Commissione Sindacale
Cremona, 1 marzo 2009
presso il CSA Kavarna, Via Maffi, località Il Cascinetto
con la partecipazione di lavoratori/trici ed attivisti/e sindacali dall'Emila Romagna, Lombardia, Marche; contributo telefonico dalla Liguria.
La crisi non è un flagello biblico mandato dal cielo, ma un lucido attacco alle condizioni di vita dei lavoratori.
Non serve pregare, è necessario rilanciare il conflitto sindacale dal basso, fabbrica per fabbrica, città per città.
Una crisi a macchia di leopardo sta insidiando e distruggendo risorse produttive, occupazione e reddito in diverse parti dell'Italia, dando luogo all'espulsione dai luoghi di lavoro dei soggetti più deboli (lavoratori immigrati, a tempo determinato, a progetto...) ed alla messa in cassa integrazione e/o mobilità dei lavoratori a tempo indeterminato. Il processo è in corso e non è vicino alla sua fine.
Nel settore pubblico, la scelta di ricorso massiccio al lavoro precario negli anni passati si sta ora trasformando tragicamente in una altrettanto massiccia produzione di disoccupazione, con la mancata stabilizzazione dei posti di lavoro.
Cresce così esponenzialmente il numero di lavoratrici e lavoratori su cui grava un forte ridimensionamento del potere d'acquisto dei salari, degli stipendi e delle pensioni, mentre resta una preoccupante situazione debitoria delle famiglie verso banche ed istituti finanziari per debiti contratti per mutui casa, spese sanitarie, spese per l'istruzione dei figli, per i consumi quotidiani. Debiti difficili da restituire e ulteriori eventuali necessari mutui difficili da ottenere dalle banche, preoccupate molto più della loro dimensione patrimoniale che dell'assicurare credito accessibile a lavoratori sempre più impoveriti.
Se le banche chiedono protezione al governo, se la Confindustria chiede ulteriori sgravi fiscali al governo, da parte sua il governo di destra chiede a centinaia di migliaia di lavoratori di farsi carico della crisi - pregando magari sulla Bibbia, come dice il ministro Tremonti- ma senza mettere in atto interventi di sostegno ai redditi. Anzi, dall'estate 2008 ad oggi, l'esecutivo di Berlusconi si è impegnato in provvedimenti ed accordi - come quello sul nuovo modello contrattuale con CISL-UIL-UGL e associazioni datoriali - che prefigurano una uscita dalla crisi con un paese afflitto da una precarietà lavorativa e sociale diffusa e da un livello dei salari spinto ulteriormente verso il basso, approfittando del ritorno alle gabbie salariali che si nasconde all'interno del nuovo modello contrattuale.
Dalla Legge Finanziaria ai provvedimenti sulla decontribuzione sulla produttività e detassazione degli straordinari, dai migliaia di tagli dei posti nella scuola al blocco delle assunzioni a livello statale e regionale, dall'accanimento contro i lavoratori pubblici per le malattie e le pensioni, fino ai provvedimenti liberticidi sul diritto di sciopero per soffocare il sindacalismo conflittuale, il governo ha aggiunto sale sulle piaghe aperte dalla crisi, ritenendo evidentemente che all'uscita dal tunnel il movimento dei lavoratori in Italia sarà così indebolito ed impoverito da non poter più riprendersi e riorganizzarsi, complice il ruolo di sindacati quali la CISL, la UIL e l'UGL.
Un governo che preferisce spendere in interventi sulla sicurezza, sul nucleare ed a salvare le banche, si limita a trasferire risorse alle Regioni per gli ammortizzatori sociali, ma non intende prendere in considerazione lo stanziamento di risorse nuove per tutti i lavoratori espulsi dai luoghi di lavoro.
In questa durissima situazione, dopo due decenni di condizionamenti a risolvere in maniera individuale i problemi di lavoro, vanno accolte e valorizzate tutte le espressioni collettive, organizzate e solidali, da parte dei lavoratori che cercano di difendersi dalla crisi, dalle serrate padronali, dai provvedimenti liberticidi del governo. Così la lotta dei lavoratori dell'INSE di Milano, della FIAT a Pomigliano d'Arco, le manifestazioni di Torino e di altre città sono un segnale di reattività e di resistenza a ciò che viene dipinto come inevitabile ed ineluttabile.
In questa congiuntura storica, il ruolo della CGIL (pur divisa al suo interno) e del sindacalismo di base, insieme all'azione spontanea di gruppi di lavoratori auto-organizzati, diventa decisivo per dare voce, espressione e rappresentanza sociale alle migliaia e migliaia di lavoratori colpiti dalla mannaia della crisi e da un governo che non lancia salvagenti.
Le prossime mobilitazioni annunciate dalla CGIL (manifestazione del 4 aprile contro il nuovo modello contrattuale e lo sciopero nella scuola/università il 18 marzo), quelle annunciate dal sindacalismo di base (manifestazione il 28 marzo e sciopero generale il 23 aprile), opportunamente valorizzate da un percorso di condivisione delle scelte di lotta che ottenga il mandato democratico dai luoghi di lavoro, vanno sostenute ed allargate oltre la sola dimensione sindacale per farne occasione di protesta e di dimostrazione di dissenso organizzato verso le scelte industriali e governative.
Non pagheremo noi la loro crisi! No ai licenziamenti ed alla cassa integrazione, reddito minimo garantito ed indennità per le vittime della disoccupazione, lavorare meno a parità di salari, aumenti salariali sganciati dalla produttività, controllo dal basso sulla contrattazione e risposta assembleare al fascismo aziendale.
Commissione Sindacale dell'FdCA
Cremona, 1 marzo 2009