Vignette scomode: il caso italiano

 

A seguire la vicenda delle vignette scandinave accusate di blasfemia, sembra di assistere all'incendio d'una città causato da un soffritto.

È evidente che le accuse, le violenze, la retorica, e purtroppo le morti seguite alla vicenda hanno ben altre origini. Di certo l'odio cova in altri focolai, vuoi le guerre in Medio Oriente, vuoi l'imperialismo economico occidentale, tanti fattori che irritano i dorsi su cui viaggiano le mosche cocchiere.

A delle vignette ritenute offensive si dovrebbe rispondere con altre vignette, che senso ha spostare la competizione su altri piani? Solo il senso del fanatismo, evidentemente privo di matite.

Anche nel variegato mondo dell'Islam, così come tra i cattolici e tutti gli altri religiosi, vive il fanatico. Se il fanatico grida all'offesa e alla vendetta non è certo ispirato dalla fede bensì dall'urgenza di difendere i propri privilegi o di trovare il modo d'incanalare la violenza per scopi politici. Di solito, poi, l'incitatore legge i giornali, mentre coloro che incita all'intolleranza, no.

Chi in Italia si accalora contro i musulmani sbaglia, così come chi scusa i fanatici affermando che quelle vignette "li provocano". Basta fare una rapida ricerca in internet sulle vignette per capirlo: non ne troverete quasi traccia, vedrete invece immagini di roghi, di bandiere danesi calpestate, di folle inferocite. Dove sono le vignette così tanto provocanti? Chi le ha viste? Eccole: basta cercarle sul sito dello Jyllands Posten, dodici insipide caricature di Maometto. Del tutto legittime com'è legittimo per tutti interpretare un personaggio storico od uno fantastico. Un Maometto che tira un asinello, un altro che attende i martiri musulmani in paradiso ma che è spiacente di annunciargli che sono finite le vergini, un altro con un turbante dal quale spunta una miccia, semplice satira politica oltretutto all'acqua di rose.

Quando invece la satira è "tosta" colpisce nel segno, lo sappiamo anche in Italia, dove di recente si è fatto in modo di cancellare ogni apparizione televisiva di Sabina Guzzanti e di altri comici.

Inoltre anche in Italia sono sempre fioccate le denunce per "offesa" e "vilipendio" alla religione (artt. 278-313 Codice penale) al solo scopo di intimidire e perseguire chi si permetteva di criticare il conformismo cattolico in tutti i campi, dalla politica, ai mass media. Nonostante la religione cattolica non debba essere più ritenuta "religione di Stato" dall'anno del Concordato (1984), l'Italia pullula di denunciati più o meno noti, da Benigni al Trio Marchesini-Solenghi-Lopez, al disegnatore Vauro, per una vignetta del quale anche il Meeting anticlericale fanese fu "punito", nel 1994, pur con la dimostrazione che la vignetta in questione era già stata pubblicata da un quotidiano nazionale. In quell'occasione schioccò la esorbitante condanna ad un anno per vilipendio al papa, e solo in appello, nel 1998, si riuscì a dimostrare l'illegalità della procedura giudiziaria. Nel frattempo vigeva un'atmosfera largamente inquisitoria, con anche messe di preghiera, calunnie, boicottaggi nel classico stile integralista cattolico, meno cruento ma altrettanto pervicace. E se gli integralisti cattolici sono meno cruenti ora non lo sono stati... in passato! (E non certo a causa della loro ispirazione cristiana ed altruistica, che spesso si vorrebbe contrapporre ad un islam caricaturale. Semmai, invece di contrapporre figurine del Cristo e del Feroce Saladino, è alla posizione critica delle femministe musulmane che si dovrebbe dar spazio!) Era chiaro che, anche nel caso anticlericale italiano, la divinità non c'entrava niente: si voleva usare il mezzo giudiziario per reprimere un'attività che stava diventando socialmente significativa e fastidiosa: i meetings anticlericali.

Questa è la vignetta "coinvolta" nel processo al Meeting

Strana bestia, la suscettibilità: funziona come nell'aria rossiniana di Basilio "La calunnia è un venticello". Così dal pretesto di una vignetta irriverente, si gonfia l'orgoglio e l'intolleranza di chi crede di avere privilegi in quanto credente, e pensa di poter indurre tutti gli altri ad offrire in sacrificio alla sua divinità il senso critico. Per non parlare della "provocazione": sacra parola spesso invocata da omicidi, stupratori, guerrafondai, per giustificare la propria inaccettabile violenza verso chi non si genuflette e non recede. Cos'abbiamo allora di "sacro" in Occidente, da difendere, oltre alla satira ed al diritto alla libera espressione a-confessionale? La democrazia? Che parola grossa per società che hanno visto i peggior dittatori eletti... democraticamente. Ora vorrebbero esportarla ovunque come una merce: dimenticando che, qualsiasi significato essa possa assumere, non si esporta con i militari o i dogmi religiosi ma semmai si comunica con il sapere politico, i poeti, i filosofi, gli artisti, gli scienziati e, perché no, la buona cucina ed i vignettisti scomodi.

Francesca Palazzi Arduini

febbraio 2006