FERROVIERI
EUN RINNOVO CONTRATTUALE DIFFICILE
di Fabrizio Acanfora
Il contratto collettivo nazionale dei ferrovieri è scaduto da circa tre anni ma le trattative per il suo rinnovo vanno avanti tra mille difficoltà e su due tavoli separati: da una parte Cgil - Cisl - Uil - Sma (sindacato macchinisti autonomi) - Ugl e dall'altra l'Orsa, il sindacato autonomo risultato della fusione tra il Comu (organizzazione corporativa dei macchinisti) e la Fisafs (storica organizzazione autonoma dei ferrovieri di stampo clientelare).
La vicenda contrattuale dei ferrovieri si intreccia a filo doppio con il processo di liberalizzazione - privatizzazione delle ferrovie italiane ed è da questo pesantemente condizionata. Durante i precedenti governi di centrosinistra, con le famigerate Direttive Prodi e D'Alema - rispettivamente del 1997 e del 1999 -, l'Italia dà attuazione, a modo suo, alle disposizioni europee in materia di trasporto ferroviario contenute nella Direttiva 91/440/CEE e successive ed avvia le fasi di divisionalizzazione e societarizzazzione delle FS, creando le condizioni per la completa e selvaggia liberalizzazione del trasporto su rotaia nel nostro Paese*.
Il 23 novembre del 1999 Filt - Cgil, Fit - Cisl, Uilt, Sma e Ugl - alla presenza dei ministri Treu e Amato - firmano con FS un accordo propedeutico al rinnovo contrattuale. I contenuti dell'accordo non lasciano spazio a dubbi: si andrà ad un rinnovo contrattuale nettamente peggiorativo delle condizioni generali dei ferrovieri. Nel testo - che compare in questo Bollettino Sindacale nella sua versione integrale, allegati esclusi - sono infatti previsti pesanti interventi sull'orario e sull'organizzazione del lavoro, rivisitazione dell'inquadramento e delle competenze accessorie, espulsione dal ciclo produttivo di miglaia di lavoratori, doppio regime salariale ed introduzione dell'Eri, aumenti salariali legati esclusivamente al raggiungimento degli obiettivi di produttività fissati da FS e contestuale diminuzione dei salari reali. Il tutto nella cornice, ribadita e rivendicata, della concertazione e degli accordi del 23 luglio 1993.
A distanza di quasi tre anni quel pessimo accordo, fortemente contestato dai ferrovieri - anche iscritti ai sindacati firmatari - con agitazioni e scioperi, costituisce ancora la base della piattaforma contrattuale di Cgil - Cisl - Uil - Sma - Ugl ma sul campo è nei fatti addirittura superato. In questo lungo periodo di vacanza contrattuale, infatti, iniziative unilaterali delle società del Gruppo FS ed accordi sottoscritti con i sindacati concertativi a livello nazionale hanno introdotto i contratti di apprendistato e a tempo determinato, avviato l'esternalizzazione di produzione, costituito società miste - Metronapoli -, stravolto la normativa di lavoro di interi settori, mentre sul versante liberalizzazione le prime licenze di trasporto ferroviario sono state assegnate ad una ventina di società private. Per rompere il fronte dei lavoratori, poi, sempre con la complicità dei sindacati concertativi, FS non si fa scrupoli di ricorrere al lavoro straordinario superpagato. Il che significa che in settori come bordo e macchina, che sono anche quelli di punta del movimento sindacale in ferrovia, i lavoratori hanno la possibilità di guadagnare moltissimo in un quadro di totale stravolgimento dell'orario di lavoro e delle condizioni generali di sicurezza; e significa pure che il CCNL rischia di diventare superfluo a fronte di una "contrattazione" che si svolge direttamente e quotidianamente tra il singolo lavoratore e l'azienda.
