67° Consiglio dei Delegati della FdCA
Pesaro, 27 gennaio 2008
Sede dell'Unicobas in via
Scialoia 66
Documento finale
Il 2007 si è chiuso all'insegna di un netto peggioramento delle condizioni del proletariato a livello internazionale e la classe lavoratrice italiana non sfugge a questa situazione. E le prospettive non sono favorevoli.
Sia la crisi finanziaria strisciante innescata dal mercato dei mutui e derivati, sia l'aumento dei prezzi delle materie prime, si scaricano direttamente sui livelli di vita delle classi sociali più deboli, private di tutele e protezioni non più disponibili ormai nelle deboli politiche sociali ed economiche di sostegno al salario ed al potere d'acquisto.
Nella Finanziaria per il 2008, infatti, la priorità è stata data al risanamento dei conti pubblici, alla diminuzione degli oneri di impresa, alle spese militari e securitarie.
L'ossessione (tutta europea) per la crescita dell'inflazione ed il rispetto dei parametri di indebitamento ha impedito che in Italia un biennio di crescita potesse alleviare con misure sul sostegno alla domanda (vedi compressione dei salari e miseri contratti dei dipendenti pubblici) ed ai servizi pubblici (tagli a ciò che rimane del welfare) le condizioni di vita dei lavoratori e delle lavoratrici. Si è invece preferito utilizzare "tesoretti" vari per ridurre il deficit, sostenere la competitività delle aziende italiane con misure fiscali, incrementare l'impegno economico per le missioni militari all'estero, per le basi in Italia, per le politiche securitarie.
Le necessità del capitalismo italiano e le necessità dello Stato vengono imposte così ad un intero paese, dettando l'ordine delle cose e le priorità tramite scelte economiche e sociali prive di opposizione reale e tramite l'uso assertivo dei mass-media. Non ultimo lo spettacolo offerto dal cretinismo parlamentare in cui interessi tutti individuali del ceto politico si beffano dei problemi reali dei lavoratori, truffati ancora una volta dalla politica dei 2 tempi.
All'interno di questo quadro, succintamente descritto, individuiamo alcune rilevanze su cui è necessario porre l'attenzione e l'azione dei comunisti anarchici e dei disparati, benché ancor deboli, tentativi di opposizione di base.
La questione salariale e contrattuale
La privatizzazione dei servizi pubblici, che ci spinge ad avere a poco costo un servizio universale ma minimo ed a pagare di più se vogliamo maggiori prestazioni; l'affidamento delle pensioni ai fondi finanziari, che ci induce non ignari a giocare in Borsa e forse a speculare sulla sorte di altri lavoratori per non veder diminuire la pensione, sono già aspetti strutturali della riduzione reale del salario diretto e della scomparsa di quello differito ed indiretto.
La riduzione del potere d'acquisto dei salari che sembra tanto suscitare l'ipocrita preoccupazione di insospettabili personaggi (del governatore della Banca d'Italia, in realtà preoccupato dell'indebitamento delle famiglie; della Confindustria e Confcommercio, in realtà preoccupate del calo dei consumi, e dei partiti istituzionali, preoccupati del calo di... voti) è strettamente legata, soprattutto, allo scambio distorto ed estorto tra retribuzione e flessibilità/precarietà che mina ormai tutti i contratti e l'impianto stesso della contrattazione. La vicenda del contratto dei metalmeccanici ha dimostrato come la posta in gioco sia il comando su tempi e ritmi di lavoro, sulla subordinazione delle RSU, sulla maggiore durata del contratto e sui "parasubordinati", perché poi i soldi, loro, i padroni,...... li avrebbero potuti dare anche senza firmare nessun contratto! Una serrata caritatevole!
La chimera di aumentare i salari tramite la cosiddetta "detassazione", a cura dello Stato, costituisce un ulteriore elemento di indebolimento della contrattazione, di rarefazione della conflittualità, di sfilacciamento dei già sfavorevoli rapporti di forza per i lavoratori.
La difesa e l'incremento dei salari, il mantenimento della contrattazione nazionale per il salario e l'orario, la legittimità e la titolarità della rappresentanza sindacale nei posti di lavoro sull'organizzazione del lavoro e sulla sicurezza, sono battaglie che necessitano ormai di mobilitazioni di respiro intercategoriale, espressione di solidarietà di classe a livello territoriale e nazionale, impegno delle strutture sindacali di base per ricostruire organizzazione e lotta dal basso, per arginare e respingere l'ondata repressiva che colpisce nelle fabbriche lavoratori e delegati sindacali che osano organizzare il dissenso. E' sempre più necessario per poter contrastare lo strapotere padronale un sindacato industriale europeo in grado di ricominciare a tessere l'unità di classe.
