I CONTRIBUTI (che senza indicazione contraria si intendono personali) VANNO INVIATI A fdca@fdca.it
Pippo
Gurrieri FLTU-CUB Ragusa 01/01/01 , Cosimo Scarinzi, CUB Torino 07/01/01
Saverio Craparo CGIL Scuola, Firenze (in risposta al
compagno Gurrieri) 10/01/01, Enrico Ranieri ASBEL/CN0, Roma (26/01/01)
Roberto
e Carlo, Modena (01/02/01), Tiziano
Antonelli (03/02/01)
Devo innanzitutto chiarire che la proposta contenuta nellAppello per una piattaforma, ecc, mi trova daccordo in quanto lesigenza di un maggiore e più stretto coordinamento tra i compagni anarchici e libertari attivi nel sindacalismo conflittuale, è reale, e abbisogna di un percorso che cominci a sbloccarla da suo senso astratto per renderla operativa e reale. Detto questo la mia impressione in merito allappello è che ci si è trovati di fronte a un qualcosa di prestabilito, (compreso data e luogo del convegno), quando ancora vi erano una quindicina di adesioni, tutte, tra laltro, di compagni che potremmo considerare anche promotori, il che ha tolto potenzialità e interesse allappello stesso, provocando lemergere dei distinguo e prese di distanza.
Se la pretesa dellappello è quella di coinvolgere il grande numero dei compagni attivi nellarcipelago sindacale, è stata una mossa sbagliata prefissare una data, senza considerare, tra laltro, le esigenze di tutti i compagni, ed in modo particolare di quelli del Sud e del profondo Sud, mortificati dallesigenza di tre giorni liberi occorrenti per spostarsi, rispetto alla media di tre ore della maggior parte degli altri compagni.
Nel merito dellappello. Esso contiene unanalisi del contesto socio-economico abbastanza condivisibile, senzaltro espressa per grandi linee, in cui si nota la vistosa mancanza di una citazione della situazione estrema in cui si dibattono fette di popolazione sempre più stritolate dal sistema, protagoniste di lotte anche spontanee, per uscire dalla disperante disoccupazione o dal precariato nelle sue varie sfaccettature; questo è forse legato allanalisi generalizzante fatta, cui sfuggono le sfaccettature molto marcate che nel meridione esistono e caratterizzano sia le organizzazioni sindacali di base che le stesse lotte.
Vi è un evidente tentativo di affievolire le degenerazioni irrimediabili del sindacalismo riformista e istituzionalizzato di CGIL CISL e UIL, ma soprattutto della prima; si scrive infatti che il sindacato confederale "non ha saputo opporsi" sottintendendo che comunque avrebbe voluto farlo, quando i compagni sanno che le cose non stanno così, e che il sindacalismo riformista ha governato la fase economica in atto, cosa che fa da qualche decennio. Quindi lidea che i lavoratori si fanno di questo sindacato non è senzaltro negativa se è unidea basata sulla constatazione del suo ruolo e della sua irrecuperabilità a logiche di difesa degli interessi di classe.
In questo senso, tali tentennamenti e ambiguità danno un senso di arretratezza allappello: vi sono strutture di base, quindi lavoratori, che da 30/25 anni hanno affrontato e risolto questo problema, praticando forme di lotta e organizzazione alternative al sindacalismo triplicino. Io posso dirlo senzaltro per quanto riguarda la categoria dei ferrovieri cui appartengo, perché molto prima della FLTU-CUB, prima dello stesso COMU, gli organismi di base alternativi ai sindacati di potere, esistevano e muovevano alcune centinaia di lavoratori.
