I COMUNISTI ANARCHICI E LA QUESTIONE ISTITUZIONALE

 

Premessa

Si sente spesso dire da parte di anarchici che l'anarchismo è anti-istituzionale "per sua natura". Di per se questa è una affermazione priva di senso qualora venga intesa - come fanno alcuni - come assenza di qualsiasi istituzione nella società post rivoluzionaria. Infatti nella società anarchica, retta da rapporti economici e sociali comunisti, le istituzioni, totalmente diverse da quelle della società borghese, da quelle autoritarie e da quelle degli Stati di cosiddetta democrazia socialista, si caratterizzano perché permettono la partecipazione di tutti in una società che ha realizzato l'abolizione dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo, per la costruzione del comunismo. E' in questo senso che va intesa la realizzazione dell'abolizione dello Stato.

E' invece certamente vero che nelle società nelle quali i rapporti economici e produttivi sono regolati dal capitalismo nelle sue varie forme, l'organizzazione politica dei comunisti anarchici è certamente e irriducibilmente anti-istituzionale, tanto che il suo obiettivo politico è la distruzione del sistema economico, dei rapporti produttivi e quindi delle forme istituzionali che reggono quei sistemi, ai fini di avviare il processo rivoluzionario che porti alla costruzione della società comunista.

I presupposti teorici

Solitamente la questione istituzionale è stata affrontata tra i comunisti anarchici con riferimento alla fase di costruzione della società futura. A riguardo, le posizioni delle diverse correnti di pensiero di matrice anarchica sono univoche poiché, soprattutto dopo le grandi lotte degli anni '20 e l'esperienza della rivoluzione russa e spagnola, si è individuato nei soviet, nella struttura consiliare, nelle comunità autogestite l'elemento caratterizzante della strategia e della teoria anarchica per la riorganizzazione della società postrivoluzionaria. Questa teorizzazione è stata costruita mediante la critica delle posizioni dei partiti comunisti e socialisti autoritari e attraverso una costruzione ed elaborazione teorica "in positivo" da parte dei comunisti anarchici nell'esperienza dei consigli operai di Baviera, nei consiglio di fabbrica e nei consigli di quartiere nel '20 in Italia, dove un ruolo importante era svolto dalle Camere del Lavoro, nella più matura e lunga esperienza della Rivoluzione spagnola.

Chi non ricorda la grande differenza della teorizzazione sui Consigli di Fabbrica tra anarchici, gramsciani e bordighisti. Per i comunisti anarchici operanti in Italia i Consigli di fabbrica erano insieme strumenti di lotta sindacale e strumenti di gestione della futura società comunista o comunque offrivano un'utile palestra di preparazione ad una nuova gestione della società; per i gramsciani costituivano l'embrione del futuro governo rivoluzionario, mentre per i bordighisti erano prevalentemente uno strumento di lotta sindacale.

Altrettanto nota è la polemica sul ruolo e la funzione dei soviet nella visione prospettata da Volin o dai marinai di Kronstadt come contrapposizione al potere bolscevico, sostenitore prima del comunismo di guerra e poi della politica economica di piano attraverso un apparato centralistico e burocratico, che aveva il proprio nerbo nel PCR (b) che si fa Stato.

Forse meno nota e da approfondire la polemica degli anarchici tedeschi con i comunisti marxisti e gli stessi spartachisti sul ruolo dei Consigli operai in Germania, polemica che comunque ha tratti comuni a quelli delle esperienze rivoluzionarie coeve in Italia e Russia.

Per alcuni versi più chiare le indicazioni, almeno a livello teorico che vengono dalla rivoluzione spagnola durante la quale si praticò oltre, a teorizzarla, la fase di passaggio dalle istituzioni borghesi a quelle rivoluzionarie, cominciando ad affrontare su un terreno quanto mai concreto il problema delle istituzioni in una società senza Stato, o comunque nella quale si è avviato un processo rivoluzionario che ha come obiettivo, tra gli altri, il superamento dello Stato.

