73° Consiglio dei Delegati della FdCA
Roma, 18 ottobre 2009
presso lo Spazio Sociale
100celle Aperte in Via delle Resede n. 5
Documento finale
Contrastare le derive autoritarie nella società
Mantenere e ricostruire spazi di resistenza e di solidarietà
Alimentare politiche libertarie e di classe nella lotta
Contro la distruzione delle libertà fondamentali, dei diritti sociali, dell'ambiente
La crisi economica scatenata dal capitalismo internazionale contro milioni di lavoratori e lavoratrici di tutto il mondo ha ormai superato la sua fase spettacolare - necessaria a costringere gli Stati del G8 a finanziare il sistema bancario internazionale piuttosto che arginare la disoccupazione e l'impoverimento delle classi sociali sfruttate - per passare alla fase più insidiosa che è quella del suo penetrare silenziosamente ma in profondità nel tessuto produttivo e sociale dei vari territori, seminando distruzioni di posti di lavoro, lasciando macerie di scarso valore.
Le lotte auto-organizzate di nuclei operai disposti ad azioni di grande sacrificio personale, come nel caso della INNSE, della LAMSE, della CHN, ed altre ancora, sono riuscite a salvare unità produttive e identità sociale altrimenti compromesse, ma non si sono tradotte in un movimento più ampio di risposta di classe alla crisi, fatta eccezione per gli scioperi generali indetti dalla FIOM per il 9 ottobre scorso e dal sindacalismo di base per il 23 ottobre.
Scioperi quanto mai necessari e carichi di reciprocità per gli obiettivi messi in campo, ed al tempo stesso carichi di interrogativi per le prospettive che attendono la FIOM dentro la CGIL a fronte di un accordo separato sulla contrattazione firmato inopinatamente da CISL-UIL-UGL, ma anche lo stesso sindacalismo di base a fronte delle incomode tensioni telluriche interne alla compagine più consistente, quella composta da RdB/CUB.
Il movimento dei lavoratori e delle lavoratrici trova dunque in gruppi operai disposti a tutto e nelle sue organizzazioni di massa più conflittuali elementi di lotta e politiche di contrasto che inducono a sperare nella riorganizzazione della resistenza alla crisi, ma al tempo stesso si deve prendere atto di elementi di debolezza interna che potrebbero mettere a repentaglio la tenuta degli attivisti sindacali di base, prima ancora del ceto politico ai vertici.
Al tempo stesso, lo scontro politico interno al parlamento avviene oggi tra partiti fortemente ancorati alle scelte del capitalismo nostrano.
Il movimento dei lavoratori e delle lavoratrici corre in questa situazione rischi molto gravi, poiché subisce da un lato l'influenza della propaganda culturale della destra razzista ed omofoba, che va ben oltre i seggi parlamentari tradizionalmente occupati e, dall'altro, ha perso o non ha più voluto una rappresentanza politica deludente sul piano dei risultati e della difesa appena istituzionale degli interessi di classe. Si tratta di una situazione di debolezza molto pericolosa, perché produce abbandono dell'impegno politico attivo tradizionalmente di sinistra oppure un parziale spostamento di tale impegno verso lidi populisti, facilmente reperibili sul mercato della politica istituzionale sia nella compagine di governo, come all'interno dell'opposizione.
Se pure il mese di ottobre stia mostrando forme di lotta e di mobilitazione, fra cui spiccano - oltre a quelle del precariato della scuola e del sindacalismo conflittuale - la manifestazione contro l'omofobia del 10 ottobre e quella antirazzista del 17 ottobre, su cui è avvenuta la convergenza di grandissima parte di organismi sociali, sindacali e politici di opposizione, occorre riconoscere che siamo immersi in una situazione di riduzione quantitativa degli attivisti sindacali di base e degli attivisti politici di base e di una perdita - senza un ricambio significativo - di attivisti impegnati nel ruolo di presidio, di coesione e di rilancio dell'azione politica.
Le sconfitte politiche e sindacali, le gerarchie di partito che si riproducono nello stesso partito o in scissioni di questo, il venir meno di un tessuto di opposizione nei singoli territori inducono fenomeni di demotivazione, di abbandono o di riposizionamento altrove e comunque distante da una politica di classe a democrazia di base.
Il ceto politico dirigente, partitico o sindacale che sia, ne esce comunque coerente con uno scenario in cui l'azione politica e sindacale funziona secondo impulsi, ancorché deboli e contraddittori, dall'alto verso il basso e non viceversa.
Per affrontare un attacco come quello che stiamo subendo a tutti i livelli, occorre invertire il senso dell'impulso alla mobilitazione; occorre riprendere senza indugi e senza ambiguità una politica di ricomposizione dell'unità di classe dal basso, una politica di federalismo delle lotte antagoniste nel territorio, una politica di difesa e ricostruzione di spazi di resistenza e solidarietà, in cui si pratichi la democrazia diretta e la convergenza delle pratiche antirazziste e anticapitaliste, antifasciste e contro la repressione in un progetto di alternativa sociale libertaria, senza sfruttamento e senza burocrazie di stato.
Consiglio dei Delegati
Federazione dei Comunisti Anarchici18 ottobre 2009