La concertazione di una truffa!
L'ennesima trattativa fatta non coinvolgendo minimamente i lavoratori e le lavoratrici che ancora una volta sono spettatori inermi di una riforma che non rende giustizia a chi lavora. Una trattativa in cui non si sono condivise con i lavoratori le richieste e non gli si è chiesto l'appoggio per sostenerle.
Dopo mesi di trattativa questo è il risultato...
Lo "scalone" viene tolto ma vengono istituiti i famosi "scalini". La nuova situazione potrebbe essere congeniale per chi andrà in pensione da qui ai prossimi 5 anni ma per gli altri non va poi così bene perché nel 2013 si potrà andare in pensione solo con 61 anni di età e 36 di contributi oppure con 62 di età e 35 di contributi, peggiorando la legge Maroni che prevedeva i 62 anni solo nel 2014 e le condizioni soprattutto delle donne. L'altra questione è che gli interventi fatti devono risultare a costo zero per lo stato, questo vuol dire che la manovra della revisione dello scalone, del costo di 7.1 miliardi di euro nel decennio 2008-2017, verrà pagata soprattutto dai lavoratori e dalle lavoratrici con l'aumento dell'aliquota contributiva.
Viene disciplinato il lavoro usurante, aumentando le attività previste dal decreto Salvi del 1999, ma anche qui ci sono da tenere in considerazione dei fattori non trascurabili: il fondo stanziato per coprire questo intervento è di 2.9 miliardi di euro nel decennio 2008-2017, questo vuol dire che ci sarà un vincolo economico che pregiudica il farne usufruire tutti i lavoratori e le lavoratrici che ne hanno il diritto. Il ministro Damiano dichiara che questi fondi copriranno da circa 5000 lavoratori in un anno e questi dati non sembrano sufficienti, si dovranno istituire delle graduatorie? Un'altra questione importante è che il diritto che si consegue è quello di ridurre il requisito anagrafico di 3 anni rispetto a quello previsto, quindi un lavoratore che andrà in pensione nel 2013 dovrà avere come minimo 58 anni di età e 36 di contributi, peggiorando comunque la situazione. Anche questa manovra come quella della revisione dello scalone dovrà risultare a costo zero, quindi anche in questo caso si dovrà pescare nelle tasche di chi lavora.
Per essere precisi dobbiamo dire che la somma del costo degli interventi è di 10 miliardi di euro che devono essere coperti con:
- 3.5 miliardi derivanti da una razionalizzazione degli enti previdenziali ed assicurativi (quindi probabilmente si parlerà di esuberi), garantiti da un aumento dei contributi previdenziali in busta paga dello 0.09% a partire dal 2011 (da ricordare che l'ultima finanziaria ha aumentato i contributo previdenziali dello 0.30% tutto a carico del lavoratore senza trovare miglioramenti delle pensioni, e senza vedere contributi per l'eliminazione dello scalone, dimostrando l'utilizzo solo per il risanamento del debito pubblico);
- circa 4.4 miliardi di euro derivante dall'aumento dell'aliquota contributiva dei lavoratori parasubordinati che continuano a vedersi aumentare le trattenute ma non trovano reali risposte al problema della precarietà;
- 1.4 miliardi dalla sospensione per un anno dell'indicizzazione delle pensioni superiori a 8 volte il minimo. Queste sono le pensioni che hanno portato i debiti alle casse dell'Inps e vengono sospese solo per un anno! È importante ricordare che nei bilanci dell'Inps i fondi in attivo sono quelli dei lavoratori dipendenti e quelli in passivo, tra gli altri, quelli dei dirigenti di azienda e dei lavoratori autonomi, e come i fondi in attivo abbiano sempre coperto i buchi di quelli in passivo;
- 0,7 miliardi da armonizzazione fondi speciali.