Non ritengo che vadano applicati allarcipelago dei "Cobas" gli stessi criteri che si applicano ai sindacati ufficiali, soprattutto quando si parla di unità: i cobas, nella loro grande frammentazione organizzativa, rappresentano lunico percorso possibile in questa fase, per la riacquisizione di una dignità di classe, e una grande risorsa, proprio per la ricchezza delle esperienze, messa a disposizione del proletariato, che nella pratica ha dimostrato di non essere attaccato alle sigle come certi personaggi ex-gruppettari oggi a capo delle varie organizzazioni. Questo è dimostrato ogni qual volta, nella scuola o nei trasporti, nelle industrie o tra i precari, si organizzano lotte unitarie. Lunico parametro unitario possibile è quello dei contenuti delle lotte; esso potrà provocare accorpamenti e aggregazioni tra sigle, anche se sono convinto che solo la durezza dello scontro sociale riuscirà a semplificare il quadro.
Il ruolo dei militanti sindacalisti anarchici e libertari non può essere, pertanto, quello di cercare cuciture tra sigle, piattaforme intercobas tendenti allunità o improbabili correnti libertarie, quanto quello di lavorare ai contenuti di una battaglia che deve riuscire ad accelerare i termini di uno scontro con il potere ancora lontano dalle possibilità di materializzarsi. Gli anarchici e libertari, è vero, come dite vero, lavorano senza guardare alle sigle: io però farei un distinguo perché alcune sigle, come quella della CGIL, andrebbero invece guardate: è unambiguità che i compagni che la vivere devono cercare di sciogliere al più presto.
Pippo Gurrieri
Torino, 7 gennaio 2001
come ho già detto a quelli di voi con i quali ho avuto modo di parlare, guardo con simpatia ad ogni tentativo di aggregazione e di confronto dei militanti libertari impegnati in campo sindacale e, di conseguenza, anche a quello che avete avviato. Quindi, pur non ritenendo di firmare lappello per le ragioni che indicherò più avanti, conto di partecipare al convegno.
Non insisto sulle ragioni, che ritengo evidenti, che militano a favore uno sforzo unitario sul terreno sindacale. Nemmeno ritengo necessario tornare su quanto condivido di ciò che scrivete nellappello.
Mi limito a segnalarvi alcuni dei dubbi che lappello mi ha suscitato nella speranza che se ne possa discutere più distesamente:
10.1 non nascondere le differenze e le loro ragioni;
10.2 definire il piano di lavoro comune possibile senza titubanze ma anche senza forzature.
Fraternamente, Cosimo Scarinzi
È alla luce di quanto sopra che appare utile scegliere degli obiettivi comuni da proporre nei posti di lavoro, senza curarsi delle tessere che ognuno di noi ha in tasca. Il confronto sui contenuti è faticoso, ma proficuo; arroccarsi sulla presunta consapevolezza di aver tutto compreso e tutto da insegnare agli altri sulla via salvifica della rivoluzione è un gioco che francamente non mi interessa.
Saverio Craparo CGIL Scuola, Firenze
ENRICO RANIERI A.S.B.E.L./C.N.L. Roma
Cari compagni,
la lettura dellappello mi ha dato modo di fare alcune riflessioni e considerazioni. Per iniziare ritengo positiva ogni proposta di confronto e di possibile operatività tra compagne/i anarchici e libertari che agiscono sul terreno dello scontro sociale e di classe.
Detto questo entro in merito, almeno su alcune delle questioni.
Lanalisi del sindacalismo concertativo non mi convince.
Pur nella sua, necessaria, sinteticità lappello unifica due aspetti che per me vanno distinti: lanalisi sul ceto burocratico e gli scenari di lotta sviluppati anche da lavoratori iscritti a CGIL-CISL-UIL. I sindacati concertativi non stanno andando verso la completa istituzionalizzazione. Proprio nel ciclo produttivo, di relazione tra le classi e di lotte che ci sta alle spalle, che si può definire del "compromesso socialdemocratico", va, a mio avviso, collocata la piena realizzazione della funzione istituzionale di freno delle lotte, di controllo sui lavoratori e di mediazione al ribasso svolta da CGIL & co.
E in quellepoca che si sancisce il loro essere una istituzione del dominio, superando il modo para-istituzionale ancora più datato.
