MASSA CRITICA

 

Nelle cosiddetta "democrazia matura" italiana, l’antifascismo è diventato una nobilissima attività storiografica (e di questo bisogna pur ringraziare gli Istituti Storici di Ricerca sulla Resistenza e le associazioni dei partigiani) e di commemorazione, pur attraversata da letture revisioniste. Oppure una manifestazione girotondina di fastidio del centro-sinistra contro certe tendenze o derive autoritarie del governo di centro-destra, pur dimentico dell’esistenza in Italia di un sistema elettorale maggioritario che legittima intrinsecamente quelle tendenze o derive.

Il fascismo, invece, non è mai stato seppellito nei libri di storia e negli ultimi 60 anni non ha mancato di mostrare ricorsivamente il suo ruolo -appunto storico e spesso di Stato- fatto di stragi, di aggressioni, di razzismo, di maschilismo, di violenza gratuita contro qualsiasi attività umana, sociale, politica, sindacale, culturale che si richiami alla lotta per maggiore uguaglianza e maggiore libertà possibile. La sua metamorfosi in partito di governo non ha normalizzato le "frange violente" ma le ha solo legittimate concedendo da un lato copertura istituzionale e dall’altro il paradosso della "critica democratica" da destra alla rammollita Alleanza Nazionale.

Così le attività fasciste sono oggi rinvenibili in innocui pubblici atti di "critica democratica" (lapidi, toponomastica, convegni di Forza Nuova, raduni nostalgici) oppure in problemi di "ordine pubblico" (aggressioni, violenze) in cui lo Stato derubrica il connotato fascista e lo trasforma con indulgenza in "ragazzate" e "violenze personali" tra estremisti.

Peggiore trattamento subiscono oggi le manifestazioni dichiaratamente antifasciste, viste come un fastidioso problema di ordine pubblico da qualsiasi ministro dell’interno e quindi reprimibile con violenza al pari di un corteo di irriducibili tifosi un po’ agitati.

Dagli opposti estremismi alle opposte bande di estremisti. Noi non possiamo accettare questo riduzionismo cavalcato dai media e dai commissariati di tutta Italia e dobbiamo evitare che l’antifascismo quale valore della coscienza di massa storicamente sedimentata in questo paese, venga strumentalmente capovolto e reso perseguibile nei fatti in quanto crimine frutto di una sorta di inesistente irriducibilismo estremista.

Ma se l’irriducibilismo è una montatura mediatico-poliziesca, è altresì vero che l’antifascismo è irriducibile in sé: esso infatti non contiene spazi per mediazioni o attenuazioni, non prevede ponti e neppure punti di incontro -né istituzionali, né religiosi, né terapeutici o comunitaristi, né pseudo-antiimperialistici- con i nemici di sempre delle aspirazioni di libertà e di uguaglianza delle classi sfruttate. Oggi il nostro compito e di tutti coloro che vedono con preoccupazione il riemergere ed il ripresentarsi della violenza fascista -che sia mascherata di urgenze sulla sicurezza del paese o che scorra sulla lama di un coltello- non è solo quello di stigmatizzare la statalizzazione del 25 aprile, ma soprattutto di riportare l’antifascismo all’interno di tutte le espressioni collettive e di massa quale valore aggiunto alle lotte sindacali, alle lotte sociali, alle lotte antirazziste, alle lotte antisessiste, e viceversa i contenuti di queste lotte all’interno delle espressioni collettive e di massa necessariamente e specificatamente antifasciste quando è necessario come nel caso della manifestazione del 2 luglio a Torino. Perché fascismo è anche sgomberare i campo nomadi, colpire i cortei operai, imprigionare e deportare i migranti.

Un antifascismo slegato da questa dimensione quotidiana e collettiva rischia di sbiadire in storiografia, memorialistica, commemorazione, oppure di essere capovolto nel suo opposto quale violento problema di ordine pubblico -proprio come 70 anni fa!- ed i soggetti vittime della facile montatura accusati di "violenza e -sic!- di... resistenza"!

Non abbiamo mai creduto all’antifascismo dello Stato italiano, né al mettere il fascismo fuori-legge come spesso chiedevano i "fascisti rossi", e neppure a quell’antifascismo "militante" come soluzione finale tipo "primavalle"; la nostra posizione come comunisti anarchici è quella dell’antifascismo proletario e di massa, della costruzione di un malatestiano fronte antifascista di resistenza ampio e radicato alla base (gli Arditi del Popolo insegnano) nei posti di lavoro, nelle scuole, nei quartieri, nelle coscienze di tutt* in Italia ed in tutta Europa, dove il rigurgito nazi-fascista è altrettanto preoccupante e le aggressioni sono rivolte soprattutto e non a caso verso gli stranieri e le organizzazioni anarchiche ed anarcosindacaliste che si battono da sempre per l’internazionalismo proletario.

 

Federazione dei Comunisti Anarchici

1 luglio 2005