Questa situazione permette inoltre oggi a Gruppo FS e a Confindustria di portare scopertamente l'affondo sullo stesso accordo del 23 novembre 1999, soprattutto in termini di salario e di orario di lavoro, approfittando della concorrenza che si sta affacciando sul mercato del trasporto ferroviario: alcune società private hanno infatti già cominciato ad operare con personale ex FS (in genere pensionati inquadrati con contratti a tempo determinato o di collaborazione continuativa). Certamente la mancanza di un CCNL che copra tutto il comparto del "ferro" favorirà in futuro l'applicazione, da parte delle singole società, dei contratti per loro più vantaggiosi esponendo i lavoratori al rischio del dumping contrattuale. Questo è il mercato. Questo rischio dà però modo oggi ai sindacati concertativi di "urlare" che qualsiasi contratto è meglio di nessun contratto, che qualsiasi regola e meglio di nessuna regola, cercando in questo modo di rilanciare il loro ruolo e di far dimenticare le loro responsabilità proprio nel processo di liberalizzazione - privatizzazione delle ferrovie ma anche aprendo consapevolmente la strada al peggioramento complessivo - e per contratto! - delle condizioni di vita, di lavoro e salariali di tutti i ferrovieri. Interessante è poi la posizione della Filt - Cgil che si sta delineando negli attivi in quest'ultimo periodo: i ferrovieri dovrebbero accettare il contratto senza protestare perché un conto sarebbe il contratto di sistema ed un altro quello dei ferrovieri del Gruppo FS, evidentemente isola - temporanemente - felice in un mare di disperazione... Sull'altro versante l'Orsa insiste molto sulla clausola sociale - che impedirebbe il citato dumping contrattuale per i ferrovieri attualmente in forza al Gruppo FS - ma la sua piattaforma parte dal presupposto che la liberalizzazione - privatizzazione del trasporto ferroviario è inevitabile e che si possa sperare, al massimo, di governarla. Il contenuto della piattaforma è quindi conseguente, con un'operazione grossolana di maquillage dell'accordo del 23 novembre 1999, richieste salariali attestate sugli accordi del 23 luglio 1993 - nei volantini dell'ultimo sciopero l'Orsa sostiene di battersi per l'adeguamento dei salari all'inflazione reale, citando però come esempio a cui riferirsi i recenti rinnovi contrattuali delle altre categorie: quali? chimici e pubblico impiego (contro l'accordo quadro del 4 febbraio si è fatta una manifestazione a cui anche l'Orsa ha partecipato!) - e l'introduzione di elementi inquietanti e tipici di certo sindacalismo ferroviario autonomo, corporativo e clientelare (come il turn over padri - figli, in un'ottica di lavoro tramandato dal sapore di medioevo). Le posizioni dell'Orsa, che è anche disponibile a trattare sull'orario di lavoro sulla base delle condizioni capestro imposte da FS e Confindustria, non sono tuttavia in alcun modo messe in difficoltà da un sindacalismo di base che in ferrovia mostra tutta la sua debolezza progettuale ed organizzativa. Organizzazioni come Fltu - Cub e Slai Cobas - nonostante abbiano riscosso un certo successo nelle ultime elezioni per il rinnovo delle rsu -, prive di una loro piattaforma rivendicativa occupano uno spazio marginale e testimoniale nello scacchiere sindacale ferroviario, accodandosi spesso all'Orsa pur senza condividerne l'impostazione.
In alcuni impianti - in modo particolare nel bordo della Liguria e della Toscana - i lavoratori hanno dato vita ad esperienze notevoli di autorganizzazione, costituendo importanti capisaldi e sacche di resistenza ed ingaggiando molte battaglie sul fronte sindacale e legale - per il rispetto delle normative vigenti, ad esempio - ma la loro azione è tuttavia ancora troppo limitata al loro ambito territoriale
La sinistra sindacale nella Filt - Cgil ferrovieri esiste solo formalmente e non è in grado di esprimere posizioni concrete, visibili e soprattutto alternative alla maggioranza, dedicandosi invece con "successo" alla spartizione dei posti nei vari apparati: non è un caso che gli elementi più conflittuali siano molto spesso regolarmente emarginati proprio dalla stessa componente Lavoro e società - cambiare rotta. Non è nemmeno un caso che della rottura sindacale tra Cgil - Cisl - Uil sulla questione dell'articolo 18, in ferrovia, non sia sia sentito che l'eco. La firma del Patto per l'Italia da parte di Cisl e Uil non ha modificato l'atteggiamento unitario della Filt nei confronti di Fit e Uilt, né risultano pressioni significative da parte della sinistra sindacale per ridiscutere - alla luce delle indicazioni della stessa confederazione - l'impostazione contrattuale del 23 novembre 1999 sia sul piano salariale che normativo; nè, tantomeno, per rimettere in discussione un processo di liberalizzazione - privatizzazione delle ferrovie italiane che "rischia" di andare in controtendenza rispetto ad un'Europa - le ferrovie britanniche potrebbero a breve, tra l'altro, essere rinazionalizzate... - che pare si stia accorgendo che un mercato del trasporto su rotaia, in realtà, non può esistere.
