vissuto quotidiano, è a volte conflittuale, al punto che
cresce il bisogno di scuole islamiche, nell'illusione di riprodurre e
trasmettere attraverso esse i valori culturali religiosi ed etici assunti ad
elemento identitario senza capire che quantomeno lo spostamento di luogo della
propria vita ha prodotto mutamenti irreversibili. Cfr: ALLAM K. F., Perché dico
no alla scuola islamica di Milano, "La Repubblica", 20 sett. 2005
62.
Si tratta di un fenomeno estraneo alla nostra esperienza di popolo migrante. Le
comunità create nel passato ciclo migratorio vedevano questi fenomeni molto
attenuati, al punto che al loro interno il tempo sembrava essersi fermato. Esse
non si evolvevano più con i tempi del Paese di origine, ne conservavano una
percezione statica, impegnati come erano a cercare di uscire dai quartieri ad
essi riservati per inserirsi nella società del paese ospitante. BEVILACQUA, P. –
DE CLEMENTI, A. – FRANZINA, E. ( a cura di ), Storia dell'emigrazione italiana,
I, Partenze, vol. 1: Le partenze; vol. 2: Gli arrivi, Roma, Donzelli, 2001; VECOLI, R. J.,
La ricerca di un'identità italo-americana: continuità e
cambiamento, in Euroamericani, vol. I. La popolazione di origine italiana negli
Stati Uniti, Torino, Fondazione Agnelli, 1987; CORTI, P. 2003, Storia delle
migrazioni internazionali, Bari, Laterza, 2003.
63.
Per riconciliare il vissuto immaginario con quello reale si tende a costituire
enclaves all'interno delle quali si cerca di praticare la politica degli statuti
personali, per autoalimentare la comunità, in una logica combattente, utilizzano
il principio di sussidiarietà verticale per riappropriarsi della gestione dei
servizi e realizzare l'autonomia della comunità. Un tal modo di procedere trova
nella percezione della comunità propria dei mussulmani elementi concettuali e
strumenti utili, costituiti dalla visione che esse hanno della Umma e
dall'utilizzazione della Zakat, del rapporto che queste comunità instaurano con
le banche islamiche e la loro particolare concezione del credito. DE ZAYAS F.
G., The law and philosophy of zakat, Damasco, 1960; FRANCESCA E., L'elemosina
rituale secondo gli Ibaditi, in "Studi Magrebini", XIX, 1987; ARIFF M., TAUFIK
A., AIDIT BIN G., Tasse religiose e filantropia nell'Islam del Sud-est
Asiatico, Dossier Mondo Islamico n. 3, Edizioni della Fondazione Giovanni Agnelli, 1997.
In questa situazione le modifiche introdotte nelle modalità di gestione dei
servizi pubblici e nella gestione delle imposte in relazione all'erogazione dei
servizi, il passaggio verso forme di sussidiarietà sempre più accentuate, offre
ulteriori strumenti organizzativi di coesione alle comunità e produce una
frammentazione preoccupante del territorio in relazione al bisogno di mantenere
la coesione sociale delle popolazioni. CIMBALO G., Leggi e provvedimenti
regionali in materia ecclesiastica. La costruzione di sistemi integrati pubblico-privato...cit., 247-270. L'analisi di queste problematiche è stata
ulteriormente sviluppata nel convegno "Federalismo fiscale, principio di
sussidiarietà e neutralità dei servizi sociali erogati. Esperienze a confronto",
svoltosi a Ravenna dal 4 al 6 maggio 2006, i cui atti sono in corso di stampa.
64.
In tutta Europa i governi hanno posto in atto strategie di riconoscimento e
integrazione. In Belgio è stata approvata una legge di riconoscimento del culto
islamico. CHRISTIANS L-L., Religion et citoyenneté en Belgique...cit., 138 ss. In
Spagna è stata data attuazione agli accordi di minoranza con i differenti culti. LLAMAZZARES FERNANDEZ D.,
Derecho de la libertad de conciencia I, Libertad de
conciencia y laicitad, Madrid, 2002, 271 ss.; D., Derecho eclesiástico del
estado, 4ª Barcellona, 2003, 149-179. In Olanda sono in atto politiche di
integrazione attraverso il riconoscimento al culto islamico delle stesse
prerogative accordate alle altre confessioni, soprattutto in campo scolastico.
CIMBALO G., Diritto all'educazione...cit., 143 ss.
65.
I migranti verso il Nord America cercavano l'inserimento in società di migranti,
quelli che si dirigevano in Sud America si trovavano anch'essi in una società
culturalmente compatibile, in quanto a valori e lingua con quelle dei Paesi
d'origine. L'emigrazione infracontinentale degli italiani verso il Belgio, nata
da un accordo di "deportazione economica" stipulato nel 1946 tra i due Paesi,
pur gravata da differenze linguistiche e di costume, ha beneficiato di politiche
di accoglienza dovute alla necessità di quel Paese di arginare il calo
demografico in una fase espansiva della sua economia. V.: MORELLI A., Les
émigrants belges, Bruxelles, éditions Vie ouvrière, 1998.
66.
In questa situazione sembrano vivere una crisi maggiore i Paesi anglosassoni
che, a causa della caratteristiche delle loro politiche migratorie, vedono
intere parti di territorio gestite da comunità di migranti. In queste enclaves
si ricompone la percezione della realtà del migrante, il quale vive e impone
anche sul territorio la propria presenza, creando uno spazio all'interno del
quale operano abitudini e valori dei nuovi abitanti del territorio. Non va
dimenticato che "Chi appartiene a una minoranza etnica in Gran Bretagna ha il
diritto di votare e di essere eletto sia come cittadino britannico sia come
cittadino del Commonwealth. Lo scopo del presente articolo è mostrare come le
minoranze etniche abbiano esercitato tali diritti e partecipato al processo
elettorale negli ultimi due decenni." ANWAR M., Partecipazione e rappresentanza
politica delle minoranze etniche in Gran Bretagna, Partecipazione e
rappresentanza politica degli immigrati, (Atti del Convegno organizzato dal
Dipartimento per gli Affari Sociali Commissione per le politiche di integrazione
degli immigrati – Presidenza del Consiglio dei Ministri 21 giugno, 1999), Roma
2000, 39. Questa situazione, che apparente sembra caratterizzarsi per una
maggiore integrazione, produce in realtà una accentuata estraneità, quando non
comportamenti di reazione violenta alla ghettizzazione, come avviene ad esempio
in Inghilterra.
67.
Sostengono una sostanziale tenuta dell'appartenenza religiosa alle confessioni
tradizionali, preferendo parlare di desacralizzazione piuttosto che di
secolarizzazione, arrivando a sostenere che «In realtà, se c'è un gruppo umano
in Europa in cui la secolarizzazione è davvero penetrata in profondità, questo è
il clero delle Chiese monopolistiche, che in gran parte non solo non è stato
capace, ma non ha voluto svolgere attività missionaria» STARK R., – INTROVIGNE
M., Dio è tornato...cit., 110.
Questa tesi sembra confermata dalla crisi delle vocazioni che non tocca, ad
esempio, la Comunità Pio X in Francia, la quale vede crescere il clero che vi
afferisce.
68.
Emblematico il caso dell'Olanda: "Fino al 1980, le autorità politiche olandesi
erano convinte che la maggior parte degli immigrati sarebbe, prima o poi,
ritornata nel proprio paese d'origine. Con questi presupposti, non sembrava
necessaria una politica rivolta ad incentivare la loro integrazione nei Paesi
Bassi, sebbene, a livello locale, furono introdotti dei meccanismi di
consultazione. Dopo l'inversione di tendenza del 1980, venne attuata una
politica di piena integrazione. Inizialmente questa politica tendeva a definire
gli immigrati come membri di «minoranze etniche». Fu chiamata «politica delle
minoranze», ed era fortemente centrata sul multiculturalismo. Successivamente,
l'approccio di gruppo fu gradualmente sostituito da un approccio più
individualista che sottolineava il bisogno di partecipazione sociale ed
economica dei singoli immigrati. Obiettivi costanti di queste politiche sono
rimasti il raggiungimento di una maggior uguaglianza di fronte alla legge e
l'integrazione degli immigrati". ENTZINGER H., Partecipazione politica degli
immigrati nei Paesi Bassi, Partecipazione e rappresentanza...cit., 26-32. Vedi
anche: FERMIN, A., Nederlandse politieke partijen over minderhedenbeleid,
1977-1995, Amsterdam, 1998; Het parlementair debat omtrent kiesrecht voor
vreemdelingen in Nederland en België (1970-1997), Brussel, Academia Press, 1999.
