Commissione Sindacale FdCA

Reggio Emilia, 13 marzo 2011

presso i locali MAG6, v. Vittorangeli

 

Di sciopero in sciopero... per il nostro futuro

 

In Italia, oggi, i dipendenti pubblici, la scuola, i metalmeccanici e i lavoratori del commercio e dei servizi sono senza contratto nazionale, inteso come accordo fra le parti e quindi come mediazione di interessi differenti fra impresa e lavoratori. Quello che viene firmato oggi è quello che le imprese decidono: questo è il succo degli accordi separati (o nel caso del Pubblico Impiego, la sospensione del contratto).

Cioè la fine della contrattazione. Fine del vincolo sociale.

Non si tratta soltanto dell'esclusione di una o più sigle sindacali, che scatta attraverso la sottoscrizione sulla corresponsabilità, con annesso impianto sanzionatorio, dagli accordi futuri e quindi anche dalla agibilità sindacale nei luoghi di lavoro, quanto l'esclusione vera e propria dei lavoratori dal diritto di contrattare e di poter agire sindacalmente.

Perché rimane il fatto che i titolari della contrattazione sono (dovrebbero) essere le/i lavoratori/trici.

Il vero capolavoro è: "o sei complice dell'impresa, oppure non puoi più costruire i rapporti di forza per ribaltare tutto questo", partendo dall'interno dell'impresa stessa.

Dentro i luoghi di lavoro chi decide orari, l'organizzazione del lavoro, tempi, ritmi, condizioni, prestazioni, salario, può essere dunque solo l'azienda.

Può esistere solo complicità con il dominio sulla forza lavoro esercitato dal sistema di comando dell'impresa. Siamo quasi oltre il corporativismo.

Basti pensare che alle aziende, alla fine, viene offerta la possibilità di una sorta di shopping contrattuale per cui, in base alle esigenze ed alla convenienza, possono scegliere o il contratto aziendale o quello nazionale. Poi, le grandi aziende scelgono quello aziendale dove hanno ampia passibilità di costruirselo (vedi FIAT); invece le piccole scelgono quello nazionale per non avere grane interne. Altro che problemi in seno a Confindustria!

Non è vero quindi che si riduce il peso del contratto nazionale, per favorire quello aziendale.

L'accordo separato del settore del commercio cancella tutta la contrattazione aziendale costruita: rimane solo il salario variabile, introduce il Welfare Corporativo con l'uscita dall'INPS e con il ruolo assegnato agli enti bilaterali sulla malattia. Si torna alle mutue! Fine del welfare universale.

In sostanza, l'operazione Confindustria - governo - CISL, nell'ambito della strategia data, è in una fase di avanzata attuazione. L'indice IPCA, come abbiamo già sostenuto, elimina l'inflazione importata, escludendo energia e materie prime dal calcolo, e serve a normare la riduzione dei salari!

Fa tenerezza sentire il segretario generale della FILCAMS-CGIL sostenere che si introduce con questo accordo separato nel commercio un modo di concepire le relazioni tra OO.SS. estraneo alla nostra categoria. (sic!)

Rispetto alla CGIL, risulta fallimentare la strategia (se così si può chiamare), messa in campo dopo l'accordo separato del 22/01/2009 (accordo sulle regole); nel pubblico impiego il gruppo dirigente CGIL pensava che solo un cambio di governo potesse risolvere il problema; nel settore privato bastava isolare gli estremisti nella FIAT insieme alla FIOM e si poteva procedere. Ed ecco i 53 accordi stipulati in modo unitario. Ma l'accordo separato sul pubblico impiego e quello sul commercio cambiano lo scenario: la firma di quegli accordi da parte padronale era tattica, mettendo all'oggi la CGIL fuorigioco e non in grado di interferire sul terreno sindacale, cioè su quello contrattuale.

L'idea malsana che firmando accordi dove c'è di tutto e dove viene restituito di tutto, facendo entrare parti dell'accordo sulle regole in parecchi e diversificati modi, si possano creare problemi all'avversario di classe per cercare di dividerlo, ha finito col dividere invece proprio la stessa CGIL, paralizzandola! Nei fatti c'è implosione e il rischio oggi è che si chiuda la partita.

Questo è il risultato ottenuto dai padroni!

Inoltre visto che la situazione è aggrovigliata, la CGIL parla d'altro ed evita la discussione sull'unico punto sempre eluso sinora: la contrattazione!

Ed infine la questione salvifica dello sciopero generale! Lo sciopero generale indetto per il 6 maggio solo per 4 ore si sta allargando alle 8 ore sulla spinta delle categorie. Ma se la CGIL non pone alla base di una mobilitazione di questa portata un cambio di strategia o meglio un'impostazione strategica contrattuale insieme ad una discontinuità organizzativa sul modo di fare sindacato, la mobilitazione è monca. Va recuperata una strategia condivisa coi lavoratori, se si vuol creare un percorso rivendicativo ampio e generalizzato, che recuperi il vincolo sociale e che abbia continuità, perché l'attraversata della crisi e della conseguente ristrutturazione è lunga.

Lo stesso vale per il sindacalismo di base, impegnato in marzo ed in aprile in mobilitazioni e scioperi generali che cercano di ribadire la necessità di protagonismo e di organizzazione dei lavoratori, pur in una condizione di mancanza di coordinamento, a cui solo i lavoratori e le lavoratrici iscritti/e a questi sindacati possono rimediare costruendo unità dal basso.

Resistere oggi ai colpi della crisi significa mettere le basi della ricostruzione di un tessuto di organismi e di attivisti sindacali che dai luoghi di lavoro sappiano esprimere nuove rivendicazioni, nuovo desiderio di riscatto e di libertà.

La posta in gioco è l'esistenza stessa della organizzazione dei lavoratori quale luogo della solidarietà e della difesa degli interessi di classe, quale soggetto di cambiamento della società in senso autogestionario.

Rivendicare la libertà di sciopero, organizzare e partecipare agli scioperi vuol dire esprimere il proprio diritto a lottare per la redistribuzione della ricchezza, per il nostro futuro, per la nostra felicità.

Commissione Sindacale
Federazione dei Comunisti Anarchici

Reggio Emilia, 13 marzo 2011