L'Accordo Quadro
visto dal Pubblico Impiego,
Stefano Quaglia RdB Comune di Firenze
Il protocollo d'intesa firmato il 4 febbraio 2002 tra le organizzazioni sindacali e il governo, che servirà come guida per i rinnovi contrattuali del pubblico impiego per la stagione contrattuale 2002/2005, è inserito totalmente nella politica dei redditi dell'accordo del luglio 1993 (come richiamato dal punto 1). Politica dei redditi che subordina gli aumenti contrattuali all'inflazione programmata, da adeguare in sede di verifica "all'inflazione effettiva". Vi è da precisare che l'inflazione programmata è sempre inferiore a quella effettiva, e gli adeguamenti salariali "all'inflazione effettiva" non sono automatici ma dipendono dalla contrattazione, contrattazione debole in questo caso da parte dei sindacati per cui l'adeguamento è stato più che altro in questi anni nient'altro che un buon proposito quasi mai attuato. "L'inflazione effettiva" è calcolata dall'ISTAT sulla base di un paniere di beni di consumo non adeguati alle reale vita quotidiana della popolazione, per cui l'inflazione reale è sempre di qualche punto percentuale superiore. I salari in questi ultimi dieci anni hanno perso notevolmente il loro potere d'acquisto. L'accordo del luglio 1993 viene rispettato dal governo soltanto per le parti a lui favorevoli (il contenimento della spesa ect.), scordandosi ad esempio di attuare un rimborso salariale provvisorio ed economicamente irrisorio spettante ai lavoratori del pubblico impiego allo scadere del contratto collettivo in attesa del nuovo contratto chiamato in gergo tecnico "vacanza contrattuale". Viene ribadito che nei vari contratti del pubblico impiego una quota delle risorse finanziare dovrà essere destinata all'incentivazione dell'efficienza del servizio e della produttività, parole roboanti ma prive di significato, in realtà si vuole dividere i lavoratori premiare quelli più servili, legare il salario alla presenza negando i diritti dei lavoratori (alla malattia, alla maternità ect.). Viene riconfermata la filosofia della legge quadro del pubblico impiego, per cui la normativa del rapporto di lavoro viene contrattualizzata, il che implica per i lavoratori una perdita dei diritti, e per gli utenti (non clienti) una mercificazione dei servizi pubblici. Si ribadisce la separazione tra potere politico (funzione di indirizzo) ed amministrativo (funzioni di gestione) per cui i politici decidono ma non hanno responsabilità operative, ed i dirigenti eseguono, anche quando le decisioni sono al limite della legalità spesso oltre, perché il loro rapporto di lavoro essendo contrattualizzato, li rende più ricattabili, rischiando di essere in questa maniera perseguiti penalmente cosa in realtà abbastanza rara. Il dirigente pubblico da persona che doveva applicare la legge, per cui la propria carriera era definita da una serie di norma, diventa sempre di più un manager il cui scopo è di far quadrare i bilanci e realizzare gli interessi dei politici. I contratti di lavoro dei dirigenti assumono le forme più varie, per diventare emanazione diretta del potere politico. Il governo si impegna ad iniziare le procedure per lo smobilizzo del rateo annuale del Trattamento di Fine Rapporto, si vuole demolire il sistema pubblico previdenziale, e permettere e conseguentemente costringere i lavoratori a rivolgersi al privato per garantirsi un reddito decente in pensione. E' quasi comico viene ribadita l'autonomia delle parti nei vari gradi di contrattazione (nazionale ed integrativa) nel rispetto delle compatibilità di bilancio. La spesa per i contratti è determinata inderogabilmente, l'unica contrattazione effettiva è la determinazione della differenzazione salariale tra i lavoratori. In questo protocollo non vengono nemmeno individuate le risorse economiche necessarie a finanziare i contratti, c'è soltanto un generico impegno a trovare le risorse nella legge finanziaria. Per i contratti integrativi che hanno caratteristiche di finanziamento differenti nei vari comparti del pubblico impiego ( ad esempio per il contratto degli enti locali le risorse aggiuntive vengono determinate da risparmi di spesa nella gestione del personale) si precisa che le risorse economiche dovranno essere destinate alla produttività. A cercare di misurare la produttività le pubbliche amministrazioni non ci sono mai riuscite ( cosa vuol dire produttività in una scuola o in servizio sociale?), in realtà si vuole differenziare il salario tra i vari lavoratori in modo da incrinare tra loro il concetto della solidarietà. Questo protocollo in realtà non garantisce nulla per i lavoratori in relazione ai contratti, e si inserisce a pieno titolo nella politica delle compatibilità e nella smobilitazione del pubblico impiego. Si deve chiedere con la lotta sindacale aumenti salariali cospicui, e ribadire la difesa dei diritti. La CGIL il 4 febbraio, sperando che l'era della concertazione non fosse finita, firmò insieme agli altri sindacati confederali questo protocollo revocando lo sciopero proclamato per il 15 febbraio. Sciopero confermato dai sindacati di base che ottennero una discreta affermazione. Affermazione non saputa gestire perché causa il cambiamento di politica della CGIL, i sindacati di base nella loro maggioranza hanno portato avanti una politica di differenzazione dalla CGIL, di affermazione sterile della propria individualità (non si collabora per principio con la CGIL indipendentemente dagli obbiettivi) senza un'analisi organica della fase. E' vero che la CGIL ha cambiato politica per una questione di sopravvivenza, e che se la fase si modifica la CGIL riprende la vecchia maniera di gestire le questioni sindacali, ma per il bene dei lavoratori si devono sfruttare le contraddizioni che si presentano per cercare di costruire se possibile un reale ed incisiva conflittualità nei luoghi di lavoro.