"... Berlinguer, quand'eri comunista, la scuola era un diritto e una conquista..."

(slogan delle manifestazioni del 17 ottobre)

I PIANI DEL "BARONE ROSSO"

 

Il Ministero governato da Luigi Berlinguer non ha eguali in Europa per numero di dipendenti né, forse, per l'ampiezza delle risorse amministrate. Eppure questo Ministro si è impossessato della macchina ministeriale con indubbia padronanza, portando con sé uno staff di donne e uomini certamente capaci, nel senso che conoscono molto bene il funzionamento interno della macchina burocratica della Pubblica Istruzione e dell'Università, ma dalle idee, dai programmi e dai metodi certamente lontani dalla tradizionale posizione della sinistra.

Rimandiamo ad altra occasione l'esame, certamente necessario, dei progetti del Ministro per la scuola ed affrontiamo invece il settore dell'Università e degli Enti di Ricerca per la sua importanza strategica, anche in relazione alle recenti manifestazioni studentesche.

Non c'è dubbio poi che il settore della formazione e della ricerca riveste un ruolo strategico in questo momento e incide direttamente sulle politiche attuali e future dell'occupazione. Gli industriali vi dedicano estrema attenzione e di ciò è prova la presenza di un loro uomo, Lombardi, di stretta provenienza confindustriale al Ministero della P.I. nel recente passato.

Il P.D.S. da parte sua è portatore di specifiche elaborazioni, certamente non originali, che tuttavia vanno spiegate perché possono completamente mutare il quadro attuale dell'istruzione.

E' bene ricordare che da dati CENSIS nel 2006 il 50% degli attuali docenti universitari andrà in pensione o comunque non sarà più in servizio attivo e questa quota sale all'85% se si guarda al 2010-2012. Ciò significa che una intera generazione di intellettuali e di formatori scomparirà, mentre non si intravedono e sono tutte da definire le caratteristiche di chi li sostituirà.

L'intenzione del Ministro e dei suoi esperti sarebbe stata quella di evitare nuovi concorsi nel breve periodo e aspettare l'approvazione di una nuova legge, proposta dal Ministro, ma che non ha avuto la fortuna e i consensi sperati. Addirittura il buon Luigi è arrivato a promettere agli allocchi (leggi i dirigenti dei sindacati confederali) che il concorso di associato già bandito si sarebbe svolto con nuove regole. Qualsiasi studente di diritto sa però che questa ipotesi era estremamente improbabile; perché potesse realizzarsi avrebbe dovuto essere ritirato il bando di concorso e formulato uno nuovo con riferimento alle nuove regole (che non ci sono e sono di là da venire).

Se non che sono stati presentati ben 3 Disegni di Legge sulla riforma dei concorsi (Forza Italia, Alleanza Nazionale, Lista Pannella-Sgarbi) con l'effetto di allungare la discussione in Commissione e quindi l'iter di approvazione di un nuovo eventuale provvedimento è slittato sine die. Inoltre hanno presentato domanda al concorso di associato ben 32.000 candidati; troppi per poterli scontentare andandogli a raccontare che non era vero niente e che se volevano potevano rifare domanda alla luce delle nuove regole. Il risultato è che ad oggi sono 13.000 le domande già protocollate e probabilmente a gennaio si faranno le Commissioni con le vecchie regole.

Inceppatasi l'iniziativa sul fronte dei concorsi il Ministro medita di estendere attraverso la legge di accompagno alla Finanziaria e il cosiddetto "Bassanini 2" l'introduzione del sistema di budget dalle Università agli Osservatori Astronomici, agli Enti di Ricerca ai fini di una accentuazione dell'autonomia gestionale e della applicazione a queste strutture delle norme sulla privatizzazione del P.I. attraverso l'uso del D. L. vo 29/93 e successive modificazioni.

 

L'UNIVERSITA' VOLUTA DA BERLINGUER

L'obiettivo è quello di fare delle Università delle Aziende in concorrenza tra loro che offrono un prodotto diversificato a seconda delle richieste di mercato, delle tasse studentesche che incassano, del loro rapporto con l'industria e la finanza, con gli enti locali territoriali.