Finestre pensionistiche
Vengono ripristinate 4 finestre per i lavoratori che maturano i 40 anni di contributi e viene salvaguardata la pensione per 5000 lavoratori e lavoratrici posti in mobilità; questi interventi hanno un costo di 4 miliardi di euro che, siccome anche in questo caso dovrà risultare a costo zero, verrà coperto dall'inserimento delle finestre per la pensione di vecchiaia. Questo intervento di fatto allunga l'età pensionabile per molti, penalizzando soprattutto i più deboli: le donne e gli immigrati che potrebbero vedersi allungare il periodo dai 6 agli 8 mesi. Anche in questo caso la tutela di diritti per alcuni è pagata dal peggioramento delle condizioni di altri.
Coefficienti di trasformazione
È stato definito inderogabile l'adeguamento dei coefficienti di trasformazione.
Per il momento sono state bloccate le modifiche sui coefficienti di rivalutazione delle pensioni, il tutto è stato rinviato al 2008, quando una commissione verificherà e proporrà modifiche sui coefficienti partendo, però, dalle tabelle attuali che definiscono un taglio di 6/8 punti, e introducendo dinamiche esterne al conto previdenziale come quelle macroeconomiche e demografiche, come l'aspettativa di vita e i bilanci dello stato.
Si stabilisce anche che l'applicazione dei coefficienti sarà ogni 3 anni e che l'aggiornamento sarà effettuato dal decreto ministeriale, concedendo allo stato piena mano libera sulle pensioni eliminando ogni possibile contrattazione su quello che è, per il sindacato, il pilastro principale della previdenza dei lavoratori e delle lavoratrici.
Questo è quello che ci viene imposto, pena la caduta del governo di centrosinistra e il riaffacciarsi dello spauracchio Berlusconi o il profilarsi all'orizzonte del tormentone Europa. È infatti l'Europa che chiede all'Italia la riforma delle pensioni, che non è nemmeno contenta di questa, quindi cosa può ragionevolmente fare il governo? porsi fuori dall'Europa? Intanto c'è da dire che i lavoratori italiani hanno uno dei più alti tassi di produttività in Europa, che le loro condizioni di lavoro sono nettamente peggiorate (vedi orario) ed i salari diminuiti rispetto al costo della vita.
Ora è necessario andare nei luoghi di lavoro perché i lavoratori e le lavoratrici devono essere attori principali della contrattazione.
Occorre contrastare la logica della delega sempre più diffusa nella concertazione e rilanciare la vera titolarità dei lavoratori e delle lavoratrici nella contrattazione.
Per questo noi comunisti anarchici appoggeremo tutti i movimenti di opposizione dal basso dei lavoratori e delle lavoratrici che si organizzeranno sia dentro i sindacati confederali sia nel sindacalismo di base:
- che lotteranno contro questa ennesima truffa concertata sulla pelle dei lavoratori e delle lavoratrici, senza che questi siano stati minimamente consultati;
- che denunceranno il tentativo, perpetrato dello Stato, di dividere la classe lavoratrice attraverso il meccanismo dell'aumento, per altro ridicolo, delle briciole ai pensionati più poveri e ai disoccupati, prelevando i fondi necessari, per l'ennesima volta dalle tasche dei lavoratori e delle lavoratrici;
- che denunceranno il tentativo dei padroni e dello Stato, di far passare l'opposizione alla riforma sulle pensioni, come un egoistico scontro generazionale;
- che lotteranno per la difesa di una previdenza pubblica, contro ogni tentativo di privatizzazione neoliberista;
- che lotteranno per una maggiore redistribuzione della ricchezza, a spese delle classi più agiate e non della classe lavoratrice, già fortemente penalizzata;
- che si opporranno a qualsiasi ipotesi di aumento dell'età pensionabile, di aumento dei contributi e di diminuzione dei coefficienti;
- che contrasteranno ogni tendenza dirigista e concertativa, per la diffusione di una pratica sindacale di democrazia diretta, attraverso gli strumenti di confronto assembleare e di decisione referendaria;
- che appoggeranno la necessità di costruire una mobilitazione europea. Una mobilitazione politica e sindacale che sappia coinvolgere e aggregare i lavoratori e le lavoratrici su obiettivi comuni.
Francesco Aucone (FdCA) e Giuseppe Lograno (Commissione Sindacale FdCA)