RIPRENDERE IL CONTROLLO: RAZZISMO, CLASSE E DIRITTO ALLA RIPRODUZIONE
di PJ Lilley e Jeff Shantz
Per le lavoratrici, il controllo del proprio corpo è solo un'altra battaglia della guerra di classe, ma è sempre presente. In questo secondo articolo della serie sulla riproduzione, esamineremo il controllo delle nascite e la sterilizzazione nel contesto degli altri attacchi ai poveri.
"Lo stupro, il razzismo, il sessismo e il capitalismo hanno sempre fatto parte della lunga storia di attacchi documentati contro l'indipendenza delle donne nere." [1]
Theryn Kigvamasud' Vashti, Communities Against Rape and Abuse
Come anarcofemministe, pensando al "diritto alla riproduzione", di solito pensiamo anzitutto al diritto della donna di scegliere quando, dove e come procreare nel senso dell'accesso all'aborto gratis e sicuro e alle molteplici tecnologie di controllo delle nascite. Potremmo pensare ad Emma Goldman la quale parlando in piazza rischiava l'arresto pur di poter informare le donne sull'uso dei profilattici, oppure alle nostre compagne di oggi che stanno in prima linea nelle azioni a difesa delle cliniche. Ma c'è un altro lato della medaglia: il diritto di procreare e l'accesso alla salute e ad un ambiente sicuro in cui avvalersi di questo diritto. C'è, però, una tendenza al liberismo e al razzismo che si manifesta quando si identifica l'aborto con "la scelta individuale, libera dall'interferenza statale" o quando gli interessi delle donne bianche del ceto medio diventano l'unica interpretazione della libertà riproduttiva.
Come diceva Dorothy Roberts a Ms. Magazine, troppo spesso il movimento difende con più vigore il diritto all'aborto piuttosto che opporsi alle limitazioni al diritto delle donne nere di procreare. "Si tratta di un offuscarsi del principio dal quale nasce la rivendicazione del diritto alla procreazione: ossia, il diritto di essere, il diritto di esistere al pari di tutte le altre donne e di tutti gli altri uomini, e di creare (o scegliere di non creare) altri come noi". Infatti, dice, l'accesso alle nuove forme più efficaci di contraccezione non necessariamente esalta o migliora le libertà riproduttive delle donne. [2]
Gli Stati patriarcali e razzisti e i padroni hanno collaborato all'esercizio del controllo sui corpi delle donne con incentivi finanziari, coercizione e, a volte, con la pura e semplice forza. I padroni delle piantagioni di ieri trovano il loro equivalente nelle zone marginali e nelle maquiladoras di oggi. I burocrati dell'USAID e gli amministratori del welfare del "tetto famigliare" che offrono in modo selettivo il Norplant o la legatura delle tube ricordano i regolatori della morale e gli eugenetisti del passato, che sterilizzavano le donne dei quartieri poveri, nei manicomi e nei bordelli.
Le tattiche usate vanno dagli incentivi dell' assistenza sociale - spesso legati a metodi (sovente pericolosi) di contraccezione a lungo termine - alla pressione quotidiana esercitata sulle lavoratrici nelle fabbriche perché usino la pillola, e addirittura ai programmi statali di sterilizzazione di massa. In questo articolo, esamineremo alcuni recenti tentativi di limitare il diritto alla riproduzione nella nostra zona di competenza nel Canada e negli USA. In particolare, tratteremo della promozione da parte dello Stato e delle grosse aziende del Norplant, sulla vigilanza di strada del gruppo che si chiama "Project Prevention" [Progetto: Prevenzione], e dei progetti per la riforma assistenziale dell'ultimo decennio. [3]
Quando guardiamo alla storia ed ai programmi eugenetici dello scorso secolo, vediamo che il bersaglio principale erano le donne di colore, le disabili, le malate, le donne "facili" e, in generale, le donne povere.
