Il Papa ti irrita? Irrita il Papa!
Abbiamo fatto nostro lo slogan del movimento di massa sviluppatosi in Olanda per rispondere alla provocazione costituita dal viaggio del Papa in quel paese, perché avvertiamo anche noi un diffuso senso di fastidio e di ripulsa verso questo Papa che ben rappresenta il ritorno della Chiesa cattolica ai fasti della res publica sub Deo, al dominio de potere religioso su quello civile. La sua politica ci aiuta a cogliere, al di là di ogni ambiguità possibile, i contenuti profondamente reazionari e conservatori che sono propri del ruolo storico della Chiesa cattolica, che ne caratterizzano la funzione istituzionale, il ruolo di strumento di controllo sociale nel quadro più generale di un assetto dei rapporti di classe, quello capitalistico, basato sullo sfruttamento dell'uomo sull'uomo.
Il ruolo dell'attuale pontefice emerge con chiarezza in paesi profondamente lacerati da conflitti politici, etnici e religiosi, dove egli porta la guerra in difesa dei valori del cristianesimo e degli interessi delle classi privilegiate; emerge in paesi fortemente secolarizzati e ricchi di fermenti religiosi, nei quali sia gli individui sia i gruppi religiosi hanno fatto dell'impegno comunitario e sociale il referente essenziale della loro azione.
Qui (ed è quest'ultimo il caso dell'Olanda), Woytjla va per dividere, per radicalizzare, per raccoglier le sue truppe, pur misere che siano, compattarle, galvanizzarle, spronarle alla lotta. E nello svolgere questo compito egli è insieme un Papa antico e moderno, capace di veicolare il carisma attraverso gli strumenti e le tecniche tipiche della "società dello spettacolo".
Da qui l'importanza di una risposta quale quella olandese, che non è solo popolare e di massa (perché ad esempio il viaggio in India ha registrato in realtà più numerosi e grandiose opposizioni di massa), ma usa con padronanza gli strumenti della satira, della controinformazione scritta e televisiva per combattere sullo stesso terreno l'attivismo del pontefice.
Se agli olandesi, atei e religiosi (anche cattolici) va la nostra solidarietà attiva e militante, mostrate quanto essi hanno fatto ci offre l'occasione per riconfermare critiche e dissensi nei confronti di Giovanni Paolo II, ma anche per allargare la nostra valutazione alla religione in quanto tale, spingendoci a riproporre l'obiettivo si perseguire il conseguimento della libertà di religione.
Libertà dalla religione
Essa passa necessariamente da una separazione netta ed assoluta della Chiesa dallo Stato; da vincoli frapposti al concreto dispiegarsi dell'attività autoritativa della Chiesa sui fedeli; dal non riconoscimento di un ruolo pubblico alle gerarchie ecclesiastiche nella società civile.
Al tempo stesso la lotta per la libertà dalla religione si nutre, a nostro avviso, del rispetto assoluto della libertà religiosa quale diritto individuale, inalienabile, nella convinzione che il martirio e la repressione del sentimento religioso hanno stimolato e stimolano il proselitismo, uccidono la possibilità di presa di coscienza e di liberazione dalla religione, che tuttavia, è bene ricordarlo, passa necessariamente per una trasformazione della società e dei rapporti di produzione.
Solo la rimozione della cause strutturali che inducono al bisogno religioso (ignoranza, miseria, sfruttamento, solitudine, infelicità, ecc.) perseguita attraverso una modificazione rivoluzionaria dei rapporti sociali e produttivi, può avviare un processo di liberazione che sappiamo lungo e difficile, perché il bisogno religioso si nutre anche di abitudine, di sensi di colpa, di paure radicate nell'inconscio. Anche se di questi meccanismi e di queste cause si acquista coscienza, sappiamo benissimo come non sia facile liberarsene, emancipandosi dal bisogno di religione.
E' perciò che, consapevoli della complessità del nostro obiettivo strategico, riteniamo utile e necessario perseguirlo anche attraverso piccoli passi, lotte graduali e settoriali, suscettibili tuttavia di sviluppare l'acquisizione di una coscienza collettiva, come ad esempio oggi in Italia la lotta contro l'insegnamento della religione nella scuola pubblica.
La questione religiosa oggi in Italia
Questa esigenza è tanto più viva ed urgente oggi in Italia, considerando che per iniziativa congiunta della Chiesa cattolica e di alcune "forze laiche", che guidano l'alleanza pentapartito, si persegue un disegno strategico tendente al "compattamento confessionale" del paese in gruppi religiosi.
E' la moderna risposta alla secolarizzazione sempre maggiore delle società "occidentali" , già da tempo operante nei paesi a maggioranza protestante, dove alla crisi della religione si è risposto radunando i fedeli rimasti in gruppi strettamente legati alla gerarchia e all'ortodossia in nome d un "cristianesimo di frontiera" in "terra di missione".
Questa strategia, del cui successo francamente dubitiamo, appare oggi accettabile a questi laici perché dove è stata applicata ha avuto come corollario la progressiva delegittimazione ed il ridimensionamento del partito di ispirazione confessionale. Se è vero che in differenti contesti sociali e politici questo progetto si è dimostrato vincente, non è detto che la Chiesa in Italia sia disposta ad abbandonare le garanzie che la Democrazia Cristiana può offrirle.
Inoltre questi laici dovrebbero riflettere sugli effetti che una tale strategia può avere quando la guida politica dei cattolici viene assunta da un pontefice che voglia e sappia dirigerli verso la costruzione di uno "Stato cristiano": le vicende polacche e filippine , sia pure in differenti contesti storici, politici, economici, etnici e sociali, sono in tal senso illuminanti.
Poiché non vogliamo che un nuovo Medio Evo sorga, crediamo fermamente che esista oggi in Italia una questione religiosa. Ecco perché sugli obiettivi intermedi di questa lotta e nel rispetto delle differenti prospettive strategiche, chiamiamo tutti a collaborare , consapevoli, come siamo, che da queste lotte è la libertà religiosa di tutti ad esserne avvantaggiata.
ORA/UCAT - sezione di Firenze
marzo 1986