Il ruolo delle istituzioni nella fase di transizione

Certamente diversa è più articolata la posizione dei comunisti anarchici sul ruolo delle istituzioni nella fase di transizione rivoluzionaria. Come è noto la strategia delle alleanze per una crescita progressiva della coscienza rivoluzionaria comporta la possibilità che nella fase insurrezionale si ricerchino e si trovino accordi con le diverse forze politiche schierate sul fronte della lotta di classe, dalla parte dei lavoratori, per avviare e far crescere sempre più il processo dialettico di confronto tra le diverse posizioni, l'iniziativa politica e la partecipazione delle masse alla fase di trasformazione rivoluzionaria. L'obiettivo primo ed evidente è la sconfitta del nemico di classe - della borghesia, del padronato, del grande capitale, dell'imperialismo, delle multinazionali, ecc. - come presupposto all'apertura di una fase di confronto con le diverse forze e soprattutto tra i lavoratori nelle strutture di democrazia diretta che essi si danno, nelle loro organizzazioni, su come costruire la società futura.

In questo delicato momento, come ci mostra l'esperienza spagnola, abbiamo assistito alla contrastata e discussa - comunque certo discutibile nei modi e nelle forme - partecipazione degli anarchici ed anche dei comunisti anarchici addirittura ad un governo. Tale partecipazione avrebbe dovuto sposarsi con l'azione di massa. La partecipazione dei comunisti anarchici con un ruolo di gestione delle istituzioni in una fase rivoluzionaria avrebbe potuto essere positiva a condizione di riuscire a consentire la crescita dal basso di strutture di autogoverno nate dalla lotta di classe e dalla guerra di popolo, a condizione di mantenere alta la tensione rivoluzionaria e rafforzare il processo di trasformazione sociale. Il limite di quella esperienza, o almeno uno dei suoi limiti più grandi, sta nel non aver consentito ma anzi nell'aver, in ultima analisi, ostacolato - attraverso la presenza al Governo degli anarchici - la guerra di popolo e la creazione del contropotere rivoluzionario basato sulle libere aggregazioni produttive e di lotta degli operai e dei contadini, consentendo che la rivoluzione si trasformasse in guerra civile, ovvero in uno scontro tra una coalizione reazionaria e una coalizione popolar-borghese.

Il ruolo delle istituzioni nella fase di dominio borghese

Ancora diverso è per i comunisti anarchici il ruolo delle istituzioni nella fase di dominio borghese. Esse sono la cittadella del nemico, la fortezza da abbattere con la quale non sono possibili compromessi. Di fronte ad esse i partito dei comunisti anarchici rinuncia all'elettorato passivo, misconoscendo il "ruolo democratico" delle democrazie borghesi, e delle assemblee elettive a tutti i livelli (Parlamento, Regioni, Provincie, Comuni), usa del voto come di uno strumento tattico, per quanto residuale rispetto alla mobilitazione e alla lotta, uno strumento da piegare - se ciò è utile nella situazione contingente - ad un disegno strategico volto al ribaltamento dei rapporti di forze, alla distruzione della società e delle istituzioni borghesi.

E' quanto anarchici e comunisti anarchici fecero ripetutamente nella storia come, ad esempio, nelle elezioni della Repubblica spagnola del 1934, quando con la loro scelta di non condurre campagna astensionista lasciarono ai lavoratori organizzati nei sindacati libertari e nella stessa Federazione Anarchica Iberica la facoltà di votare, se lo avessero desiderato. E' riconosciuto dagli storici delle diverse tendenze politiche che questa scelta tattica degli anarchici spagnoli ha consentito l'avvio di quella politica di trasformazione sociale che richiese l'insorgere del franchismo per poter essere fermata. Insomma si crearono così le condizioni - certamente per ragioni e con motivazioni più complesse di quando è possibile analizzare in questa sede - per portare al governo quella coalizione di sinistra radicale e progressista che con le sue riforme e con l'amnistia, che segnò la fine della repressione selvaggia contro i militanti anarchici, dette la possibilità di restituire innumerevoli militanti alla lotta di classe. Si avviò così un processo complessivo di crescita di consapevolezza del paese che spinse le forze più retrive ad insorgere per arrestare un processo rivoluzionario che rischiava di incamminarsi verso contenuti libertari e rivoluzionari incompatibili non solo con le società borghesi, ma con la stessa visione statalista e stalinista della società.

