COMUNISTI ANARCHICI: UNA QUESTIONE DI CLASSE

 

6.2. Appendice 2
Comunismo anarchico e comunismo libertario
 


6.2.1. Materialismo storico come strumento di analisi della realtà

Ogni attività volta alla trasformazione della società attuale al fine di costruire un’organizzazione della vita sociale che permetta ad ogni uomo come individuo e insieme come collettività di vivere libero dal bisogno, presuppone la definizione di un metodo di analisi del reale.

Noi individuiamo tale metodo nel materialismo storico.

Il materialismo storico come metodologia di analisi dei fatti storici trova concordi Marx ed Engels come Bakunin cioè è patrimonio comune degli sfruttati di tutto il mondo. La formulazione che abbiamo riportato nel Capitolo 3.1. non è che una sintesi efficace nella forma, fatta sulla base delle esperienze maturate dagli sfruttati nelle lotte soprattutto a partire dalla rivoluzione industriale. È infatti da questa epoca che la creazione di grosse concentrazioni urbane, l’espulsione dalle campagne dei contadini poveri, la distruzione dell’artigianato a causa dei mutati processi di produzione crea il proletariato come classe. Tuttavia proprio sull’analisi delle classi si verifica la prima divisione all’interno degli sfruttati fra due tendenze principali: la tendenza anarchica e quella marxista.

La prima prendeva atto del mutare continuo dei rapporti sociali e individuava nel proletariato urbano e nei contadini poveri - espropriati dallo sviluppo stesso del capitalismo - le masse che per la soluzione dei propri bisogni materiali erano disponibili ad una trasformazione radicale ed egualitaria della società.

La seconda individuava nel proletariato di fabbrica la forza antagonista al capitale e nello sviluppo delle forze produttive la progressiva proletarizzazione degli sfruttati; ne veniva che con il massimo sviluppo del capitale avrebbe corrisposto inevitabilmente il massimo sviluppo del proletariato operaio.

Tale profonda contraddizione antagonista, avrebbe dovuto necessariamente risolversi nella rivoluzione, momento di sintesi del processo di sviluppo storico.

Va infine considerato il problema del rapporto fra struttura e sovrastruttura in quanto esso divide l’interpretazione marxista del la realtà dall’interpretazione materialista storica, propria del comunismo anarchico. Marx definisce in modo vago questo rapporto dando luogo ad interpretazioni le più disparate da parte dei suoi epigoni, che considerano nella maggior parte questo rapporto come di assoluta dipendenza della sovrastruttura dalla struttura.

La conseguenza più evidente di tale differenziazione, è data dalla concezione dello Stato.

Lo Stato viene considerato dai marxisti come una sovrastruttura generata dalla struttura, identificabile con il sistema economico capitalista. Come tale lo Stato deve essere conquistato e trasformato al servizio della classe operaia, in uno strumento per la costruzione del socialismo. Tale Stato, controllato dal partito, va usato contro i tentativi di rinascita della borghesia e per creare le condizioni necessarie per l’edificazione del socialismo e poi del comunismo. Mano a mano che lo Stato trasformerà le strutture economiche, si creeranno le condizioni per la sua scomparsa. Da questa concezione del processo storico deriva la separazione, voluta dai marxisti, fra lotta economica e lotta politica.

I comunisti anarchici rifiutano la separazione netta fra struttura e sovrastruttura e considerano lo Stato come una sovrastruttura che subisce continue trasformazioni dovute allo stesso evolversi del capitalismo. Considerano inoltre la sovrastruttura come produttrice essa stessa di effetti rilevanti sulla struttura e pertanto giudicano incompatibile l’uso dello Stato per il perseguimento della sua distruzione. Convinti sostenitori del materialismo storico, giudicano un artificio dialettico il superamento della contraddizione mezzi-fini, operata dal marxismo. Storicamente i comunisti anarchici hanno individuato nel processo rivoluzionario in atto, nel popolo armato e nell’uso generalizzato dell’autogestione della vita sociale, lo strumento di transizione al socialismo.

Da tutto ciò deriva la non separazione, per i comunisti anarchici, tra lotta economica e lotta politica e il costante tentativo di legare i due momenti e quindi di ricomporre la contraddizione sul terreno della difesa dei bisogni materiali e storici degli sfruttati.

