No alla libertà di licenziare!
Quello che si profila nei prossimi giorni non è il solito pessimo accordo sul "mercato" del lavoro, ma la pietra conclusiva posta in modo tombale sui diritti e le tutele conquistate dalle lavoratrici e dai lavoratori in decenni di lotte.
Il contenuto dei documenti, prodotti dal governo e non solo, elimina le tutele, non modifica alcunché del regime di precarietà dilagante, ma crea la libertà per le imprese di licenziare per motivi economici, eliminando la legge 223/9, svuotando l'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, confinando il tutto sulla parte discriminatoria, peraltro da dimostrare (sic!).
Dando per scontata l'operazione mediatica di sostegno, gli esclusi da qual si voglia pratica di verifica e coinvolgimento sono proprio i lavoratori presenti e futuri, cioè i giovani.
Non crediamo che il nodo, che pure ha la sua importanza, siano le convulsioni della CGIL e del suo "misero" gruppo dirigente, ma la valutazione sul terreno della fine della resistenza durata oltre 10 anni.
Continueranno ad esserci punti di resistenza, anche forti, da sostenere; ma si tratta di agire in una prospettiva di conquista o riconquista della contrattazione, delle agibilità sindacali, dei diritti e delle tutele collettive e individuali delle lavoratrici e dei lavoratori.
Il tutto in una realtà data: da un lato la condizione sociale delle classi subalterne e dei loro diritti: per essere chiari, vuol dire - per esempio - avere un salario adeguato, orari di lavoro definiti, ecc.!
Dall'altro, la "modifica" dell'organizzazione sindacale. Se si vuole continuare a "fare" sindacato, cioè sostenendo in modo conflittuale la posizione del lavoro, occorre avviarsi su un altro percorso, lasciandoci alle spalle schemi ormai non praticabili.
Abbiamo registrato che nel pubblico impiego a seguito delle elezioni delle RSU, tenutesi dopo anni, la pletora delle sigle presenti ha all'unisono dichiarato abbiamo vinto; nessuno ha perso!
Il sindacalismo di base, presentatosi su liste contrapposte, accontentarsi nel suo insieme di delegati in più e qualche distaccato: tutto qui?
Come costruire, invece un rapporto diretto con i lavoratori, come rilanciare il protagonismo, le forme della rappresentanza, anche per quei milioni che non ce l'hanno, lavoratori FIAT compresi?
I comunisti anarchici sono coscienti del percorso non breve, ma è questo il nostro terreno: esserci in prima persona, aggregare, socializzare gli strumenti di analisi e di intervento, far crescere la consapevolezza politica di una nuova stagione di lotte.
Nei prossimi giorni, tentando il punto più alto nella giornata di martedì 20 marzo, i metalmeccanici usciranno dalle aziende e faranno azioni al limite dell'ordine pubblico, la FIOM si assumerà la responsabilità, nei territori dove è alta la sua presenza, di mettere in atto questa azione provando a coinvolgere anche altre categorie.
L'azione è in continuità con lo sciopero del 9 marzo; nell'aria di avverte la consapevolezza di essere non più solo su un terreno di difesa, ma che l'azione sindacale è già sul terreno del contrasto all'eliminazione dell'insediamento sindacale stesso.
Se la CGIL, stabilito che "l'operazione" licenziamenti si farà, firmerà il tutto, non potrà cavarsela stralciando l'art. 18; gli altri non lo permetteranno, vedrà aumentare le sue contraddizioni interne e la sua subalternità anche rispetto alla "politica" di riferimento di questo misero gruppo dirigente.
Certe annunciate minacce di uscita dalla CGIL, oltre all'effetto mediatico, non produrrebbero che un indebolimento della FIOM ed un'ulteriore lesione della già sfilacciata unità dei lavoratori e delle lavoratrici, per noi comunisti anarchici bene supremo, ben oltre le sigle sindacali.
Commissione Sindacale
Federazione dei Comunisti Anarchici19 marzo 2012