Prevaleva così l'approccio individuale ai problemi piuttosto che il rapporto con
le comunità.
69.
CIMBALO G., Federalizzazione dello Stato e rapporti con le confessioni religiose
in Belgio, Confessioni religiose e federalismo, (a cura di G. Feliciani),
Bologna, 2000, 205-224.
70.
Sul punto si rimanda alla lettura del saggio di BOTTI F. L'eutanasia in
Svizzera, in corso di pubblicazione, nel quale viene tra l'altro ricostruito il
ruolo peculiare dell'autotutela nella gestione di pratiche di fine vita, posto
in relazione alla teoria generale del diritto.
71.
L'importanza della comparazione nel diritto ecclesiastico e nelle scelte in
materia di questioni che riguardano la libertà di coscienza è sottolineata con
forza da ONIDA F., L'interesse della comparazione negli studi di diritto
ecclesiastico in Atti del congresso celebrativo del centenario delle leggi
amministrative di unificazione, Volume La legislazione ecclesiastica (a cura di
A. Davakc). Vicenza 1977, 603,
Ormai la necessità di dare una dimensione interdisciplinare degli studi
giuridici e della ricerca in generale ma soprattutto per quanto attiene il
diritto ecclesiastico è largamente condivisa. DOMIANELLO S., L'utilità pratica
del "Diritto ecclesiastico civile" come scienza, Il nuovo volto del diritto
ecclesiastico ..., cit., 287-302; ONIDA F., Considerazioni conclusive, Il nuovo
volto del diritto ecclesiastico...cit., 319 ss.
72.
I successivi percorsi, i comportamenti individuali verranno valutati in
relazione a un tracciato di azioni e atti predeterminato dalle norme. Siamo di
fronte al fenomeno della procedimentalizzazione.
L'incapacità dell'ordinamento di risolvere, attraverso scelte drastiche,
problemi di carattere etico sui quali si verificano profonde spaccature a
livello sociale, ha spinto il legislatore ad imboccare anche in Italia la strada
della procedimentalizzazione per rendere leciti comportamenti che altrimenti non
lo sarebbero. È il caso della legge sull'aborto, che consente il ricorso
all'interruzione della gravidanza a determinate condizioni e mediante
l'assunzione di opportuni comportamenti. Lo stesso si può dire della
legislazione in materia di obiezione di coscienza e in materia di procreazione
assistita. Alla procedimentalizzazione hanno fatto ricorso più consapevolmente
sia l'ordinamento belga che quello olandese e australiano dettando le norme in
materia di eutanasia. Cfr.: CIMBALO G., Eutanasia, cure palliative e diritto...cit.,
133 – 172; BOTTI F., Una legge contestata: l'eutanasia in Australia, in
Eutanasia e diritto...cit., 183 – 212; ID., L'eutanasia in Svizzera, in corso di
pubblicazione, passim.
73.
Quanto più lo Stato nazionale da spazio alle autonomie, quanto più opta per una
struttura federale, riconoscendo peso ed importanza alle comunità che lo
compongono, accettando una loro rappresentazione su base etnica o linguistica o
religiosa esso tende a lasciare delle "zone oscure" in relazione alle quali
preferisce non normare, in modo da lasciare spazio ai diritti particolari, a
quelli confessionali o di gruppo, a leggi suppletive attraverso o dalle quali
vengono elaborate regole giuridiche sussunte poi nell'ordinamento dello Stato.
Tali norme dispiegano la loro attività e funzione in quelle materie che
l'ordinamento belga definisce personalizzabili o che l'ordinamento canadese
lascia alla competenza dei diritti particolari. Si tratta di norme che con
sempre più frequenza riguardano materie di bioetica nelle quali più forte è la
differenziazione di orientamenti tra le diverse componenti culturali etniche
religiose e linguistiche delle popolazioni. Il fenomeno è complessivamente
studiato da: BOTTI F., L'eutanasia in Svizzera, in corso di pubblicazione,
passim.
74.
Se vi possono essere dubbi sulla capacità delle aggregazioni a carattere
culturale, linguistico o etnico di produrre diritto certo non ve ne sono per
quanto riguarda le confessioni religiose. Basti pensare al Diritto Canonico, ai
vari Kerkorde delle Chiese protestanti, al Diritto Ebraico, al Diritto Islamico.
Per un approfondimento di queste tematiche e la capacità di questo tipo di
diritti di normare nelle società odierne, cfr.: FERRARI S., Lo spirito dei
diritti religiosi, Ebraismo, cristianesimo e islam a confronto, Bologna, 2002; FERRARI S., IBÀN I. C.,
Diritto e religione in Europa occidentale, Bologna,
1997; CARDIA C., Ordinamenti religiosi e ordinamenti dello Stato, Bologna, 2003;
75.
Cfr.: ZIMMERMANN R., Roman law, contemporary law, European law, Oxford, 2001;
Fondamenti di diritto contrattuale europeo, a cura di G. Luchetti e A. Petrucci,
Bologna, 2006. In generale: TALAMANCA M., Istituzioni di diritto romano, Milano,
1990, passim; DALLA D. LAMBERTINI R., Istituzioni di diritto romano, Torino,
2003, passim; GROSSI P., L'ordine giuridico medievale, Roma – Bari, (X°), 2003,
54 ss.
76.
LLAMAZARES FERNÁNDEZ , D., A vueltas con la laicidad, in "Homenaje Vidal
Guitarte" Valencia, 1999, pp. 489-496; SUÁREZ PERTIERRA G., La recuperación del
modelo constitucional. La cuestión religiosa a los veinticinco años de la
Constitución, in "Laicidad y libertades", 2002, p. 313-348.; SUÁREZ PERTIERRA
G., La laicidad en el constitucionalismo español, in Libertad de conciencia y
laicidad en las instituciones y servicios públicos, Madrid, 2005, pp. 119-132.
77.
Vi è chi in Francia avverte con fastidio e sconcerto la riscoperta di una
laicità intransigente e si sforza di considerarla come un retaggio del passato,
una degenerazione della nozione stessa di laicità che in questa accezione
diverrebbe laicismo. DURANT J.-D., Tra laicità e laicismo. Esiste un modello
francese? "Il dir. eccl." 2005/I, parte I, 132-153. Ciò che non si vuol
comprendere è che proprio i rigurgiti integralisti delle diverse confessioni
religiose rendono attuale il rilancio di una laicità piena e tradizionale al
punto da ostacolare le proposte di revisione della Legge del 1905 sulla laicità,
oggi ritornata a nuova vita. In tal senso PENA-RUIZ H., La laïcité pour l'égalité,
Paris 2000, ma ancor più COMMISSIONE DI RIFLESSIONE SULL‘APPLICAZIONE DEL
PRINCIPIO DI LAICITA' NELLA REPUBBLICA, Rapporto al Presidente della Repubblica,
11 dic. 2003, oggi in CAVANA P., I segni della discordia. Laicità e simboli
religiosi in Francia, Torino, 2004, 171-249.
78.
Cfr.: COPPOLA R., Ma la "laicità relativa" non l'ho inventata io ...ovvero
dell'uguaglianza delle confessioni religiose secondo Procuste....,
http://wwwr.unife.it/forumcostituzionale/contributi/lib%20rel.htm.
22/9/2006. D'altra parte una tale visione del principio di laicità fa dello
Stato, inevitabilmente, un Stato confessionale o quanto meno ripropone il regime
delle religioni stabilite da contrapporre alle altre.