 

6.2.2. Dualismo organizzativo

Il rapporto avanguardia-massa, è uno dei problemi fondamentali per la formulazione di una strategia rivoluzionaria; la mancata soluzione di tale problema, o la sua errata soluzione, ha costituito la base di tutti gli insuccessi storici dei progetti rivoluzionari, o la matrice delle involuzioni nei paesi dove la rivoluzione aveva inizialmente trionfato. Nessuna scuola marxista ha chiarito tale rapporto nelle sue linee essenziali, e da parte anarchica, il rifiuto aprioristico del concetto di avanguardia, parola che evoca in maniera inconsulta il concetto di autorità, ha impedito l’approfondimento di esso; unica fonte chiara sul problema rimane, a più di cento anni di distanza, Bakunin.

Una corretta teoria dei bisogni materiali storicamente e socialmente determinati, ci insegna che il loro soddisfacimento è in contraddizione con il sistema capitalistico, e che quindi il perseguimento di esso è la base su cui impostare una strategia rivoluzionaria e l’organizzazione del proletariato nel luogo di lavoro (organizzazione di massa); d’altra parte il sistema capitalistico ha messo a punto una serie di strumenti atti a recuperare ciò che perde a livello di lotta rivendicativa e quindi è utopistico e meccanicistico ritenere che i bisogni materiali ed il loro soddisfacimento provochino automaticamente la fine del capitalismo rovinato dalle sue contraddizioni interne. La lotta sui bisogni materiali deve essere quindi anche il germe della coscienza di classe, e la base su cui fondare una strategia complessiva di attacco al sistema capitalistico, una strategia rivoluzionaria, che faccia da punto di riferimento della crescita politica del proletariato nelle lotte, e garantisca l’incremento di dette lotte in un processo strategico, che le finalizzi allo sbocco rivoluzionario; necessita quindi un organismo di elaborazione strategica che aggreghi sulla base di una teoria comune ed omogenea i proletari rivoluzionari (organizzazione specifica). Questo è il dualismo organizzativo.

6.2.2.1 Organizzazione di massa

Per organizzazione di massa si intende quell’organismo che le masse si danno per la difesa dei propri interessi; per precisare meglio quanto detto, vediamo di definire ad esempio l’organizzazione di massa per eccellenza: il sindacato. Esso nasce sul luogo di lavoro, su precisi bisogni materiali delle masse lavoratrici che ne fanno parte, e sotto il diretto controllo di queste ultime. Le caratteristiche che lo contraddistinguono sono:

In tutto questo si deve tener presente come l’emancipazione dei lavoratori sia frutto di una pratica costante di lotta e non tanto di una propaganda o di convincimenti ideologici; ed inoltre come l’azione diretta, pratica essenziale in cui si articola la lotta per i bisogni, garantisca il fatto che il sindacato non diventi mai organo di questo o quel partito, e che la delega non assuma mai carattere autonomo e decisionale rispetto all’assemblea dei lavoratori; da questo deriva che l’organizzazione operaia deve avere uno scopo ultimo, ed uno immediato. Lo scopo ultimo deve essere l’espropriazione del capitale per parte dei lavoratori associati, la restituzione cioè ai produttori, e per essi alle loro associazioni, di tutto ciò che ha prodotto il lavoro della classe operaia attraverso i secoli, di tutto ciò che il loro lavoro ha prodotto, di tutto ciò che senza l’opera dei lavoratori non avrebbe alcun valore. Lo scopo immediato è di sviluppare sempre di più lo spirito di solidarietà fra gli oppressi e di resistenza contro gli oppressori, tenere esercitato il proletariato con la ginnastica continua della lotta operaia nelle sue forme più diverse, conquistare oggi stesso tutto ciò che è possibile strappare, per quanto poco possa essere, al capitalismo, in benessere e in libertà. (Fabbri)

6.2.2.2 Organizzazione specifica

L’organizzazione specifica raggruppa invece tutti quei militanti dell’organizzazione di massa che hanno una medesima teoria, una stessa strategia ed una articolazione tattica omogenea. Compito di questa organizzazione è da una parte di essere depositaria della memoria di classe, e dall’altra di elaborare una strategia comune che permetta il collegamento tra le varie situazioni di lotta all’interno della classe, e che ne sia di stimolo e di guida. Detto questo, possiamo facilmente individuare gli errori che hanno portato, da una parte, alla concezione del partito leninista, inteso come un’organizzazione politica al di sopra delle masse, dall’altra, all’idea che l’organizzazione specifica sia soltanto il momento di collegamento fra le varie situazioni di lotta, senza una strategia e un disegno rivoluzionario propri. Nel primo caso, il partito-guida è formato da elementi che non necessariamente fanno parte degli organismi di massa, sono pertanto esterni ad essi; questi elaborano una linea politica che trasmettono agli organismi stessi, intesi come cinghia di trasmissione; nel secondo caso, è la paura di un’involuzione autoritaria a far perdere di vista il ruolo essenziale di elaborazione di una strategia rivoluzionaria che un’organizzazione specifica deve svolgere all’interno delle organizzazioni della classe operaia, perché le sue azioni siano efficaci.