L'eugenetica moderna nasce dal darwinismo sociale del tardo Ottocento. La tattica eugenetica dell' uso della biologia per svolgere il compito di eliminare dall'umanità gli "indesiderati" e allo stesso tempo aumentare i "desiderabili", fu esplicitata da Francis Galton, che infatti coniò il termine "eugenetica". La dottrina dell'eugenetica, che trovava i suoi fautori tra i biologi, i medici e soprattutto tra gli addetti alle nuove discipline scientifiche sociali della psicologia e della sociologia, attribuiva la povertà e la criminalità alla biologia dell'individuo piuttosto che ai mali del sistema sociale. Invece di guardare ai processi politici ed economici che caratterizzavano l'espansione capitalista industriale, i fautori dell'eugenetica cercarono varie categorie di persone che venivano incolpate di un'intera gamma di mali sociali e il cui riprodursi era ritenuto una minaccia alla stabilità sociale.
Gli Stati Uniti furono il primo paese ad approvare la sterilizzazione eugenetica per coloro che furono ritenuti "non idonei". Lo stato dell'Indiana disponeva di una legge sulla sterilizzazione già dal 1907, legge che veniva applicata contro le colpevoli di reati minori, le alcolizzate, le senzatetto, le ragazze madri, le prostitute e le bambine con cosiddetti "problemi disciplinari" una volta che queste persone fossero state "accolte" nelle carceri, i manicomi, gli istituti e le fattorie per i poveri, gli orfanotrofi e le scuole correzionali. Alla fine degli anni '20, ventiquattro stati degli USA avevano introdotto leggi per la sterilizzazione, maggiormente nelle regioni atlantiche, il Midwest e la California.
I programmi di sterilizzazione eugenetica negli USA durante gli anni '30 vengono citati come influenza importante per la loro introduzione nella Germani nazista. Se il darwinismo razzista era promosso solo da una minoranza negli USA anche in quegli stati che avevano promulgato leggi eugenetiche, il nazismo lo elevò a dottrina centrale, dichiarandolo posizione ufficiale dal 1933 in poi. Come nota Kevles:
"Le accademie della SS, insieme ai professori universitari, cercarono di dimostrare che le razze sviluppano delle caratteristiche fisiche che si possono collegare direttamente a vari comportamenti. In un tentativo di "pulire" la popolazione tedesca dagli elementi "indegni", furono sterilizzati circa 400.000 uomini e donne (criminali, prostitute, poveri, alcolizzati, persone di razza mista ed altri). Al medesimo scopo, alcune donne furono costrette ad abortire e molte furono uccise nel cosiddetto programma di eutanasia." [4]
Ma lo sfondo razzista e classista di molti programmi per il controllo delle nascite non era certo limitato ai razzisti statunitensi o ai nazisti tedeschi. Anche i paesi ritenuti progressisti furono incantati dalle teorie degli eugenetici. In Scandinavia, la sterilizzazione trovò i suoi sostenitori tra i socialdemocratici nonché in qualche liberale, quale Gunnar Myrdal, e fu elemento della progettazione del nascente stato sociale. In Svezia, migliaia di donne furono sterilizzate per motivi eugenetici fra il 1930 e gli anni '70: quasi 60.000 furono sterilizzate senza il loro consenso per motivi vari, tra cui quello di "avere un appetito sessuale malsano"!
La sterilizzazione ebbe largo sostegno in tutta la Scandinavia nonché in parti del Canada e degli USA meridionali, ma il sostegno va attribuito a motivi economici piuttosto che eugenetici, dal momento che la sterilizzazione rappresentava un modo di ridurre l'assistenza e le cure istituzionali ai poveri. Ad Alberta, Canada, la legge sulla sterilizzazione del 1928 (promossa dal padre del politico di destra Preston Manning) era principalmente mirata agli inquilini dei manicomi, ma anche alle donne indigene, le immigrate, le disabili, le ragazze madri, le donne accusate di avere "tendenze" lesbiche, e così via. Fu abolita solo nel 1972, dopo la sterilizzazione di 2.000 donne di Alberta.