79.
Cfr.: THOMPSON J. B., Mezzi di comunicazione e modernità. Una teoria sociale dei
media, Il Mulino, Bologna, 1998.
80.
La liberazione dal bisogno economico, la costruzione di una società capace di
garantire a tutti i diritti elementari, aiuta a sviluppare una scelta
consapevole in materia spirituale e consente di evitare l'uso della religione
come strumento di alienazione. Perciò la realizzazione - almeno tendenziale -
dell'uguaglianza è il presupposto necessario all'applicazione della laicità, sia
come principio che come metodo di gestione delle relazioni interpersonali,
istituzionali e di rapporto con le confessioni.
Non va in questa direzione né la giurisprudenza della Corte europea dei diritti
dell'uomo né la Convenzione europea, prova ne sia che mentre la tutela della
libertà religiosa è positivamente prevista nell'art. 9, previsione analoga non
ricorre a proposito del principio di laicità dello Stato. Sul punto VENTURA M.,
La laicità nell'Unione Europea. Diritti, mercato, religione, Torino 2001, 55 ss.
81.
Rapporto tra trasformazioni, passaggio del tempo, generazioni, allungamento del
tempo vita, ciclicità dei valori, ritorno e ricerca delle radici dopo fase di
crescita e di rifiuto. Le fasi diverse possono distribuirsi anche nell'arco di
vita di una persona. CIMBALO G., Appunti sulla vita, sui valori e sulla morte,
"Antipodi", n. 1, 2004, 41-43.
82.
A proposito di fascismo e nazismo come esempio "avanzato" di conquista e
gestione del consenso e insieme come arretramento complessivo dei livelli di
civiltà, Cfr.: GUERIN D. Fascismo e gran capitale, Torino, 1957; ID., La peste
bruna, Sul fascismo I, Verona, 1975.
83.
La tolleranza non va intesa come una concessione del potere o delle ideologie
dominanti, ma come un metodo di approccio ai problemi. La sua praticabilità non
può prescindere dalla presenza tra i formanti dell'ordinamento di diverse
visioni etiche che consentono la convivenza e il concreto operare di diverse
opzioni in relazione a tematiche sulle quali incidono differenti collocazioni in
campo filosofico, religioso, culturale che si concretizzano in norme di diritto
positivo. LOCKE J., Saggio sulla tolleranza e Lettera sulla tolleranza in
Antologia degli scritti politici di John Locke, (a cura di Felice Battaglia),
Bologna, 1962; TEDESCHI M., La libertà religiosa nel pensiero di John Locke,
Torino, 1990.
In effetti "a) qualsiasi intervento "positivo" a favore di qualsiasi culto o
sentimento religioso incontra problemi operativi insolubili per chi prenda sul
serio la Costituzione; b) non può esistere alcun regime "positivo", di favore,
per la coscienza religiosa che non sia estendibile alla coscienza non religiosa
e persino a quella anti-religiosa; la libertà negativa di coscienza è l'unico
profilo della libertà che l'ordinamento può legittimamente prendere in
considerazione." BIN R., Libertà dalla religione. I sogetti del pluralismo nella
giurisprudenza della Corte Costituzionale, (a cura di R. Bin e C. Pinelli),
Torino, 1996, 39.
84.
WINCH P., The Idea of a Social Science, Routledge and Kegan Paul, Ldt, London
1958, tr. it. di M. Mondadori e M. Terni, Il concetto di scienza sociale e le
sue relazioni con la filosofia, Il Saggiatore, Milano 1972; ID., Trying to Make
Sense, Basil Blackwell Inc, New York 1987. L. WITTGENSTEIN: Philosophische
Untersuchungen, Basil Blackwell, Oxford 1953, tr. it. di M. Trinchero, Ricerche
filosofiche, Einaudi, Torino 1967; PUTMAN H., Realism with a Human Face,
Cambridge, Mass., Harvard University Press 1990; tr. it. di E. Sacchi, Realismo
dal volto umano, Il Mulino, Bologna 1995.
85.
Sulle tecniche legislative oggi utilizzate vedi: Qualità normativa e tecnica
legislativa. Europa, Stati, enti sub-statali – Calidad normativa y técnica
legislativa. Europa, Estados y entitades infraestatales, (a cura di) L. Pegoraro,
A. J. Porras Nadales, Bologna, 2003, con interventi anche di E. Pattaro, A.
Vedaschi, M. Medina Guerriero, J. O. Frosini, S. Bagni, J. I. Peinado Gracia, F.
J. Gutiérrez Rodrìguez; VEDASCHI A., Istituzioni europee e tecnica legislativa, Giuffrè, Milano, 2001.
Sui parametri utilizzati in campo penale per distinguere i comportamenti
penalmente sanzionabili e quelli procedimentalizzati non sanzionabili. HÖFFE O.,
Gibt es ein, interkulturelles Straftrecht? Ein philosophischer Versuch, Suhrkamp,
Frankfurt a. M. 1999, [trad. it.] Globalizzazione e diritto penale, Milano 2001,
passim.
86.
Sono sempre più numerose le leggi che prevedono a loro interno la
monitorizzazione della loro applicazione come elemento caratterizzante e
qualitativo del provvedimento. Si tratta di una tecnica legislativa
procedimentale legata al pluralismo etico, normativo e giuridico che consente un
approccio alle problematiche caratterizzato dal relativismo etico. Basti pensare
alla legge 194/78 sull'interruzione volontaria della gravidanza o a le più
moderne leggi sull'eutanasia.
"La procedimentalizzazione è un insieme di atti di differente natura giuridica
consistenti in manifestazioni di volontà, di scienza e conoscenza, di
valutazioni e di individuazione di effetti, posti in essere al dichiarato scopo
di ricondurre comportamenti ed eventi all'interno di una tipologia di atti,
ovvero ad una tipizzazione di essi, in modo che siano rigidamente valutati gli
effetti dell'azione posti in relazione alle cause che l'hanno determinata.
L'osservanza di essa porta con sé la non punibilità di atti che, presi
singolarmente o collocati al di fuori del procedimento, sarebbero penalmente
sanzionabili". BOTTI F., ID., L'eutanasia in Svizzera, cap. I, in corso di
pubblicazione; SGUBBI F., Il diritto penale incerto ed efficace, "Rivista
Italiana di Diritto e Procedura Penale", nuova serie – anno XLIV, II, 2001,
1193-1200.
87.
LIJPHART A., Democracy in Plural Societies: A Comparative Exploration, New
Haven-London, 1997, passim; GRECO N., Costituzione e strutture di governo dei
Paesi Bassi, Padova, 1982.
88.
Per un approfondito esame del modello consociativo olandese LIJPHART A, The Politics of Accomodation. Pluralism and Democracy in the Netherlands, London,
1968, che descrive i processi di formazione all'interno di enclaves religiose di
partiti, sindacati, associazioni di ogni tipo. Sul punto in generale rispetto
alla politica ecclesiastica adottata: CIMBALO G. I rapporti finanziari tra Stato
e confessioni religiose nei Paesi Bassi, Milano 1989, 209-225.
89.
Il modello consociativo olandese è certamente entrato in crisi di fronte ai
problemi posti dall'integrazione delle componenti islamiche nella pur permissiva
società dei Paesi Bassi. Il modello ha fino ad ora funzionato grazie alla
tendenziale omogeneità delle componenti sociali e religiose del Paese,
amalgamatesi nel corso di secoli e proiettate verso la costruzione di un insieme
di valori identitari fortemente laici con i quali si scontra l'integralismo
tendenziale di parte della componente migratoria islamica. Certo hanno inciso
sulla crisi i ridotti stanziamenti destinati alle politiche di educazione e
integrazione degli immigrati che hanno da sempre caratterizzato quell'ordinamento.
Per la vecchia legge sull'emigrazione e acquisizione della cittadinanza DE GROOT
G-R., Staatsangehörigkeitsrecht im wandel...cit., 125-140. Per la legge
attualmente in vigore che ridimensiona largamente le buone pratiche di
inserimento degli immigrati: Wet van 23 november 2000 tot algehele herziening
van de Vreemdelingenwet (Vreemdelingenwet 2000), Gegeven te 's-Gravenhage, 23
november 2000.
