MOVIMENTI E CENTRI SOCIALI AUTOGESTITI (CSA)
I Centri Sociali Autogestiti fanno parte del panorama culturale e politico di quasi tutti gli ambienti in cui ci troviamo a muoverci in questi ultimi anni. Pertanto è necessario per i Comunisti Anarchici individuare come possano essere correttamente impostati.
I CSA non esauriscono il panorama urbano e suburbano di "movimento", e le considerazioni specifiche che si possono fare non valgono necessariamente per le "strutture" collaterali che spesso nascono almeno in parte dai CSA e che sperimentano forme di lotta più allargate. Vedi in particolare le varie reti di solidarietà con il movimento zapatista, attorno a cui resiste un tentativo, per il momento solo parzialmente riuscito, di ricompattare tutta una sinistra antagonista sparsa.
Non è possibile fare un discorso che valga per i CSA, sotto cui si raccolgono realtà tra loro diversissime.
Le appartenenze ideologiche sono sempre più vissute in chiave di identificazione/caratterizzazione personale più che su una lucida pratica ideologica. Spesso, perciò, anche gli schieramenti che si creano tra CSA diversi e/o all'interno di un CSA sono ideologiche non in senso teorico, quanto come pratiche e/o come riferimento ideale a questa o quella esperienza vista/vissuta altrove. Quasi nessuna realtà propone più una interpretazione teorica stretta e militante, se non in chiave puramente strumentale. Sopravvivono invece molto bene, purtroppo, le vecchie ruggini, e spesso sono queste che vengono fatte passare come divergenze ideologiche.
I CSA non sono organizzazioni politiche specifiche, nonostante a volte sopperiscano a questo ruolo. E' però vero che spesso sono ciò che ha permesso, in tempo di riflusso, di riorganizzarsi e riorganizzare la sinistra antagonista e sono oggi attori necessari nelle mobilitazioni diffuse antagoniste. Hanno inoltre avuto ed hanno un ruolo estremamente importante nel diffondere pratiche alternative (per esempio nel campo delle autoproduzioni) di rilevante importanza.
I CSA non sono però neanche organizzazioni di massa. Per quanto nelle loro aspirazioni raggiungono una frazione molto limitata della sinistra giovanile antagonista, e di essa solo una frazione ancora più ridotta ne viene coinvolta direttamente in momenti che non siano di pura e semplice socializzazione.
I CSA fanno perciò parte a pieno titolo della strutture intermedie, strutture cioè formate da militanti politici di diverse organizzazioni e provenienze che tendono a una differente gestione della realtà e alla costruzione di un'alternativa nella/e pratica/che, che sia essa una pratica di riappropriazione di spazi fisici o politici, che sia una diversa costruzione e gestione della socializzazione, o un tentativo di farsi granello di sabbia negli ingranaggi dell'economia o ancora altro.
1) I rapporti tra organizzazione politica e CSA
In questi momento, in cui sembra che esistano finalmente delle spinte verso la ricompattazione o quanto meno verso la ricostruzione parziale della sinistra radicale, di classe e antagonista, dobbiamo tendere a rafforzare, ove siano presenti, o a favorire e addirittura suscitare, queste tendenze alla ricostruzione (costruzione) di un "fronte" il più possibile allargato. Questo passa attraverso la collaborazione con tutte le realtà presenti con cui essa sia possibile, su argomenti e lotte comuni, a partire da coordinamenti temporanei su obiettivi specifici o parziali fino alla creazione di reti comuni, di discussione ma anche di attività che rendano a stabilizzarsi e a durare.
I CSA sono sicuramente dei soggetti preferenziali in quanto luoghi di auto-organizzazione sul territorio.
Come organizzazione specifica, è importante lavorare perciò da una parte alla costruzione di battaglie e di lotte comuni, che siano inizialmente anche solo puntuali ma che tendano a tessere dei rapporti e delle pratiche di collaborazione tra le realtà disponibili, per quanto diverse tra loro, nella misura in cui esse sono compatibili, dall'altra al superamento delle vecchie ruggini e divisioni ove esse non siano inevitabili.
Altro aspetto fondamentale su cui i comunisti anarchici possono puntare è la collaborazione diretta, nell'elaborazione di iniziative di riflessione e di dibattito all'interno del CSA, per contribuire con le proprie capacità alla crescita del dibattito e dell'elaborazione politica, non solo dei propri militanti, e per far sì che almeno parte del nostro bagaglio teorico-politico e soprattutto della nostra memoria storico-politica venga discusso in ambienti più allargati e non rimanga confinati ai ristretti ambiti del movimento anarchico.
