IMPERIALISMO U.S.A.

Lo sviluppo storico della potenza imperialistica USA avviene sulla primitiva matrice del capitalismo europeo più avanzato (GB e Francia). Le linee direttrici su cui si è sviluppato questo Stato sono le linee di un crudo espansionismo interno ed esterno, dell'accaparramento di importanti fonti di materia prime, delle disponibilità di abbondante forza-lavoro a buon mercato e della strutturazione di un pseudo-federalismo, strumento funzionale della falsa democrazia borghese, mistificazione delle spinte democratiche di base struttura realmente accentrata del dominio di classe. Le armi fondamentali dell'imperialismo USA si basano sull'uso di una "divisione del lavoro" all'interno del suo blocco, basata sul controllo rigido di punti nodali del processo produttivo (materie prime, tecnologia) e sull'uso alternato e parallelo nello stesso tempo degli strumenti "democratici" da una parte (democrazia rappresentativa, aiuti ai paesi amici, etc.) e delle armi più classiche del dominio capitalista (esercito, uso della forza come deterrente e come arma esplicita) dall'altra. Gli USA sono di nemici storici fondamentali della rivoluzione proletaria internazionale. Questo colosso capitalistico non è però l'unico fattore che determina la dinamica di quello che viene chiamato il blocco imperialistico USA.

E' corretto invece definire questo "blocco" come un sistema di dipendenze non dello stesso grado e tipo, in cui gli USA ricoprono tutt'ora il ruolo di paese più potente economicamente ed anche politicamente.

E' oggettivo che le possibilità che gli USA hanno di scaricare le contraddizioni sociali, economiche e politiche sugli altri paesi del blocco sono maggiori degli altri; è vero però che:

  1. tali contraddizioni "importate" inducono lo sviluppo di un sistema più competitivo e dinamico da parte dei capitalismi concorrenti interni al blocco;
  2. le contraddizioni sociali soprattutto inducono spesso, direttamente o indirettamente, l'esasperarsi ed il radicalizzarsi della conflittualità operaia anticapitalistica che va a convertirsi spesso in antimperialismo cosciente e ad espandersi in maniera virulenta all'interno del blocco;
  3. l'esportare certe contraddizioni insopportabili vuol dire porre le basi perché al proprio interno ne maturino altre diverse.

L'importante è che non esiste la possibilità per un paese imperialista di eliminare, scaricandole sugli altri, tutte le contraddizioni storiche dello sviluppo capitalistico, né tanto meno esiste la possibilità di isolarsi ed evitare che le contraddizioni, in parte esportate, rientrino dopo aver acquistato maggiore virulenza e politicità. La strategia internazionalista si definisce sempre più come strategia capace di legare sotto lo stesso progetto (transizione libertaria al comunismo) i proletari di tutti i paesi del sistema imperialistico mondiale.

Il sistema dei paesi che hanno con gli USA nessi di dipendenza è molto differenziato. Esso comprende:

  1. larga parte dell'Europa occidentale;
  2. il Giappone;
  3. l'Australia;
  4. quasi o tutta l'America dl Sud;
  5. parte del Medio Oriente.

Per quanto riguarda l'Europa occidentale ed il Giappone, il fatto che gli USA hanno indotto una decisa dinamica di strutturazione industriale basata molto sull'industria di trasformazione, mantenendo l'egemonia soprattutto nel campo della tecnologia e delle fonti energetiche e delle materie prime, si sta sviluppando in modo che un certo sviluppo dipendente si contrappone oggettivamente alla potenza economica USA. Agli USA ha molto interessato il relativo minor costo della manodopera europea per una politica di investimenti in loco, l'uso del mercato europeo per assorbir tecnologie magari in via di obsolescenza e l'uso di certi paesi europei per decentrare lavorazioni con un rapporto lavoro/macchine troppo alto e quindi con un andamento della produttività troppo legato al salario e troppo poco alla tecnologia. E' inoltre importantissimo per gli USA mantenere il caposaldo europeo per chiudere ad occidente gli orizzonti espansionistici dell'URSS. Per il Giappone il discorso è sostanzialmente analogo, Sta di fatto che mettere in moto un certo sviluppo capitalistico pone su un livello più alto la contraddizione tra borghesia e proletariato, in modo che l'economia europea e giapponese hanno cominciato a risentire dei nuovi interessi derivati da un proletariato coinvolto sempre più nei meccanismi sociali, oggettivamente e soggettivamente, e di una borghesia che doveva rintuzzare, da una parte, i confini politici ed economici imposti dal capitale USA, e ricercare, d'altra parte, paesi su cui scaricar le proprie contraddizioni. In questo quadro ha molta importanza anche la capacità politica dei paesi neo-imperialisti dipendenti dagli USA.