Daltra parte è evidente che le forme, e la sostanza, della lotta di classe coinvolgono anche lavoratori iscritto ai sindacati di stato. Ed in questo i libertari e gli anarchici scelgono i lavoratori, e la loro unità, più delle sigle, come è detto nellappello. Ma essere interni alle lotte e vicini ai lavoratori è una cosa, pensare ed agire, come ha tentato ha di fare la sinistra dei sindacati ufficiali, immettendo questi momenti di lotta, di formazione di quadri e competenze, nella battaglia per modificare i punti di riferimento di tutto lapparato sindacale concertativo è unaltra.
Soprattutto dopo la sconfitta, dentro il sindacato ufficiale, dellesperienza dei consigli di fabbrica, dopo lo smantellamento della FLM e dopo il congresso CGIL dellEUR, eventi che avvengono a cavallo degli anni 70 e 80 dello scorso millennio! Non è solo perdita di tempo ma confonde gli obiettivi delle lotte nelle loro articolazioni tattiche e strategiche, producendo frustrazioni e allontanamento dalla realtà.
Ritengo, per altri versi, condivisibile ma estremamente parziale la lettura data nellappello degli eventi: precariato, disoccupazione, immigrazione, che pure entrano prepotentemente nella formazione della realtà attuale vengono sottostimati.
Realtà attuale e quotidiana in cui dominio e sfruttamento non si limitano, per altro, alla sola attività lavorativa.
I problemi del territorio, la sfera della riproduzione e del consumo, lecologia dei rapporti e delle produzioni, la qualità della vita, vengono citati solo nella parte finale dellappello, senza grosse analisi, risultando "appiccicate" ad un testo che analizza soprattutto altro.
Questi elementi, a mio avviso, non sono solo tattici od "alla moda", ma entrano in modo forte nella formazione di una strategia libertaria, o meglio, nellinsieme di aspetti strategici complementari tra loro per liberarci/liberare dal/il lavoro salariato e dalle determinazioni autoritarie del potere.
Io mi occupo da tempo del rapporto tra teoria e prassi nei percorsi di autogestione sociale soprattutto in aree rurali, in un ambito, invero molto difficoltoso, di relazioni tra conflitto/i e progetto/i.
Gli aspetti progettuali del federalismo, dellazione diretta, dellautogestione, del mutuo appoggio, della sfera pubblica non statale, del municipalismo libertario sono aspetti da far vivere nella materialità "a favore" delle/nelle classi subalterne, arricchendo di pratiche lelaborazione teorica. A fianco dellautogestione delle lotte, insieme ai conflitti "contro". In un sistema di relazioni ed alleanze tra individui, situazioni, composizione di classe. Tutto questo è trattato dallappello in maniera superficiale e sbrigativa, quando è trattato.
Questi aspetti hanno anche delle specificità tipiche del sindacalismo libertario ed anarchico. Il progettare nel fare, il "qui ed ora", la conoscenza e lintervento nel territorio, sono aspetti dellanarchismo sociale a cui ci richiamiamo pur nelle diversità (che non vanno taciute ma se analizzate e comprese possono essere una ricchezza).
La composizione di classe nellambito agricolo e rurale, lorganizzazione del lavoro in agricoltura, le agricolture naturali e la sicurezza alimentare, la formazione dei prezzi e la cooperazione nel consumo, il rapporto tra ambienti urbani-agrosistema-ambienti selvatici, le possibilità di percorsi autogestionari nelle campagne ed il loro rapporto con la composizione di classe nelle metropoli, le nuove tecnologie, il rapporto tra scienza/sapere/sfruttamento di umani e natura (ma sono separabili questi due aspetti?), sono tra gli elementi che i militanti libertari nel conflitto sociale dovrebbero analizzare, proponendo sintesi ed azione.
Le esperienze della lotta di classe, la memoria e la progettualità libertaria in essa, non si possono ridurre negli schemi "canonici" del sindacalismo.
E necessario e possibile produrre attività in avanti e per questo auspico che lappello non sia il solito rituale che ogni tanto esce dalla "diaspora" sindacale dei libertari.