Partecipazione elettorale come problema tattico, quindi, che va ricondotto al momento e al contesto in cui si pone; nel caso specifico quello dello scontro per la nascita della Seconda Repubblica spagnola. Porla in relazione al diverso e più complesso problema legato alla fase successiva di scontro tra le stesse forze della sinistra è un passaggio possibile, ma non obbligato e necessario.

Il ruolo delle istituzioni nella fase di dominio della reazione

Ma vi è una funzione ulteriore che le istituzioni possono giocare ed è quella di strumento di repressione e di distruzione delle aggregazioni di classe e rivoluzionarie, attraverso una politica repressiva che si manifesta, tra l'altro, sopprimendo quegli ambiti di "libertà borghese", sia pure formale, che tuttavia consentono un minimo di agibilità. Le istituzioni repressive hanno assunto nei diversi momenti storici e nelle differenti situazioni aspetti e configurazioni istituzionali - forme di Stato - tra di loro a volte molto differenti. Tuttavia vi è una sostanziale identità di funzioni tra le dittature militari, quelle nazional-populiste, quelle fasciste e persino i governi di "democrazia borghese", che hanno come obiettivo programmatico quello di conculcare le libertà fondamentali di pensiero e di azione, condannando e bandendo la lotta di classe, considerandola come reato (es. la nuova Costituzione russa), predicando la pacificazione tra le classi in nome di un corporativismo di stampo cattolico o fascista che sia.

Tuttavia con questi riferimenti descrittivi siamo ancora legati al vecchio sistema e alle vecchie forme assunte dalle istituzioni, dalla forma Stato, mentre oggi se ne conoscono di più nuove che sembrano caratterizzarsi per una maggiore apparente apertura verso le libertà formali, ma che in realtà operano attraverso interventi selettivi verso le minoranze rivoluzionarie, o anche semplicemente verso l'opposizione, mettendo in campo contestualmente interventi altrettanto efficaci di generale abbassamento della soglia di sensibilità collettiva per l'esistenza delle libertà, anche formali, attraverso il massiccio utilizzo dei mass media. (McLuhan)

L'accresciuta "raffinatezza" dell'intervento del capitale sulla forma di Stato e sul ruolo delle istituzioni meriterebbero una maggiore attenzione da parte dei comunisti anarchici, rispetto a quanto può trovare spazio in questo "contributo al dibattito". Tanto più perché, a differenza dei marxisti ortodossi, gli anarchici hanno sempre ben compreso il ruolo della sovrastruttura nella riproduzione del potere capitalistico e dell'accumulazione del capitale, nella sua conservazione ed efficacia sulla classe, tanto da parlare con estrema chiarezza di una "materializzazione degli effetti" della sovrastruttura sulla struttura, volendo con ciò intendere che i fattori che si determinano nel campo delle mutazioni e orientamenti della psicologia e attitudini di massa, i comportamenti indotti dalle leggi che governano una determinata società, interagiscono con la struttura, si materializzano, divenendo essi stessi, in un certo senso, elementi strutturali.