Una necessità oggettiva deve trovare riscontro nella lucidità della struttura statale complessiva (sistema di consenso, sistema repressivo, politica economica, organizzazione militare) per poter essere portata avanti. A questo punto assumono significato le ideologie e le pratiche "europeiste", a questo punto si può capir la debolezza relativa del Giappone.

Questa tendenza europea e giapponese ad una relativa autonomizzazione dagli USA assume aspetti di vero e proprio scontro interborghese principalmente nella misura in cui il proletariato europeo, giapponese ed USA risponde in maniera autonoma ed unitaria a tutti i tentativi delle varie borghesie di scaricargli selvaggiamente tutti i costi dei propri aggiustamenti e delle proprie ristrutturazioni economiche e politiche.

In particolare, se per gli USA ed il Giappone dobbiamo parlare di livello fortemente frammentario dell'organizzazione proletaria rivoluzionaria e di sostanziale inesistenza di organizzazioni socialdemocratiche e tradeunioniste, per l'Europa occidentale il quadro è molto diverso.

Siamo infatti alla presenza di germi organizzativi dell'autonomia proletaria nel complesso molto più definiti ed operativi; di conseguenza ci troviamo davanti a forti organizzazioni socialdemocratiche e tradeunioniste per il recupero dell'autentico capitalismo.

E' fondamentale:

  1. fare in modo che si avvii negli USA un processo di politicizzazione in senso unitario della fasce fortemente stratificate dei proletari;
  2. premere per un processo analogo in Giappone;
  3. fare in modo che non venga portato a compimento nell'Europa occidentale quel grosso processo di disgregazione e stratificazione del proletariato che solo può permettere un riaggiustamento tutto capitalistico e più razionalmente repressivo degli equilibri interborghesi con gli USA.

Non dobbiamo più permettere che il capitale esca da questa ristrutturazione su livelli più alti di controllo materiale ed ideologico nei confronti della classe rivoluzionaria. In maniera più articolata tutto ciò significa:

  1. evitare che gli USA, i paesi europei occidentali ed il Giappone vadano, con forza accresciuta, ad aggredire i proletari di paesi con un gradino di sviluppo inferiore;
  2. evitare che gli stessi imperialisti e neoimperialisti assoggettino maggiormente il proletariato nazionale;
  3. soprattutto far sì che l'impatto con nuovi paesi a un grado di sviluppo inferiore sia incontro di proletari già organizzati e con una coscienza di classe internazionalista.

Del rapporto USA-Australia siamo attualmente scarsamente documentati, né le vicende correnti internazionali hanno evidenziato particolari aspetti di esso.

L'America latina è la zona in cui gli USA hanno le maggiori possibilità di esercitare il proprio dominio.

Direttamente, questo è il punto più esplosivo dell'imperialismo americano. In questa zona gli USA si trovano alle prese con diverse forme di subimperialismo e classi dirigenti. E' un panorama in cui si trovano dagli Stati-piantagione totalmente colonizzati e retti da veri e propri fantocci ai paesi retti da tecnocrazie militari pseudo-socialiste o da repubbliche abbastanza simili nella facciata alle repubbliche parlamentari dei paesi a capitalismo maturo. Fattore comune a tutti questi regimi è la repressione violenta dei movimenti anticapitalistici.

L'area dell'America Latina si è formata storicamente in rapporto di dipendenza stretta dagli USA. Di conseguenza, le dinamiche sociali innescate dall'evolversi del rapporto capitalistico dipendente hanno sempre avuto oltre a un segno geneticamente antifeudale, un segno antimperialistico.

La prima necessità degli USA è quindi stata quella di controllare rigorosamente questi movimenti e queste dinamiche. Si spiegano così due fatti:

  1. l'alto grado di politicizzazione che assumono i movimenti di lotta e le organizzazioni rivoluzionarie;
  2. la scientificità e l'esplicita violenza degli apparati repressivi statali indigeni ed USA, in risposta a situazioni di instabilità.

Gli USA, pressati dall'evoluzione storico-economica dei rapporti di dominanza che gestiscono, hanno scelto, in alcuni casi, di allearsi alle nascenti tecnocrazie militari o a regimi populistici con un falso segno di sinistra, piuttosto che irrigidire e radicalizzare l'opposizione di classe. In entrambi i casi, la condizione fondamentale è stata ed è il funzionamento di un severo apparato statale repressivo nei confronti delle forme dell'autonomia proletaria.

