Protocollo d'intesa sul Pubblico Impiego
L'accordo quadro raggiunto il 3 maggio tra il ministro, enti locali e le organizzazioni sindacali (CGIL, CISL, UIL, autonomi) recepisce da un lato le linee della riforma del mercato del lavoro nel Pubblico Impiego (PI) e dall'altro il meccanismo del contenimento/riduzione della spesa pubblica (spending review).
Il ruolo assegnato al sindacato si basa su un modello partecipativo, quindi attivo nella riorganizzazione del PI, che definiamo di aperta complicità, e che assume il nome, nel protocollo d'intesa, di nuove relazioni sindacali.
Un modello di relazioni sindacali assolutamente vincolato ad un percorso non conflittuale, dove il ruolo dei sindacati sarà regolato da un lato da una legge delega che recepirà la parte del mercato del lavoro, dall'altro da una legge ordinaria di riorganizzazione/efficienza della Pubblica Amministrazione (PA) misurata sull'efficienza e tempestività dei servizi forniti alle imprese e ai cittadini.
Un impianto autoritario, con il rafforzamento del ruolo dei dirigenti in funzione disciplinare, apertamente dichiarato nel protocollo, in piena sintonia con quanto avviene nel privato, fino a introdurre la tenure-track, una sorta di apprendistato durante il quale il lavoratore viene testato ed esaminato fino alla fine del percorso, stabilendo se è idoneo a ricoprire il ruolo assegnato.
Ovvero si sancisce quanto già avviene, grazie all'uso e abuso del precariato, con il sostanziale aggiramento dell'assunzione per concorso.
E, se nel testo si rivendica la centralità della contrattazione collettiva, nei fatti il blocco dei contratti non viene messo in discussione. Crollano dunque le distinzioni tra pubblico e privato e si eliminano diritti che qualcuno chiama strumentalmente privilegi corporativi allo scopo di produrre quella separatezza tra settore pubblico e privato che è riscontrabile anche sul piano sindacale. Dimenticando che i lavoratori pubblici sono quelli che garantiscono lo stato sociale e i diritti ai cittadini, che il blocco dei turnover significa meno servizi.
Ovviamente da parte sindacale si canta vittoria: superate le leggi di Brunetta, si tornerebbe finalmente a un ruolo partecipativo, in cui le parti sociali sono parte attiva nella riforma.
Per la CGIL, accettare la riforma del lavoro del ministro Fornero all'interno dell'accordo quadro del PI, mentre ufficialmente dichiara di essere contraria e continua a minacciare uno sciopero che non arriva, significa aumentare le contraddizioni: se sarà possibile, sul piano mediatico, cercare di gestire a livello confederale questa occasione per dimostrare concretamente di essere rientrata nei giochi, per continuare a giocare la carta della Camusso della tanto agognata uscita dall'angolo, indicando l'accordo del PI come la via da seguire, il distacco dai lavoratori e da buona parte dei quadri sindacali diventa sempre maggiore, anche perché le scelte sul piano economico/sociale divergono: la precarietà, la disoccupazione e la povertà rimangono questioni alle quali non si dà alcuna risposta.
I lavoratori pubblici, e presto anche la scuola, sono ora messi alla prova pur essendo stati tenuti fuori nella battaglia contro la riforma del mercato del lavoro e dell'art. 18; in termini sindacali la battaglia prosegue mentre si fanno strada elementi che sempre più rendono chiaro il disegno dell'avversario di classe.
Ancora una volta occorrerà cogliere tutte le occasioni, tutti gli appuntamenti, per dire no e costruire momenti di unità e dissenso a questo disegno di riorganizzazione del mondo del lavoro nella sua interezza, dare voce all'opposizione interna CGIL, dall'assemblea dei delegati FIOM all'assemblea nazionale della CGIL che vogliamo; sostenere le mobilitazioni del sindacalismo di base a partire dai presidi davanti alle Direzioni Provinciali del Lavoro previste per il 9 maggio, fino a costruire iniziative unitarie sempre più necessarie anche a livello territoriale.
Commissione Sindacale
Federazione dei Comunisti Anarchici7 maggio 2012