La necessità dell’esistenza dell’organizzazione specifica, i suoi compiti e ruoli, furono già delineati con chiarezza da Bakunin: 

[...] per organizzare le masse, per stabilire fermamente l’azione benefica dell’Associazione Internazionale dei lavoratori su di esse, basterebbe a rigore che un solo operaio su dieci dello stesso mestiere facesse parte della relativa sezione. Ciò si comprende bene. Nei momenti delle grandi crisi economiche, quando l’istinto delle masse, riscaldate fino ad arroventarsi, si apre a tutte le felici ispirazioni, quando questi branchi di uomini schiavizzati, piegati, schiacciati, giammai rassegnati, si rivoltano finalmente contro il loro giogo, ma si sentono disorientati e impotenti perché sono completamente disorganizzati, dieci o venti o trenta uomini bene affiatati e bene collegati fra loro e che sappiano dove vanno e ciò che vogliono, ne trascineranno facilmente cento, duecento, trecento e anche più. Lo abbiamo visto recentemente nella Comune di Parigi. La vera organizzazione, appena iniziata durante l’assedio, non è stata sufficiente per creare una formidabile capacità di resistenza.

E inoltre:

[...] si potrebbe obbiettare che questa maniera di organizzare l’influenza dell’Internazionale sulle masse popolari sembra voler stabilire sulle rovine delle antiche autorità e dei governi esistenti un nuovo sistema d’autorità ed un nuovo governo. Ma questo sarebbe un grave errore. Il governo dell’Internazionale, se governo c’è, o piuttosto la sua azione organizzata sulle masse, si distinguerà sempre da tutti i governi e dall’azione di tutti gli stati per questa sua essenziale proprietà; di non essere altro che l’organizzazione dell’azione - non ufficiale e non investita di autorità o di una qualsiasi forza politica, ma assolutamente naturale - di un gruppo più o meno numeroso di individui orientati dallo stesso principio e tendenti allo stesso scopo, prima sull’azione delle masse e, soltanto in seguito, mediante l’opinione più o meno modificata dalla propaganda dell’Internazionale, sulla loro volontà, sui loro atti.

Ecco quindi delineate le caratteristiche dell’organizzazione specifica:

6.2.2.3 Rapporto avanguardia-massa

Quale rapporto si deve sviluppare tra organizzazione specifica ed organizzazione di massa, fra avanguardia e massa, fra partito anarchico e sindacato? Non basta ricalcare la formula del rapporto dialettico, perché potrebbe anche mascherare una divisione tra economico e politico, tra classe e coscienza di classe. Diciamo subito che l’essere i membri dell’organizzazione specifica, militanti al tempo stesso dell’organizzazione di massa, garantisce la non separazione suddetta, che non si può riproporre in termini secondointernazionalisti, perché è evidente che la lotta economica è anche politica, dato che va a colpire il cuore dello sfruttamento capitalistico e le sue conquiste vanno difese inserendole all’interno di una strategia di interventi (che non necessariamente è la strategia dell’organizzazione specifica, ma lo sarà tanto più quanto maggiormente sarà cresciuta la coscienza di classe delle masse e tanto più corretto e qualificato sarà stato il lavoro dei militanti dell’organizzazione specifica all’interno dell’organizzazione di massa); ed inoltre perché non ci si ripropone la conquista dello stato quale via per innestare la transizione al socialismo, privilegiando così la lotta politica e partitica alle rivendicazione economiche. L’organizzazione di massa viene così a perdere la funzione di cinghia di trasmissione dell’organizzazione specifica per essere il luogo di confronto della strategia elaborata in quest’ultima con la strategia elaborata dagli altri partiti, ma soprattutto di confronto di tale strategia con la realtà dell’intervento, del livello di crescita delle masse, delle loro esigenze reali.

La funzione dell’organizzazione specifica non è riconosciuta da nessuna istanza sancita all’interno dell’organizzazione di massa, non è e non deve essere una dirigenza riconosciuta ed istituzionalizzata, che come tale può imporre delle soluzione e pretendere leninisticamente di rappresentare i reali interessi del proletariato; ma è solo un punto di confronto e di elaborazione dei compagni politicamente omogenei che preparano e finalizzano il loro intervento e le loro proposte alla loro analisi ed alla loro ideologia, senza pretendere che essa venga accettata sulla base di deleghe, ma solo che essa venga accettata in virtù del libero confronto all’interno dell’organizzazione di massa. Tale accettazione della linea dei compagni comunisti anarchici è solo la riprova della correttezza delle loro proposte; ed il rifiuto della loro linea evidenzia un loro errore nell’impostazione dell’analisi, rendendo necessaria una revisione o della strategia o della tattica.