Negli USA, la fondatrice di "Planned Parenthod", Margaret Sanger, che molti negli anni '70 considerarono una delle prime femministe, propose nel 1932 un "Programma per la pace" in cui chiese al Congresso di creare un ufficio apposito per lo studio dei "problemi di popolazione" e di nominare un "Parlamento della popolazione" per la direzione ed il controllo della popolazione mediante un direttorio rappresentativo dei vari rami della scienza. Sanger volle fortemente come obiettivo principale del "Parlamento" la "chiusura delle porte all'immigrazione di alcuni alienati la cui condizione si sa essere dannosa alla salute della razza, quali gli imbecilli, gli idioti, i cretini, i pazzi, chi soffre di sifilide o epilessia, i criminali, le prostitute professioniste ed altri di questa classe a cui l'ingresso nel paese è già negato dalla legge sull'immigrazione del 1924". Una volta si cominciasse "l'ingresso e la produzione di cretini, imbecilli [ed] epilettici", secondo la Sanger, "il secondo passo sarebbe fare un inventario del secondo gruppo composto da analfabeti, indigenti, non occupabili, criminali, prostitute, tossicomani; registrarli in reparti speciali sotto la protezione medica del governo e tenerli segregati in fattorie e spazi aperti fin quando necessario perché si rafforzi e si sviluppi la condotta morale". [5]
Dopo la seconda guerra mondiale, l'eugenetica ha perso quasi del tutto il suo prestigio, grazie alla critica della scienza e all'opposizione dei libertari, nonché ai suoi legami con il regime nazista. Comunque, i programmi di sterilizzazione in Canada e Svezia continuarono fino agli anni '70. Inoltre, si trovano echi dell'eugenetica in alcune controversie recenti quali i tentativi di costringere le donne povere statunitensi, soprattutto coloro che percepiscono sussidi, a sottoporsi a mezzi rischiosi di contraccezione come il Norplant. L'eugenetica era un modo di promuovere la regolamentazione economica e morale delle vite, dei corpi e del lavoro delle donne.
Un elemento chiave del sostegno dato ai tentativi di giustificare le sterilizzazioni era un esplicito "abilismo", quell'idea che vuole che ai meno "abili", per qualsiasi motivo o in qualsiasi modo, andrebbe impedito di procreare, con qualsiasi mezzo necessario, e infatti non sono mai mancate le lamentele sui "pesi sulla società" o qualche battuta del tipo "facciamo risparmiare i contribuenti". Come dice Kigvamasud' Vasti: "il valore delle persone disabili è troppo spesso misurato in termini capitalistici; infatti, quando si valuta se una persona rientra o no nella definizione federale [statunitense] di disabile, uno dei dieci criteri è se il soggetto è economicamente indipendente".
Il gruppo "Project Prevention" (una volta C.R.A.C.K., Children Requiring A Caring Kommunity[sic]) sfrutta proprio questo tipo di mito. Dai primi anni '90, questa organizzazione ha preso di mira le donne povere di molte grandi città statunitensi. Fondato da una donna bianca che aveva adottato quattro fratelli neri esposti nel periodo prenatale al crack, il suo progetto principale è "contanti in cambio del controllo sulle nascite alle tossicodipendenti e alle alcolizzate". Offrono $200 a qualsiasi donna che acconsente a farsi sterilizzare o a sottoporsi ad un programma di contraccezione a lungo termine; paga subito se si decide per la sterilizzazione o l'impianto Norplant, ma a rate entro un anno qualora si optasse per il Depo-Provera o il Lunelle. Sapendo che sono le donne povere ad accettare i $200 piuttosto che le ricche, il gruppo fa volantinaggio nei quartieri latini e neri, presso i punti d'accoglienza per i senzatetto e nei luoghi frequentati dalle prostitute e tossicomani. Senza alcuna preoccupazione per la salute delle donne a lungo o a breve termine, i metodi usati per convincerle a rinunciare al controllo diretto della fertilità includono la coercizione e l'intimidazione: si cerca insomma di inculcare sensi di colpa. Sebbene "Project Prevention" sia ben finanziato da eventi per la raccolta di fondi e dal capitale, non contribuisce nemmeno con un centesimo ai programmi di riabilitazione o per la casa nelle zone dove opera. Non pensa al fatto che sono proprio le donne tossicodipendenti e poverissime a correre di più il rischio di trovarsi senza casa o vittime di stupro. Raccontando a queste donne che sono "fuori controllo" e che i loro bambini sono un "peso sulla società", C.R.A.C.K. dissemina vergogna e scoraggiamento proprio al momento in cui la donna ha più bisogno ed è forse più disposta a cercare una cura o assistenza, rafforzando in lei la falsa convinzione che la sua vita è priva di valore e rendendola disponibile ad accettare i $200.