Lo Stato si limiterà a mettere a disposizione somme decrescenti, lasciando le Università libere di reperire risorse sul mercato.

E' questo il motivo per il quale il Ministro non vuole imporre per legge il numero chiuso generalizzato, ma lasciare ad ogni Università la scelta dei criteri da adottare. E' ancora questo il motivo per il quale molti Rettori non vogliono il numero chiuso, in quanto pensano sia conveniente cercare risorse nel numero degli studenti iscritti e guardano anzi con preoccupazione non tanto al calo demografico, ma alle ridotte risorse delle famiglie per mantenere i figli all'Università.

Ma il Ministro medita dell'altro. Vuole smembrare i mega Atenei e questa è cosa buona, in quanto ciò consentirebbe un rapporto più praticabile tra studente e docente e permetterebbe l'uso delle strutture, ma vuole attuare questo smembramento in modo apparente e non reale, trasformando cioè le Facoltà superaffollate in Atenei, e quindi senza alcun reale vantaggio per gli studenti. Il Ministro insomma ne fa un fatto burocratico e strumentale per limitare le liti per la spartizione della torta costituita attualmente dei proventi delle tasse degli studenti (ognuno così si tiene i suoi) e per impedire la proliferazione dei corsi e quindi delle cattedre.

Infatti un altro problema del signor Ministro è il numero eccessivo (per lui) di docenti e il fatto che molti ricercatori sono titolari di affidamento o supplenza e mediante gli Statuti approvati dalle Università si sono assicurati - nella gran parte degli Atenei - la presenza negli organi di gestione sia centrali che delle Facoltà, dei Corsi di Laurea.

Insomma i docenti con pieni poteri di elettorato attivo e passivo sono tanti, troppi, e perciò è bene che diminuiscano. Quando la classe di chi dovrebbe comandare si fa troppo numerosa perde potere; per riacquistarlo deve diminuire di numero. Complice la selezione naturale, biologica (età), e la Comunità Europea che pone come condizione per concedere finanziamenti la presenza nei corsi del 40% di docenti provenienti dall'esterno dell'Università e legati all'insegnamento da contratti di non più di cinque anni, rinnovabili una sola volta o addirittura annuali, il progetto del Ministro è il solo che minaccia di riuscire. La sua importanza tuttavia non va sottovalutata, è strategica e consente la selezione di docenti "strutturati" più docili, meno numerosi e soprattutto non inquinati - come molti di quelli attuali - da esperienze settantottine.

Strumento principe per attuare il progetto è la contrattualizzazione dei docenti attraverso l'estensione dell'applicazione ad essi del D. L. vo 29/93 e successive modificazioni per privatizzarne il rapporto di lavoro, realizzata attraverso il cosiddetto "Bassanini 2".

Se a causa di questa politica la qualità dell'Università pubblica decade, se la precarizzazione del personale sia docente che tecnico amministrativo ne distrugge la memoria storica e quindi l'identità stessa poco male. Ci penserà l'iniziativa privata alla quale si vogliono concedere i medesimi stanziamenti dell'Università pubblica, con la differenza che nessuno, proprio nessuno se non i padroni delle Università private potrà controllare il messaggio culturale e formativo di queste istituzioni.

In questo scenario l'Università di massa non serve, non serve nemmeno quella pubblica. Basta quella privata censuaria e selettiva.

Con la scusa delle esigenze del mercato del lavoro per gli altri, per la grande maggioranza dei giovani ci sarà o una scuola superiore "abilitante al lavoro", o corsi di "lauree brevi" e di diplomi, per carità specialistici e settoriali nella preparazione specialmente tecnica, in modo tale che al mutare delle esigenze e delle richieste del mercato del lavoro costoro, espulsi dalla produzione e dall'impiego, sceglieranno tra il divenire disoccupati o riqualificarsi - a proprie spese naturalmente.

Del resto il futuro è fatto di mobilità del lavoro, nei lavori e tra i lavori!

Forza ragazzi nel nostro futuro può esserci anche quello di fare il clochard.

Con buona pace di Luigi e del suo staff di neoloberisti giurati.