In America Latina l'ideologia socialdemocratica ha quindi molto meno spazio materiale di quanto ne abbia ad esempio in Europa. Essa è soppiantata spesso da forme di pseudo-socialismo tecnocratico o da forme di populismo che non postulano apertamente l'alleanza con le forze del capitale avanzato, ma -in un certo senso più mistificanti- si pongono come risultato della vittoria sul capitalismo e unici governi garanti per il popolo nei confronti dell'imperialismo e del capitalismo.

Questo tipo di governo è spesso legato agli USA in rapporti di subimperialismo.

L'altra faccia dell'imperialismo USA in America Latina è quella apertamente repressiva dei regimi fantoccio fascisti, a volte nati in seguito al mancato controllo sul proletariato in un periodo di gravi ristrutturazioni socio-economiche del paese in questione.

E' fondamentale volgere l'attenzione all'America Latina per tre motivi fondamentali:

  1. l'importanza che questo blocco di dipendenza riveste per l'imperialismo USA;
  2. la politicità esplicita e la radicalità rivoluzionaria che -spesso a prescindere dalle ideologie- hanno i movimenti e le organizzazioni proletarie;
  3. la ricchezza di tematiche concrete sulla lotta alla tecnocrazia di sinistra, sulla lotta clandestina e sulle forme di autogestione rivoluzionaria che vi si sono sviluppate e vi si sviluppano per forza di cose.

Nel Medio Oriente, gli USA stanno contendendo all'URSS l'accaparramento dei subimperialismi più influenti del blocco arabo. Per far questo viene usato spesso Israele come strumento di minaccia-lusinga con il quale gli USA giocano a scomporre qualsiasi unità popolare ed antimperialista delle masse arabe per ricomporre gradatamente un fronte delle classi dominanti legate all'imperialismo centrale dal comune interesse all'oppressione del proletariato e dalle possibilità di sviluppo capitalistico che la tecnologia americana offre loro.

Lo stato israeliano, l'Arabia Saudita e l'Iran sono grosse potenze nell'ambito mediorientale, legate a doppio filo all'imperialismo americano. Esse gestiscono materialmente l'asservimento e le forme di sfruttamento del proletariato mediorientale sul cui controllo si fondano per via indiretta gli interessi USA e, per via diretta, gli interessi delle classi dominanti arabe.

In questo quadro, non esistono in Medio Oriente borghesie antimperialiste, ma borghesie indigene che cercano di strappare più carne all'osso di quanto gli viene concesso dall'America.

La sottomissione di tutte le masse popolari è la premessa necessaria ed è il necessario prodotto di questa alleanza interborghese. La Palestina non è uno stato retto da una borghesia definita, e questo determina la radicalità e la genuinità del suo antimperialismo. Se oggettivamente le masse palestinesi sono l'avanguardia dell'antimperialismo mediorientale, è fondamentale per gli USA legare a sé o frantumare la nascente dirigenza palestinese.

Nell'uno e nell'altro caso è fondamentale sconfiggere e spoliticizzare la lotta del popolo palestinese.

Nel Medio Oriente, l'assestamento delle emergenti classi dirigenti indigene avviene attraverso rapporti di dipendenza con le potenze imperialistiche. A questo livello sono riscontrabili due contraddizioni interborghesi ed interimperialistiche. La prima è tra USA ed URSS per la spartizione di una zona ricchissima di fonti energetiche suscettibile di fornire mercati di assorbimento di tecnologie e importantissima dal punto di vista strategico-militare e del consenso politico.

La seconda contraddizione è fra l'imperialismo delle potenze e la sete di potenza e ricchezze "autonome" delle borghesie indigene.

La prima contraddizione vede gli USA complessivamente vincenti; la seconda non è ancora risolta ma, essendo di tipo interborghese, non offre spazi per alleanze e convergenze oggettive fra gli interessi delle borghesie locali e quelli del proletariato.

Fondamentali sono e saranno i modi con cui tenderanno ad evolversi le contraddizioni fra le istanze proletarie e le forze borghesi e imperialistiche.

Il terreno più importante per la crescita dell'organizzazione e dell'autonomia del proletariato è il superamento delle frontiere nazionali e la tendenziale costituzione di un movimento rivoluzionario del proletariato capace di non farsi intrappolare nelle lusinghe pseudo-democratiche delle borghesie nazionali e capace di affrontare sul terreno internazionalista la repressione imperialistica.

(documento assunto al 1° Congresso della F.d.C.A. del 1985)


A partire del 7° Congresso FdCA del 1 ottobre 2006, questo documento cessa di far parte delle tesi di Strategia di Fondo della FdCA, essendo sostituito da: Imperialismo USA.