Un ultimo punto è da chiarire. L’organizzazione di massa non è un organismo che l’organizzazione specifica costruisce a sua immagine e somiglianza, la sua area di influenza o alternativamente il luogo dove si riuniscono i proletari rivoluzionari e solo essi; cioè non è l’organizzazione di massa rivoluzionaria. Un tale organismo sarebbe una via intermedia tra partito e massa; in una prima ipotesi sarebbe solo un chiudersi da parte dell’organizzazione specifica, che farebbe così un’operazione idealistica, aspettando che il proletariato si accosti alla sua ideologia solo perché è più bella e più rivoluzionaria; forma di semplicismo dottrinario e di impotenza politica; in una seconda ipotesi sarebbe un luogo di confronto fra avanguardie, ridurrebbe e isterilirebbe il dibattito al suo interno e nasconderebbe una visione subalterna delle masse da civilizzare, incapaci di un’azione rivoluzionaria, puro e semplice esercito di manovra del vincitore dello scontro dialettico tra i politicizzati. Il confronto deve avvenire a livello più ampio e non al livello più alto; e solo a questo livello si verificherà l’efficacia delle linee elaborate dalle varie organizzazioni specifiche concorrenti.

 

6.2.3. Comunismo anarchico e comunismo libertario oggi

L’esperienza spagnola non passò senza lasciare tracce nel movimento anarchico italiano, seppure costretto ad una limitata attività a causa delle repressioni fasciste.

L’eredità della breve ma proficua vita dell’Unione Comunista Anarchica Italiana (poi UAI) viene raccolta nel 1943 dai gruppi che danno vita alla Federazione Comunista Anarchica Italiana.

Accanto a questa parte storica del movimento anarchico italiano che si riallaccia a tutta la tradizione comunista anarchica italiana, convivono nel dopoguerra due altre tendenze (anche se poi tutte si fondono in un’organizzazione di sintesi, la FAI):

  1. la Federazione Comunista Libertaria Alta Italia, composta da comunisti anarchici, ma anche da una notevole frangia più genericamente libertaria avvicinatasi con la Resistenza al movimento anarchico, e perciò non omogenea su una strategia e teoria di tipo comunista anarchico;
  2. una minoranza, individualista, o non meglio definibile, manovrata da personaggi come Cesare Zaccaria e simili, che finirà per disorientare tutti i militanti su posizioni comuniste anarchiche, per soggiogarli ad una politica nullista. Dal Congresso di Carrara in poi quest’ultimi si impossesseranno dell’organizzazione coprendo gli incarichi di controllo, e finendo per annientare la presenza del movimento su posizioni di classe e per spingere alcuni verso i partiti riformisti.

A questa sconfitta che il movimento comunista anarchico subisce nel dopoguerra e che si è protratto fino all’inizio degli anni settanta, reagisce una parte delle forze più giovani che ha fatto l’esperienza della Resistenza, che ha creduto alle parole d’ordine rivoluzionarie lanciate nel dopoguerra, e che, analizzando le cause della nullità politica del dopoguerra capisce che, oltre al legame con la classe sulla base della difesa degli interessi materiali e storici della classe, è mancato al movimento anarchico la ricostruzione di quei principi teorici e di quella tradizione di elaborazione che legasse il movimento alle esperienze dell’anarchismo (dalla Ia Internazionale, all’anarcosindacalismo, alla lotta per la rivoluzione in Spagna).

L’esperienza dei Gruppi Anarchici di Azione Proletaria (GAAP) fu molto importante per il movimento anarchico e proletario, produsse materiale teorico e di intervento degno di attenzione. Sul piano internazionale i GAAP. si collegarono con l’Organisation Pensée et Bataille (OPB) che sviluppava in Francia un’azione simile. Insieme a questa organizzazione i GAAP dettero vita all’Internazionale Comunista Libertaria che ebbe vita effimera.