90.
Nella nuova situazione, ad avviso di chi scrive, lo Stato non può che ricorrere
a una rivisitazione di strumenti propri del giuridizionalismo, imponendo alle
confessioni religiose regole di condotta che, nel garantire il diritto di
libertà religiosa e di pensiero, assicurino al tempo stesso un argine verso il
fondamentalismo. Questa tendenza si manifesta ad esempio in Olanda dove il
Ministro dell'Immigrazione Rita Verdonk, (Partito Liberale – VVD) presentando in
Consiglio dei ministri contro l'uso del Burqa ha dichiarato «Il gabinetto
considera indesiderabile che abiti che coprono il viso, incluso il burqa, non
siano indossati in pubblico, per questioni di ordine pubblico, sicurezza e
protezione dei cittadini» . Nella stessa direzione ci si è mossi nelle Fiandre e
in alcuni länder tedeschi, nei quali è stato vietato l'uso nei locali pubblici
anche del "hijab' V.: SAMIR S. K., Ma il burqa può essere davvero tollerato in
Europa?, "L'Avvenire", 21 novembre 2006. A quanto pare il separatismo alla
francese, invece che regredire avanza, ma le confessioni religiose che plaudono
a queste iniziative devono sapere che si tratta di una regola generale, diretta
a tutti. Sulla secolarizzazione e la necessità emergente di ricorrere a antichi
strumenti vedi anche RÉMOND R., La secolarizzazione. Religione e società
nell'Europa contemporanea, Roma-Bari, 1999.
91.
Non può valere come scriminante di comportamenti lesivi della libertà dei minori
e come deroga che giustifica l'uso di mezzi coercitivi per imporre ai minori il
rispetto di pratiche religiose, il diritto dei genitori a impartire ai figli una
determinata educazione a carattere religioso. CIMBALO G., Il fattore religioso
come elemento di imputabilità, "QDPE", 1999/3, 850-857.
C'è da dire anzi che assistiamo a un progressivo affievolimento di questi poteri
quanto più si abbassa l'età nella quale il minore acquista piena capacità di
intendere e volere. Ricordiamo il caso della scelta se usufruire o meno
dell'insegnamento di religione cattolica oggi esercitato all'età di 14 anni e
comunque alla fine del secondo ciclo della scuola. Ancor più rileva
l'affievolimento dei poteri dei genitori nel caso di bambini affetti da malattie
incurabili e nello stadio terminale per i quali in Olanda il diritto a scegliere
di ricorrere all'eutanasia è attribuito ad essi all'età di 12 anni. CIMBALO G.,
Osservazioni al Parere del Consiglio di Stato olandese sulla legge per
l'eutanasia e l'aiuto al suicidio, "QDPE", 2000/3, 655-661.
Vi è la convinzione sempre più diffusa della natura sociale delle attività
esperienziali dei giovani dove la famiglia è uno dei centri decisionali che
concorrono a definire i poteri di autodeterminazione.
92.
GALGANO F., La globalizzazione nello specchio del diritto, Il Mulino, Bologna,
2005; FERRARESE M. R., Le istituzioni della globalizzazione, Diritto e diritti
nella società transnazionale, Bologna, 2000, passim; OSTERHAMMEL J., PETERSSON
N. P., Storia della globalizzazione: dimensioni, processi, epoche, Il Mulino,
Bologna, 2005; SLOTERDIJK P., L'ultima sfera: breve storia filosofica della
globalizzazione, Carocci, Roma, 2005; SCHOLTE J A., Globalization: a critical
introduction, 2. ed., Basingstoke, New York, Palgrave MacMillan, 2005.
93.
Si muovono in questa direzione: PREDIERI A., Il diritto europeo come formante di
coesione e come strumento di integrazione, in "Il diritto dell'Unione europea"
1/1996, 5-56; STEIN P., I fondamenti del diritto europeo. Profili sostanziali e
processuali dell'evoluzione dei sistemi giuridici, Giuffrè, 1995; PINDER J.,
The European Law. A very short introduction, Oxford University Press, 2003; DAVID R.
JAUFFRET-SPINOSI E. C., I grandi sistemi giuridici contemporanei, Cedam, 2004;
ANTONIOLLI L., BENACCHIO G. A., LAJOLO E. F., Lineamenti di Diritto dell'Unione
Europea, Cedam, 2005.
94.
Sulla crisi del separatismo statunitense rinviamo ONIDA F., Libertà religiosa
nella giurisprudenza della Suprema Corte americana dell'ultimo decennio...cit.,
-326.
95.
Vi è chi presenta tutto questo come uno scontro tra la civiltà mussulmana e
quella islamica HUNTINGTON S., Lo scontro delle civiltà e il nuovo ordine
mondiale, [ed. it.], Milano, Garzanti, 1997 mentre giornalisti da sempre a
caccia di gloria hanno editato pamphlet contenenti la vulgata di queste tesi.
Un'analisi più attenta permette di evidenziare come oggi è in atto uno scontro
epocale alla ricerca del controllo definitivo sulle disponibilità di materie
prime ed energie dal quale dipende la possibilità di progredire
nell'accumulazione del profitto.
96.
MARGIOTTA BROGLIO F., MIRABELLI C., ONIDA F., Religioni e sistemi giuridici –
Introduzione al diritto ecclesiastico comparato, Bologna, 2002; MESSNER F. –
PRELOT P.-H., Traité de droit français des religions, Paris, 2003; Iglesias confesiones y comunidades religiosas en la Unión Europea, a cura di A. Castro Jover, Bilbao, 1999,
passim; Strato e Chiesa nell'Unione Europea, (a cura di G. Robbers), Baden-Baden, 1996.
97.
Il fenomeno tanto diffuso dei telepredicatori in grado di rastrellare donazioni
ingenti per le attività delle loro Chiese, le attività economiche da sempre
connesse alle attività religiose e di culto delle stesse confessioni
tradizionali testimoniano della dimensione e dell'importanza economica
dell'attività dei culti.
Sul "fenomeno" dei telepredicatori in USA vedi l'articolo in tre puntate di
Paola Liberace, Telepredicatori: proselitismo via cavo; Telepredicatori/2: tra
politica e business; Fede e valori, eredità degli evangelisti in Tv, "Emporion",
http://magazine.enel.it/emporion/ 26/01/2005
98.
La direzione nella quale si muove l'Unione europea e quella del pluralismo
democratico, pur lasciando che siano le leggi degli Stati nazionali a
regolamentare questa materia. La stessa Dichiarazione n. 11 annessa al Trattato
di Amsterdam conferma questo orientamento VENTURA M. La laicità dell'Unione...cit.,105
ss., e si spinge a garantire gli stessi diritti all'ateismo organizzato.
99.
MARGIOTTA BROGLIO F., In Europa il Vaticano è declassato, in "Limes", 1, 2000,
157 ss.; VENTURA M. La laicità dell'Unione...cit., 239-245 ; KINDERLEN H. – J.,
TEMPEL H., TORFS R., Quelles relations entre églises et Union Européenne ?,
Leuven, 1995. Il testo della Dichiarazione n. 11 recepisce il principio di
equiparazione del trattamento del personale delle confessioni religiose e delle
associazioni filosofiche non confessionale previsto dall'art. 181 della
Costituzione Belga del 1994 nella convinzione che il servizio di assistenza da
essi fornito costituisca un beneficio per tutti i cittadini. Sul punto CIMBALO
G., Appartenenza religiosa e credenze "filosofiche"...cit., passim.
100.