Per ora mi fermo nello scrivere rimandando ai giorni del dibattito la ricerca di chiarezze ulteriori e larticolazione di proposte.
SULLAPPELLO AGLI ATTIVISTI SINDACALI PER UNA PIATTAFORMA DI CLASSE E LIBERTARIA.
Ringrazio i compagni per averci fatto riflettere sullidentità del nostro lavoro politico e sindacale degli ultimi dieci anni.
Il rapporto tra identità e memoria storica è sempre fonte di frustrazioni e rimozioni, però è doveroso cercare di dare delle risposte alla realtà in cui ci troviamo ad operare, e accettare i giudizi sul nostro intervento o sul nostro attendismo.
Non credo che in questa situazione sociale e politica sia totalmente vero affermare che le confederazioni sindacali non siano coscienti dei propri limiti, almeno per quanto riguarda il dibattito che si è svolto sul quotidiano "il Manifesto" in merito al congresso della Cgil, ed inoltre occorre anche constatare che la mentalità "collaborativa" è dilagata allinterno del mondo del lavoro (specie tecnici e impiegati) in particolare nelle aziende dei distretti avanzati in regioni come lEmilia. E questo oggi è un problema del fare sindacato a tutti i livelli, anche perché in questa situazione le stesse Rsu anno serie difficoltà ad aggregare sui temi contrattuali , per non parlare del ruolo autonomo che spetterebbe al sindacato rispetto agli obiettivi delle aziende in specifico, del padronato in generale.
Il passaggio sullidentità sindacale è oggi centrale, in collegamento con una realtà in forte trasformazione, ma che produce spinte anche di tipo reazionario (xenofobia, estrema-destra, leghismo ).
Certamente il sindacato si preoccupa della propria esistenza come ceto, come aggregato di personale e funzionari, e rispetto a questo aspetto gli spazi di confronto sono scarsi, ma sulla realtà delle aziende, sui contenuti contrattuali, sulle condizioni di lavoro, permangono ancora spazi di dibattito.
Ma su questi temi il sindacalismo potrà dare solo risposte parziali, occorre infatti anche una linea politica di dibattito, che si inserisca nei programmi degli Enti Locali, delle Regioni, nella politica nazionale di tipo anche istituzionale, la sfida lanciata a Seattle è anche questa, per rispondere alla globalizzazione dei mercati e delle economie.
Sono infatti in discussione elementi basilari della condizione di vita
e di lavoro, la stessa riclassificazione dei modelli sociali. La difesa dei diritti civili
e sociali impongono un impegno a tutto campo e a livelli differenziati, dal locale al
generale. Sapendo cogliere gli elementi di movimento sociale e sindacale a livello
europeo, per costruire obiettivi e aggregazioni che rilancino la democrazia diretta,
lautogestione, la solidarietà sociale.
Saluti e auguri per il convegno,
Roberto e Carlo
Modena li, febbraio 2001.
Cari compagni,ho ricevuto, tramite a-infos, il vostro appello per il 4 febbraio. Vi ringrazio dellinvito anche se non mi considero precisamente un attivista sindacale, mi considero piuttosto un militante politico che interviene nel movimento dei lavoratori e in particolare nel movimento cooperativo.
Ritengo comunque importante liniziativa di cui vi siete fatti carico ed opportuna ogni iniziativa che stimoli il dibattito, il coordinamento e liniziativa politica comune fra gli anarchici .
In questo spirito, vorrei comunque sottoporre alcune impressioni sulla vostra proposta, suggerite dalla riflessione teorica e che lesperienza pratica si è limitata a confermare.
Credo che il problema strategico fondamentale sia la rinascita del movimento operaio, a cui devono essere orientati i nostri sforzi, un movimento che non è rinato spontaneamente fino ad adesso e non possiamo attendere che nasca da solo. Dobbiamo come minimo creare le condizioni che stimolino questa rinascita, con unattività che affronti temi generali e, pur basandosi sui sindacati di cui facciamo parte, punti allunità nella lotta di tutti i lavoratori, privilegiando i contenuti, i metodi e le forme di organizzazione del movimento che, per quanto "larghe", devono sempre basarsi su modelli anarchici.