La lotta salariale è lotta per l'autonomia economica, per l'indipendenza di vita.
La lotta sull'orario è lotta per la libertà del nostro tempo.
La lotta per la sicurezza è lotta per la salute, lotta per la vita. Non c'è moneta che li valga!
La questione del controllo del territorio
La società civile, le città, i quartieri, le scuole, le fabbriche sono diventati un grande affare securitario. Si va alla caccia di qualcuno da additare a nemico del potere costituito, nemico dell'ordine costituito, nemico del Papa, nemico dello sfruttamento, nemico delle discriminazioni, nemico dell'inquinamento, nemico del militarismo, nemico del neo-fascismo...
La posta in gioco è il controllo del territorio, non solo sul piano poliziesco-repressivo, ma anche sul piano della segregazione etnica, dell'imposizione di ideologie integraliste (neo-fascismo, clericalismo, militarismo), della valorizzazione affaristica e capitalistica di esso (ambiente, corridoi, energia, de-industrializzazione, case) senza avere tra i piedi forme di dissenso.
Migranti; razzismo
I lavoratori e le lavoratrici immigrati/e sono i/le primi/e a farne le spese. Ogni ondata securitaria anti-albanese, anti-araba, anti-rumena, anti-rom..., non fa che alzare steccati che rinchiudono virtualmente ciascuno nella sua comunità, sotto la minaccia dell'espulsione o dei nuovi e "confortevoli" CPT a gestione consociativa cattolica e Coop, evitando così la contaminazione, l'interculturalità, magari l'unità di interessi. Eppure sono proprio questi muri che dobbiamo abbattere o superare con organismi di base cosmopoliti di italiani e nuovi cittadini, per lottare insieme contro le discriminazioni e per la piena cittadinanza. In questa lotta è bene essere consapevoli che laddove le subdole forme repressive delle istituzioni non bastassero, bisognerà affrontare il razzismo incarnato oggi nelle formazioni neo-fasciste che appestano il territorio con una certa dose di fortuna e di consenso. Occorre, quindi, costituire reti anti-fasciste di massa che uniscano la battaglia culturale ed il mantenimento della memoria della Resistenza a campagne di agibilità piena del territorio.
Laicità
Guai poi a criticare il Vaticano ed il suo monarca. Guai ad interrogarsi su clericalismo ed integralismo che si insinuano con la maschera della laicità (vedi documento del PD)! Il riconoscimento della funzione pubblica della religione cattolica (e di ogni religione) non potrebbe non avere gravi conseguenze visibili e blindate nel territorio sulla libertà delle donne, sulla libertà della cultura, della scienza e dell'educazione. La battaglia anticlericale ha quindi bisogno di nuova linfa e di allargare la mobilitazione a laici ed amanti del libero pensiero di ogni latitudine.
Ambiente, corridoi, speculazioni, basi militari, diritto alla casa
La questione dei rifiuti in Campania (ma presto anche altrove) dimostra - insieme ad altre situazioni di carattere speculativo su ex-aree industriali, sulla dismissione di attività produttive, sul deperimento e mancato rinnovamento dell'edilizia popolare, su corridoi (TAV ed altri), sulla scelta arbitraria ed autoritaria di siti per basi militari e caserme (Vicenza ed altri) ed impianti per la produzione di energia - lo scempio affaristico sul territorio. La costituzione di comitati di massa e l'adozione di forme di lotta locali sarà tanto più coerente ed efficace per gli interessi proletari, quanto più si terranno lontane infiltrazioni politico-affaristiche e quanto più forte sarà la proposta di alternative alle scelte delle istituzioni locali. Mentre le mobilitazioni popolari per il rifiuto ad ospitare basi militari e contestare l'operato di quelle esistenti necessitano del più vasto appoggio sia a livello nazionale che internazionale.
Dalla resistenza all'alternativa libertaria
Questa inaudita virulenta distruzione e invasione del territorio e delle nostre vite da parte del capitalismo per ricavare sempre maggiori utili, e che ha nello Stato e nei suoi apparati di governo e di repressione servi fedeli, rende sempre più urgente una strategia di resistenza collettiva e solidale ai vari livelli, locale, nazionale ed internazionale. Senza farsi incantare dalle sirene elettorali, né dai problemi di competitività dei padroni dell'Italia; oggi occorre costruire la più grande unità contro lo sfruttamento, le discriminazioni, la repressione, per riprendere fiducia nella possibilità di un'alternativa libertaria, senza Stato, senza padroni.
Consiglio dei Delegati
Federazione dei Comunisti AnarchiciPesaro, 28 gennaio 2008