Sul Congresso CGIL

 

In questi giorni la Cgil inizia il percorso congressuale che li porterà al 15° congresso nazionale nel 2006 a Rimini.
Noi come Comunisti Anarchici e attivisti sindacali libertari non possiamo non seguire con attenzione questo passaggio perché ne saranno coinvolti moltissimi lavoratori e lavoratrici, tra cui anche lavoratori anarchici e libertari iscritti a questo sindacato.

La nostra discussione su questo congresso non può che essere di analisi delle tesi congressuali, di critica dove ne troviamo limiti, e di rilancio delle nostre pratiche libertarie per l'emancipazione dei lavoratori e delle lavoratrici, pratiche che ci hanno caratterizzato in tutti questi anni.

Per inquadrare meglio la situazione bisogna analizzare in prima battuta la composizione dell'organizzazione.

A tutt'oggi all'interno della Cgil esistono tre correnti:

Poiché non sono stati presentati documenti congressuali alternativi a quello della maggioranza da nessuna delle due aree programmatiche, non si attuerà il discorso di quote di rappresentanza delle aree negli organi dirigenziali in funzione dei consensi ricevuti, al contrario dell'ultimo congresso dove, invece, erano stati presentati due documenti uno di maggioranza e uno della minoranza (Lavoro e Società), e sulla base dei quali c'era stata la divisione delle quote di rappresentanza. Circa l'80% per la maggioranza e il 20% per l'area.

Non ci saranno documenti congressuali alternativi perché:

Al di là del fatto che la minoranza può essere più o meno incisiva per correggere le politiche della maggioranza dal suo interno, quello che si è verificato crea dei grossi dubbi, sia sulle motivazioni che gli ha portati a questa scelta, che sulle pratiche adottate.

L'unità delle due correnti è stata suggellata da un accordo sottoscritto dai 12 segretari confederali in cui si sancisce che "la definizione dei gruppi dirigenti- Comitati direttivi e Segreterie- in occasione dei singoli congressi siano assolutamente rispettose delle proporzioni di rappresentanza definite dal precedente Congresso...".

A questo punto ci si fanno delle domande e sembra che, in questo momento, il principale interesse dell'area sia quello di tutelarsi dei posti come dirigenti.

Perché trovare una mediazione a livello dirigenziale sulla stesura di un documento e non presentarne uno, sicuramente più caratterizzante, nei luoghi di lavoro per cercare il confronto con la base, per verificare qual è il peso effettivo che ha in questo momento la minoranza all'interno dell'organizzazione, e per avere comunque il mandato dei lavoratori per ricoprire una determinata carica?

Se hanno il potere di firmare questi patti, quale rimane il compito della base all'interno dell'organizzazione?

La Cgil va a congresso in una situazione economico sociale del nostro paese di crisi profonda, dove le politiche degli ultimi anni hanno favorito le imprese, riducendone i vincoli; e portato un attacco esplicito ai diritti dei lavoratori. Dove si è scelto di favorire lo sviluppo con tagli alle retribuzioni e alla spesa pubblica, cercando di abbattere così i costi del lavoro; perché il lavoro e i lavoratori, ormai, sono considerati solo un costo!

In queste condizioni la Cgil cerca di dare al lavoro un ruolo centrale nello sviluppo economico e produttivo del paese e lo fa con un documento licenziato dal Direttivo della Cgil, avente come primo firmatario Epifani, formato da 10 tesi che pur contenendo elementi di novità non può essere considerato uno strumento sufficiente per la difesa e la conquista dei diritti della classe lavoratrice, perché ancora legato a politiche neo-concertative più volte dimostratesi inaffidabili e fallimentari.

Arriviamo da 12 anni di concertazione in cui i lavoratori e le lavoratrici hanno perso molto sia sul piano dei diritti che sul piano della forza e della capacità di contrastare le politiche neo-liberiste che hanno portato il mercato ad essere il valore centrale nell'economia e quindi a una monetizzazione del mondo del lavoro, dove l'utile e il guadagno sono sempre a discapito dei diritti, delle condizioni di lavoro e dei salari.

La maggioranza della Cgil (e quindi adesso anche Lavoro e Società) sostiene nelle proprie tesi che per rivendicare una politica redistributiva a sostegno del lavoro dipendente e per concorrere alla difesa del potere d'acquisto delle retribuzioni "il contratto nazionale rimane lo strumento indispensabile e universale, occorrono, però, nuove regole, parametri e criteri di riferimento per tutti i ccnl a partire dall'inflazione effettiva".

