La presentazione al Meeting ciellino di Rimini del documento dell'Intergruppo parlamentare sulla sussidiarietà rilancia la piena applicazione di tale principio nel tessuto sociale italiano per combattere "il partito della rendita,... il parassitismo, il privilegio, i monopoli, le corporazioni, l'assalto alle risorse pubbliche" e per mettere "il bene comune al centro". Parole suadenti, canto di sirene pericolose.
Già nel 2000 scrivevamo:
"La sussidiarietà come concetto giuridico nasce nell'800 e viene esplicitata da un lato negli scritti di Proudhon ("la capacità politica della classe operaia") e dall'altro nella dottrina sociale della Chiesa, al cui interno riceve una sua sistemazione teorica divenendo uno degli assi portanti dall'azione sociale della chiesa cattolica tesa a valorizzare il ruolo delle società intermedie quali la famiglia e le confessioni religiose rispetto allo stato, liberale e laico. Tale principio oggi, è divenuto di estrema attualità, poichè il prevalere del mercato globale nell'economia mondiale ha imposto un ridimensionamento dei poteri degli Stati nazionali e ha stimolato la crescita a livello istituzionale del ruolo e delle funzioni di quelle entità politiche-territoriali minori, quali regioni, province, comuni, che, per i loro ambiti d'azione, la loro competenza, il radicamento nel territorio, presentano per il capitale finanziario il vantaggio di offrire minore resistenza alle leggi di mercato e di fronte all'immaginario collettivo appaiono più adatti ad assicurare la tutela degli interessi dei cittadini ed una più efficace ed efficiente gestione delle risorse. Al tempo stesso l'incapacità delle forze politiche a livello nazionale di contrastare i processi di mondializzazione ha fatto crescere il ruolo delle formazioni sociali intermedie per cui all'interno di queste aree agiscono formazioni politiche, sociali, religiose, gruppi di interesse che tendono ad assumere una funzione egemone all'interno dell'area istituzionalmente definita (regione, macroregione, stato all'interno di un più ampio stato federale, provincia autonoma, territorio a statuto speciale)".
L'intergruppo parlamentare chiede "più sussidiarietà orizzontale". Per "costruire un nuovo rapporto tra Stato, società, cittadini", "uno Stato più asciutto ed efficiente...capace di riconoscere e valorizzare la progettualità della società civile e quella vitalità che muove dal basso...".
In realtà, questo aspetto del principio di sussidiarietà è stato assunto dal governo dell'Ulivo tra i criteri ispiratori della L.59/97 e del successivo D.Lgs. 112/98 dismettendo del pubblico ciò che può essere assicurato dal privato. Un ulteriore passo in questa direzione è costituito dalla L.265/99 che amplia enormemente la possibilità di far svolgere compiti e funzioni pubbliche a soggetti privati in regime di appalto o convenzione. Infine, la riforma del titolo V della costituzione con referendum istituzionale del 2001.
La riforma della sanità e la legge 62/2000 sulla parità scolastica e gli stessi fondi pensione sono già esempi eloquenti di sussidiarietà e dei conseguenti processi di privatizzazione e di mercificazione che si sono innescati.
Ciò che era welfare pubblico, solidarietà sociale, salario indiretto e salario differito, viene sublimato nel grande mercato delle opportunità individuali e dei servizi privati. Sarebbe grave illudersi che la sussidiarietà orizzontale significhi meno Stato; significa solo fine della previdenza e dell'assistenza pubblica, dell'istruzione pubblica, della sanità pubblica, dei trasporti pubblici e così via!!
Il principio di sussidiarietà orizzontale serve quindi a smantellare i servizi pubblici, a produrre nuove occasioni di guadagno per gli imprenditori, che potranno ricavare profitto dalla gestione di servizi come scuole, ospedali, assistenza agli anziani e ai disabili, cultura, servizi sociali in genere. Potrà consentire di dividere il Paese su base religiosa ed etnica attraverso scuole e servizi finanziati con denaro pubblico. Al contrario, nella versione libertaria il principio di sussidiarietà è strumento di autogoverno e partecipazione, di iniziativa di tutti alla gestione solidale dei servizi in una visione armonica della società dove la scuola, ad esempio, fa propria la libertà di educazione, il pluralismo in campo religioso, la tolleranza, rifiuta la divisione per etnie, razze, censo.
L'intergruppo parlamentare chiede anche più "sussidiarietà verticale". Perché "(l)o spostamento verso la periferia di meccanismi decisionali deve essere inteso come mezzo per favorire un maggiore protagonismo della società nella gestione del bene comune". Per evitare un "nuovo centralismo delle regioni".