Nella consapevolezza che le valutazioni capitalistiche della vita siano del tutto sbagliate, le attiviste femministe di Seattle e di altre città si sono organizzate per togliere dai muri i manifesti di "Project Prevention". Ma questi tornano sempre, accompagnati da tentativi di introdurre delle leggi per criminalizzare i "reati prenatali" con pene quali il carcere e la sterilizzazione coatta.
Negli Stati Uniti, c'è stato un proliferare di leggi contro le madri povere, soprattutto nell'area della riforma del welfare. Nell'agosto del 1993, il New Jersey è stato il primo stato ad imporre un tetto famigliare per il welfare; già nel 1998 erano 21 gli stati con qualche forma di tetto famigliare: alle madri che ricevono sussidi (e che spesso non sono sposate) non viene più aumentato il sussidio se fanno ancora figli. Nel 1998 erano 20.000 i bambini a cui è stato negato il sussidio nel solo New Jersey; non si è notato alcun effetto sul tasso delle nascite ma, al contrario, molte famiglie (spesso gestite esclusivamente da donne) si sono trovate in condizioni di maggior povertà.
Dagli anni '90, i politici ed i legislatori hanno iniziato a privilegiare il Norplant come mezzo di controllo della popolazione. Ma dietro la distribuzione e l'amministrazione del Norplant c'è una politica razzista e classista che ha lo scopo di controllare le donne povere e specialmente le donne povere nere.
I progetti per imporre la contraccezione alle assistite non sono certo una novità. Esistono da molto tempo come elemento della politica capitalistica conservatrice per il controllo della classe operaia. Ad esempio, nel "Progetto per la pace" di Margaret Sanger, si legge "assicurare il paese contro il futuro peso del dover provvedere al mantenimento della prole di genitori imbecilli, corrispondendo una pensione alle persone con malattie geneticamente trasmissibili che danno il loro libero consenso alla sterilizzazione".
Nel 1973, nel suo libro angelicamente intitolato "Chi dovrebbe avere figli?", lo psicologo Dwight Ingle, dell'University of Chicago, proponeva il controllo della popolazione come alternativa allo stato sociale.
Per Ingle, gli individui che non fossero in grado di dare ai propri figli un ambiente salutare o un patrimonio genetico sano - comprese le persone con difetti genetici o bassa intelligenza, gli assistiti dal welfare, i criminali, i tossicodipendenti e gli alcolisti - dovrebbero essere incoraggiati, e se necessario costretti, ad astenersi dal procreare. [6]
Incredibilmente, Ingle ipotizzava un futuro dove la tecnologia avrebbe consentito di impiantare pasticche contenenti un "agente antifertilità" sotto la cute di ogni donna in età feconda: per poter togliere le pasticche , la donna avrebbe dovuto chiedere licenza e lo Stato avrebbe deciso chi fosse idoneo ad avere figli in base ai criteri stabiliti da Ingle. Con l'invenzione e la diffusione del Norplant negli anni '90, l'incubo preconizzato da Ingle sembrava realizzarsi.
Migliaia di povere donne nere negli USA sono state prese di mira dalla campagna per l'uso del Norplant per il controllo sulla riproduzione allo scopo di diminuire il tasso delle nascite tra queste. A sviluppare il Norplant è stato il "Population Council", un'organizzazione senza scopo di lucro che promuove il cosiddetto "family planning" nei paesi più poveri. Il prodotto è distribuito negli USA dalla Wyeth-Ayerst Laboratories. Il Norplant è composto da sei capsule di silicone riempite di levonorgestral, un ormone sintetico, queste vengono impiantate sotto la cute della parte superiore del braccio della donna. Una volta inserito, il Norplant impedisce la gravidanza sino a cinque anni. Solo la sterilizzazione ha un'efficacia maggiore nel prevenire le gravidanze.