L'idea , non nuova, di predeterminare con la controparte delle regole per gestire il mondo del lavoro e quindi condizionando il contratto nazionale nell'illusione di tutelare meglio gli interessi dei lavoratori, è la dichiarazione di chi ha perso completamente il concetto di lotta di classe e soprattutto il ruolo naturale di sindacato, che oltre a difendere e tutelare gli interessi immediati della classe lavoratrice dovrebbe creare i presupposti per una società migliore che non scende a patti con il padronato perché aventi interessi completamente diversi dai nostri.

Perché il sindacato difende tanto un sistema di regole che ha portato ad un enorme perdita del potere d'acquisto dei salari quando anche l'attuale governo di centro destra con Maroni ha dichiarato morta la concertazione e i patti del 23 luglio 1993?

Cosa centrano le elezioni politiche del 2006?

Sicuramente non dobbiamo sottovalutare la previsione di un probabile nuovo governo di centro-sinistra che diventa fondamentale per la strategia sindacale da seguire nei prossimi anni. E' vero che Epifani ha voluto fare il congresso prima delle elezioni per dimostrare che la Cgil non si fa influenzare dai risultati politici, ma chi ci dice che non si cerchi di blindare il congresso per arrivare ad un risultato compatibile con il futuro programma politico dell'Unione?

Possiamo dire, comunque, che in questo congresso, in seguito alla presentazione di due tesi emendative di Rinaldini su temi quali politiche contrattuali e democrazia, e la formazione di una nuova area programmatica, si è inserita una contraddizione all'interno della Cgil, biforcandosi verso l'obiettivo di dare continuità alla dialettica democratica necessaria a presentare un ceto dirigente Cgil plurale da un lato, e dall'altro di aprire possibili spazi di agibilità a livello territoriale per iscritti, delegati e camere del lavoro su percorsi più conflittuali e di base. Sono questi ultimi gli ambiti privilegiati dai lavoratori anarchici e libertari nella Cgil e da queste premesse prendono corpo le eventuali scelte e le assunzioni di responsabilità degli attivisti sindacali anarchici nella Cgil.

Si è creato uno spiraglio di discussione dove, noi Comunisti Anarchici, possiamo inserirci e lavorare portando nelle diverse fasi congressuali le nostre analisi e i nostri contenuti perché basati su argomenti molto cari al nostro modo libertario e conflittuale di concepire l'organizzazione di massa.

Vanno difese e rilanciate posizioni basate sulla lotta alla concertazione per cercare una nuova forma contrattuale più conflittuale in grado di dare slancio al movimento dei lavoratori, per cercare di avere una politica d'acquisizione e non di difesa delle retribuzioni e dei diritti. E sulla democrazia e la rappresentanza considerando obbligatorio il referendum su piattaforme ed accordi per cercare di riaffermare la centralità del ruolo dei lavoratori e delle lavoratrici nella vita del sindacato.

Dobbiamo però denunciare i limiti delle tesi e rilanciare le nostre idee e i nostri metodi per ribadire che i Comunisti Anarchici lavorano anche all'interno della Cgil mantenendo la propria posizioni di critica verso un sindacato che, pur facendo discussione al suo interno rimane, comunque, con l'impianto fortemente neo-concertativo.

Basti pensare al fatto che in nessuna delle tesi si parla delle forme di lotta da adottare. Un sindacato che non parla delle forme di lotta che coinvolgano in prima persona i lavoratori è un sindacato che non vuole lottare, è un sindacato che si prepara a concertare.

Noi come anarchici e libertari dobbiamo combattere l'accentramento del potere all'interno del sindacato e sviluppare l'organizzazione dal basso, dobbiamo far crescere il movimento di lavoratori capace di liberarsi dalle burocrazie per esprimere sindacalismo conflittuale ed a prassi libertaria, per aumentare la solidarietà tra i lavoratori e verso le loro lotte.

Dobbiamo batterci affinché nei luoghi di lavoro l'attività sindacale si svolga nel modo più democratico possibile per coinvolgere iscritti e lavoratori nelle decisioni di natura conflittuale, di lotta e mobilitazione.

Dobbiamo sostenere l'unità dei lavoratori su piattaforme comuni che superino le sigle sindacali d'appartenenza e rilanciare il Sindacato dei Consigli, perché solo così possiamo parlare di vera democrazia dal basso, facendo in modo che tutti siano elettori, tutti siano eleggibili, che ci siano delegati eletti dai lavoratori ai tavoli contrattuali ad ogni fase della trattativa.

L'FdCA denuncerà e combatterà sempre prassi in cui dirigenti si sostituiscono alla base nel prendere decisioni e darà sempre il suo contributo all'interno delle organizzazioni sindacali affinché i lavoratori e le lavoratrici si riprendano il giusto ruolo all'interno dei sindacati stessi.

Commissione Sindacale FdCA
23 ottobre 2005