In realtà, per restare solo in ambito di democrazia borghese, la sussidiarietà verticale comporta , come scrivevamo nel 2000:
E' evidente la sperequazione che si può creare tra le diverse regioni: tante sanità e tante scuole diverse da regione a regione, gabbie salariali e tutele ambientali diverse da regione a regione, e così via.
E' evidente come la vertenzialità sul territorio messa in azione da comitati e movimenti specifici, si possa trovare di fronte ad una controparte istituzionale che tende ad agire ed a legiferare come strumento nelle mani di forti interessi economici privati, salvo nascondere le proprie responsabilità dietro il rimpallo di competenze nel contenzioso derivato dalla legislazione concorrente, in barba al principio di diritto all'uguaglianza di trattamento e di opportunità. Oppure, le lotte e le spinte all'auto-organizzazione sociale vengono disinnescate, incanalate e addirittura rappresentate dalle istituzioni decentrate (comuni, regioni) pervase da una sorta di "riformismo etico", pronte ad un altro scontro con lo Stato (sic!).
Quindi il principio di sussidiarietà verticale, cioè quello tra le diverse istituzioni, renderà ancora più difficile incidere sulle strutture di governo. Eliminando ogni controllo sulle leggi regionali, che diventano comunque applicabili, favoriscono la balcanizzazione degli ordinamenti su scuola, lavoro, previdenza, sanità, e una differenziazione dei diritti fondamentali in relazione al territorio nel quale si risiede.
Nella accezione libertaria, invece, la sussidiarietà corrisponde alla cooperazione tra i diversi livelli decisionali, ha alla base strutture assembleari e di partecipazione di tutti alla gestione della politica, strutture che si basano sull'autogestione e il rifiuto della delega elettorale.
Inoltre il federalismo introdotto dalla sussidiarietà non è governato dalla solidarietà: si basa sulla delega a istituzioni locali, che tratterranno le risorse prodotte sul territorio, alimentando le disuguaglianze per consentire un miglior dominio del capitale sul lavoro e spezzare la solidarietà tra gli sfruttati. Introducendo la legislazione "concorrente" tra Stato e Regioni in materie come sanità, istruzione, tutela della sicurezza sul lavoro, previdenza, ricerca scientifica, beni culturali, si cerca di introdurre elementi di differenziazione tra le diverse aree del paese.
Nella visione libertaria, invece, il federalismo è solidale e permette la redistribuzione delle risorse tra aree ricche e aree povere.
L'intergruppo parlamentare chiede più "sussidiarietà fiscale". E cioè "lo strumento attraverso cui si riconosce al contribuente la possibilità di concorrere alle spese pubbliche destinando direttamente una parte dell'imposta a soggetti Non profit ritenuti meritori, attraverso una contribuzione etica e tagliando dal basso la spesa sociale inefficiente". Si propone l'incremento delle deduzioni e nuovi 8x1000 dedicati a welfare privato e ricerca.
Usando lo slogan "Più dai, meno versi" (che compare anche nel DL sulla competività) si vuole incentivare lo spostamento di quote sensibili della capacità contributiva dal pubblico per tutti e di tutti verso il "pubblico" di qualcuno per qualcuno ma anche a segmenti della produzione. Che ognuno si crei il proprio welfare, finanzi i soggetti "no profit meritori" che vuole e poi deduca pure il tutto dalla dichiarazione dei redditi. Altro che recupero dell'evasione contributiva, altro che utilizzo della fiscalità generale per servizi sociali pubblici per tutti. Non è difficile immaginare quanto la Chiesa e le sue diramazioni secolari e quanto molte lobbies mascherate da onlus si aspettino da una tale applicazione della sussidiarietà. Saranno nuovamente il censo, il credo religioso, l'appartenenza a certe lobbies a determinare l'offerta ed il beneficio di salute, di benessere, di istruzione e di mobilità delle persone e non più semplicemente il far parte di una società che tutela diritti e bisogni in un contesto di solidarietà sociale.
Insomma un trionfo dell'individualismo in base al principio "da ciascuno secondo le sue possibilità, a ciascuno secondo le sue possibilità"! Nella prospettiva anarchica, invece, che il principio ispiratore di una società libera, egualitaria e solidale che garantisca gli individui come la collettività è quello che recita "da ciascuno secondo le sue possibilità, a ciascuno secondo i suoi bisogni".
O forse c'è qualcuno che spera di aprire ad esempio una scuola libertaria usando la sussidiarietà orizzontale e la sussidiarietà fiscale???
Consiglio dei Delegati
Federazione dei Comunisti Anarchici
Firenze, 4 settembre 2005