A proposito di religione nella scuola
La polemica è scoppiata subito e, del resto, come non rimanere perplessi di fronte al fatto che, una volta raggiunto il nuovo accordo con la Santa Sede, subito venissero smentite le soddisfatte dichiarazioni di coloro che affermavano fosse arrivato il momento per attuare quel principio costituzionale che sancisce uguaglianza e pari dignità ad ogni cittadino, garantendogli piena libertà di scelta religiosa.
Come è possibile che tale diritto costituzionale sia operante se poi nella scuola l’insegnamento della religione cattolica viene inserito quale materia curriculare, con un proprio orario, con insegnanti specializzati (riconosciuti tali), con valutazione finale, con programma ben definito, ecc., lasciando a genitori e studenti maggiorenni la facoltà di non avvalersene optando per un insegnamento ambiguamente definito alternativo? Che differenza c’è tra la situazione precedente, quando la religione cattolica costituiva insegnamento obbligatorio e si poteva, semmai, chiederne l’esonero? L’unica differenza è che oggi si prevedono materie facoltative per riempire i vuoti lasciati nell’orario scolastico dall’esonero! Certamente non è questo il modo più corretto né il più efficace perché l’insegnamento della religione cattolica diventi opzionale nel vero senso della parola. Sarebbe tale, infatti, solo se vi fosse la possibilità di operare una scelta all’interno di una serie di discipline tutte diverse, ma uguali dal punto di vista formativo, tutte ugualmente definite nei contenuti, nella valutazione a cui sottopongono gli studenti, nel tipo di reclutamento dell’insegnante, ecc.
Invece tale chiarezza è riservata solo per l’insegnamento confessionale! Chi ha rinunciato a tale insegnamento ha dovuto scegliere al buio, verso insegnamenti fantasma: le materie alternative, infatti, sono state decise e definite solo dopo che le lezioni avevano già avuto inizio. Non pochi dubbi, poi, sono sorti a proposito proprio di questo carattere “alternativo” delle materie sostitutive. Se esse sono sostitutive, lo sono, per definizione, rispetto a qualcosa, cioè non hanno un loro specifico ruolo, da tutti riconosciuto come determinante per la formazione culturale e personale dello studente, tanto è vero che non se ne prevede programma, né operatori specializzati, ecc. E, del resto, se per materie alternative si scelgono ambiti culturali fondamentali, si priva di tale importante occasione formativa coloro che hanno optato per l’insegnamento confessionale, operando una palese discriminazione. Se, al contrario, per evitare tutto ciò, si riempiono di contenuti poco rilevanti, si opera una discriminazione di segno opposto perché si privano alcuni studenti, durante le ore di presenza obbligatoria a scuola, della possibilità di usare tale tempo scolastico in modo produttivo.
Allora, che fare?
Logica e senso di responsabilità (verso la formazione degli studenti) volevano che, almeno, le attuali attività alternative, insieme alla religione cattolica, si presentassero come una serie di proposte educative tutte di pari livello, all’interno delle quali fosse possibile operare per ognuno una scelta precisa e sicura.
Se poi, oltre alla logica ed al buon senso, fossero entrati anche la correttezza ed il rispetto per le convinzioni etiche di ciascuno, si sarebbero potute evitare polemiche, disorganizzazione, spese inutili e, riconoscendo all’insegnamento confessionale il carattere di opzionalità, esso avrebbe potuti essere collocato al di fuori dell’orario scolastico come possibilità, garantita dallo Stato, perché la formazione scolastica si integri, per coloro che lo desiderano, con una formazione confessionale cattolica.
Se su tutto, infine, avesse prevalso lo spirito di necessaria imparzialità e laicità della “cosa pubblica”, allora si sarebbe convenuto che la formazione confessionale spetta alle diverse congregazioni religiose e va realizzato dalle stesse in momenti che esse solo decideranno e, comunque, in forma indipendente dalla scuola.
Sarà la famiglia e lo studente maggiorenne a decidere se, dopo le lezioni scolastiche e nei giorni liberi vorrà frequentare o no questo e quell’oratorio, questa e quella congregazione religiosa. Lo Stato che riconosce pari dignità ad ogni cittadino e non discrimina sulla base dei convincimenti etici di ognuno, e riconosce la necessità che la scuola offra tutti i possibili insegnamenti confessionali (così che tutti possano operare la loro scelta) e riconosce tale strada impraticabile e dà piena libertà ad ognuno per recarsi nei luoghi di culto e di preparazione confessionale che più riterrà adeguati.
Anche noi, come cittadini, genitori, forza politica (sia pure minoritaria) crediamo non possa essere rinviata una decisione che definisca in modo più equo la questione.
Da parte nostra, ad ogni modo, la soluzione è chiara e non può essere altra che la collocazione dell’insegnamento confessionale (qualunque esso sia) al di fuori dell’orario scolastico ma anche al di fuori di qualunque struttura pubblica.
Certamente, però, riteniamo necessario che ognuno si esprima su questa questione, che si riapra il dibattito, si rinnovino le possibilità di confronto tra posizioni diverse. Soprattutto crediamo nella possibilità che sia una espressione di massa a dare una svolta decisiva a tutta la questione.
Federazione dei Comunisti Anarchici –
sezione di Cremona
30 gennaio 1987