Malgrado il suo impegno a garantire la concorrenza tra i culti e quindi la
libertà di proselitismo l'Unione Europea non riesce completamente a vincere le
resistenze delle Grecia nel garantire la libertà di proselitismo: NASKOU-PERRAKI
P., Citizens believers in Greece, Cittadini e fedeli nei paesi dell'Unione
Europea, Atti del colloquio 12 -15 novembre 1998, Milano, 1999, 314-317. Questi
problemi sono destinati a crescere con l'allargamento dell'Unione a 25 Paesi. Si
veda, ad esempio, il caso della Bulgaria, dove la religione ortodossa è quella
tradizionale e gode di particolari privilegi come la capacità di certificazione
della cittadinanza bulgara all'estero. Cfr.: УСТРОЙСТВЕН ПРАВИЛНИК НА
МИНИСТЕРСТВОТО НА ВЪНШНИТЕ РАБОТИ, art. 36, отм. ДВ. бр.19 от 2 Март 2006г., in
http://Licodu.cois.it/ Bulgaria/confessioni religiose/decreti o quello già
citato della Bielorussia. Il cammino da percorrere per assicurare nello spazio
europeo l'uguaglianza delle diverse confessioni resta perciò lungo e difficile.
101.
La dottrina ecclesiasticistica italiana si è interrogata su questi problemi
ripetutamente. Sul Punto vedi per tutti: Integrazione europea e società multietnica. Nuove dimensioni della libertà religiosa (a cura di V. Tozzi),
Torino, 2000, passim.
102.
La Dichiarazione islamica dei diritti dell'uomo, proclamata il 19 settembre 1981
presso l'UNESCO a Parigi, è la versione islamica della Dichiarazione universale
dei diritti dell'uomo. Essa si è resa necessaria perché la Dichiarazione
universale dei diritti dell'uomo non è compatibile con la concezione della
persona e della comunità che ha l'Islam. Nel 1990 la 19ª Conferenza Islamica dei
Ministri degli Esteri svoltasi al Cairo dal 31 luglio al 5 agosto, ha proclamato
la Dichiarazione del Cairo dei Diritti Umani dell'Islam, 25 articoli ed un breve
preambolo che si propone come un "...Document on Human Rights in Islam that will
serve as a guide for Member states in all aspects of life". CONAC G., Islam et
droits de l'homme, Economica 1994; ALDEEB ABU-SAHLIEH, S., Les Droits de l'homme
face à l'Islam, Winkler, Bochum, 1994.
103.
I riferimenti alla laicità contenuti nei documenti ufficiali del magistero
ecclesiastico si accompagnano sempre all'utilizzo di in altro termine
finalizzato a fornirne gli effettivi connotati, quasi che la laicità fosse un
termine incompleto che necessita di integrazioni concettuali. Si deve a Pio XII
il termine "sana e legittima laicità dello Stato" contenuto in una allocuzione
del 23 marzo 1958, mentre Paolo VI preferì ricorrere al termine "giusta
laicità". Tocca a Giovanni Paolo II rivendicare le origini cristiane della
laicità, rivolgendosi ai vescovi francesi in una particolare e significativa
circostanza. Cfr.: GIOVANNI PAOLO II, Lettre aux évêques de France pour le
centenaire de la Loi de 1905, in La Documentation catholique, n. 2331, 6 marzo
2005, 202-206, il quale utilizza sovente, insieme alla dottrina giuridica
cattolica il termine « laicità positiva" rinvenendone le origini – non del tutto
a torto nella sentenza 203/89 della Corte Costituzionale. Queste aggettivazioni
del termine laicità sono tutte finalizzate a farne un valore collocabile, in
misura ponderata, nel solco della tradizione cattolica, legandolo soprattutto al
pensiero sociale cristiano. Sul punto: DÉMOND R., La laïcité, in Les grandes
inventions du christianisme, Paris, Bayard editions, 1999, 96-116.
104.
L'introduzione, attraverso gli accordi di Helsinki, della tutela della libertà
religiosa nei Paesi di democrazia socialista dell'est Europa, facenti parte
dell'area sovietica, ha contribuito non poco alla messa in crisi dei sistemi
istituzionali e politici di quei Paesi, e va ascritta come una delle cause del
fallimento politico di quella esperienza. Per un'indagine su questa delicata e
significativa fase di evoluzione dei rapporti internazionali si veda: La nuova
Europa della CSCE : Istituzioni, meccanismi e aspetti operativi della Conferenza
sulla sicurezza e la cooperazione in Europa, (a cura di Giovanni Barberini e
Natalino Ronzitti). – Milano, Franco Angeli, 1994; Dalla C.S.C.E. all'O.S.C.E.:
Testi e documenti, (a cura di G. Barberini) Napoli, ESI, 1995. Per un quadro di
insieme sulla situazione attuate vedi in particolare: BARBERINI G., Dossier
sullo stato giuridico delle confessioni religiose e sull'esercizio della libertà
religiosa nei paesi dell'Europa centro-orientale, in Chiese, associazioni,
comunità religiose e organizzazioni non confessionali nell'Unione europea, atti
del colloquio, Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano, 28- 29 maggio 1999
(a cura di A.M. Chizzoniti) Milano, 2002, 93- 132.
105.
Il fallimento dell'ateismo di Stato e della sua capacità di contenere e
soddisfare le istanze in materia di libertà di coscienza ha portato in una prima
fase i Paesi dell'Est europeo, liberatisi dall'influenza sovietica, a ricercare
attraverso la sottoscrizione di concordati con la Chiesa cattolica la
legittimazione della loro esistenza. Emblematico, dopo il Concordato polacco del
1993, il caso della Croazia al quale hanno fatto seguito accordi con Lituania,
Lettonia, Estonia, Ungheria e Slovacchia. [per tali accordi vedi
http://wwwnt.unifi.it/concordatiss/princ.htm] dal canto loro le Chiese stabilite, in nome del loro ruolo identitario,
peraltro mai negato dai passati regimi filosovietici, hanno teso a riaffermare
la loro supremazia politica e sociale, anche a scapito dei culti di minoranza.
Vedi per tutti : Republic of Belarus, On religious freedom and religious
organizations, National Register of legal acts of the Republic of Belarus, 1999,
95, 2/102 in Chiesa cattolica ed Europa centro-orientale: Libertà religiosa e
processo di democratizzazione, (a cura di A. G. Chizzoniti), Milano, 2004,
306-331.
Oggi che le difficoltà della prima ora si avviano ad essere superate è in corso
una generale riscoperta del principio di laicità e divengono più pressanti le
ragioni di una pacifica convivenza e della tolleranza come testimoniano le leggi
che seguono: Republic of Lithuania, Law on religious communities and
associations of the Republic of Lithuania, 1995; New Bulgarian Law on Religion,
known as the Confessions Act 2002.
Una tutela specifica viene accordata alla libertà religiosa dei cittadini
stranieri in Bielorussia: Law on Legal Status of Foreign Citizens and Persons
without Citizenship in the Republic of Belarus, Law of the Republic of Belarus N
422-3 of July 18, 2000, mentre culti di minoranza con una radicata presenza nel
paese, come i mussulmani in Bulgaria, si vedono riconosciuto per decreto il loro
Statuto: Republic of Bulgarian, УСТАВНА МЮСЮЛМАНСКОТО ИЗПОВЕДАНИЕ В
РЕПУБЛИКА БЪЛГАРИЯ, 28 октомври 2000. Per i testi delle leggi citate vedi
http://Licodu.cois.it.
106.
BOUGAREL X., CLAYER N., Le nouvel islam balkanique. Les musulmans, acteurs du
post-communisme 1990-2000, (préface de M. van Bruinessen), Maisonneuve et Larose,
Paris, 2005. Sul ruolo delle Chiese nelle guerre balcaniche : PIRJEVEC J., Le
guerre jugoslave 1991-1999, Tascabili Einaudi, 2002, Torino.
107.
V.: CIMBALO G., Scuola pubblica e istruzione religiosa: il Concordato tradito, "QDPE",
n. 1, 2004, 143-164.
108.
Sulle sentenze 203/89 e 13/91 della Corte Costituzionale Vedi: COLAIANNI N., Il
principio supremo di laicità dello Stato e l'insegnamento della religione
cattolica, in "Foro it.", 114 , 1989, I, 1333-42; ID., La via giudiziaria alla
laicità. L'ora di religione alla consulta, in "Il tetto", 26, 1989, n. 152-3,
179-84; ID., Autonomia e parità della scuola, in "QDPE", 1997, 128 ss.
