LA LUNGA MARCIA DELLA
CONFINDUSTRIA
Confindustria ed oo.ss chiedono che lo Stato finanzi la ricerca non facendo pagare ai padroni le tasse sugli utili da reinvestire in ricerca, che finanzi progetti di innovazione, anche differenziati per regione o territorio. Si propone che l’8x1000 venga usato a tal fine. Insomma il pubblico paga ed il privato incassa.
Confindustria ed oo.ss concordano sul fatto che la formazione deve essere tale da garantire ai datori di lavoro di poter scegliere rapidamente sul mercato la tipologia della mano d’opera necessaria ed avere a disposizione un’ampia gamma di risorse umane usa e getta, in virtù dei contratti di lavoro regolati dalla riforma Biagi (legge 30). Anche qui si chiede allo Stato di dare incentivi alle aziende che faranno direttamente formazione, di trasformare le 150 ore in formazione professionale finalizzata alla collocazione sul mercato sul lavoro. Il monitoraggio su tutto va agli enti bilaterali sindacati/confindustria (ma la Cgil non era contraria a questi enti?). E da settembre, via alla sperimentazione della riforma Moratti negli istituti tecnici e professionali.
Confindustria ed oo.ss chiedono al governo di intervenire per far uscire l’Italia dalla periferia geoeconomica, per cui si chiedono massicci investimenti per i corridoi autostradali, l’alta velocità, l’ammodernamento di porti e linee ferroviarie. Si chiede la liberalizzazione delle tariffe sui trasporti e la riduzione di quelle energetiche e delle telecomunicazioni. Sconti fiscali per le aziende private che aiuteranno lo Stato in questa titanica impresa.
Secondo Confindustria ed oo.ss, prima che nella UE entrino competitori agguerriti ed in vista della creazione dell’area di scambio mediterranea nel 2010, occorre che il governo durante il semestre europeo faccia arrivare soldi pubblici euro-italiani per finanziare incentivi fiscali a vantaggio delle aziende che investiranno al sud: incentivi/premio per le nuove assunzioni, per i corsi di formazione, per la fuoriuscita dal nero, per la costruzione di infrastrutture, per l’acquisto di impianti, per l’accesso al credito.
E’ facile prevedere che i prossimi contratti si faranno dentro questa cornice. C’è già chi parla di revisione dell’accordo del luglio 1993 e persino del Patto per l’Italia.
E’ facile prevedere che la Cgil ritroverà la strada delle compatibilità, che però significa pracarizzazione, intensificazione dello sfruttamento, riduzione salariale. E i diritti del 23 marzo 2002 che fine faranno?
Infine: in un sistema globalizzato l’impegno delle oo.ss nella difesa della competitività dell’azienda Italia declina inevitabilmente in corporativismo, laddove la difesa degli interessi dei propri padroni e della competitività nazionale significa mettere in conto licenziamenti e dismissioni da qualche altra parte nel mondo, significa mettere in conto che la conquista di nuove fette di mercato non comporta alcuna espansione della base produttiva, ma anzi avviene con riduzione costante e continua del numero dei lavoratori ed intensificazione dello sfruttamento dei lavoratori salvati dai tagli, come nel caso dell’auto.
Epifani, Pezzotta ed Angeletti tengono i piedi in 2 scarpe, i lavoratori invece se ne sono sempre fregati della competitività ben sapendo che sul quel terreno si guadagna solo in sfruttamento, precarizzazione, diseguaglianza e distruzione del contratto nazionale.
Nei posti di lavoro, i comunisti anarchici staranno con i lavoratori.