Vale la pena di notare che è piuttosto singolare il fatto che proprio i comunisti anarchici, depositari di questa ricchezza di analisi, portatori di questa peculiare acquisizione che arricchisce di strumenti l'analisi materialista storica, nei fatti, a volte, nella pratica, finiscono per essere quelli che di queste acquisizioni si rifiutano categoricamente di trarre le logiche conseguenze, in un rapporto di sudditanza psicologica e culturale verso il marxismo e i partiti comunisti, forse perché schiacciati dalla capacità dei comunisti autoritari di imporsi al popolo. Vi è un errore di fondo che porta spesso i comunisti anarchici a vergognarsi della loro stessa ricchezza e capacità di analisi e li spinge al determinismo economico più conseguente, ad essere più realisti del re, in uno sforzo di estremizzazione dell'analisi che sposa l'economicismo invece dell'economia, per la paura di essere succubi di "elementi immateriali" o comunque non immediatamente legati al ciclo economico. E' questa una posizione che somiglia tanto sul piano psicologico ai conversi che per il bisogno di farsi accettare divengono i più zelanti difensori dell'ortodossia, dimenticando la ricchezza e bellezza dell'eresia, della speculazione filosofica, della ricerca, dimenticando che la storia dell'umanità è segnata da una continua evoluzione del pensiero e dell'elaborazione, dal mutamento, dalla non eternità delle leggi.

Le istituzioni nell'odierna contingenza politica

E' oggi giunto il momento di uscire da queste carenze di analisi, da queste ambiguità, ribadendo con forza certamente la nostra estraneità, come comunisti anarchici, alla democrazia borghese e il nostro rifiuto, sempre e comunque, dell'elettorato passivo.

E' giunto il momento di riconoscere, dove ve ne è la necessità, il ruolo di garanzia delle istituzioni borghesi e soprattutto delle Carte costituzionali che peraltro - occorre ricordarlo - sono di diverso tipo.

Senza voler fare qui il punto sull'elaborazione giuridica in materia di Costituzioni - che ha visto il pensiero giuridico borghese esprimere il meglio di se in un arco di due secoli, a partire dalla Costituzione degli Stati Uniti d'America - ve ne sono di quelle che operano una fotografia dei rapporti sociali in un determinato paese, (di questo tipo erano quelle delle cosiddette democrazie popolari), ve ne sono di "rigide" e di "flessibili". Ma ve ne sono altre che operano una proiezione evolutiva dei rapporti sociali, offrono cioè una prospettiva auspicabile e ragionevole di sviluppo del quadro di libertà e di garanzia dei diritti.

E' questo il caso della Costituzione italiana del 1948 che ha il pregio di essere nata da una lotta di popolo che ha visto anche la partecipazione degli anarchici e dei comunisti anarchici; ha il pregio di essere una Costituzione programmatica e progressiva, garantista sul piano delle libertà formali, antifascista, laica, portatrice di valori di trasformazione sociale nel senso dell'uguaglianza e del diritto al lavoro e alla equa retribuzione.

Non è un caso che mentre si realizza un processo di centralizzazione dei livelli decisionali del capitale e la forma di stato si evolve verso strutture di tipo sovranazionale per meglio rispondere alle esigenze di governo dell'economia e per dare rinnovato vigore alle istituzioni nel loro ruolo di strumento repressivo della lotta di classe è in atto un tentativo di modificazione della Costituzione italiana, apparentemente limitato alla forma di Stato e alle forme di governo e di rappresentanza elettorale, ma più realisticamente diretto a colpire le libertà fondamentali.

Se dubbi possono sussistere sull'atteggiamento da prendere per alcuni comunisti anarchici quando le scelte riguardano assetti istituzionali, forma di Stato e forme di governo e di rappresentanza elettorale - anche se così non dovrebbe essere per il ruolo giocato dalla struttura sulla sovrastruttura, prima ricordato - certamente dubbi non dovrebbero essercene quando invece si tratta di mutamenti in ordine alle garanzie di libertà, ai problemi di tenuta del tessuto sociale.

Difenderemo con la mobilitazione sociale i diritti di libertà, pur consapevoli che senza libertà dal bisogno, e quindi senza comunismo, tutto ciò costituisce solo un livello minimo sul quale costruire il progetto rivoluzionario.