109.
A proposito della laicità dello Stato italiano Francesco Finocchiaro rilevava
«E' ricorrente fra i giuristi contemporanei la considerazione secondo la quale
l'idea di "laicità" si vada sempre più appannando, che sia la stessa espressione
di "laicità" ad essere ambigua, e meriti, in conseguenza di essere riempita di
un nuovo contenuto in relazione alle mutate condizioni storiche e alla novità
dei problemi. [...]. Nel caso che ci interessa l'idea di "laicità" viene in
considerazione come specificazione qualificatoria dello Stato. Una
qualificazione che, a un primo e superficiale esame, appare come antitetica a
quella di "confessionista". Estendere la qualifica all'attuale ordinamento
costituzionale è un'operazione culturale impropria, priva di valore conoscitivo,
perché impedisce di cogliere, in una formula sintetica, le profonde differenze
esistenti tra due diverse stagioni del diritto [...]. Lo Stato è laico allorché,
come nella seconda metà dell' 800, decide sovranamente della situazione
giuridica delle confessioni religiose, allorché persegue una politica
ecclesiastica tendente a separare le istituzioni della società civile, la
scuola, l'amministrazione della giustizia, il governo del Paese, in una parola
le istituzioni di tutti i cittadini, dalle ingerenze confessionali, a garanzia
della libertà di coscienza e dell'uguaglianza». cfr.: FINOCCHIARO F., La
repubblica italiana non è uno Stato laico, in "Dir. Eccl.", I, 1997.
110.
La riflessione parte da lontano e trova in MARITAIN J, Christianisme et
democratie, Paris, 1947, uno dei suoi più attenti espositori. Confluiscono in
questa rielaborazione i contributi del cattolicesimo sociale di Félicité de
Lammennais, le riflessioni conciliari del Vaticano II, come le dichiarazioni
contingenti del magistero che non tralascia occasione per esternare il suo
sostegno a una laicità di volta in volta definita « positiva », « buona », «
sana ». Si tratta di una strategia non nuova sulla quale da tempo si è
sviluppata una riflessione : ACCIAI R. La necessità di una ridefinizione del
concetto di laicità, "Dir eccl.", 102°, n. 2-3, 1991, I, 507-11; DALLA TORRE G.,
Quale laicità per l'Europa?, Roma, San Paolo, 2003.
111.
E' filosoficamente e culturalmente inaccettabile l'idea che la libertà di
pensiero possa e debba vivere sotto l'ombrello della religione cattolica o di
qualsiasi altra religione e non piuttosto attraverso il catalogo di valori
elaborato a partire dalla Rivoluzione francese e trasfuso faticosamente nel
moderno costituzionalismo e nelle carte internazionali dei Diritti dell'Uomo. Si
tratta di valori sanciti anche dalla nostra Costituzione che non possono essere
negati. Cfr.: CHARIER-DAGRAS M.-D., La laïcité français à l'épreuve de l'intégration
européenne: pluralisme et convergence, L'Harmattan, Paris, 2002, passim.
Vale la pena rilevare che i continui richiami della Chiesa cattolica alla
laicità positiva, (esiste dunque una laicità negativa) per essere accolti,
presupporrebbero l'accettazione da parte della Chiesa stessa del pluralismo
etico, ovvero della possibilità, quanto meno astratta, di scegliere tra diversi
tipi di laicità. E' tuttavia l'accettazione del pluralismo etico costituisce una
scelta impossibile per chi si fa portatore di una verità assoluta, rivelata. Da
qui il ruolo potenzialmente eversivo di ogni culto e la necessità per gli
ordinamenti di far pronte al ritorno di una presenza aggressiva dei culti. La
difesa delle libertà civili minacciate, in un contesto di pluralismo
confessionale, non può che essere fatta ricorrendo a una sorta di
neogiurisdizionalismo.
I sintomi di questa nuova opzione operata dagli ordinamenti è rinvenibile ed
evidente nelle scelte di politica ecclesiastica adottate di recente soprattutto
nell'area dell'Europa occidentale e segnatamente in Spagna, Belgio, Olanda,
Germania, ecc. dove lo Stato tende ad elaborare valori propri in materia di
convivenza, attraverso i pax, le unioni di fatto e l'apertura del matrimonio, in
materia di bioetica, di esposizione dei simboli religiosi. Ad esempio dal 1
gennaio 2007, nello Schleswig-Holstein, il Land più settentrionale della
Germania, sarà vietato indossare a scuola qualsiasi simbolo religioso. Niente
velo, niente croci al collo, nessun oggetto "ostensivo" di un credo. Il
provvedimento è frutto di un accordo tra i partiti che reggono la locale Grosse
Koalition, Cdu e Spd. In generale. Provvedimenti analoghi vengono adottati in
ordinamenti che solo in un lontano passato avevano utilizzato il
giurisdizionalismo come sistema di relazione tra i culti.
112.
La Laicità infatti è un atteggiamento intellettuale caratterizzato in modo
sufficiente dal lasciare (e auspicabilmente dall'avere) libertà di coscienza,
intesa quale libertà di conoscenza, libertà di credenza, libertà di critica e
autocritica. La laicità è tolleranza del diverso da se, è applicazione a tutto
campo del principio di uguaglianza, della pari dignità dei valori e delle
appartenenze, è indice di neutralità delle istituzione è soprattutto metodo per
la soluzione dei conflitti in campo religioso ed etico. V.: Laicità. Una
geografia delle nostre radici, (a cura di G. Boniolo), Einaudi Torino, 2006,
passim.
113.
Al pari delle religioni le grandi utopie filosofiche propongono delle strategie
per il raggiungimento della felicità. Ma la loro ambizione è quella di
realizzarla nell'arco della vita terrena, in un mondo visibile e reale, nella
convinzione che dare soluzione dei bisogni materiali costituisca il presupposto
necessario per una ricerca spirituale veramente libera. E' il senso compiuto
dell'art. 3 della nostra Costituzione che costituisce una sintesi tra le più
efficaci dei principi del materialismo storico e una delle vette più alte del
costituzionalismo. Sul punto in generale, problematicamente: HIRSCHMAN A. O.
Felicità privata e felicità pubblica, Bologna, 2003, passim.
114.
Affrontare il problema del ritorno in auge della riscoperta della religione. E'
frutto dello sviluppo delle forze produttive e dell'incertezza che spesso si
diffonde nella crisi di accumulazione, a causa delle pressioni sul modo di
produzione e sul mercato del lavoro che diviene incerto. E' la causa del ritorno
delle religioni. Importanza delle regole che governano il mercato religioso. Per
un mercato libero sarebbe necessario l'abbandono della guerra, ma questo
obiettivo deve essere perseguito in generale e non può essere limitato al solo
settore della religione. Sviluppano una attenta riflessione sulle
caratteristiche del mercato religioso in rapporto con le capacità di tenuta dei
culti e la loro capacità di proselitismo STARK R. e INTROVIGNE M., Dio è
tornato. Indagine sulla rivincita delle religioni in Occidente...cit., 110. Gli
autori arrivano alla conclusione che un mercato religioso nel quale vige la
concorrenza tra i culti stimola l'appartenenza religiosa.
115.
La funzione della laicità come metodo e quindi come strumento di educazione alla
convivenza è ben dimostrata dalla posizione delle diverse confessioni religiose
sul principio di laicità, da tutte unanimemente ritenuto essenziale alla
conservazione della pace religiosa. Si veda a riguardo: Commission de réflexsion
juridique sur les relations des cultes avec le pouvoirs publiques, ( Rapport
de), 20 septembre 2006.
116.
Vi è la tendenza della cultura occidentale a considerare moderne le proprie
convinzioni e la propria etica e arretrata quella di altri popoli. In realtà il
concetto di modernità va relativizzato e contestualizzato rispetto ai tanti
mondi separati che la diversificazione dei rapporti produttivi e la divisione
del lavoro internazionale crea, ponendo le condizioni per l'operare delle regole
nei diversi ambiti territoriali e produttivi.
