Aziende come caserme
La FIAT sceglie i licenziamenti e la repressione
Dopo le alte percentuali di voti contrari, astenuti e schede bianche a Pomigliano contro l'accordo stipulato con CISL, UIL, UGL e FISMIC, la FIAT ha scatenato una vera e propria azione di rappresaglia contro operai ed attivisti sindacali della FIOM e dello SLAI-Cobas in tutte le fabbriche del paese.
Se a Pomigliano resta alto il clima di intimidazione dopo il coraggioso NO uscito dal referendum, e si teme che con la costituzione della newco, si passi a licenziamenti di massa, a Melfi, a Mirafiori, a Termoli, a Cassino, la FIAT ha risposto pesantemente agli scioperi indetti contro l'aumento dei ritmi e contro il mancato pagamento del premio di risultato, ma soprattutto contro i licenziamenti mirati adottati dall'azienda alla Sata di Melfi, a Mirafiori. Ora è toccato ad un operaio a Termoli. Domani?
Passano i decenni e l'azienda non perde la sua vocazione storica di interprete inflessibile di quella strategia dell'azienda come caserma che ha segnato i corpi e la dignità di generazioni di operai nel tentativo di stroncare - invano - la loro combattività e la loro capacità di organizzare dal basso la lotta e la resistenza fabbrica per fabbrica.
Il piano Marchionne non è altro - dunque - che l'ennesima e più moderna versione di quel disegno padronale che in FIAT non ha mai tollerato alcuna opposizione ai piani di ristrutturazione e di dismissione di forza lavoro, ed ha sempre perseguito il pieno controllo sulla gestione dei tempi e dei ritmi di lavoro e sulle politiche salariali legate alla produttività.
Dopo Termini Imerese, abbandonata dalla FIAT ad un destino di dismissione che sta inesorabilmente per compiersi entro il 2011, con la complicità di istituzioni locali e sindacati collaborativi, ora teme la chiusura anche la fabbrica di Tychy in Polonia, dove il clima di intimidazione si riproduce senza tregua, dopo la lettera di solidarietà degli operai polacchi agli operai di Pomigliano.
La lotta alla FIAT, in Italia e non solo, si pone dunque come dimostrazione della possibilità di mobilitazione e di opposizione operaia ai piani aziendali che, in Italia, come in Polonia ed in Serbia, usano la crisi come arma di ricatto per piegare il lavoro operaio alla logica del profitto e dei dividendi.
Gli operai della FIAT hanno bisogno della solidarietà di tutti i metalmeccanici, di tutti i lavoratori dell'industria e del pubblico impiego; gli attivisti sindacali colpiti dai licenziamenti e dalla repressione hanno bisogno della solidarietà di tutte le organizzazioni sindacali per le quali il conflitto di classe e la partecipazione dal basso alle lotte ed alla resistenza delle strutture sindacali nelle fabbriche costituiscono obiettivi strategici fondamentali.
La solidarietà operaia deve stringersi intorno alle categorie ed ai lavoratori oggi più esposti e più impegnati nel rispondere al pesante attacco portato dal padronato, dal governo di turno, dalla repressione statale che non tollera più manifestazioni, cortei, presidi, slogan e nemmeno un po' di chiasso sotto le finestre del potere.
Solidarietà di classe e conflitto solidale internazionale
Per il reintegro degli operai licenziati,
per impedire la chiusura di fabbriche,
per fermare l'emarginazione di migliaia di lavoratori e lavoratrici dal lavoro produttivo,
per restituire dignità al lavoro,
contro l'annientamento dei diritti e delle libertà dei lavoratori e delle lavoratrici,
contro la trasformazione della cig in mobilità per accelerare le dismissioni di personale,
contro la riduzione in merce e servi delle lavoratrici e dei lavoratori espulsi dalla produzione,
per una grande battaglia salariale alla FIAT, nei metalmeccanici, in tutte le categorie.
Commissione Sindacale
Federazione dei Comunisti Anarchici24 luglio 2010