79° Consiglio dei Delegati della FdCA
Fano, 10 aprile 2011
presso locali FdCA, Piazza
Capuana
Documento finale
Scenari di fuoco in questo paese
Scenari di fuoco in questo paese. A partire dalle bombe che si alzano dalle basi militari per combattere una guerra, con cui l'Italia cerca di garantirsi il controllo della frontiera meridionale, il Mediterraneo. Che secoli fa era luogo di incontri e di scambi e ora è tornato ad essere solcato da navi negriere pronte a buttare a mare il proprio carico di merci umane da contrabbandare.
E questi uomini e queste donne, che scappano nel migliore dei casi dalla miseria, in tanti altri da guerra e persecuzioni, riusciti a sbarcare trovano un paese incivile e incapace di accoglienza e di garantire i diritti più elementari. Con un governo schizofrenico, che da un lato pur di non essere costretto a verificare il loro status di rifugiati preferisce chiudere gli occhi e farli uscire di soppiatto da campi di accoglienza inadeguati e privi di risorse, dall'altro fa del terrorismo mediatico e razzista per alzare il proprio prezzo nella Comunità Europea e per calmare il mal di pancia della propria destra di governo becera e ingovernabile, ma affamata di manodopera a bassissimo costo.
Ma è caldo anche il fronte istituzionale, con un esecutivo ormai privo di qualunque governabilità che non sia basata sulle straricchezze del plutocrate, ostaggio di alleati sempre più inaffidabili, dilaniato dai conflitti di potere e dai conflitti tra poteri, affetto da una sindrome di re Mida alla rovescia.
Sempre più caldo il fronte economico, in un paese in cui negare la crisi, e continuare ad annunciare una ripresa che non c'è, è sempre più inutile: costi della crisi scaricati sui lavoratori e privatizzazioni sembrano le sole ricette che vengono dalla BCE, dosi massicce delle stesse medicine che hanno allargato la forbice delle ricchezze e immiserito economicamente e socialmente i nostri paesi per mantenere in piedi un sistema economico ormai insostenibile e far arricchire a dismisura chi ha in mano le leve del potere economico e finanziario. E sotto i tagli del bilanci si celano diversi spostamenti di spesa che favoriscano immediatamente il profitto privato, invece che sperperi "sociali" criminalizzati da crescita del debito pubblico.
Ma nel vuoto spinto lasciato dall'assenza di una qualunque opposizione istituzionale credibile, l'opposizione sociale sia pure in modo frammentato cerca di resistere all'attacco che, approfittando della crisi, la classe padronale sta portando ai diritti conquistati con decenni di lotta, con tutti gli strumenti a disposizione.
E riesce ad incassare la proclamazione di uno sciopero generale, per il 6 maggio, quasi imposto alla segreteria nazionale CGIL dalle mobilitazioni di chi non si rassegna a un sindacato collaterale e di gestione alleatosi con ampi settori del movimento.
Occorre lavorare perché lo sciopero generale sia allargato all'intera giornata lavorativa, a settori sempre più ampi dei lavoratori dipendenti (migranti, studenti, disoccupati), per porre le basi della ricostruzione di un vasto fronte di lotta e di solidarietà, capace di invertire i rapporti di forza oggi esistenti.
Contro i dissennati modelli di sviluppo imposti, tra il tentativo di rilancio del nucleare, solo apparentemente rallentato della tragedia giapponese, e quello di privatizzazione dell'acqua, così come contro la degenerazione della politica in chiave personalista ormai insostenibile persino per i più convinti assertori della democrazia parlamentare, un referendum forse non basta, ma sicuramente la campagna referendaria costituisce un momento di partecipazione sociale, di difesa e presa in carico dei beni comuni e di elaborazione condivisa di differenti modelli di sviluppo e di organizzazione sociale.
I comunisti anarchici, gli attivisti di classe e libertari, continuano a impegnarsi, nelle piazze come nei luoghi di lavoro, negli spazi sociali e nelle lotte che si sviluppano.
Confermano il loro impegno internazionalista contro ogni intervento militare dell'imperialismo così come sta avvenendo oggi in Libia, intervento utile a ridefinire gli equilibri intercapitalistici fra le nazioni, ma che niente ha a che vedere con le giuste richieste di maggiore democrazia e di migliori condizioni di vita delle masse sfruttate, che oggi si evidenziano nelle mobilitazioni del Nord Africa e Medio Oriente. Rivolte fatte da uomini e donne vicini ai nostri confini stanchi di vedersi succhiare il sangue da borghesie e potentati locali e che vengono, dove è possibile mantenere lo status quo, soffocate nel sangue, come succede in Bahrain, in Siria o in Arabia Saudita.
Perché attraverso il Mediterraneo soffi il vento del cambiamento e della giustizia sociale, non il fetore dei cadaveri e degli avvoltoi, sosteniamo lo sciopero indetto da CUB e USI per il 15 aprile, per il rilancio della coscienza e della pratica antimilitarista e solidarietà con i lavoratori migranti.
Perché il 25 aprile esca anche quest'anno dall'ambito commemorativo per rivendicare l'attualità del messaggio e della lotta antifascista, con il suo carico di storia ma anche di tragica attualità contro razzismo, autoritarismo e revisionismo storico.
Perché il 1 maggio, giornata del lavoro, sia giornata di costruzione delle lotte, contro il lavoro nero e la schiavitù contemporanea, contro lo sfruttamento e contro la riduzione dei diritti, per il rilancio del sindacalismo conflittuale e della solidarietà tra lavoratori.
Consiglio dei Delegati
Federazione dei Comunisti AnarchiciFano, 10 aprile 2011