Molto si è discusso e si discute del valore del valore e del significato
caratterizzante della tradizione. Ma in effetti non vi è nulla di così incerto
della tradizione, la cui validità dipende dall'uso sociale che le popolazioni
che la rivendicano ne fanno. L'emergere di bisogni identitari porta a
istituzionalizzare, eventi, feste finalizzate a giustificare comportamenti
collettivi. Basti pensare alla feste consumistiche, degli innamorati, della
mamma, del papa, ecc. per comprendere con quanta facilità comportamenti
collettivi di parti della popolazione di un territorio possono in breve
diventare "tradizionali". SEGALEN M., Riti e rituali contemporanei, Bologna,
2002.
117.
Sul concetto di tempo vedi l'elaborazione di HEIDEGGER M. Essere e tempo,
(edizione italiana a cura di Alfredo Marini, con testo tedesco a fronte),
Milano, A. Mondadori, 2006; ID., Il concetto di tempo nella scienza della
storia, (a cura di Carlo Dolcini) Modena, Mucchi, 2000; ID., Il concetto di
tempo, (a cura di Franco Volpi) Milano, Adelphi, 2000; Essere e tempo di
Heidegger (Introduzione alla lettura di A. Fabris), Roma, Carocci 2004; JASONNI
M., Materiali per uno studio della genesi religiosa nel pensiero di Martin
Heidegger, in "Archivio giuridico", 2000/2-3, 307
118.
COLAIANNI N., Crocifissi e fondamentalismi, in Questione e giustizia, 6/2003,
1283 ss.; ZANNOTTI L., Il crocifisso nelle aule scolastiche, in Il Diritto
Ecclesiastico, vol. 2, 1990, 223 ss.; DE OTO A., Presenza del crocifisso o di
altre immagini religiose nei seggi elettorali : la difficile affermazione di una
"laicità effettiva", in "Quad. dir. pol. Eccl"., 2000/3, 840 ss.
119.
DE OTO A., Simboli religiosi nella pubblica amministrazione: l'inesauribile
vicenda del crocifisso, Simboli e comportamenti religiosi nella società plurale
(a cura di M. Parisi), Napoli, 2006, 217 ss.
120.
Per una panoramica sulle diverse soluzioni adottate si veda: MARTINIELLO M., Le
società multietniche, il Mulino, Bologna, 2000.
121.
Gli Stati hanno adottato in passato efficaci strumenti di secolarizzazione dei
culti attraverso l'emanazione di specifiche norme a carattere
giurisdizionalista. A riguardo vedi: UNIVERSITE CATHOLIQUE DE LOUVAIN – Faculté
de Droit, Documentation sur le statut juridique des musulmans en Belgique,
Louvain la Neuve, 1990; RUTTEN S., Moslims in de Nederlandse rechtspraak, Kampen,
1988. Ne si tratta di esperienze limitate ai paesi dell'Europa occidentale. Si
veda a riguardo il caso dell'Albania dove gli Statuti delle diverse confessioni
imposte dallo Stato nel 1929 hanno funzionato da antidoto alla conflittualità
interreligiosa, secolarizzando notevolmente i culti, a prescindere da quanto ha
fatto la politica del Governo della repubblica popolare di Albania. Sul punto
vedi: Dekret-Ligjë mbi formimin e Komuniteteve Fetare, "Drejtoria Fletores
Zyrtare", 17.IV.1929; Permbajtja Statuti i kishës Orthodhokse Au-toqefale të
Shqipris, "Drejtoria Fletores Zyrtare", 14 Gusht 1929; Permbajtja Statuti
Komunitetit Mysliman Shqiptar, "Drejtoria Fletores Zyrtare", 24 Shtatuer 1929.
Sul contesto storico nel quale gli Statuti vennero emanate: AA.VV., Historia e
popullit shqiptar, II, Tiranë, 2002; TOMORI A B., Historia e bektashizmit,
"Rivista Urtesia", nr. 3, Tiranë, 1994
122. Il fenomeno della riscoperta delle radici e della memoria, il riaffiorare dei
problemi identitari, anche e soprattutto negli immigrati di seconda e terza
generazione, rappresenta una costante negli orientamenti degli immigrati. Sul
punto si veda tra gli altri. DADÀ A., Territorio e memoria: tra generi e
generazioni, "La Nuova Città", Giugno 2003, 22-8; ID., Donne e uomini migranti.
Il valore sociale della memoria, Prato, Provincia di Prato, 2006.
123.
Va detto che le religioni, grazie alla loro visione dogmatica, con il loro
astrarsi dalla storia costituiscono un serbatoio criogenico di valori. SCOVAZZI
T., FERRARI S. La tutela della libertà di religione. Ordinamento internazionale
e normative confessionali, Padova, 1988; BOLGIANI F. - MARGIOTTA BROGLIO F.,
MAZZOLA R., Chiese cristiane, pluralismo religioso e democrazie liberali in
Europa (2006)
124.
Si tratta di un fenomeno non nuovo ma i centri di produzione delle norme sono
sempre più numerosi e differenziati: GALGANO F., La globalizzazione nello
specchio del diritto, il Mulino, Bologna, 2005; IRTI N., Norma e luoghi.
Problemi di geo-diritto, Bari, 2001, passim; ID.,
Le categorie giuridiche della globalizzazione, in "Riv. dir. civ.", I, 2002; HABERMAS J.,
La costellazione post-nazionale. Mercato globale, nazioni e
democrazia, Feltrinelli, Milano, 1999.
125.
Rivolgendosi ai giuristi cattolici in occasione di un loro Convegno su "La
Laicità e le laicità" il Pontefice Benedetto XVI ha affermato" [...]non c'è una
sola laicità, ma diverse, o, meglio, ci sono molteplici maniere di intendere e
di vivere la laicità, maniere talora opposte e persino contraddittorie tra
loro". Le preferenze di Benedetto XVI vanno alla "sana laicità" la quale " [...]
comporta che lo Stato non consideri la religione come un semplice sentimento
individuale, che si potrebbe confinare al solo ambito privato. Al contrario, la
religione, essendo anche organizzata in strutture visibili, come avviene per la
Chiesa, va riconosciuta come presenza comunitaria pubblica". BENEDETTO XVI,
Udienza ai partecipanti al Convegno Nazionale promosso dall'Unione Giuristi
Cattolici (discorso),
http://212.77.1.245/news_services/bulletin/news/19402.php?index=19402
12/12/2006.
Da questa affermazione traspare l'aspirazione del Papa ad un ritorno da parte
degli ordinamenti a una nozione di confessione come corporazione di diritto
pubblico. In tal modo verrebbero azzerati 150 anni di storia e di esperienze
della gran parte degli ordinamenti europei che si sono emancipati dal rapporto
di subordinazione alle confessioni religiose, riconoscendo ad esse
esclusivamente una natura privatistica. Intorno alla metà del secolo XIX infatti
venne abbandonato nelle Costituzioni e nella legislazione degli Stati liberali
dell'epoca il termine cultes per essere sostituito con quello di confession
religieuse. Questa scelta è frutto di una elaborazione sviluppatasi all'interno
dell'ordinamento olandese con l'approvazione della legge numero 102 del 1853
sulle kerkgenootshappen. Il fedele, piuttosto che il culto, divenivano così gli
effettivi titolari di diritti e di tutela e alle confessioni veniva assicurata
la protezione del diritto su un piano di parità con tutte le altre associazioni
di persone mediante la legislazione privatistica di diritto comune. CIMBALO G.,
I rapporti tra Stato e confessioni religiose...cit., 369 ss. Auspicando oggi –
sull'esempio tedesco – il ritorno alla natura pubblicistica delle confessioni
religiose il Pontefice ripercorre la strada di un giusnaturalismo rivisitato che
di fronte alla crisi della religione invoca la forza e la protezione dello
Stato.