Appena approvato il suo uso da parte della US Food & Drug Administration (FDA), i politici ed altri hanno plaudito al Norplant per la sua comodità nel controllo del tasso di nascite tra le donne nere povere. Se secondo suoi promotori il suo carattere efficace, comodo e duraturo lo rendeva il mezzo perfetto per la contraccezione, allora sarebbe stato lo strumento ideale per permettere ai governi di controllare le nascite tra le donne povere.
Solo due giorni dopo la sua approvazione, il Philadelphia Inquirer riportava un editoriale agghiacciante dal titolo "Povertà e Norplant: la contraccezione può ridurre i numeri della classe subalterna?". L'editoriale esplicitava una posizione razzista ed eugenetista, propugnando una connessione tra contraccezione e razza. Lanciava il Norplant quale soluzione alla povertà nei quartieri poveri e riteneva che "il motivo principale del più alto tasso di povertà tra i bambini neri [già una menzogna] è che coloro che fanno più bambini sono proprio quelli meno in grado di mantenerli". [7] L'editoriale terminava con un appello all'uso di incentivi finanziari per "incoraggiare" le riceventi sussidi ad usare il Norplant.
Come ci si poteva immaginare, giornalisti di ogni versante, da Newsweek a New Republic, hanno preso le difese dell'Inquirer, unendosi all'appello per tali incentivi. David Frankel, direttore per le scienze della popolazione alla Rockefeller Foundation, ha preso una posizione ancora più aggressiva: "Nonostante la reazione infantile di alcuni membri neri del personale [che si opponevano all'editoriale del loro capo]… gli incentivi per la contraccezione non equivalgono al genocidio. Tali incentivi rappresenterebbero una promozione dal volto umano della responsabilità sociale". [8] Ecco di nuovo il mito razzista della povertà come conseguenza dell'irresponsabilità personale alla quale l'unica soluzione è responsabilizzare i negligenti. Data la natura classista delle battaglie sulla riproduzione, non sorprende il fatto che non tutti i sostenitori degli incentivi per il Norplant siano bianchi. Il sindaco di Washington DC, Marion Barry, affermava che "quando si comincia a chiedere aiuti al governo per il mantenimento [dei propri figli], è giusto che il governo abbia una voce sul controllo delle nascite". [9]
La pressione esercitata nei media ha posto il Norplant al centro di un nuovo programma di politiche demografiche e dei programmi governativi per le donne povere. Mentre i vari governi statali neoliberisti degli USA si impegnavano a tagliare i programmi sociali, i fondi pubblici per la promozione del Norplant aumentavano. L'intervento per impiantare il Norplant costa sino a 500 dollari, $365 per le capsule e altri $500 per la rimozione.
Già nel 1994, i vari governi, mentre tagliavano le spese in altre aree, avevano speso la bellezza di 34 milioni di dollari per la campagna Norplant. La metà delle donne che hanno fatto uso del Norplant era composta di assistite da Medicaid. Gli stati hanno inoltre reso disponibili milioni di dollari per fornire il Norplant alle donne dal basso reddito che non erano coperte da Medicaid. La Wyeth-Ayerst ha costituito la Norplant Foundation, contribuendo quasi 3 milioni di dollari all'anno perché le donne povere potessero avere accesso al Norplant. L'azienda guadagna in parte destinando il prodotto a quelle donne che non sono in grado di "controllare l'interruzione dell'uso del prodotto". [10]
Il Norplant diventava velocemente l'unica forma accettabile di spesa assistenziale, come se le donne povere fossero tali solo perché hanno figli. Farsi impiantare il Norplant non aiuta minimamente a pagare l'affitto o a comprare il cibo. Ma in realtà si trattava di una forma di controllo morale e di controllo sociale dei corpi delle donne, povere dal momento che era indirizzato anche alle donne povere che non avevano ancora figli, nonostante i tagli nel welfare.
Per alcuni governi, non erano nemmeno sufficienti gli incentivi. Entro due anni dalla comparsa del Norplant, alcune legislature avevano proposto delle misure che offrivano dei premi per l'uso del Norplant o addirittura che rendevano il suo uso obbligatorio prima di poter accedere ai sussidi. Nel 1993, il Tennessee ha promulgato una legge con la quale è diventato obbligatorio informare tutti i richiedenti di assistenza del programma statale sugli impianti gratis del Norplant. Una proposta di legge del North Carolina voleva costringere tutte le donne che si avvalevano di un aborto a spese dello stato di farsi impiantare il Norplant. Ed altre proposte di legge del Maryland, Mississippi e South Carolina cercavano di fare uso obbligatorio del Norplant per tutte le riceventi sussidi.
