Commissione Sindacale

Cremona, 6 ottobre 2007

presso il CSA Kavarna, Via Maffi, località Il Cascinetto

con la partecipazione di lavoratori/trici ed attivisti/e sindacali dalla Liguria, Lombardia, Emilia Romagna, Marche, Abruzzo e Lazio.

1. Consultazione sul Protocollo del 23 luglio

La mobilitazione per respingere l'accordo nei luoghi di lavoro ha permesso di rompere il silenzio acquiescente intorno a questo protocollo dando spazio ad una campagna di controinformazione portata avanti con mezzi assolutamente non confrontabili con la potente macchina per catturare il consenso e l'assenso dei lavoratori da parte di CGIL, CISL e UIL. Acquistano quindi significato le tante situazioni in cui è stato possibile avanzare critiche ed obiezioni ai contenuti dell'accordo, sollevare osservazioni sulla deboli garanzie del metodo di consultazione (nessuna possibilità di ascoltare le ragioni del NO, incerta certificazione delle procedure di voto), e nonostante questi limiti, riuscire ad esprimere una chiara ed a volte vincente opzione per il NO tramite il voto.

E se sull'esito della consultazione non si sono mai nutrite illusioni, perché tutto congiura per una vittoria facile del SI, sono proprio le mobilitazioni per il NO in non poche realtà lavorative che costituiscono un confortante elemento di riflessione sulla capacità di tenuta e sulla persistenza di lotta di fasce della classe lavoratrice che negli ultimi anni sono state protagoniste nella battaglia per la difesa e l'ampliamento dell'art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, del mancato successo del trasferimento del TFR ai fondi pensione, ed ora di espressioni di autonomia di pensiero di fronte al pacchetto preconfezionato su pensioni, precarietà e competitività.

Sarà infatti utile soffermarsi non solo e non tanto sull'esito finale e complessivo a livello nazionale, quanto sui responsi nei vari luoghi di lavoro, nelle varie categorie e nei vari territori, valutando il peso e la qualità dei NO. Infatti, i NO espressi in un dato territorio vanno salvati dal mero fatto contabile e trasformati in base di legittimazione per l'azione sindacale dei lavoratori e degli attivisti che intendono proseguire e rendere più incisiva la loro azione conflittuale.

Questo vale sia per la FIOM e la Rete 28 Aprile nella CGIL che per il sindacalismo di base.

Per la FIOM si tratta di sottrarsi ad una strisciante resa dei conti in casa CGIL, in cui l'azione di normalizzazione che deriva dall'aggregarsi del Partito Democratico tende a marginalizzare ed a disattivare le componenti critiche.

Per la Rete 28 Aprile (e altri settori di minoranza) nella CGIL che si sono profusi in un'azione di propaganda per il NO (basti per tutte la manifestazione dei delegati toscani ai Firenze del 28 settembre) si tratta di trovare nel voto contrario espresso dai lavoratori nei vari territori la ragione perché essa non sia più e solo una contraddizione interna alla CGIL, ma inizi a pensarsi ed a muoversi come soggetto che contagia altri sindacati di categoria (oltre i metalmeccanici) ed apra sul territorio un confronto ampio con le altre realtà del sindacalismo conflittuale (come in alcuni casi ha fatto per la campagna contro i fondi pensione). Diventino dunque i NO l'opportunità per aprire dentro la CGIL la questione della democrazia sindacale interna, la questione del rapporto reale di rappresentanza tra delegati sindacali ai vari livelli e base dei lavoratori, la questione della lotta per la partecipazione diretta ed attiva degli iscritti e dei lavoratori alla vita ed ai processi decisionali della CGIL, quale antidoto alle nefaste conseguenze di una burocrazia sindacale autoreferenziale che si ritiene autosufficiente.

Anche per il sindacalismo di base (a maggior ragione per le organizzazioni che hanno dato indicazione a vario titolo di votare NO, ma anche per le organizzazioni che hanno scelto la strada del boicottaggio astenendosi), le ragioni del NO e la loro collocazione nel tessuto lavorativo concreto costituiscono l'indice delle possibilità di azione sindacale conflittuale che esalti l'autonomia dei lavoratori e la democrazia sindacale.

2. Sciopero generale del 9 novembre

E' quindi quanto mai opportuna questa giornata di sciopero generale indetta da tutti i sindacati di base per il 9 novembre, perché dia valore alla lotta contro il Protocollo del 23 luglio e punti a coinvolgere gli strati di dissenso e di critica emersi durante la consultazione. Si rinnova l'auspicio che la capacità di coordinamento espressa dai sindacati di base in questa occasione, riesca a diventare una buona pratica costante e continuativa nel tempo, trovando le convergenze e gli obiettivi che giungano ai lavoratori come importanti segnali di una unità di azione e rivendicazione.

3. Manifestazione del 20 ottobre

In tutt'altra direzione va invece la manifestazione nazionale indetta per il 20 ottobre dalle forze politiche della sinistra interna al governo. Benché costituisca comunque un'occasione di espressione critica almeno per un giorno quale mera operazione mediatica di contraddizione nell'operato del governo dell'Unione, tuttavia non aveva nelle sue premesse, né avrà negli esiti che intende perseguire, altra dimensione che quella istituzionale, nella convinzione che le politiche neoliberiste del governo di centro-sinistra si possano battere al suo interno, e che la piazza vada mobilitata per dare tale investitura a qualche ministro di sinistra. Niente a che vedere quindi con l'autonomia di lotta dei lavoratori, niente a che vedere con una reale partecipazione dal basso.

4. Finanziara 2008

Il varo della Legge Finanziaria per il 2008 da parte del Consiglio dei Ministri (compresi quelli di sinistra che a vario titolo puntano sulla manifestazione del 20 ottobre), conferma la linea del Protocollo del 23 luglio, ponendo la tenuta dei conti pubblici a cardine inattaccabile di tutta la politica economica del governo di centro-sinistra. Alle imprese il sostegno, ai lavoratori ed ai pensionati la carità o la... indennità di vacanza contrattuale.

5. Rinnovi contrattuali

La consultazione sul Protocollo ha fermato le trattative in corso in varie categorie. Va da sé che alcune parti del Protocollo (come ad esempio quella sulla precarietà o sulla competitività) peseranno sul rinnovo contrattuale dei metalmeccanici e di altre categorie, spostando quindi già il peso maggiore sulla contrattazione di secondo livello.

Si prepara così il terreno alla revisione del Protocollo del 1993, si richiede che nell'era della post-concertazione, il sindacato non sia soggetto di contrattazione bensì agente di scambio: Se è già partner del governo, perché non anche partner dell'impresa?

Quei NO espressi e non poche volte vincenti in diverse fabbriche e luoghi di lavoro potrebbero essere un decisivo valore aggiunto negli imminenti rinnovi contrattuali.

Commissione Sindacale dell'FdCA
Cremona, 6 ottobre 2007

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