Rileviamo inoltre che, nel descrivere i possibili caratteri della laicità –
anche quelli negativi - il Pontefice non segnala nemmeno il carattere della
neutralità dello Stato come uno dei principi fondanti nella visione laica dei
rapporti tra Stato e Chiesa, in quanto richiede allo Stato di schierarsi a
favore di un catalogo di religioni positive per le quali egli invoca piena
libertà.
Sul principio di neutralità dello Stato come una delle componenti essenziali
della laicità DURAND-PRINBORGNE C., La laïcité, 2 ed. Dalloz, Paris, 2004.
126.
COLAIANNI N., Confessioni religiose e intese: contributo all'interpretazione
dell'art. 8., Bari 1990; ID., Tutela della personalità e diritti della
coscienza, Bari, 2000;
127.
Se la Spagna ha preferito ricorrere agli accuerdos de minorias con Protestanti,
mussulmani ed ebrei il Belgio ha scelto la strada delle leggi di riconoscimento
dei culti che riconoscono a cattolici, protestanti, anglicani, ebrei, mussulmani
e ortodossi. Si è creato così un regime differenziato rispetto ai culti non
riconosciuti che comunque godono della libertà di organizzazione e di esercizio
del culto. L'O ha scelto invece la separazione negoziando tuttavia il "riscatto"
con l'I. C. O., organismo di rappresentanza dei culti. Altri paesi conservano
ancora la Chiesa di Stato luterana o ortodossa, altri ancora hanno stabilito un
rapporto privilegiato con la Chiesa cattolica dimostrando così che la scelta
dell'Unione Europea di lasciare la regolamentazione dei rapporti con i culti
alla competenza statale è una necessità. Se per alcuni ordinamenti rimandiamo
alle note specifiche in generale si veda: MARGIOTTA BROGLIO F, MIRABELLI C.,
ONIDA F., Religioni e sistemi giuridici, Bologna, 2002, passim.
128.
L'intesa stipulata con i buddisti costituisce una palese dimostrazione della
capacità dello Stato di indurre, attraverso la negoziazione e i privilegi
accordati, mutamenti non marginali nella stessa struttura del culto. Si veda a
riguardo la questione dei "ministri di culto" individuati per poter disporre dei
benefici dell'8 per mille. Cfr.: COLAIANNI N., Le intese con i buddisti e i
Testimoni di Geova, (Nota a Documento n. 30), "QDPE", n. 2, 2002, 475-494
129.
L'approccio laico e pragmatico della cultura cinese ai diversi aspetti della
religiosità risiede nelle profonde ragioni storiche per la ricostruzione delle
quali rinviamo alla lettura di CASTRONOVO V., Un passato che ritorna. L'Europa e
la sfida dell'Asia, Bari, Laterza 2006. Aiutano a capire la nuova Cina e lo
sviluppo attuale delle forze produttive in Asia: RAMPINI F., L' impero di Cindia., India e dintorni: la superpotenza asiatica da tre miliardi di persone, Milano,
2006; ID., Il secolo cinese. Storie di uomini, città e denaro dalla fabbrica del
mondo, Milano, 2006. Sulla visione che i cinesi hanno di sé e degli altri: JULLIEN F.,
La Cina nel riflesso dell'occidente, "Le Monde Dip./Il manifesto",
ottobre 2006, 18-19.
130.
MAGGIOLINI A., Mi pento con tutto il cuore, Milano, Mondadori 2005; Maggiolini:
quali rapporti con l'Islam?, nota 13 dicembre 2005, pubblicata su "Il
settimanale della diocesi di Como" in data 17 dic. 2005; Mons. Maggiolini:
L'Islam si adegui alle leggi italiane, nota del 13/05/2003, "Il Giornale"
Lunedì, 19 maggio 2003. nota pastorale di BIFFI G., La città di San Petronio nel
terzo millennio, edizioni Devoniane, Bologna, settembre 2000.
131.
La laicità della società olandese si manifesta nella forte spinta al pragmatismo
in tutti i campi che concorre a disegnare quella "specificità olandese" tanto
definita e radicata nel paese da produrre fenomeni di difesa integralista e
razzista di tali valori e la nascita di un partito anti-immigrati. Istruttivi a
riguardo gli scritti di Pim Fortuyn, leader vittima di un attentato. FORTUYN P., Een religieus-sociologisch traktaat, Hardcover, 2002; ID.
De islamisering van
onze cultuur. Nederlandse identiteit als fundament, Hardcover, 2001; DE HERDT T.,
Verantwoorderlijkheid, in de publieke ruimte: Fortuyn en het jenevermodel in „Strevel",
69, 8, 2002, 728-732. Per un'analisi critica di queste posizioni: PUGLIESE E.,
Gli imprenditori di razzismo. Come si costruisce l'intolleranza, "la rivista del
Manifesto", luglio agosto 2002 n. 30.
132.
La tendenza alla convergenza delle componenti mistiche dei diversi culti non
costituisce una novità ed è storicamente testimoniata degli studi ricostruttivi
di CARDINI F., La nascita dei templari. San Bernardo di Chiaravalle e la
Cavalleria mistica, Il Cerchio, Rimini 1999. ID., Europa e islam. Storia di un
malinteso, Laterza, Roma-Bari 2003. Sul punto vedi anche: SEDGWICK M., Il sufismo, Elledici, Leumann, Torino, 2003. Opere a carattere introduttivo sul
sufismo: AA.VV., Il Sufismo: via mistica dell'Islam, ESD, Bologna 2000; NASR S.
H., Il Sufismo, trad. it., Rusconi, Milano 1975; VENTURA A., L'Esoterismo
islamico, Atanor, Roma 1981.
133.
L'aver richiesto con forza e determinazione il finanziamento delle scuole
cattoliche sotto forma di un generale finanziamento della scuola privata a
scapito di quella pubblica, giudicata laica quando non agnostica, si rivela oggi
un potente aiuto ai culti emergenti, affinché possano dar vita con il contributo
dello Stato ad una rete di scuole confessionali, potenziando la loro attività di
proselitismo. A riguardo ampiamente CIMBALO G., La scuola tra servizio pubblico
e principio di sussidiarietà, Legge sulla parità scolastica e libertà delle
scuole private confessionali, Torino, Giappichelli, 1999, 3- 290; ID., Le
regioni alla ricerca di una identità inesistente. La legislazione regionale tra
"differenziazione dell'offerta formativa" e parità scolastica., Torino, 2003,
passim.
134.
CIMBALO G., Gli strumenti della multiculturalità: il diritto a disporre di
edifici di culto, in AA. VV. Inmigración, Minorías y Multiculturalidad (a cura
di Adoración Castro Jover – Alejandro Torres), 121- 138.
135.
La laicità si nutre della totale separazione tra lo Stato e le confessioni
religiose, in quanto ritiene che esse non abbiano nessun titolo a intervenire su
tematiche relative alla vita e al comportamento dei cittadini. La laicità vive e
opera se lo stato è in grado di assicurare la neutralità delle sue strutture e
dei suoi servizi e pertanto vanno esclusi i simboli religiosi dai luoghi
pubblici destinati allo svolgimento delle funzioni proprie della comunità
politica: uffici, scuole, tribunali, ospedali, carceri, ecc. La laicità porta
con se il pluralismo etico che si nutre di relativismo etico in modo da
consentire la libertà di pensiero, di ricerca scientifica, di filosofare, di
individuare un catalogo di principi morali senza l'ausilio delle religioni anche
se non necessariamente contro le religioni. Si tratta di una visione dell'uomo
come prodotto ultimo dell'evoluzione della specie, nato da eventi e secondo
procedure scientifiche indagabili e conoscibili, governato dalla ragione, e
dalla partecipazione collettiva alla gestione della società. Il dibattito sul
punto è ampio e ci limitiamo a segnalare da ultimo: Bioetica e diritti
dell'uomo, (a cura di L. Chieffi), Bruno Mondadori, Torino, 2000; Laicità. Una
geografia delle nostre radici...cit., passim; BOTTI F., L'eutanasia in Svizzera,
passim.