E semmai ci fossero ancora dubbi sullo sfondo eugenetico della distribuzione di Norplant, David Duke (nazista, ex Grand Wizard del KKK, ora deputato al parlamento della Louisiana) ha proposto una legge con la quale si sarebbe corrisposta la somma di $100 all'anno alle riceventi sussidi perché usassero il Norplant. Il piano faceva parte delle sue "proposte concrete atte alla riduzione del tasso delle nascite illegittime ed a spezzare il ciclo della povertà che in verità schiavizza e danneggia la razza nera, promuovendo i migliori esemplari, i migliori individui". [11]
Altre misure sperimentali (quali il "vaccino contraccettivo") per ridurre la fertilità delle donne nere negli USA seguiranno, con tutta probabilità le orme del Norplant. Il vaccino contraccettivo, ad esempio, è somministrato per iniezione anche senza la piena consapevolezza o il consenso da parte della donna. Inoltre, l'effetto contraccettivo non può essere invertito una volta iniettato il "vaccino". Chiaramente, tali tecnologie rappresentano una minaccia all'autonomia (ri)produttiva della donna.
La donna non ha la possibilità di interrompere l'uso di Norplant, Depo-Provera e IUD quando vuole ed è proprio questa "comodità" a contribuire alla sua applicazione coercitiva. È controllato dal fornitore e non dalla donna. Una volta iniziato l'uso, non c'è più bisogno del consenso della donna ed è facilmente monitorato: o le capsule sono al loro posto o non lo sono. Gli addetti alla sanità possono imporre le loro decisioni morali sulle donne povere, rifiutandosi di togliere l'impianto. E sarà facile controllare la presenza dell'impianto qualora i governi decidano di renderne obbligatorio l'uso. La gestione quotidiana della procreazione viene tolta alla donna e trasferita alla tecnologia e ad un sistema sanitario che non tutela le donne povere. Non è una questione solamente di libertà di riproduzione; piuttosto si tratta di usare la tecnologia contro alcuni gruppi particolari per ottenere un effetto sociale che favorisce le élite.
La politica odierna del welfare è chiaramente dettata dall'economia capitalista e da una politica di classe fondamentalista, come ampiamente dimostrato dall'uso di Norplant. È interessante notare che la campagna promozionale per il Norplant da parte dei governi coincide con una crescente preoccupazione per i suoi effetti negativi sulla salute, e infatti tra le donne bianche più ricche che godono di più ampia indipendenza riproduttiva, l'uso di Norplant è quasi del tutto scomparso. In un lampante esempio di complicità tra industria e governo, quest'ultimo è arrivato a salvare il primo, trovando un mercato per una tecnologia sempre più improponibile. I politici e i direttori di giornali si sono uniti di nuovo per "vendere" il Norplant alle donne nere povere. I miti venduti dalla stampa e dalla politica ai neri raramente trovano controparti per quanto riguarda i bianchi. Sono miti che sfruttano al massimo certe paure radicate tra i bianchi sulla riproduzione dei neri. Il Norplant è stato distribuito soprattutto nei centri con tassi più alti di assistiti neri dal welfare, sebbene la maggior parte degli assistiti fossero bianchi. Ma dal momento che le donne nere hanno una probabilità di vivere in condizioni di indigenza cinque volte più alta delle donne bianche e che il numero di donne nere disoccupate è superiore tre volte a quello delle donne bianche, le politiche che influiscono sulle riceventi sussidi e sulle povere non sono altro che un attacco piuttosto evidente alle donne nere, atto a controllare le loro vite.