*Sulla liberalizzazione - privatizzazione delle ferrovie italiane: Ferrovie dello Stato, l'ultimo che se ne va spenga la luce. Bollettino Sindacale FdCA n° 3, febbraio 2001.
Quello che segue è lo stralcio di un documento diffuso a Genova nel corso della manifestazione del 16 aprile scorso, giorno dello sciopero generale. Si tratta del tentativo di un settore di lavoratori - il personale di bordo FS della Liguria - di costruire dal basso una piattaforma contrattuale realmente alternativa. La richiesta salariale, fissata in 200 euro uguale per tutti i ferrovieri, anticipava di molto quanto oggi molte altre categorie rivendicano ma nessun sindacato - né concertativo, né autonomo, né di base -, in ferrovia, l'ha mai fatta propria. Il documento è stato firmato da decine di lavoratrici e lavoratori del personale di bordo ligure e da delegati rsu ed attivisti iscritti a tutti i sindacati.
(...) Ferroviere e ferrovieri del Personale di Bordo FS della Liguria contro la privatizzazione per un contratto dignitoso.
Noi vogliamo rilanciare la battaglia contro la privatizzazione delle ferrovie e per il rinnovo contrattuale dei ferrovieri, scaduto da oltre due anni. Mentre altri Paesi, come la Gran Bretagna, hanno dovuto prendere atto dei fallimenti della privatizzazione e stanno rinazionalizzando la rete ferroviaria, l'Italia spinge sull'acceleratore della liberalizzazione di questo settore strategico. Sono già una ventina le compagnie che, per una cifra irrisoria, si sono assicurate la possibilità di gestire il trasporto sulla nostra rete. I cittadini ed i lavoratori FS devono sapere che la privatizzazione porterà solo scadimento del servizio, costi elevati, diminuzione degli standard di sicurezza per gli utenti; sempre più incidenti sul lavoro, precarietà estrema e salari da fame per chi ci lavora (...).
Le paghe sono ferme al 1998 ed oggi si parla di un rinnovo contrattuale destinato a peggiorare ulteriormente i salari e le condizioni di vita e di lavoro dei ferrovieri. Come delegati ed attivisti sindacali del Personale di Bordo FS della Liguria, iscritti e non iscritti ai sindacati, vogliamo costruire una piattaforma contrattuale dal basso che, partendo dalla lotta contro la privatizzazione, riaffermi la funzione pubblica e sociale delle ferrovie, delle sue lavoratrici e dei suoi lavoratori e che veda come punti qualificanti ed irrinunciabili:
un aumento salariale, uguale per tutti i ferrovieri, di almeno 200 euro a copertura della perdita di potere d'acquisto dei salari;
la rivalutazione di tutte le competenze accessorie di almeno il 50%;
la difesa delle 36 ore settimanali massime di lavoro e dell'impegno uguale lavoro;
la difesa ed il miglioramento del DPR 374 a salvaguardia della salute del Personale di Bordo.
Noi (oggi, 16 aprile 2002), scioperiamo sui contenuti della piattaforma che il sindacalismo conflittuale - sindacati di base, coordinamento nazionale rsu, forum sindacali e sociali, opposizione interna Cgil - ha costruito con le grandi manifestazioni del 15 febbraio e del 23 marzo (...).