Naturalmente è più opportuno parlare di movimento dei lavoratori, visto lirriducibilità delle componenti che ne fanno parte alla semplice componente operaia.
Vorrei qui precisare lutilità che ci offre il fare riferimento al movimento, anziché esclusiavamente alla classe o alle organizzazioni dei lavoratori.
Il proletariato è un insieme che raggruppa tutti gli individui che, privi di mezzi di sostentamento, sono costretti a vendere la propria forza-lavoro per vivere. Si riferisce quindi ad individui che si trovano in condizioni di inferiorità, di sfruttamento, di miseria e sofferenza. Come è possibile passare da questo concetto a quello del proletariato rivoluzionario? La riflessione parte appunto dalle condizioni di sofferenza e dallesigenza e dalla possibilità di migliorare la propria posizione, il concetto si muove dalla condizione del proletariato posto dal capitalismo al proletariato che si pone come forza trasformatrice. Questo movimento del concetto rispecchia il movimento concreto, storico del proletariato: è nel movimento del proletariato per la propria emancipazione che gli anarchici hanno sempre trovato il terreno più fertile per le proprie idee, per la propaganda, per la lotta e lorganizzazione, per la realizzazione di modelli di società libertarie. La base di questo rapporto sta nella scelta individuale che ogni proletario fa quando decide di partecipare ad un movimento di lotta. Per quanto determinato dalle condizioni oggettive, non si ha movimento se il singolo lavoratore non decide di parteciparvi.
Il proletariato quindi rimane pur sempre un insieme di individui, una costruzione logica che noi usiamo per semplificare la realtà sociale, che comunque non esiste da nessuna parte al di fuori degli individui che ne fanno parte e delle scelte di questi individui.
Nellappello si fa un riferimento importante al tema dellunità di classe; Questi elementi sono fondamentali nella formazione di militanti sindacali e nella rinascita del movimento dei lavoratori, e non vanno sottovalutati. Nella lotta per strappare migliori condizioni di vita e maggiori libertà, i lavoratori traggono una notevole forza dalla loro unione, ma è ununione molto concreta, che si può concretizzare nel fatto di non lavorare al di sotto delle tariffe e nel non oltrepassare i picchetti di sciopero.
Credere però che sulla base di questa unità materiale, derivante dalla condizione materiale in cui si trovano i lavoratori, sia possibile costruire immediatamente una unità più profonda, sia possibile un porsi della classe in sé e per sé è fare della metafisica.
Se il movimento è il tramite attraverso cui il proletariato, in quanto posto dal capitalismo, si trasforma in soggetto politico, tale movimento non si dà senza una divisione della classe, quanto meno in un"avanguardia" e in una "massa", ma più concretamente in una molteplicità di stati e di passaggi, di organismi e organizzazioni politiche, culturali e sindacali che devono trovare sì un punto dincontro, che non è dato a priori ma è il risultato di un percorso collettivo. E dellassenza di questo movimento che si soffre oggi, più della metafisica unità di classe e della irraggiungibile unità sindacale.
A questo proposito vale la pena di ricordare che lorganizzazione permanente è lunico strumento attraverso cui si possa fare attività sindacale; ladesione a questo o a quel sindacato risponde spesso a situazioni oggettive che non possono essere superate solo con il volontarismo, daltra parte, non credo si possa nemmeno chiedere a compagni che sono riusciti a costruire nel proprio posto di lavoro, nella propria categoria, una rete di rapporti libertari, di buttare tutto alle ortiche per inseguire una unità sindacale con chi punta solo a ricostruire una cinghia (o anche solo una stringa) di trasmissione con il movimento operaio.
In questa prospettiva lapporto degli anarchici è determinante, perché solo modelli organizzativi che si rifanno alla pratica libertaria possono dare una risposta alle esigenze di una realtà multiforme come è quella della classe oggi, e perché solo una prassi politica chiaramente antigovernativa ed antiparlamentare può dare una risposta allattacco alle condizioni di vita degli sfruttati.