L’errore fondamentale di questi compagni fu quello di non capire la necessità di riallacciarsi idealmente, metodologicamente, praticamente all’eredità storica del comunismo anarchico. Il credersi qualcosa di nuovo, qualcosa di diverso ha fatto perdere loro quel prezioso retroterra storico ricco di esperienze e di analisi che avrebbe potuto garantire loro un legame con le masse, quale componente storica essenziale del movimento operaio e contadino. L’aver lasciato ad altri il monopolio e il dominio di quest’area, l’aver lasciato i revisionisti dell’anarchismo padroni del campo, costituisce il loro più grosso errore storico e politico. La perdita progressiva della propria identità politica non è che una conseguenza diretta di questa scelta. Il loro esaurirsi come militanti rivoluzionari non è altro che la conseguenza di aver perduto ogni legame con l’area anarchica e con quel bagaglio culturale e di esperienze di lotte patrimonio dei comunisti anarchici. Come era inevitabile il progressivo isolamento produsse l’isterilimento dell’organizzazione, che, schiacciata fra l’anarchismo revisionista e il marxismo altrettanto revisionista, produsse il comunismo libertario quale prodotto di sintesi fra anarchismo e marxismo per come lo conosciamo oggi.

Alla situazione i GAAP dettero uno sbocco nel 1956 confluendo insieme ad altri raggruppamenti marxisti in Azione Comunista, formazione politica che sopravviverà come unico raggruppamento di sinistra al PCI fino al 1961, quando cominceranno a formarsi in Italia i primo gruppi marxisti-leninisti. A partire da quell’anno l’area extraparlamentare a sinistra del PCI riceve sempre nuovi contributi. Un gruppo di intellettuali e sindacalisti danno vita ad una rivista, Quaderni Rossi: sotto la guida egemone di un intellettuale, Raniero Panzieri, inizia la riscoperta delle esperienze spontanee di classe. Il Partito Socialista di Unità Proletaria, nato da una scissione a sinistra del PSI si preoccupa di raccogliere e indirizzare questa esperienza, dando modo ad intellettuali e sindacalisti di pubblicare Classe Operaia (1964-66). Si verifica così la saldatura fra marxisti ormai coscienti dell’insufficienza del marxismo classico nell’affrontare i problemi posti dalla lotta di classe e vecchi compagni di provenienza sindacalista e comunista anarchica.

Nel 1968 il maggio francese incomincia a produrre i suoi effetti sulla situazione italiana, che fino a quell’epoca aveva seguito uno sviluppo proprio. La presenza del personale politico di cui finora si è parlato si fa sentire, poiché esso è il solo giunto in qualche modo preparato allo scontro. Nascono il Potere Operaio di Pisa e, da una scissione di questo, Potere Operaio, Lotta Continua, il Centro Carlo Marx. In queste organizzazioni (fatta eccezione per il Carlo Marx, che nel 1975 confluisce nel PCI su posizioni di estrema destra), leninismo e spontaneismo fra i più deleteri si mescolano in vario modo.

La crisi di queste organizzazioni e delle altre formatesi nel frattempo a sinistra del PCI, l’insufficienza del movimento anarchico nel riscoprire le proprie genuine origini comuniste anarchiche della sua teoria e pratica politica, danno vita a una massa di personale politico che individua nei comportamenti spontanei delle masse il vero potenziale rivoluzionario. Nasce l’area dell’autonomia in cui confluiscono membri del disciolto Potere Operaio, transfughi delle varie organizzazioni politiche neoleniniste e una parte consistente (Kronstadt di Napoli, FCL di Roma, ecc.) di quei gruppi anarchici, che avevano tentato una riscoperta del comunismo anarchico passando per la riproposta critica della Piattaforma, ma che avevano ben presto abbandonato, allo stesso modo dei GAAP, il terreno dell’anarchismo per quello più ibrido e meno compromettente del comunismo libertario.

In quest’area il termine comunista libertario da sinonimo di comunismo anarchico, come era nel mondo fino agli anni quaranta, prende connotazioni diverse, viene a designare una teoria nella quale l’analisi del ruolo dell’organizzazione specifica, dell’organizzazione di massa e dei loro rapporti non coincide più con la teorizzazione e la pratica comunista anarchica. Si introducono nell’analisi elementi marxisti come l’inevitabilità del crollo del capitalismo giunto al suo massimo sviluppo, l’automaticità delle lotte rispetto alla fase economica, la visione della crisi attuale come crisi ultima del capitale.

Tutto ciò premesso, è oltremodo necessario evitare gli errori sin qui commessi; verificare al di là delle denominazioni i contenuti che le sigle sottendono; ritrovare il legame con il patrimonio di analisi del comunismo anarchico; definire insieme le tappe del processo organizzativo che deve portare i comunisti anarchici ad un confronto tendente a far sì che ogni organismo territoriale porti nell’intervento una strategia legata ad una teoria comune ed omogenea.

 


7. Per saperne di più

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