E combacia perfettamente con il mito che vuole incolpare le ragazze madri nere per tutta una gamma di mali, dagli "stili di vita aberranti" alla "dipendenza" dall'assistenza, alla "morale degenerata" e altri ancora i quali si cerca di nascondere il fallimento socioeconomico del capitalismo. Invece di condannare l'economia capitalista, si cerca di incolpare le donne per la spietatezza dei meccanismi capitalistici che le assalgono. Così la politica razzista e la politica classista collaborano a produrre delle politiche di controllo coercitivo della nascite. [12]
Infatti, come illustrato dal caso Norplant, queste politiche sono in atto in tutto il mondo. Gran parte dei test clinici sul Norplant si è svolta in Brasile, Indonesia ed Egitto. Si sono verificate numerose violazioni delle norme etiche durante i test sulle donne che erano in gran parte poverissime e spesso analfabete. Inoltre, i ricercatori hanno perso le tracce di molti utenti - anche fino al 30% del totale. In Bangladesh, quasi 600 donne delle baraccopoli sono state oggetto di test clinici, senza essere adeguatamente informate e senza che gli operatori dei test ottenessero l'anamnesi delle donne. A queste donne sono stati corrisposti degli incentivi finanziari per incoraggiarle a partecipare ai test, e sono state dissuase, invece, dal denunciare eventuali effetti negativi. A svolgere i test era un'organizzazione statale per la contraccezione e la ricerca biomedica, il Bangladesh Fertility Research Program.
La povertà e il razzismo si uniscono allo scopo di giustificare il sacrificio della salute delle donne per il cosiddetto bene della società e per curare i mali sociali che non sono causati dalle donne.
A livello internazionale, le femministe ritengono che la causa delle carenze nelle risorse e della distruzione dell'ambiente non è la sovrappopolazione ma l'eccesso dei consumi di quel 20% della popolazione mondiale più ricco. La socializzazione dei costi per la sanità è di vitale importanza per la nostra sopravvivenza. Attualmente il tasso di mortalità tra le nascite a Grand Rapids, nel Michigan, è del 2,24% tra i neri ma solo lo 0,75% tra i bianchi. Si tratta della perpetuazione di un sistema di "caste" atta a mantenere lo status quo razzista.
Le lotte per una vera libertà riproduttiva devono essere - e possono solo essere - una parte delle lotte contro il razzismo e contro lo sfruttamento economico. Oltre alle nostre battaglie per la difesa delle cliniche e delle donne che vogliono abortire, dobbiamo affrontare i razzisti nell'industria, coloro che gestiscono le politiche del welfare e che organizzano i gruppi come "Project Prevention" [13] , e dobbiamo farlo con la stessa tenacia con cui ci battiamo contro i nazisti. Come ha detto un'attivista femminista: "È l'oppressione che va eliminata - non la capacità riproduttiva delle donne". [14]
Note:
1. Nota informativa su "Positive Prevention/C.R.A.C.K.", preparata da Theryn Kigvamasud'Vashti, Communities Against Rape and
Abuse, 2002.
2. Moira Brennan, Intervista a Dorothy Roberts, in Ms
Magazine, aprile 2001. http://www.msmagazine.com/apr01/roberts.html
3. Un prossimo articolo della serie sulla riproduzione in NEA tratterà la questione dei lavoratori e delle lavoratrici migranti e della donna nei paesi nuovamente industrializzati.
4. Daniel J. Kevles, Eugenics and Human Rights - Statistical Data
Included, in British Medical Journal, 14 agosto 1999.
5. Margaret Sanger, Plan for Peace, in Birth Control
Review, 1932, pp. 107-8.
6. Dorothy Roberts, Killing the Black Body: Race, Reproduction and the Meaning of
Liberty, Pantheon Books, 1997, p. 110.
7. ibidem, p. 106.
8. ibidem, p. 107.
9. ibidem, p. 108.
10. ibidem, p. 128.
11. ibidem, p. 109.
12. ibidem, p. 112.
13. Per una lista delle città dove recluta, si veda il sito web del gruppo:
www.projectprevention.org.
14. Betsy Hartman, Cracking Open CRACK, nel giornale telematico
zmag.org, 2000.
PJ Lilley e Jeff Shantz sono genitori anarchici orgogliosi e militanti del Punching Out Collective
(NEFAC-Toronto) e della Ontario Coalition Against Poverty - OCAP.
L'articolo è stato pubblicato in inglese nella rivista The Northeastern Anarchist, n°10, primavera/estate 2005. Traduzione a cura di FdCA - Ufficio Relazioni Internazionali.