Giustamente, fin dallinizio del vostro appello, mettete in primo piano il metodo, che deve caratterizzare gli anarchici. Io non credo comunque che la definizione "democrazia diretta" sia quella più adatta descriverlo: la rottura fra la corrente libertaria e quella autoritaria, consumatasi fra il Congresso dellAja e quello di Saint Imier della I Internazionale, è avvenuta anche sul metodo di organizzare il movimento operaio, e già allora la corrente libertaria proponeva un modello di organizzazione basato sullautonomia dellindividuo nel gruppi, e del gruppo nella federazione.
Questo modello non si riferisce solo allorganizzazione degli anarchici, ma parte dal presupposto che un modello anarchico di organizzazione sia il migliore per qualunque tipo di organizzazione.
Già allora la democrazia diretta, nella forma dei plebisciti, aveva fornito la legittimazione al cesarismo; oggi spesso lassemblearismo fornisce la base al bonapartismo di tanti piccoli dirigenti sindacali.
Più avanti riuscite a dare una descrizione sintetica di quello che è accaduto in questi ultimi anni, io però credo che se vogliamo trasformare la denuncia in azione politica, dobbiamo sostituire alla descrizione lindagine critica che ripercorra la catena causa-effetto.
Lanarchismo individua nel Governo e nella sua attività la principale causa della cattiva organizzazione sociale e delle sofferenze umane.
Se applichiamo questo schema ai fenomeni da voi denunciati, possiamo vedere che lo scenario che appare risponde a precise iniziative governative, a leggi promulgate in questi anni: la normativa antinquinamento, il sostegno al decentramento produttivo, lesportazione dei capitali, lintroduzione di nuove forme di contratto di lavoro, soprattutto lattacco al reddito proletario, visto che il prezzo della forza lavoro viene ormai fissato dal governo e la sua contrattazione normata dallo stesso Governo, in modo che i possessori di forza lavoro non possano accedere autonomamente al mercato, ma solo attraverso il filtro dei sindacati di Stato (vedi limitazione delle libertà sindacali e di sciopero).
Lagitazione contro il Governo è un elemento importante della rinascita del movimento dei lavoratori, e in questo senso lazione degli anarchici è fondamentale: "Poiché il governo tiene oggi il potere di regolare, mediante le leggi, la vita sociale ed allargare o restringere la libertà dei cittadini, noi non potendo ancora strappargli questo potere, dobbiamo cercare di diminuirglielo e di obbligarlo a farne l'uso meno dannoso possibile. Ma questo lo dobbiamo fare stando sempre fuori e contro il governo, premendo su di lui mediante l'agitazione della piazza, minacciando di prendere per forza quello che si reclama. Mai dobbiamo accettare una qualsiasi funzione legislativa, sia essa generale o locale, poiché facendo così diminuiremmo l'efficacia della nostra azione e tradiremmo l'avvenire della nostra causa."
Ricapitolando quindi io credo che sia necessario collegare le lotte dei vari settori, con lobiettivo di gettare le basi di un nuovo movimento dei lavoratori. In questo processo gli anarchici possono dare un contributo importante, con la proposta di un modello organizzativo libertario e federalista e con la critica del Governo e della sua azione antiproletaria. Una tappa importante di questo percorso sarà la lotta sulla previdenza. Per questo la Federazione anarchica livornese ha indetto un convegno per i giorni 17 e 18 marzo, con lo scopo di approfondire i temi in discussione e definire gli appuntamenti di una campagna specifica: questi giorni potranno essere unutile prosecuzione dellappuntamento di Firenze.
Vi ringrazio infine di avermi dato loccasione di mettere a punto queste riflessioni, che mi hanno permesso anche di precisare le mie posizioni, e spero che altri compagni intervengano in merito.
Tiziano Antonelli
Livorno, 01/02/01
t.antonelli@tin.it