Verso lo sciopero generale e sociale
nel mondo del lavoro, nei territori, nelle piazze,
Unità nella lotta, unità nell'opposizione, unità nella ricostruzione sociale delle libertà e dei diritti
Come era facilmente prevedibile le rassicurazioni diffuse e propagandate a piene mani da politici, affaristi, finanzieri e confindustriali sulla possibilità di riprendersi da quella che veniva chiamata crisi si sono dimostrate una colossale bugia.
Con una ingombrante operazione di depistaggio mediatico all'insegna di "dobbiamo abbattere il debito pubblico" o "dobbiamo abbattere le Tasse", "l'Europa ce lo chiede", "dobbiamo rispettare i vincoli del deficit imposto", si è proceduto alla cancellazione quasi totale dei diritti dei lavoratori.
Sacrificati sull'altare del profitto dei pochi ed ipotecato ogni futuro, ciò che ci aspetta sarà una miseria sempre più diffusa nei prossimi decenni; non si potrà mai più tornare ai livelli di vita precedenti, la ristrutturazione del capitale in atto non prevede nessuno scambio, fissa il livello di mercificazione dei lavoratori al massimo ribasso, vicini alla schiavitù, piegati al ricatto della più violenta concorrenza tra poveri.
Il Jobs Act non è altro che il tentativo finale di rompere quelle sacche di resistenza solidale che ancora resistono nel mondo sindacale, spezzare il legame sociale dei lavoratori e metterli in condizione di non poter contrattare collettivamente le proprie condizioni sociali, mettendo a rischio il rapporto sindacato-lavoratore, togliendo ruolo a quest'ultimo e salvaguardando una burocrazia sindacale complice delle scelte del capitale.
Oggi le piazze si riempiono di lavoratori che non hanno mai abdicato! Lo confermano le mobilitazioni e gli scioperi nazionali nel settore scuola e contro il Jobs Act (17 settembre, 10 ottobre, 24 ottobre e 25 ottobre, 14 novembre,...) nella logistica (16 ottobre), quelle locali (metalmeccanici a Torino il 17 ottobre, Bologna il 16 ottobre...).
Con le difficoltà che l'attacco padronale crea alla organizzazione sindacale rispondiamo dunque con la nostra capacità di mobilitazione, ben sapendo che la costruzione di un rapporto di forza favorevole alla nostra classe passa per un lavoro lungo e meticoloso, dal basso, per riconnettere lotte ed esperienze, che metta al lavoro l'intelligenza e la volontà di tutti al fine di ricostruire la partecipazione dei lavoratori scomposta in troppe filiere.
Sappiamo però che non potrà essere il Governo a risolvere il problemi dei lavoratori. Chi oggi siede sui banchi del parlamento non può essere la soluzione ai problemi sociali che hanno contribuito a scatenare; la classe politica europea, mediocre ed arraffona, è l'espressione del grande capitale, in piena fase di ristrutturazione e consapevole che i livelli di accumulazione si garantiscono con la forza contro i lavoratori.
Milioni di disoccupati, sottoccupati, ricattati, poveri sono la fotografia di questa Europa travolta dalla violenza della crisi capitalistica, non si intravedono salvatori all'orizzonte e nemmeno ne auspichiamo la stregonesca necessità.
Ancora una volta tocca agli uomini ed alle donne che questa crisi la subiscono costruire gli strumenti politici e sindacali a difesa della classe dei lavoratori. L'arroganza del potere non riesce più a nascondersi dietro le elemosine caritatevoli che si vogliono sostituire a diritti universali: è sotto gli occhi di tutti ormai, nei fatti, questa classe di politicanti e di affaristi ormai messi a nudo, e chi ancora coltiva riserve, a su coloro i quali pensavano di trovare nel governo amico la possibilità di salvare l'apparenza della funzione burocratica del sindacato pesano i fatti a loro smentita.
Oggi, dopo la tragedia scaturita dalla legge Fornero del governo Monti sulla condanna al lavoro a vita per gli occupati e per l'esclusione a vita dal mondo del lavoro di milioni di giovani (legge votata dallo stesso ceto politico che oggi siede sugli scranni dorati del parlamento), dopo che un ceto burocratico sindacale non adatto a questo livello di conflitto ha abdicato alla lotta, sono ancora i lavoratori, i giovani, i disoccupati, i ceti subalterni che riprendono il cammino per le strade e per le piazze di tutta Europa a creare conflitto e dare speranze in una risposta solidale ed egualitaria, democratica e libertaria, come sempre è l'impegno di tutti in prima persona che può mutare lo stato di cose esistente. E non sicuramente un ceto burocratico e politico ormai screditato ed inutilizzabile alle sfide di oggi dei lavoratori europei.
Il Jobs Act, il patto di stabilità, la "buona scuola renziana" e le politiche sociali di questo governo non si possono cambiare; non si possono creare illusioni e spacciare per buone mediazioni sociali inaccettabili.
La ripresa della lotta di classe passa anche attraverso la lotta contro i governi dell'oligarchia finanziaria, e quindi anche contro il governo Renzi. Nei luoghi di lavoro e nei territori, saldando le diverse soggettività e le generazioni in una mobilitazione globale, valorizzando le diversità sindacali nel sindacalismo conflittuale, accumulando capacità di lotta e di progettualità dal basso, per costruire l'alternativa libertaria.
Verso lo sciopero generale e sociale nel mondo del lavoro, nei territori, nelle piazze. Unità nella lotta, unità nell'opposizione, unità nella ricostruzione sociale delle libertà e dei diritti.
Federazione dei Comunisti Anarchici
21 ottobre 2014
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