Con i CSA ideologicamente omogenei, che tendono a comportarsi/viversi come organizzazioni politiche in senso stretto, l'unico rapporto che è pensabile creare è un rapporto "alla pari" tra organizzazioni politiche, con tutto quello che ne consegue, volta per volta, e localmente, si valuteranno le eventuali possibilità di alleanze politiche.
2) I rapporti tra militanti comunisti anarchici e i CSA in cui si trovino impegnati
La crisi di rappresentanza politica e sindacale porta e ha portato compagni/e, che siano militanti, giovani e/o ex-qualcosa, a riorganizzarsi in luoghi che non sono riconducibili al partito e nemmeno al sindacato, ma a strutture polivalenti in cui il sociale si interseca con il politico, con l'ideologico, con un occhio al sindacalismo, uno all'internazionalismo, uno alla cultura alternativa… un luogo in cui "i compagni" si organizzano in quanto tali. Così il fattore aggregante è "l'identità compagnesca", la lotta per conquista degli "spazi" è la pratica coagulante, e la autogestione dello spazio ottenuto è l'indice politico di esistenza, di proposta su percorsi che sembrano oggi sempre meno autoreferenziali e più aperti a altri soggetti politici e sociali del territorio.
Di un CSA ci importa perciò la pratica politica e la sua capacità di conflitto-proposta, che si potrebbero sintetizzare come "la politica delle tre A": AUTO-ORGANIZZAZIONE, AUTOGESTIONE, ALTERNATIVA.
Un CSA così dovrebbe fondarsi sull'auto-organizzazione, che garantisce il libero accordo, la libera adesione, il riconoscersi in una sperimentazione di spazio sociale altro, il libero confronto e dibattito a più voci tra più voci e identità politiche/sociali/culturali.
Un CSA così dovrebbe praticare l'autogestione nella vita interna così come nelle attività lanciate sul territorio. Decisioni assembleari, assunzioni di responsabilità condivise e riconosciute, relazioni tra singoli e gruppi di lavoro improntate sullo scambio e sulla rotazione degli incarichi…
Un CSA dovrebbe costruire l'alternativa. Sia nelle pratiche e nelle relazioni sociali nel CSA e nel territorio, sia nelle iniziative politiche deve essere visibile un progetto sociale alternativo e libertario, una speranza, una tensione, un agire che si lascia gli slogan alle spalle ed è già politica che parte dal basso, dalla base, e che diventa così antagonismo. E i/le militanti comunisti/e anarchici/che che agiscono all'interno di un CSA devono lavorare/praticare in modo da avvicinare sempre di più, in questo senso, la teoria alla pratica quotidiana.
3) Movimenti di opposizione sociale
Negli ultimi anni sono apparsi diversi movimenti di resistenza che costituiscono oggi le punte più avanzate dell'auto-organizzazione e dell'opposizione di classe, movimenti in cui sono coinvolti vari soggetti politici e sociali. Questi movimenti, spesso solo apparentemente diversi tra loro, sono in realtà espressione della stessa strategia di resistenza che si ridefinisce ogni volta attorno ad obiettivi diversi.
Contro il neoliberismo: le reti europee di solidarietà zapatista e le iniziative contro il Trattato di Maastricht dimostrano che esistono le basi per lanciare campagne di lotta che affrontino le varie facce del neoliberismo, a livello locale e globale. Il coinvolgimento, in questo movimento, non solo di organizzazioni sindacali ma anche di centri sociali, di organizzazioni politiche costituisce un presupposto per la costruzione di coordinamenti specifici e reti territoriali.
Per la riduzione dell'orario di lavoro (a parità di salario, naturalmente…): nel tentativo di ricostruire unità di classe e legami di solidarietà tra occupati, disoccupati e nuove figure di lavoratori/trici.
Contro il militarismo: esiste la possibilità di una rinascita del movimento antimilitarista, se riusciranno a coagularsi esperienze di lotta parziali legate alla militarizzazione del territorio (Aviano) e manifestazioni estemporanee contro gli interventi italiani all'estero mascherati da aiuti umanitari.
Anticlericalismo: in vista del giubileo e per la difesa della laicità della scuola e della società, occorrerà lanciare, e impegnarsi, in campagne di controinformazione e di lotta.
(approvata all'unanimità)